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Il Malmantile racquistato 05-2

Post n°1778 pubblicato il 22 Giugno 2015 da valerio.sampieri
 

QUINTO CANTARE

23
E Gambastorta, anch'ei balordo e stolto,
Mentr'apparir si crede un uom dabbene,
Alla favella, alla presenza e al volto
Per una fasservizi ognun la tiene.
Il foglio intanto il Duca avea lor tolto;
E veduto lo scritto e quel contiene (529),
Resta certo di quanto era indovino,
Che i furbi vorrian farlo Calandrino (530).

24
E poichè gli hanno detto che la Geva
A lui gli manda con quel foglio apposta,
Ma prima che da loro ei lo riceva,
Hann'ordine d'averne la risposta (531);
E soggiunto, che mentr'ella scriveva,
Gettava gocciolon di questa posta (532)
Per il trambusto grande ch'ella ha avuto,
Come potrà sentir dal contenuto;

25
Egli è, dic'egli, un gran parabolano,
Chi dice ch'ella ha scritto la presente;
Quand'ella non pigliò mai penna in mano,
E so di certo ch'ella n'è innocente.
Che poi tu sia la Fiore (533), che in Ugnano
A me fu molto nota e confidente,
E tu sia uom, a dirla in coscïenza,
A me non pare, e nego conseguenza.

26
I buon compagni a una risposta tale
Guardansi in viso; e in quel sendosi accorti
Ch'egli hanno equivocato e fatto male,
Restan quivi allibbiti e mezzi morti;
Ed alle gambe avendo messo l'ale,
Fuggon, ch'e' par che 'l diavol se gli porti,
Con una solennissima fischiata
Di Baldone e di tutta la brigata.

27
Adesso a Calagrillo me ne torno
Che va marciando al suon del suo strumento,
Colla dolente Psiche ognor d'attorno,
Ch'ad ogni quattro passi fa un lamento.
Ha camminato tutto quanto il giorno,
E domandato cento volte e cento
La via di Malmantile, e similmente
Di Martinazza, e se v'è di presente.

28
Dà in un, ch'al fin la mette per la via,
Con dirle che quest'orrida befana,
Che già d'un tozzo aveva carestia
E stava come l'erba porcellana (534),
In oggi ha di gran soldi in sua balía
Ed ha una casa come una dogana;
E nella corte è in grado, e giunta a segno,
Ch'ell'è il totum continens del regno.

29
Che la padrona il tutto le comparte,
Come se in Malmantil sien due regine;
Anzi il bando (535) si manda da sua parte,
Perch'ella soffia (536) il naso alle galline.
Così, poich'ebbe dato libro e carte (537),
Entra nell'un vie un(538), che non ha fine
Costui, che quivi s'è posto a bottega (539)
A legger(540) sopra il libro della strega.

30
Quest'altro, che non cerca da costui
Di questi cinque soldi (541), avendo fretta,
Poich'egli ha inteso quel che fa per lui,
Sprona il cavallo tutto a un tempo e sbietta.
La donna, che trovare il suo colui (542)
Di giorno in giorno per tal mezzo aspetta,
Per non lo perder d'occhio (543) e ch'ei le manchi,
Segue la starna e le va sempre ai fianchi.

31
Quando al castello al fin sono arrivati,
Là dove altrui assordano l'orecchie
Gli strepiti dell'armi e de' soldati,
Che d'ogn' intorno son più delle pecchie,
Domandan soldo; ed a Baldon guidati,
Che avendo del guerrier notizie vecchie,
Gli va incontro, l'accoglie e riverisce,
Ed egli a lui coll'armi s'offerisce.

32
Ma piacciati, soggiunse, ch'io ti preghi
Per questa donna rimaner servito (544),
Che questo ferro pria per lei s'impieghi,
Per conto qua d'un certo suo marito.
A tanto cavalier nulla si nieghi,
Risponde a ciò Baldon tutto compìto.
Tu se' padrone, fa' ciò che tu vuoi,
Non ci van cirimonie fra di noi.

33
Ti servirò di scriverti (545) alla banca;
E in tanto per adesso ti consegno
Il gonfalon di questa ciarpa bianca,
Chè tra le schiere è il nostro contrassegno;
Talchè libero il passo e scala franca (546)
Avrai, per dar effetto al tuo disegno,
Che non so qual si sia nè lo domando;
Però va' pur, ch'io resto al tuo comando.

