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Canzoniere petrarchesco 13

Post n°1832 pubblicato il 12 Luglio 2015 da valerio.sampieri
 

Canzoniere

81

Io son sí stanco sotto 'l fascio antico
de le mie colpe et de l'usanza ria
ch'i' temo forte di mancar tra via,
et di cader in man del mio nemico.

Ben venne a dilivrarmi un grande amico
per somma et ineffabil cortesia;
poi volò fuor de la veduta mia,
sí ch'a mirarlo indarno m'affatico.

Ma la sua voce anchor qua giú rimbomba:
O voi che travagliate, ecco 'l camino;
venite a me, se 'l passo altri non serra.

Qual gratia, qual amore, o qual destino
mi darà penne in guisa di colomba,
ch'i' mi riposi, et levimi da terra?


82

Io non fu' d'amar voi lassato unquancho,
madonna, né sarò mentre ch'io viva;
ma d'odiar me medesmo giunto a riva,
et del continuo lagrimar so' stancho;

et voglio anzi un sepolcro bello et biancho,
che 'l vostro nome a mio danno si scriva
in alcun marmo, ove di spirto priva
sia la mia carne, che pò star seco ancho.

Però, s'un cor pien d'amorosa fede
può contentarve senza farne stracio,
piacciavi omai di questo aver mercede.

Se 'n altro modo cerca d'esser sacio,
vostro sdegno erra, et non fia quel che crede:
di che Amor et me stesso assai ringracio.


83

Se bianche non son prima ambe le tempie
ch'a poco a poco par che 'l tempo mischi,
securo non sarò, bench'io m'arrischi
talor ov'Amor l'arco tira et empie.

Non temo già che piú mi strazi o scempie,
né mi ritenga perch'anchor m'invischi,
né m'apra il cor perché di fuor l'incischi
con sue saette velenose et empie.

Lagrime omai da gli occhi uscir non ponno,
ma di gire infin là sanno il vïaggio,
sí ch'a pena fia mai ch'i' 'l passo chiuda.

Ben mi pò riscaldare il fiero raggio,
non sí ch'i' arda; et può turbarmi il sonno,
ma romper no, l'imagine aspra et cruda.


84

- Occhi piangete: accompagnate il core
che di vostro fallir morte sostene.
- Cosí sempre facciamo; et ne convene
lamentar piú l'altrui, che 'l nostro errore.

- Già prima ebbe per voi l'entrata Amore,
là onde anchor come in suo albergo vène.
- Noi gli aprimmo la via per quella spene
che mosse d 'entro da colui che more.

- Non son, come a voi par, le ragion' pari:
ché pur voi foste ne la prima vista
del vostro et del suo mal cotanto avari.

- Or questo è quel che piú ch'altro n'atrista,
che' perfetti giudicii son sí rari,
et d'altrui colpa altrui biasmo s'acquista.


85

Io amai sempre, et amo forte anchora,
et son per amar piú di giorno in giorno
quel dolce loco, ove piangendo torno
spesse fïate, quando Amor m'accora.

Et son fermo d'amare il tempo et l'ora
ch'ogni vil cura mi levâr d'intorno;
et più colei, lo cui bel viso adorno
di ben far co' suoi exempli m'innamora.

Ma chi pensò veder mai tutti insieme
per assalirmi il core, or quindi or quinci,
questi dolci nemici, ch'i' tant'amo?

Amor, con quanto sforzo oggi mi vinci!
Et se non ch'al desio cresce la speme,
i' cadrei morto, ove più viver bramo.


86

Io avrò sempre in odio la fenestra
onde Amor m'aventò già mille strali,
perch'alquanti di lor non fur mortali:
ch'è bel morir, mentre la vita è dextra.

Ma 'l sovrastar ne la pregion terrestra
cagion m'è, lasso, d'infiniti mali;
et piú mi duol che fien meco immortali,
poi che l'alma dal cor non si scapestra.

Misera, che devrebbe esser accorta
per lunga experïentia omai che 'l tempo
non è chi 'ndietro volga, o chi l'affreni.

Piú volte l'ò con ta' parole scorta:
Vattene, trista, ché non va per tempo
chi dopo lassa i suoi dí piú sereni.


87

Sí tosto come aven che l'arco scocchi,
buon sagittario di lontan discerne
qual colpo è da sprezzare, et qual d'averne
fede ch'al destinato segno tocchi:

similmente il colpo de' vostr'occhi,
donna, sentiste a le mie parti interne
dritto passare, onde conven ch'eterne
lagrime per la piaga il cor trabocchi.

Et certo son che voi diceste allora:
Misero amante, a che vaghezza il mena?
Ecco lo strale onde Amor vòl che mora.

Ora veggendo come 'l duol m'affrena,
quel che mi fanno i miei nemici anchora
non è per morte, ma per piú mia pena.


88

Poi che mia speme è lunga a venir troppo,
et de la vita il trappassar sí corto,
vorreimi a miglior tempo esser accorto,
per fuggir dietro piú che di galoppo;

et fuggo anchor cosí debile et zoppo
da l'un de' lati, ove 'l desio m'à storto:
securo omai, ma pur nel viso porto
segni ch'i'ò presi a l'amoroso intoppo.

Ond'io consiglio: Voi che siete in via,
volgete i passi; et voi ch'Amore avampa,
non v'indugiate su l'extremo ardore;

ché perch'io viva de mille un no scampa;
era ben forte la nemica mia,
et lei vid'io ferita in mezzo 'l core.


89

Fuggendo la pregione ove Amor m'ebbe
molt'anni a far di me quel ch'a lui parve,
donne mie, lungo fôra a ricontarve
quanto la nova libertà m'increbbe.

Diceami il cor che per sé non saprebbe
viver un giorno; et poi tra via m'apparve
quel traditore in sí mentite larve
che piú saggio di me inganato avrebbe.

Onde piú volte sospirando indietro
dissi: Ohimè, il giogo et le catene e i ceppi
eran piú dolci che l'andare sciolto.

Misero me, che tardo il mio mal seppi;
et con quanta faticha oggi mi spetro
de l'errore, ov'io stesso m'era involto!


90

Erano i capei d'oro a l'aura sparsi
che 'n mille dolci nodi gli avolgea,
e l'vago lume oltra misura ardea
di quei begli occhi, ch'or ne son sí scarsi;

e 'l viso di pietosi color' farsi,
non so se vero o falso, mi parea:
i' che l'ésca amorosa al petto avea,
qual meraviglia se di súbito arsi?

Non era l'andar suo cosa mortale,
ma d'angelica forma; et le parole
sonavan altro, che pur voce humana.

Uno spirito celeste, un vivo sole
fu quel ch'i'vidi: et se non fosse or tale,
piagha per allentar d'arco non sana.

Francesco Petrarca

 
 
 
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Data di creazione: 26/04/2008
 

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