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Cenni biografici

Andrea Rubbi, Parnaso Italiano Volume 1, 1819

I. Ciullo d'Alcamo
Per corruzione fu dato il nome di Ciullo a questo poeta, che chiamavasi Vincenzo nato in un castello della Sicilia vicino a Palermo, nominato Alcamo, e perciò è conosciuto per Ciullo, quasi Vincenciullo da Vincenzo d' Alcamo. Non bene convengono i nostri scrittori sull'età, nella quale precisamente ei fiorisse, e non tutti quindi accordare gli vogliono la gloria di nostro primo poeta. Alcuni anzi l' attribuiscono a certo Lucio Drusi pisano, fondati sull'interpretazione d' un certo sonetto, agitando una quistione, che lungo ed inutile sarebbe il qui replicare; alcuni altri all' opposto assegnare vorrebbero al nostro Ciullo un'epoca più remota ancora sopr' altre conghietture di poco valore. In ogni modo, combinando tutti i pareri, e riflettendo sullo stile e dicitura di quella sua sola canzone, che pubblicata ci fu dall' Allacci, noi concordiamo di buon grado col Tiraboschi a riguardarlo come il primo poeta italiano, i di cui versi sieno fino a noi pervenuti, senza badare al Crescimbeni, che riserbare yorrebbe un tal vanto ai Toscani, e senza considerare col Quadrio per il nostro più antico lirico Ubaldino Ubaldini, per avere con quella poca prosa rimata semi-latina, che qui si legge, celebrato il privilegio ottenuto da Federico Barbarossa di poter aggiungere allo stemma della sua famiglia le corna d'un cervo da lui domato alla caccia. Da questo incomipciamento dunque, cioè dall'anno 1 197, in cui si può ragionevolmente supporre, che Ciullo fiorisse, amiamo noi di fissare i primi vagiti della nostra poesia, e prendendoli quindi appunto come vagiti, ad altro servir non possono che a piantare la base della poetica storia d'Italia, e rispettati esser devono da ogni censura.


II. Folcacchiero de' Folcacchieri
Nativo di Siena e cavaliere fu questo lirico, la di cui meno rozza maniera di scrivere posteriore lo manifesta all'antecedente, ma non di molto. Tutti gli scrittori convengono nel collocarlo al posto, che dato gli viene anche in questa nostra Raccolta; ma della sua vita non ci restano memorie, e del poetico suo talento giudicar possiamo alla sola lettura d'una sua canzone, prima dall' Allacci, e poi pubblicata dal Crescimbeni.


III. Piero delle Vigne
Nobile Capuano, d'una famiglia originaria di Padova, il di cui sapere gli meritò dai suoi coetanei il titolo di Maestro . Visse alla corte dell' Imperatore Federico II, e molto fu stimato ed amato da quel monarca, di che invidiosi gli altri cortigiani, tanto lo perseguitarono e calunniarono, che per supposta fellonia fu condannato a perpetuo carcere, ove morì di dolore. Uomo dotto in ogni genere di scienze, e specialmente nella giurisprudenza, seppe anche distinguersi nella poesia, come si rileva dai saggj qui impressi, ed i molti accreditati autori, che parlano di esso, tutti lo ricordano con molta lode.


IV. Guido Guinicelli
Cavaliere bolognese, e molto accreditato per la sua dottrina. La massima sua riputazione però gli viene dai suoi versi, per i quali fu nominato principe dei poeti del suo tempo, e tutti si accordano nell' altamente encomiarlo. Di fatto, la differenza tra le sue e le composizioni dei suoi contemporanei a prima vista si rende sensibilissima, quantunque gliscrittori non tutti gli diano l'epoca da noi qui ad esso assegnata. Il Crescimbeni lo mette all'anno 1220, il Quadrio al contrario lo porta fino al 1250, ed anche dopo, ed alla sua opinione inclina anche il Tiraboschi. Più delle riferite prove però, fondate sopra certi sonetti, che non si sa bene, se fossero effettivamente a lui diretti, mi persuadono i versi di Dante nel Purgatorio, ove con lui ragionando, parla di persona da lui conosciuta soltanto per alta fama, ed esistente quindi in una età non vicina alla sua. Che che ne sia, oscurissime e vaghe sono le notizie di questo poeta; ma oscuro non è il suo nobile e franco modo di poetare, che lo fa emergere luminosamente, e che ci fa scorgere qualche suo imitatore in un tempo anteriore a quello, che il Quadrio inclinato si mostra di volergli assegnare.


