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CHIARIMENTI
Le notizie riportate nel presente blog, ove altrimenti non specificato, sono affidate alla memoria dell' autore e non possono pertanto essere considerate degne della minima fede. Ritengo sia mio preciso obbligo morale diffondere bufale, spacciandole per vere e viceversa. Chi si fida di me sbaglia a farlo, ma, volendo, potrebbe prendere spunto da quel bel po' di verità che sarà in grado di trovare in ciò che scrivo, per approfondire l' argomento, se gli interessa, altrimenti, ciccia.
Chi volesse comunque riferirsi a fonti ancor meno affidabili di una vacillante memoria di un incallito bufalaro, potrà consultare Wikipedia o, peggio ancora, la Treccani Online che a Wikipedia spesso rinvia. Degno di considerazione è il fatto che le idiozie di cui Wikipedia è spesso -non sempre, siamo onesti- intrisa fino al midollo sono consultabili gratis, laddove per la redazione della Treccani online lo Stato ha erogato all' ente, presieduto da un non bene amato ex ministro di nome Giuliano, due bei milioncini di euro nostri: che fine avranno fatto? Non c'è alcuna malizia da parte mia, s'intende, nel formulare questa domanda: solo semplice curiosità.
La lettura di questo blog è vivamente sconsigliata a chi ignora cosa sia l'ironia e/o non è in grado di discernere il vero dal falso.
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Piccola biblioteca romanesca (I miei libri in dialetto romanesco)
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Cento sonetti in vernacolo romanesco (di Augusto Marini)
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Post n°853 pubblicato il 18 Dicembre 2014 da valerio.sampieri
Rime inedite del cinquecento (Bologna, Romagnoli - Dall'Acqua, 1918)
Al nascer sì bramato, al nascer chiaro Del nuovo Cosmo apri, natura, il seno D'ampi tesori, e ratto il mar Tirreno Converse in dolce il suo liquor amaro. Lasciar' le Muse il Poggio amato e caro, E nel Tosco superbo, almo terreno Sciogliendo a note dilettose il freno Sovra le stelle il regal germe alzâro. Ben chinò l'Apennin l'altera spalla, Anzi tempo squarciò l'umido velo De l'atra notte folgorando il sole. Riser Marte e Giunon, sorrise Palla, Giove tonò dal manco lato, e 'l cielo Arrise tutto a la Cesarea prole. [28 Di Diomede Borghesi]
Mentre a bagnar Piroo ne l'onde amare Cinto di nubi il gran pianeta scende, E l'atra notte il manto umido stende Non fregiato di stelle ardenti e chiare, Su fiammeggiante carro il sole appare, Che dolce in mille cor lampeggia e splende E 'l lume spento col suo raggio accende Sì ch'alto n'ha splendor la terra e 'l mare. Non sa Teti pensar chi le notturne Ombre ch'avean il dì scacciato allora, Scuota dai campi fortunato intorno: Ma de l'alta mia donna il viso adorno Visto, e 'l sen vago e le sue mani eburne: Ben può, disse, a costei ceder l'Aurora. [29 Di Diomede Borghesi]
Qual tu di vaghe membra, alte e leggiadre Sembri Castore novo, altro Polluce, E quel Dio ch'ebbe fulminata madre Simigli, e chi dal Gange il dì n'adduce, Tal frenando le voglie ingiuste et adre Sarai di tutta Europa onore e luce, Conforme agli avi tuoi, conforme al padre, Che sovra i primi eroi s'alza e riluce. Giungi pur lieto di Nestore agli anni, E coi tuoi fatti aventurosi, illustri Apriti il varco a la suprema gloria. Che s'al desio m'impenna Euterpe i vanni, In sacri versi a paragon dei lustri Vivrà del tuo valor l'alta memoria. [30 Di Diomede Borghesi]
Aventurosa Italia, or godi e spera Stender il braccio de l'imperio gïusto Al freddo Scita, a l'Africano adusto, E trionfar del mondo umile altera. Ché 'l pargoletto heroe, speranza intera Del Tosco saggio e valoroso augusto Per lo calle di gloria, alpestre, augusto Seguirà di virtù candida schiera. Il novel Cosmo, che fia sculto in marmi Come il suo generoso, invitto padre, Ch'a procacciarsi onor sempre si accinse, Barbare domarà superbe squadre, Sì che in qual parte andrà volgendo l'armi Ei venne (potrà dirsi), e vide, e vinse. [31 Di Diomede Borghesi]
Non ha morte crudel furato quella Candida perla, pretïosa e pura, Onde Francia ed Italia in veste oscura Troppo aspro il fato lagrimando appella. Ma perché fur' virtuti accolte in ella, Ch'ornar' d'eterni pregi arte e natura, Il gran Tonante con mirabil cura L'ha trasformata in sempiterna stella. E 'l suo bel raggio, luminoso, ardente, Che 'l ciel rischiara, e già d'invidia ingombra Ciascuna ferma, o pur facella errante Quà giù la via d'onor discopre a gente, Che d'infermi pensier l'anima sgombra Ver' l'immortalità drizza le piante. [32 Di Diomede Borghesi]
