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La Secchia Rapita 02-1

Post n°1263 pubblicato il 23 Febbraio 2015 da valerio.sampieri
 

La Secchia Rapita
di Alessandro Tassoni

CANTO SECONDO

ARGOMENTO

Mandano i Bolognesi ambasciatori
due volte a dimandar la Secchia in vano:
onde con fieri ed ostinati cori
s'armano quinci e quindi il monte e 'l piano.
Chiamano Giove a concilio i Dei minori,
contendono fra lor Marte e Vulcano:
Venere si ritira e si diparte,
e 'n terra se ne vien con Bacco e Marte.


        1
Già il quarto dí volgea che vincitori
diêr la rotta a' Petroni i Gemignani,
e per l'ira che ardea ne' fieri cori
restavano anco i morti in preda a i cani,
quando in Modana entrâr due Ambasciatori
con pacifici aspetti e modi umani;
e smontati al Monton col vetturino,
chiesero a l'oste s'egli avea buon vino.

        2
Indi un messo spedîr per impetrare
che l'ordine ch'avean fosse ascoltato.
Cominciò il campanaccio a dindonare
e in un momento s'adunò il Senato.
Andâr gli ambasciatori ad onorare
Alessandro Fallopia e Gaspar Prato,
e li condusser per diritta strada
a la sala ove il Duca or tien la biada.

        3
Un vecchio ranticoso, affumicato,
pallido e vizzo che parea l'inedia
e per forza tener co' denti il fiato,
e potea far da Lazzaro in comedia,
poi che due volte intorno ebbe mirato,
incominciò cosí da la sua sedia:
- Messeri, io son Marcel di Bolognino
dottor di legge e conte Palatino.

        4
Il mio collega è conte e cavaliero
e Ridolfo Campeggi è nominato;
io son uomo di pace, egli è guerriero;
io lettor de lo Studio, egli soldato.
Or l'uno e l'altro ha qui per messaggiero
il nostro Reggimento a voi mandato,
per iscusarsi del passato eccesso
che 'l popol nostro ha contra voi commesso.

        5
Il popol nostro è un popol del demonio,
che non si può frenar con alcun freno;
e s'io non dico il ver, che san Petronio
mi faccia oggi venir la vita meno.
Sarà il collega mio buon testimonio,
che quando l'altra notte ei passò il Reno,
fu mera ivenzion d'un seduttore,
né il Reggimento n'ebbe alcun sentore.

        6
Ma non si può disfar quel ch'è già fatto;
d'ogni vostro disturbo assai ne spiace;
e siam venuti qua per far riscatto
de' morti nostri, e ad offerirvi pace:
ma vogliam quella Secchia ad ogni patto,
che ci rubò la vostra gente audace:
perché altramente andría ogni cosa in zero,
e ci scorrucciaremmo da dovero. -

        7
Qui chiuse il Bolognino il suo sermone,
e rise ognun quanto potea piú forte.
Era capo di banca un Rarabone
Dal Tasso, arridottor cavato a sorte:
per sopra nome gli dicean Tassone,
perch'era grosso e avea le gambe corte.
Questi, poiché 'l Senato in lui s'affisse,
compose il volto e si rivolse e disse:

        8
- Che 'l vostro Reggimento abbia mandati
due personaggi suoi sí principali
a scusarsi con noi de' danni dati
e a condolersi de' passati mali,
nostra ventura è certo; e registrati
ne fieno i nomi lor ne' nostri Annali.
A noi ancora inver molto dispiace
de' vostri morti, che Dio gli abbia in pace:

        9
e se per sotterrargli or qui venite,
la vostra ambascieria fia consolata;
ma quella pace che voi ci offerite
col patto della Secchia, è un po' intricata:
e conviene aggiustar pria le partite
con cui voi dite che ve l'ha rubata;
perché di secchie non abbiam bisogno,
e ci crediam che favelliate in sogno. -

        10
Manfredi, ch'era a quel parlar presente,
cavatosi il capuccio e in piè levato,
- Figlio è, disse, d'un becco, e se ne mente
chi vuol dir ch'io la Secchia abbia rubato.
Di mezzo la città nel dí lucente
io la trassi per forza in sella armato:
e tornerò, se me ne vien talento,
dov'è quel pozzo e cacherovvi drento.

