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Rime d'amore 04

Post n°1505 pubblicato il 17 Aprile 2015 da valerio.sampieri
 

Rime d'amore di Gaspara Stampa

XVI

Sì come provo ognor novi diletti,
ne l'amor mio, e gioie non usate,
e veggio in quell'angelica beltate
sempre novi miracoli ed effetti,

così vorrei aver concetti e detti
e parole a tant'opra appropriate,
sì che fosser da me scritte e cantate,
e fatte cónte a mille alti intelletti.

Et udissero l'altre che verranno
con quanta invidia lor sia gita altera
de l'amoroso mio felice danno;

e vedesse anche la mia gloria vera
quanta i begli occhi suoi luce e forza hanno
di far beata altrui, benché si pèra.

XVII

Io non v'invidio punto, angeli santi,
le vostre tante glorie e tanti beni,
e que' disir di ciò che braman pieni,
stando voi sempre a l'alto Sire avanti;

perché i diletti miei son tali e tanti,
che non posson capire in cor terreni,
mentr'ho davanti i lumi almi e sereni,
di cui conven che sempre scriva e canti.

E come in ciel gran refrigerio e vita
dal volto Suo solete voi fruire,
tal io qua giù da la beltà infinita.

In questo sol vincete il mio gioire,
che la vostra è eterna e stabilita,
e la mia gloria può tosto finire.

XVIII

Quando i' veggio apparir il mio bel raggio,
parmi veder il sol, quand'esce fòra;
quando fa meco poi dolce dimora,
assembra il sol che faccia suo viaggio.

E tanta nel cor gioia e vigor aggio,
tanta ne mostro nel sembiante allora,
quanto l'erba, che pinge il sol ancora
a mezzo giorno nel più vago maggio.

Quando poi parte il mio sol finalmente,
parmi l'altro veder, che scolorita
lasci la terra andando in occidente.

Ma l'altro torna, e rende luce e vita;
e del mio chiaro e lucido oriente
è 'l tornar dubbio e certa la partita.

XIX

Come chi mira in ciel fisso le stelle,
sempre qualcuna nova ve ne scorge,
che, non più vista pria, fra tanti sorge
chiari lumi del mondo, alme fiammelle;

mirando fisso l'alte doti e belle
vostre, signor, di qualcuna s'accorge
l'occhio mio nova, che materia porge,
onde di lei si scriva e si favelle.

Ma, sì come non può gli occhi del cielo
tutti, perch'occhio vegga, raccontare
lingua mortal e chiusa in uman velo,

io posso ben i vostri onor mirare,
ma la più parte d'essi ascondo e celo,
perché la lingua a l'opra non è pare.

XX

Il bel, che fuor per gli occhi appare, e 'l vago
del mio signor e del suo dolce viso,
è tanto e tal, che fa restar conquiso
ognun che 'l mira, di gran lunga, e pago.

Ma, se qual è un cervier occhio e mago,
potesse altri mirar intento e fiso
quel che fuor non si mostra, un paradiso
di meraviglie vi vedrebbe, un lago.

E le donne non pur, ma gli animali,
l'erbe, le piante, l'onde, i venti e i sassi
farian arder d'amor gli occhi fatali.

Quest'una grazia agli occhi miei sol dessi
in guiderdon di tanti e tanti mali,
per onde a tanto ben poggiando vassi.

Gaspara Stampa

 
 
 
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Data di creazione: 26/04/2008
 

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