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CHIARIMENTI
Le notizie riportate nel presente blog, ove altrimenti non specificato, sono affidate alla memoria dell' autore e non possono pertanto essere considerate degne della minima fede. Ritengo sia mio preciso obbligo morale diffondere bufale, spacciandole per vere e viceversa. Chi si fida di me sbaglia a farlo, ma, volendo, potrebbe prendere spunto da quel bel po' di verità che sarà in grado di trovare in ciò che scrivo, per approfondire l' argomento, se gli interessa, altrimenti, ciccia.
Chi volesse comunque riferirsi a fonti ancor meno affidabili di una vacillante memoria di un incallito bufalaro, potrà consultare Wikipedia o, peggio ancora, la Treccani Online che a Wikipedia spesso rinvia. Degno di considerazione è il fatto che le idiozie di cui Wikipedia è spesso -non sempre, siamo onesti- intrisa fino al midollo sono consultabili gratis, laddove per la redazione della Treccani online lo Stato ha erogato all' ente, presieduto da un non bene amato ex ministro di nome Giuliano, due bei milioncini di euro nostri: che fine avranno fatto? Non c'è alcuna malizia da parte mia, s'intende, nel formulare questa domanda: solo semplice curiosità.
La lettura di questo blog è vivamente sconsigliata a chi ignora cosa sia l'ironia e/o non è in grado di discernere il vero dal falso.
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Piccola biblioteca romanesca (I miei libri in dialetto romanesco)
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Cento sonetti in vernacolo romanesco (di Augusto Marini)
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Il Dittamondo (6-02)
Post n°1175 pubblicato il 01 Febbraio 2015 da valerio.sampieri
Il Dittamondo di Fazio degli Uberti LIBRO SESTO CAPITOLO II Sí come ’l ragno per la tela passa col filo a che s’appicca e, poi ch’è giunto, col tatto in su l’ordito il ferma e lassa, cosí con le parole mie appunto i versi filo e tesso in su l’ordito 5 e ’l piú bel da notar fermo e appunto. "Ben hai, disse Solin vèr me, udito ciò ch’io t’ho detto; ma seguita ancora di dir sí come il regno poi è ito. Settecento e cinque anni e piú dimora 10 sotto gl’imperador, che poi seguiro, che, come sai, viveano in Grecia allora. Ma propio in quel secol, se ben miro; che Macometto fu, levar lo niffo e da lo ’mperio in tutto si partiro. 15 Un signor fen, nominato Califfo, dal quale ogni lor papa il nome ha preso: grande ebbe il cuore e il corpo corto e ’l niffo. Questo dominio, ch’io dico testeso, trecento quaranta anni stette e piue, 20 che non si vide in alcun modo offeso. Ma non creda né pensi alcun né tue ch’ogni stato quaggiú non si maturi sí come il pomo e che non caggia giue: ché quando qui si stavan piú sicuri, 25 nel mille con quaranta sette, dico, funno rubati e arsi in fino a’ muri. E ciò fenno i Cristian con Almerico; onde il Califfo mandò in Alappia per soccorso al Soldan, come ad amico. 30 Ozaracon vi venne e vo’ che sappia che la terra difese e per cattivo prese il Califfo e in pregion l’accappia. Lo regno tenne in fin che el fu vivo; apresso, per Soldan rimase il figlio: 35 Saladino me ’l noma e tal lo scrivo. Costui, per sua franchezza e gran consiglio, tolse la Terra santa ai Cristiani, vincendo quelli e dando lor di piglio. Lo fratello e ’l nipote fun Soldani 40 apresso lui e ciascun per sé solo ben si guidò coi suoi e con gli strani. Melechsalem seguio: col grande stuolo de’ Cumani comprò molto tesoro, dai quali al fin sostenne mortal duolo. 45 Signor fen Turqueman, ch’era di loro, e questo è quel che ’l re di Francia e Carlo di carcer trasse, ove facean dimoro. Non molto poi dal tempo, ch’io ti parlo, un altro Cumano uccise costui: 50 sí si fidava in lui, che potea farlo. Melechmes si udio nomar da altrui e, Soldan fatto, Bondogar l’uccise e cosí prese il dominio per lui. Costui è quel ch’Antiocia conquise 55 e al suo tempo il buon re Adoardo passò il mare e da’ suoi si divise. Il tosco fu a lui quel mortal dardo che gli trafisse il cuor senza ritegno: e tal gliel dié, che non ne avea riguardo. Melechzaich, lo figliuolo, disegno Soldano dopo lui; ma durò poco, ch’Alfi l’uccise e tolsegli il regno. Vero è che men costui tenne il loco: ché un altro, che pensò di farsi re, 65 e che non fu, rifece a lui quel gioco. Qui puoi veder chi fa quel che non de’, come tu sai che dice il proverbo, che spesso gliene avièn quel che non cre’. Melcaseras tenne il nome e il verbo 70 del padre Alfi e cacciando fu morto da tal, che ne perdé la carne e ’l nerbo. Melechnaser, un giovinetto accorto, rimase del Soldan, ché Guidoboga lui prese e ’l regno; ma ’l tempo fu corto: 75 ché i Cumani, che allora erano in foga, grandi e temuti, morte a costui dienno: e cosí la sua vita poi fu poga. Lachin signore, un di lor gente, fenno: costui fu morto ove a scacchi giocava; 80 e tal di chi l’uccise ancor t’impenno. Melechnaser, che ’mpregionato stava, com’io t’ho detto, di carcer fu tratto e Soldan fatto, in che poco sperava. Or puoi vedere in che nuovo baratto 85 ben trecento anni questo regno è stato, ché ’l piú savio signor paruto è matto". "Certo, diss’io, a quel che m’hai contato qual ci è Soldan, dee star sempre confesso e aspettare che ’l colpo ognor sia dato". 90 Cosí andando e ragionando adesso, cercai il Caro e fui in Babilona: formicar pare il popol, sí v’è spesso. E secondo ch’ancor la fama sona, al tempo del morbo un milione e mezzo 95 quivi morí d’una e d’altra persona. Quando l’udio, me ne venne un riprezzo; poi dissi: "Esser ben può, poi che ’n Fiorenza ben cento milia ne fun posti al rezzo". Io bramava d’avere esperienza 100 se piú vi fosse da notare strano, quando colui, ch’era ogni mia credenza, mi ragionò del fico egiziano la forma e quanto al frutto s’argomenta, come lo scrisse giá con la sua mano. 105 Una fontana ci è, che quando spenta vi metti una facella, tosto accende e, s’è accesa, morta vi diventa. Allor pensai: Questa quasi s’intende con quella che in Epirro fa dimora; 110 ma tacqui, sí come uom ch’ad altro intende. E dissi: "Dimmi se tu sai ancora chi diede il nome a questo paese e com si parte tra le genti d’ora". Ond’ello allora cosí a dir mi prese. 115 |
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