34
Ei lo ringrazia; e gito più da presso,
Ove sta chiuso di Psiche il bel Sole (547),
Ad essa dice: in quanto al tuo interesso,
Fin qui non ti ho servito, e me ne duole;
Chè tu non pensi, avendoti promesso,
Ch'io faccia fango (548) delle mie parole;
E che il mio indugio e il non risolver nulla
Sia stato un voler darti erba trastulla.

35
Ovver ch'io me la metta in sul liuto (549),
O ti voglia tener l'oche in pastura,
Come quel che ci vada ritenuto
Per mancanza di cuore o per paura;
Perchè, siccome avrai da te veduto,
Non ho sin qui trovata congiuntura
Di chi m'indirizzasse qua al castello,
Per poterne cavar cappa (550) o mantello.

36
Risponde Psiche a questa diceria:
Io non entro, signore, in questi meriti.
Non ho parlato mai, nè che tu sia
Tardo, o spedito, ovver che tu ti periti.
Quel che tu fai, tutt'è tua cortesia;
Per tal l'accetto, e 'l Ciel te lo rimeriti,
Con darti in vita onor, fama e ricchezza,
Sanità dopo morte ed allegrezza.

37
Sta' quieta, le dic'egli, e ti conforta,
Ch'io voglio adesso dar fuoco al vespaio.
Così, col corno, il quale al collo porta,
Chiama la guardia, ovvero il portinaio.
Non è sì presto il gatto in sulla porta
Quand'ei sente la voce del beccaio,
Quanto veloce a questo suon la ronda (551)
Sopr'alle mura accostasi alla sponda (552).

38
Un par d'occhiacci, orlati di savore (553),
Così addosso ad un tratto gli squaderna,
Che par quando il Faina (554) alle sei ore
In faccia mi spalanca la lanterna;
E medïante (555) un certo pizzicore
Ch'ei sente al collo, i pizzicotti alterna,
Ond'alle dita egli ha fatti i ditali (556)
D'intorno a innumerabili mortali.

39
Non tanto s'abburatta (557) per la rogna
E pe' bruscol che vanno alla goletta (558),
Quanto che dir non può quel che bisogna,
Ch'ei tartaglia e scilingua anche a bacchetta (559).
Qual il quartuccio (560) le bruciate fogna,
Nè senza quattro scosse altrui le getta,
Tal si dibatte, e a vite fa (561) la gola
Ogni volta ch'ei manda fuor parola.

40
Bu bu bu bu, comincia, chè 'l buon giorno
Vorrebbe dar al cavalier, ch'ei tiene
Il corrier, medïante il suon del corno,
Del popol d'Israel ch'or va or viene.
Van le parole a balzi e per istorno (562),
Prima ch'al segno voglian colpir bene:
Pur pinse tanto, che gli venne detto:
Buon dì, corrier: che nuova c'è di Ghetto?

41
Rispose l'altro, tal parola udita:
D'esser corriere già negar non posso,
Perch'io l'ho corsa a far questa salita;
Ma quanto al Ghetto io non la voglio addosso.
Non ho che far con gente Israelita:
Ben ti farà il mio brando il cappel rosso (563),
E col darti sul viso un soprammano
D'Ebreo farà mutarti in Siciliano (564).

42
Ma che vo il tempo qui buttando via,
In disputar con matti e con buffoni?
Il trattar teco, credomi che sia
Come a' birri contar le sue ragioni;
Nè dissi mal, perch'hai fisionomia
D'un di color che ciuffan pe' calzoni:
E l'esser tu costì, par ch'ella quadri,
Chè i birri sempre van dove son ladri (565).

43
Ben che voi siate come cani e gatti,
Ch'essi non han con voi gran simpatia,
Perchè peggio de' diavol sete fatti,
Usando nel pigliar più tirannia.
Dell'alma sola quei (566) son soddisfatti;
Ma voi col corpo la portate via.
Or basta, se tra voi tant'odio corre,
Meglio a' lor danni ti potrò disporre.

44
Or dunque tu, che sei così pietoso,
Che pigli i ladri, acciò Mastro Bastiano
Sul letto a tre colonne (567) almo riposo
Dia lor del tanto lavorar di mano;
Perch'a qualunque ladro il più famoso
Martinazza in rubar non cede un grano,
Che non uccella (568) a pispole, ma toglie
Cupído a questa donna, ch'è sua moglie;

45
Lo stesso devi oprar che a lei sia fatto
Mentr'a (569) costei non renda il suo consorte,
A cui (perch'ei consente in tal baratto)
Questa (570) potrebbe far le fusa torte;
Ed ei si cerca (571) esser mandato un tratto
Sull'asin con due rócche dalla Corte.
Sicchè, se tu nol sai, ti rappresento
Che un disordine qui ne può far cento.