V. San Francesco d'Assisi
Nacque quest'ottimo servo di Dio nel 1182 da padre negoziante, e sì chiamò Giovanni Moriconi. Prese quindi il nome di Francesco, e rinunziando alla vita secolare ed alle paterne fortune nell'anno vigesimosesto dell'età sua, fondò quella religione, sotto il pontificato d'Innocenzo III, che dal suo nome fu detta dei Francescani, e ricco di virtù e di meriti morì d'anni 42 nel 1226, ottenendo due anni dopo morto dal papa Gregorio IX la sua canonizzazione. L'entusiasmo del divino amore rese questo Santo poeta, e quantunque il P. Ireneo Affò si affatichi di provare, che i suoi cantici sono pura prosa, da altri poi ridotta in una specie di poetico metro, certo si è nondimeno, che la famosa sua canzone detta del Sole, fu posta in musica ad uso del coro dal celebre suo compagno Fra Pacifico. D'altronde, qualora non si voglia ammettere una rifusione totale di quelle sue divine inspirazioni, ciò che non consta da alcun documento, io non saprei trovare un motivo legittimo per togliere a questo grand' uomo la fama di buon poeta; giacchè il trovare i suoi versi scritti nei codici antichi tutti di seguito come la prosa, può tutto al piò provare l'ignoranza o negligenza dei copisti.


VI. Federico II Imperatore
Nacque Federico in Palermo, altri vogliono in Jesi, da Enrico VI Imperatore, e da Costanza figlia di Ruggero re di Sicilia al 26 dicembre 1194. Fu coronato Imperatore in Roma al 15 dicembre 1220, e sostenuto dalla Santa Sede contro Marcovaldo nel possesso del regno dì Sicilia; ma dichiaratosi in seguito nemico della Chiesa, fu da varj Papi scomunicato, e finalmente da Innocenzo IV privato dell'Impero nel concilio di Lione al 21 giugno 1245. Morì quindi in Ferentino di Puglia al 13 dicembre del 1250 avvelenato, o come si pretende affogato in letto da Manfredo suo figlio bastardo.
Uomo d'alto ingegno coltivò e protesse molto le scienze e1e lettere, fondando Università, premiando largamente i dotti, e scrivendo egli stesso varie opere, ma distinguendosi specialmente con le sue poesie. Il Crescimbeni lo fa fiorire alquanto più tardi ; ma chi conosce le traversie ed inquietudini del suo procelloso regnare, troverà più probabile, che gli amorosi suoi versi siano figlj del la prima sua gioventù.


VII. Fra Guittone d' Arezzo
Guittone del Viva, cavaliere Gaudente, di patria aretino, detto comunemente Fra Guittone d'Arezzo, merita fra i poeti di questa età una menzione particolare, specialmente per avere perfezionato il sonetto, che per esso e dopo di esso acquistò un aspetto più nobile e più leggiadro. Non minori progressi fece con lui tutto il genere lirico in generale, come si rileva dalle molte rime, che in varie Raccolte di lui ci rimangono. Stimato egli fu quindi assai da' suoi coetanei, e preso per modello dai poeti a lui posteriori. Rivolse pure il suo studio a migliorare il decoro dell' italiana prosa, e di questo suo studio ci fanno fede alcune sue lettere volgari, pubblicate in Roma ed illustrate da monsignor Bottari nell'anno 1745.


VIII. Guido Delle Colonne
Giudice messinese, accreditato legale, e buon poeta. Le sue canzoni sono molto lodate da Dante, e chiamate tragiche, cioè sublimi. Viene ad esso attribuito il volgarizzamento dal Greco della Guerra trojana; ma la purgatezza soverchia dello stile fece mettere in dubbio questo suo merito, per cui anche l'Accademia della Crusca cita questo volga rizzamento come anonimo.


IX. Odo Delle Colonne
Ebbe comune col precedente e patria e famiglia, ma di qualche anno gli fu posteriore. Poche sono le notizie che abbiamo della sua vita, e pochi i versi che ci ha lasciato. Conosciuta è soltanto l'epoca sua, la riputazione da lui goduta per la sua dottrina, onde occupa un distinto posto nella Biblioteca degli scrittori siciliani.