        11
Siete mal informato, a quel ch'io veggio,
messer Marcello mio da un bolognino. -
- Cappita! disse il cavalier Campeggio,
voi siete bravo come un paladino.
Orsú ripigliarem, ch'io me n'aveggio,
con le trombe nel sacco oggi il cammino;
ma Gemignani miei, io vi protesto
che ve ne pentirete assai ben presto. -

        12
Rispondeva Manfredi; e ne potea
seguir scandalo grave entro 'l Senato,
se 'l Potta allor non vi s'interponea
con modo imperioso e volto irato:
- Taci, frasca merdosa, egli dicea;
ché questo è ius antico inviolato
che possa un messagier dir ciò che vuole
senza render ragion di sue parole. -

        13
Cosí gli ambasciatori usciron fuore
ed a la patria lor feron ritorno:
la quale il Baldi principal dottore
mandò con nuovi patti il terzo giorno;
e la terra offeria di Grevalcore
se la Secchia tornava al suo soggiorno.
Fu il dottor Baldi molto accarezzato
e a le spese del publico alloggiato.

        14
Poscia di nuovo s'adunò il Conseglio
dov'egli fu introdotto il dí seguente.
Il Baldi, ch'era astuto come veglio
e sapea secondar l'onda corrente,
incominciò: - Signori, esempio e speglio
d'onor e senno a la futura gente,
io rendo grazie a Dio che mi concede
di seder oggi in cosí degna sede.

        15
E vengovi a propor cosa inudita
che vi farà inarcar forse le ciglia.
Giace una terra antica, e favorita
de le grazie del cielo a meraviglia,
col territorio vostro appunto unita.
e lontana di qua tredici miglia.
Già vi fu morto Pansa, e dal dolore
nominata da' suoi fu Grevalcore.

        16
Ancor dopo tant'anni e tanti lustri
il suo nome primier conserva e tiene:
furon già stagni e valli ime e palustri,
or son campagne arate e piagge amene;
non han però gli agricoltori industri
tutte asciugate ancor le natíe vene,
ma vi son fondi di perpetui umori
che sogliono abitar pesci canori.

        17
Le Sirene de' fossi, allettatrici
del sonno, di color vari fregiate,
e del prato e de l'onda abitatrici,
fanvi col canto lor perpetua state;
i regni de l'Aurora almi e felici
paiono questi; ove son genti nate,
che ne' costumi e ne' sembianti loro
rappresentano ancor l'età de l'oro.

        18
Or cosí degna terra e principale
vi manda ad offerir la patria mia
se quella Secchia, che toglieste a un tale
de' nostri, col malan che Dio gli dia,
quando i vostri l'altrier fêr tanto male
e sforzaron la porta che s'apría,
sarà da voi al pozzo rimandata
publicamente, d'onde fu levata.

        19
Mentre vi s'offre la fortuna in questo.
di cambiare una Secchia in una terra,
ricordatevi sol che volge presto
il calvo a chi la chioma non afferra.
Se non cogliete il tempo, i' vi protesto
ch'avrete lunga e faticosa guerra,
né potrete durare a la campagna
che s'armerà con noi tutta Romagna. -

        20
Qui tacque il Baldi e nacque un gran bisbiglio,
né fu chi rispondesse alcuna cosa:
ma si conobbe in un girar di ciglio
che la mente d'ognuno era dubbiosa.
Alfin per consultare ogni periglio
e non urtare in qualche pietra ascosa,
fecero al Baldi dir, ch'era presente,
ch'avrebbe la risposta il dí seguente.

        21
Il dí che venne, il cambio fu approvato,
e disser che la Secchia eran per darla,
sottoscritto il contratto e confirmato,
a qualunque venisse a ripigliarla;
perch'altramente non volea il Senato
con atto indegno al pozzo ei rimandarla;
che in questo il Reggimento era in errore
se credea di dar legge al vincitore.