Hor che 'l gran padre e gran motor del cielo L'alte di gloria a noi porte disserra, E con la morte sua la morte atterra Ch'avea nel primier uom vibrato il telo. L'aurate chiome sue d'oscuro velo (Quinci a Satan s'indice orrida guerra) Cinge stupido il sol, trema la terra, Fassi gelido il fuoco, ardente il gelo, Ogni lauro si secca, e pino ed elce Suda mesto l'avorio, e 'l bronzo piange, E l'asprezza e 'l rigor perdon le pietre. Sol tu, rigido cor, tu viva selce, Che dovresti versar per gli occhi un Gange, In così grave orror nulla ti spetre. [33 Di Diomede Borghesi]
Tosto che sciolse dal corporeo velo Inesorabil morte alma reale, Raddoppiando la fama, e tromba ed ale Così fe' risonar la terra e 'l cielo. Fortuna armata di funereo telo Il senno e la virtù repente assale, E giunta è d'Imeneo la gloria a tale Ch'ogni sua face si trasforma in gielo. Il giogo di Parnaso ima e pallustre Valle rassembra, e s'affatica invano A recar Febo il dì chiaro e giocondo. Morta chi fece l'Istro amico a l'Arno, Ed al cui nome, al cui gran pregio illustre Sarà picciol sepolcro Europa e 'l mondo. [34 Di Diomede Borghesi]
Dunque sì ratto la regal consorte Del magno, generoso Etrusco Duce, Cui valor vero al sacro monte adduce, Il carro trionfale orna di morte? Ahi! che parlo io? Ben son cadute, o morte, Le glorie, ond'ebbe il mondo inclita luce; Ma su viva e beata ella riluce Ove non ha poter caso, né sorte. Mentre che 'l duolo Italia amaro interno Sfoga per gli occhi, e grave affanno e duro Germania ingombra paventosa ed egra. Talor preme Orïon, talora Arturo L'Angela nuova e reverente allegra Va sempre rimirando il Padre Eterno. [35 Di Diomede Borghesi]
A che pur piange? A che sospiro e geme Saggio, Miranda, il mio Granduca e vostro? Che tai d'alta prudenza esempi ha mostro Che 'l mondo il pregia, il riverisce e 'l teme. Quella, che fu di Etruria e d'Austria speme Materia illustre da purgato inchiostro; Quella, che non di gemme, e d'oro, e d'ostro, Ma s'ornò di virtù chiare e supreme. Hor che spogliata del caduco manto Puro diletto sempiterno prova Fuor del nostro pensier soave e caro, Dice ridendo: Il sospiro che giova? Sgombrate, alto Francesco, il duolo e 'l pianto Ch'ogni dolcezza mia volge in amaro. [36 Di Diomede Borghesi]
O degna che tranquille, e dolci, e chiari T'apran l'hore gran tempo i giorni, e degna Che quanto in te valor s'annida e regna Cantin poeti pelegrini e rari. Di lor grazie i pianeti a l'altre avari Comparton larghi a te, che 'l viso insegna Porti d'amor, ch'a mercar gloria insegna Sovrani pregi, avventurosi e cari. I tuoi begli occhi, che rassembran soli La BIANCA man d'avorio, e d'oro i crini Fanno l'invidia lacrimar sovente. Hor chi de l'alma vuol pura, eccellente Giudicar le bellezze alte e divini, Convien che contemplando al ciel sorvoli. [37 Di Diomede Borghesi]
Febo, de l'arbor tua sol bramo e chero La foglia di che Amor fregia il GINEBRO; Onde già noto a paragon del Tebro Il CROSTOLO gentil se n' corse altero: Ma che bramoso cheggio? Adunque io spero (Se ben ti riverisco, amo e celebro) Un pregio, al qual chi fece immoto l'Ebro Non ebbe par, ne l'immortale Omero. Hor poiché 'ndarno il cor sì alto aspira Ch'a te sol deve il crin render adorno La fronde, ch'ha virtù chiara e sublime. Dammi ch'io narri in sempiterne rime Come tra neve che faville spira Fioriscon rose all'alma pianta intorno. [38 Di Diomede Borghesiù]
S'a me daranno in sorte unqua le stelle Gir dove la mia donna illustre, altera, Quando più il sonno agli animanti impera Posa le membra delicate e belle. Guardarò fiso il crine aurato, e quelle Luci leggiadre, ond'è ch'ardendo impera, E 'l bianco sen d'Amor gloria primiera, E le man di mercè scarse e rubelle. Ma nuovo ricercando alto diletto Tra pochi gigli et odorate rose Dolce rugiada andrò suggendo e grata. Indi converso a più felice obietto Dal tesor che natura invida ascose La gemma involerò cara e pregiata. [39 Di Diomede Borghesi]
Dunque potrà temer la punta e 'l caldo Di picciol ferro e fuoco animo altero Ne i conflitti d'amor franco guerriero E ne i maggior perigli ardito e baldo? E non pur lo mio petto ingombro e caldo Di cocente, amoroso, alto pensiero, E non pur m'ange un colpo acerbo e fiero Lo spirto ne i martir constante e saldo. Ma cento piaghe al fianco egro e meschino Ministran doglie e grave incendio e duro A parte, aparte incenerisce il core. Ben solcarà chi coraggioso il pino Commette a l'ocean pieno d'orrore Il placido Tirren lieto e securo.
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