X. Noffo d'Oltrarno
Noffo, cioè Arnolfo, della famiglia come si crede dei Bonaguida, fu notajo fiorentino, e prese il cognome da quella parte della città, che per essere di là dall'Arno dagli antichi fu detta Oltrarno, ove si era domiciliato. Oltre alle occupazioni della sua professione, dedicossi egli anche allo studio della volgar poesia, studio comune a tutti i begli ingegni del suo tempo, nel quale seppe procacciarsi non poca lode.


XI. Inghilfredi Siciliano
Di questo poeta sappiamo soltanto, che ebbe per patria Palermo, che visse ne' tempi dell'Imperatore Federico II, e che fu stimato dai suoi contemporanei per i suoi versi. Molti autori lo ricordano vantaggiosamente, ed il Trissmo si prevale della di lui autorità nella sua Poetica.


XII. Enzo Re di Sardegna
Enzo, cioè Enrico, figlio naturale di Federico II. Imperatore, e di Bianca Lanza di Monferrato, nacque in Palermo nell'anno 1225. Dedicatosi intieramente alla guerra, riusci nel 1239 di soggiogare la Sardegna, per cui il padre lo dichiarò re di quell'isola. Ora siccome la Santa Sede sosteneva sopra quel dominio delle pretensioni, così non volendo Enzo riconoscersi suo dipendente, fu da Papa Gregorio IX scomunicato; per cui invasi essendo da esso gli Stati ecclesiastici, fu sconfitto nel 1249 presso Modena, e condotto prigioniero a Bologna, ove morì nel 1271. In mezzo alle continue agitazioni delle sue bellicose vicende seppe egli trovare il tempo d'applicarsi anche agli ameni studj, onde annoverato viene tra i primi padri della nostra poesìa, forma testo di lingua, ed è ricordato con vantaggio dal Bembo, dal Trissino, e da varj altri autori.


XIII. Saladino di Pavia
Sappiamo di questo scrittore, che fu pavese, che si distinse nella poesia volgare, che fiorì in quest'età, e non altro. La sua lingua fa testo, ed i suoi versi fino a noi pervenuti meritare gli fanno la nostra stima.


XIV. Gallo Pisano
Di questo poeta nulla si può dire di preciso, riportatici essendo i suoi versi sotto i nomi anche di Galletto, di Galasso, ec., che da alcuni attribuiti vengono a lui solo, da altri a diversi rimatori pisani. In ogni modo le poesie da noi qui date sotto questo nome appartengono sicuramente a quest'epoca, e meritano d' esser lette.


XV. Rinaldo d'Aquino
Nativo del paese, di cui si noma, e forse della nobilissima famiglia napolitana, che porta questo cognome. Fiori egli alla metà di questo secolo, e Dante ed il Trissino lo considerano egualmente come uno dei primi e più illustri padri della nostra poesia.


XVI. Meo Abbracciavacca
Di patria pistojese, nominato viene nell'indice dell'Allacci Braccio Vacca; non bisogna però fidarsi delle sue denominazioni, perchè questo greco raccoglitore le ha spesso sbagliate. Gli si deve però la gloria di buon poeta toscano, e contribuì non poco ad arricchire e migliorare la nostra favella. Manoscritte si trovano molte delle sue rime, ma poche pubblicate fin' ora ne furono con la stampa.


XVII. Lapo Gianni
Anche questo chiamato viene dagli autori ora Lapo Giannini, ora Giovanni Lapo, ora Lapo Zanni. Un fatto si è, ch'egli fu notajo fiorentino, che visse con fama di buon poeta dopo la metà di questo secolo, e che fu uno dei primi a rendere sulle tracce di fra Guittone alquanto più elegante il nostro sonetto. Non intendo però come il Muratori abbia potuto indursi a crederlo posteriore d'un secolo, giacchè pochissimo intendimento basta per riconoscere in esso quel carattere d'antichità, che tanto sensibilmente distingue i poeti della prima epoca.


XVIII. Pucciandone Martelli
Seguì anche questo poeta le tracce di fra Guittone nell' elaborare isonetti, servendosi però molto del suo dialetto pisano, specialmente coll' adoperare alternativamente ed indifferentemente la s per la z, e viceversa. Comprendere nondimeno si deve anch'esso nella classe dei fondatori della nostra poesìa.

 
 
 
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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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