Note:
(529) E QUEL che contiene.
(530) CALANDRINO ci è dipinto dal Boccaccio pel più credulo uomo di questo mondo.
(531) HANNO ordine di ricever la risposta prima di consegnar la proposta. È detto per mostrare la castronaggine di costoro.
(532) DI QUESTA POSTA. Di questa fatta. Accompagna la parola col gesto.
(533) E TU SIA ecc. Che tu sia la Fiore e che in pari tempo tu sia uomo.
(534) PORCELLANA. Quest'erba sta terra terra.
(535) IL BANDO. Qualsiasi comando.
(536) SOFFIA ecc. Ella fa tutte le faccende. è il Fac totum.
(537) LIBRO E CARTE. Piena contezza.
(538) NELL' UN VIE UN. In un discorso intricato e inetto da non uscirne mai.
(539) A BOTTEGA. Proprio di proposito, come fosse suo mestiero.
(540) A LEGGER ecc. A narrar vita, morte e miracoli.
(541) DI QUESTI CINQUE SOLDI. Pagate cinque soldi, si dice a chi fa una lunga ed inopportuna digressione. Non cercar di guadagnar la multa di cinque soldi vale dunque Non curare la digressione.
(542) IL SUO COLUI. Il suo amante.
(543) NON LO PERDERE. Non perder d'occhio Calagrillo.
(544) RIMANER SERVITO ecc. Ti preghi che di buon grado io compia un'impresa per questa dama.
(545) SCRIVERTI ecc. Arrolarti.
(546) SCALA FRANCA. Passo libero.
(547) IL SUO BEL SOLE. L'amato Cupído.
(548) FACCIA FANGO ecc. Disprezzi e non mantenga le mie promesse.
(549) METTA SUL LIUTO ecc. Questo modo e il precedente e il seguente valgono tutti Trattenere con chiacchiere.
(550) CAVAR CAPPA ecc. Mettermi all'opera, come chi per esser più agile in qualsiasi operazione si cava cappa e mantello.
(551) RONDA è la guardia che gira per le mura e visita le sentinelle.
(552) SPONDA della muraglia.
(553) SAVORE è un intingolo fatto di pane e noci peste sciolte nell'agresto. Qui intende cispa.
(554) FAINA fu un certo caporal di birri.
(555) MEDIANTE. Qui, stante, a cagione di.
(556) I DITALI. Qui, le punte delle dita.
(557) S'ABBURATTA. Si dimena,si dibatte.
(558) GOLETTA, Estremità dell'abito da uomo intorno alla gola, ove s'affollano questi bruscoli, che sono gli stessi innumerabili mortali nominati di sopra.
(559) SCILINGUARE A BACCHETTA è avere il comando e 'l dominìo dello scilinguare: e per conseguenza essere il capitano e l'antesignano degli scilinguatori. (Biscioni.)
(560) IL QUARTUCCIO, piccola misura di legno, dicesi che fogna le castagne, quando il venditore ad arte vi lascia degli spazi vuoti: ma poi, sia per far credere che le vi fossero invece pigiate, sia perchè la bocca del detto vaso non è molto grande, il venditore, nel votar la misura, dà quattro scosse.
(561) FA A VITE. Storce la gola.
(562) PER ISTORNO. Per rimbalzo, di rimando.
(563) IL CAPPEL ROSSO portavano gli Ebrei in Firenze.
(564) SICILIANO. Ben s'intende che qui vuol dire: Ti coprirò di ferite o ti ucciderò; ma l'allusione è ignota o almeno assai incerta.
(565) DOVE I LADRI, cioè in Malmantile, dove ladra è la regina e ladra Martinazza.
(566) QUEI. I diavoli.
(567) LETTO A TRE COLONNE. Le forche.
(568) NON UCCELLA, ecc. Non si contenta di poco.
(569) MENTRE. Se.
(570) ESSA. Psiche.
(571) ED EI SI CERCA ecc. Questo usavasi fare in Firenze a chi prendeva una seconda o terza moglie.

Lorezo Lippi
Da "Il Malmantile racquistato" di Lorenzo Lippi (alias Perlone Zipoli), con gli argomenti di Antonio Malatesti; Firenze, G. Barbèra, editore, 1861)

(segue)

 
 
 
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