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Il Dittamondo (6-02)

Post n°1175 pubblicato il 01 Febbraio 2015 da valerio.sampieri
 

Il Dittamondo
di Fazio degli Uberti

LIBRO SESTO

CAPITOLO II

Sí come ’l ragno per la tela passa 
col filo a che s’appicca e, poi ch’è giunto, 
col tatto in su l’ordito il ferma e lassa, 
cosí con le parole mie appunto 
i versi filo e tesso in su l’ordito 5 
e ’l piú bel da notar fermo e appunto. 
"Ben hai, disse Solin vèr me, udito 
ciò ch’io t’ho detto; ma seguita ancora 
di dir sí come il regno poi è ito. 
Settecento e cinque anni e piú dimora 10 
sotto gl’imperador, che poi seguiro, 
che, come sai, viveano in Grecia allora. 
Ma propio in quel secol, se ben miro; 
che Macometto fu, levar lo niffo 
e da lo ’mperio in tutto si partiro. 15 
Un signor fen, nominato Califfo, 
dal quale ogni lor papa il nome ha preso: 
grande ebbe il cuore e il corpo corto e ’l niffo. 
Questo dominio, ch’io dico testeso, 
trecento quaranta anni stette e piue, 20 
che non si vide in alcun modo offeso. 
Ma non creda né pensi alcun né tue 
ch’ogni stato quaggiú non si maturi 
sí come il pomo e che non caggia giue: 
ché quando qui si stavan piú sicuri, 25 
nel mille con quaranta sette, dico, 
funno rubati e arsi in fino a’ muri. 
E ciò fenno i Cristian con Almerico; 
onde il Califfo mandò in Alappia 
per soccorso al Soldan, come ad amico. 30 
Ozaracon vi venne e vo’ che sappia 
che la terra difese e per cattivo 
prese il Califfo e in pregion l’accappia. 
Lo regno tenne in fin che el fu vivo; 
apresso, per Soldan rimase il figlio: 35 
Saladino me ’l noma e tal lo scrivo. 
Costui, per sua franchezza e gran consiglio, 
tolse la Terra santa ai Cristiani, 
vincendo quelli e dando lor di piglio. 
Lo fratello e ’l nipote fun Soldani 40 
apresso lui e ciascun per sé solo 
ben si guidò coi suoi e con gli strani. 
Melechsalem seguio: col grande stuolo 
de’ Cumani comprò molto tesoro, 
dai quali al fin sostenne mortal duolo. 45 
Signor fen Turqueman, ch’era di loro, 
e questo è quel che ’l re di Francia e Carlo 
di carcer trasse, ove facean dimoro. 
Non molto poi dal tempo, ch’io ti parlo, 
un altro Cumano uccise costui: 50 
sí si fidava in lui, che potea farlo. 
Melechmes si udio nomar da altrui 
e, Soldan fatto, Bondogar l’uccise 
e cosí prese il dominio per lui. 
Costui è quel ch’Antiocia conquise 55 
e al suo tempo il buon re Adoardo 
passò il mare e da’ suoi si divise. 
Il tosco fu a lui quel mortal dardo 
che gli trafisse il cuor senza ritegno: 
e tal gliel dié, che non ne avea riguardo. 
Melechzaich, lo figliuolo, disegno 
Soldano dopo lui; ma durò poco, 
ch’Alfi l’uccise e tolsegli il regno. 
Vero è che men costui tenne il loco: 
ché un altro, che pensò di farsi re, 65 
e che non fu, rifece a lui quel gioco. 
Qui puoi veder chi fa quel che non de’, 
come tu sai che dice il proverbo, 
che spesso gliene avièn quel che non cre’. 
Melcaseras tenne il nome e il verbo 70 
del padre Alfi e cacciando fu morto 
da tal, che ne perdé la carne e ’l nerbo. 
Melechnaser, un giovinetto accorto, 
rimase del Soldan, ché Guidoboga 
lui prese e ’l regno; ma ’l tempo fu corto: 75 
ché i Cumani, che allora erano in foga, 
grandi e temuti, morte a costui dienno: 
e cosí la sua vita poi fu poga. 
Lachin signore, un di lor gente, fenno: 
costui fu morto ove a scacchi giocava; 80 
e tal di chi l’uccise ancor t’impenno. 
Melechnaser, che ’mpregionato stava, 
com’io t’ho detto, di carcer fu tratto 
e Soldan fatto, in che poco sperava. 
Or puoi vedere in che nuovo baratto 85 
ben trecento anni questo regno è stato, 
ché ’l piú savio signor paruto è matto". 
"Certo, diss’io, a quel che m’hai contato 
qual ci è Soldan, dee star sempre confesso 
e aspettare che ’l colpo ognor sia dato". 90 
Cosí andando e ragionando adesso, 
cercai il Caro e fui in Babilona: 
formicar pare il popol, sí v’è spesso. 
E secondo ch’ancor la fama sona, 
al tempo del morbo un milione e mezzo 95 
quivi morí d’una e d’altra persona. 
Quando l’udio, me ne venne un riprezzo; 
poi dissi: "Esser ben può, poi che ’n Fiorenza 
ben cento milia ne fun posti al rezzo". 
Io bramava d’avere esperienza 100 
se piú vi fosse da notare strano, 
quando colui, ch’era ogni mia credenza, 
mi ragionò del fico egiziano 
la forma e quanto al frutto s’argomenta, 
come lo scrisse giá con la sua mano. 105 
Una fontana ci è, che quando spenta 
vi metti una facella, tosto accende 
e, s’è accesa, morta vi diventa. 
Allor pensai: Questa quasi s’intende 
con quella che in Epirro fa dimora; 110 
ma tacqui, sí come uom ch’ad altro intende. 
E dissi: "Dimmi se tu sai ancora 
chi diede il nome a questo paese
e com si parte tra le genti d’ora".
Ond’ello allora cosí a dir mi prese. 115

 
 
 
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