        22
Il Baldi si scusò che non avea
ordine d'alterar la sua proposta,
ma che l'istesso giorno egli volea
ritornare a Bologna per la posta;
e se 'l partito a la città piacea,
avrebbe rimandato un messo a posta.
Cosí conchiuso il Baldi fe' ritorno,
né si seppe altro fino al terzo giorno.

        23
Il terzo dí, ch'ognun stava aspettando
che non avesse piú la pace intoppo,
eccoti un messaggier venir trottando
sopra d'un vetturin spallato e zoppo,
e tratta fuori una protesta o un bando,
l'affisse al tronco d'un antico pioppo
che dinanzi a la porta di sua mano
avea piantato già san Gemignano.

        24
Dicea la carta: - Il popol bolognese
quel di Modana sfida a guerra e morte
se non gli torna in termine d'un mese
la Secchia che rubò su le sue porte. -
Affisso il foglio, subito riprese
il suo cammin colui, spronando forte
quel tripode animale; e in un momento
parve che via lo si portasse il vento.

        25
Qual resta il pescator che ne la tana
mette la man per trarne il granchio vivo,
e trova serpe o velenosa rana
o qual si voglia altro animal nocivo
tal la gente del Potta altera e vana,
trovar credendo un popolo corrivo,
quando sentí quella protesta, tutta
raggrinzò le mascelle e si fe' brutta.

        26
Ma come ambiziosa per natura,
dissimulando il naturale affetto,
mostrò di non curar quella scrittura
e le minacce altrui volse in diletto:
non ristorò le ruinate mura,
non cavò de le fosse il morto letto,
né di ceder mostrò sembianza alcuna
a la forza nemica o a la fortuna.

        27
Ma scrisse a Federico in Alemagna
quant'era occorso e di suo aiuto il chiese;
la milizia del pian, de la montagna
a preparar segretamente attese:
fe' lega per un anno a la campagna
col popol parmigian, col cremonese,
scrisse ne la città fanti e cavalli,
indi tutta si diede a feste e balli.

        28
La fama in tanto al ciel battendo l'ali
con gli avisi d'Italia arrivò in corte,
ed al re Giove fe' sapere i mali
che d'una Secchia era per trar la sorte.
Giove, che molto amico era a i mortali
e d'ogni danno lor si dolea forte,
fe' sonar le campane del suo impero
e a consiglio chiamar gli Dei d'Omero.

        29
Da le stalle del ciel subito fuori
i cocchi uscir sovra rotanti stelle,
e i muli da lettiga e i corridori
con ricche briglie e ricamate selle:
piú di cento livree di servidori
si videro apparir pompose e belle,
che con leggiadra mostra e con decoro
seguivano i padroni a concistoro.

        30
Ma innanzi a tutti il Prencipe di Delo
sopra d'una carrozza da campagna
venía correndo e calpestando il cielo
con sei ginetti a scorza di castagna:
rosso il manto, e 'l cappel di terziopelo
e al collo avea il toson del re di Spagna:
e ventiquattro vaghe donzellette
correndo gli tenean dietro in scarpette.

        31
Pallade sdegnosetta e fiera in volto
venía su una chinea di Bisignano,
succinta a mezza gamba, in un raccolto
abito mezzo greco e mezzo ispano:
parte il crine annodato e parte sciolto
portava, e ne la treccia a destra mano
un mazzo d'aironi a la bizzarra,
e legata a l'arcion la scimitarra.

        32
Con due cocchi venía la Dea d'Amore:
nel primo er'ella e le tre Grazie e 'l figlio,
tutto porpora ed or dentro e di fuore,
e i paggi di color bianco e vermiglio;
nel secondo sedean con grand'onore
cortigiani da cappa e da consiglio,
il braccier de la Dea, l'aio del putto,
ed il cuoco maggior mastro Presciutto.

        33
Saturno, ch'era vecchio e accatarrato
e s'avea messo dianzi un serviziale,
venía in una lettiga riserrato
che sotto la seggetta avea il pitale;
Marte sopra un cavallo era montato
che facea salti fuor del naturale;
le calze a tagli e 'l corsaletto indosso,
e nel cappello avea un pennacchio rosso.

 
 
 
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