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CHIARIMENTI
Le notizie riportate nel presente blog, ove altrimenti non specificato, sono affidate alla memoria dell' autore e non possono pertanto essere considerate degne della minima fede. Ritengo sia mio preciso obbligo morale diffondere bufale, spacciandole per vere e viceversa. Chi si fida di me sbaglia a farlo, ma, volendo, potrebbe prendere spunto da quel bel po' di verità che sarà in grado di trovare in ciò che scrivo, per approfondire l' argomento, se gli interessa, altrimenti, ciccia.
Chi volesse comunque riferirsi a fonti ancor meno affidabili di una vacillante memoria di un incallito bufalaro, potrà consultare Wikipedia o, peggio ancora, la Treccani Online che a Wikipedia spesso rinvia. Degno di considerazione è il fatto che le idiozie di cui Wikipedia è spesso -non sempre, siamo onesti- intrisa fino al midollo sono consultabili gratis, laddove per la redazione della Treccani online lo Stato ha erogato all' ente, presieduto da un non bene amato ex ministro di nome Giuliano, due bei milioncini di euro nostri: che fine avranno fatto? Non c'è alcuna malizia da parte mia, s'intende, nel formulare questa domanda: solo semplice curiosità.
La lettura di questo blog è vivamente sconsigliata a chi ignora cosa sia l'ironia e/o non è in grado di discernere il vero dal falso.
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Piccola biblioteca romanesca (I miei libri in dialetto romanesco)
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Post n°716 pubblicato il 02 Dicembre 2014 da valerio.sampieri
Il Dittamondo di Fazio degli Uberti LIBRO PRIMO CAPITOLO XIII Dopo Saturno, Pico il regno tenne, cui Circes per amore in odio colse tanto, che ’l trasformò di pelo in penne. Costui, per buono agurio, il pico volse portare in arme e, vinto il suo nemico, 5 Vienza combattendo prese e tolse. In questo tempo appunto, ch’io ti dico, vennon di Grecia e fra noi si piantaro, con altre piante, la mandorla e ’l fico. Un anno e trenta appunto terminaro, 10 quando costui perdeo la mortal gloria e che i suoi membri a la madre tornaro. Seguita mo di Fauno far memoria, ch’apresso lui il paese costrinse e tenne con grandezza e con vittoria. 15 Pro fu né mai a’ suoi servir s’infinse: sí li piacque la città di Sabina, ch’assai l’accrebbe e d’un bel mur la cinse. Fatua fu sua sposa e fu indovina, da la quale poi il nome si divelve 20 che fatua è qual pronuncia le destina. Costui, cacciando al bosco tra le belve, 35 d’una saetta fu ferito e morto e nominato Pan, dio de le selve. Tant’era il tempo ancor da Noè corto in fine a questo che or ti disegno, che ’l viver bel non era ancora scorto. Facean le genti di scorze di legno i libri lor, ché di fogli o di carte non era assottigliato ancor lo ’ngegno. 30 Assai seppe costui di ciascun’arte; venti nove anni visse e quando in pace guardò il suo regno e quando con Marte. Seguita qui Latin, del qual mi piace ragionare, però che seppe molto 35 d’ogni scienza e fu grande e aldace. Da lui deriva e da lui è tolto onde ogni Italian latino è ditto; molto fu franco, largo e bel del volto. In questo tempo, per lo mare afflitto 40 Enea e i suoi, come Virgilio dice, a piaggia venne in questa parte dritto e, smontando presso a le mie pendice, e ’l pan mancando, del loco s’accorse dove piantar dovea la sua radice. 45 E via men fu del suo fatato in forse, allor che vide Evandro e Pallante e che ’l bel segno de l’aguglia scorse. Chi dir potrebbe per ordine quante novitá fun, poi che l’animo ficca 50 di starsi qui e piú non ire avante? Contro a Camilla bella, franca e ricca, e contro a Turno e i suoi Rutoli ancora, Lavina vinse, onde Amata s’impicca. La città di Penestre fece allora 55 e per Lavina dificò Lavino e re tre anni e sei mesi dimora. Cotale fu, figliuolo, il suo destino: che Mezenzo per vendetta l’uccise e qui finio il suo lungo cammino. 60 Similemente Evandro a morte mise; i lor due regni allora uno si fenno: Ascanio il tenne, nipote d’Anchise. Di larghezza, di prodezza e di senno somigliò il padre e, per quel ch’i’ udio, 65 del corpo ancora: e io cotal lo ’mpenno. Di qui discese il buon Cesare mio con altri molti innanzi a lui e poi, li quai fun sempre fermi al mio disio. Ordine dato a tutti i fatti suoi, 70 a la vendetta dei due re intese, come per molti avere udito poi. Mezenzo uccise e la sua gente prese e tanto era d’angoscia e d’ira pieno, ch’arse e distrusse tutto quel paese. 75 Poi a piú province volse il freno: per gran vertú e con l’ardita spada le vinse e sottomise al bel terreno. Ma prima ch’io qui piú innanzi vada, vo’ che sappi che di Lavina nacque 80 Silvio Postumo, che molto alto bada. Silvio fu detto, ché la madre il tacque e tenne in una selva ascoso e forse ch’era per tale a cui sua vita piacque. Postumo li seguí, ché, poi che morse 85 la morte il padre, uscio de le veste che nel suo corpo la madre li porse. In questo tempo colui per Oreste a Delfos morto fu dentro dal tempio, ch’al mal di Pulisena ebbe sí preste 90 le mani e fe’ de l’Amazona scempio. |
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