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CHIARIMENTI
Le notizie riportate nel presente blog, ove altrimenti non specificato, sono affidate alla memoria dell' autore e non possono pertanto essere considerate degne della minima fede. Ritengo sia mio preciso obbligo morale diffondere bufale, spacciandole per vere e viceversa. Chi si fida di me sbaglia a farlo, ma, volendo, potrebbe prendere spunto da quel bel po' di verità che sarà in grado di trovare in ciò che scrivo, per approfondire l' argomento, se gli interessa, altrimenti, ciccia.
Chi volesse comunque riferirsi a fonti ancor meno affidabili di una vacillante memoria di un incallito bufalaro, potrà consultare Wikipedia o, peggio ancora, la Treccani Online che a Wikipedia spesso rinvia. Degno di considerazione è il fatto che le idiozie di cui Wikipedia è spesso -non sempre, siamo onesti- intrisa fino al midollo sono consultabili gratis, laddove per la redazione della Treccani online lo Stato ha erogato all' ente, presieduto da un non bene amato ex ministro di nome Giuliano, due bei milioncini di euro nostri: che fine avranno fatto? Non c'è alcuna malizia da parte mia, s'intende, nel formulare questa domanda: solo semplice curiosità.
La lettura di questo blog è vivamente sconsigliata a chi ignora cosa sia l'ironia e/o non è in grado di discernere il vero dal falso.
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Messaggi del 25/01/2015
Post n°1139 pubblicato il 25 Gennaio 2015 da valerio.sampieri
Il Dittamondo LIBRO QUINTO CAPITOLO XX Quanto piú cerco e piú novitá trovo; e ’l veder tanto a l’animo diletta, che non mi grava l’affanno ch’io provo. "Qui non si vuole, andando, alcuna fretta, disse Solin, ma porsi mente ai piedi, 5 ché questa gente è cruda e maledetta; poi il paese è maggior che non credi; non è cristiano né buon Saracino qualunque intorno abitare ci vedi. Garamanti son detti in lor latino, nominati cosí anticamente da Garama, figliuolo d’Apollino. La lussuria è comune a questa gente, sí come a l’Etiope, e cosí indoma e senza legge vive bestialmente. 15 Colui che primo li castiga e doma Cornelio Balbo per certo fu quello e che n’ebbe trionfo giunto a Roma". Cosí parlando, trovammo un castello non lungi da la strada, sopra un monte: 20 Debris si noma, molto ricco e bello. Qui mi trasse Solino a una fonte abondevole d’acqua e d’alte grotte, chiusa e serrata da le ripe conte. "Guarda, diss’ello, quest’acqua: la notte, 25 Mungibel mostra o qual piú forte bolla; di dí, par ghiaccio sopra l’Alpi Cotte". E come d’un pensier l’altro rampolla, diss’io fra me: Di questa Ovidio dice la sua natura e come surge e polla. 30 Apresso disse: "In su questa pendice sol per quel prego che già fece Ammone a Iupiter, che tanto fu felice, fece scolpire un ricco montone, sopra un petrone, con due corna d’oro, 35 che giá fu molto caro a le persone. Ed era opinione di coloro che veri sogni sognava colui lo qual, dormendo, li facea dimoro". Cosí parlando e seguitando lui, 40 aggiunse: "Non bisogna ch’io ti dica de le pecore lor, ché ’l sai d’altrui, come e perché, pascendo, vanno oblica". Indi arrivammo a una cittade nomata Garama, grande e antica. 45 Pensa, lettore, che queste contrade dal nostro lato col Nilo confina; da l’altro par che l’Etiopo bade. Andavam da la parte u’ è Cercina in verso Gaulea, sempre spiando 50 d’alcuna novitá lungi o vicina. Piú giorni giá eravamo iti, quando trovammo un altro popol, molto grande, del qual Solino dimandai, andando. Ed ello a me: "Questa gente si spande 55 in fino a lo Esperido oceano per gran diserti e salvatiche lande. Una isola è in questo luogo strano, ch’è ditta Gauleon, onde Gaulei si noman quanti in questa parte stano. 60 In essa alcun serpente, saper dèi, viver non può, e sia di qual vuol sorte, né li scorpioni, c’han toschi sí rei. E piú ancor: se di lá terra porte in altra parte, tanto è lor contrara, 65 che a l’una sorte e a l’altra dá la morte". E poi che la mia vista fu ben chiara de l’esser loro, in vèr colui mi trassi che dentro al mio pensier col suo ripara. Io volea dire; ed el: "Tu vuoi ch’io lassi 70 questa contrada e cerchi altro paese". "Vero è, diss’io, ché indarno omai qui stassi". Qui non fu piú, se non che la via prese pur a ponente, da la man sinestra, in verso il mar, come il cammin discese. 75 Non mi parve che fosse piú silvestra la gente ch’i’ trovai nel mar di Sizia, che quella che qui vidi a la campestra. "O luce mia, se puoi, qui mi indizia chi son costoro, in queste parti strane, 80 che fun creati in tanta tristizia: vedi c’han muso e labbra di cane; d’andar lor presso m’è una paura; per Dio!, fuggiamo in tutto le lor tane". Ed ello a me: "Figliuolo, or t’assicura e non temere che ti faccian male; vienmi pur dietro e quanto vuoi pon cura: questa gente ti dico ch’ella è tale e ne la vita lor tanto cattiva, che di far danno altrui poco lor cale". 90 E io a lui: "A ciò ch’altrui lo scriva, dimmi il lor nome e con lievi prologhi passa pur oltre e quanto puoi li schiva". "Di qua, diss’el, si chiaman Cenomologhi". |
Post n°1138 pubblicato il 25 Gennaio 2015 da valerio.sampieri
Rime di Celio Magno |
Post n°1137 pubblicato il 25 Gennaio 2015 da valerio.sampieri
Dalla Prefazione di "Poesie italiane inedite di Dugento Autori" dall'origine della lingua infino al Secolo Decimosettimo raccolte e illustrate da Francesco Trucchi socio di varie Accademie, Volume 1, Prato, Per Ranieri Guasti, 1847, pag. LXII-LVIII |
Rime di Tullia d'Aragona (di Tullia d'Aragona) |
Post n°1135 pubblicato il 25 Gennaio 2015 da valerio.sampieri
Rime di Celio Magno |
Post n°1134 pubblicato il 25 Gennaio 2015 da valerio.sampieri
Le Rime di Giovanni della Casa, meglio noto come l'autore del Galateo, sono state da me elaborate, servendomi dei seguenti testi, reperibili su google libri e su archive.org: 1) Le Rime di Giovanni della Casa, secondo la stampa del 1558 INDICE Sonetti 1-5 Rime in onore del Casa |
Rime di Mariotto Davanzati Sono scarse le notizie su questo poeta del XV Secolo. La voce della treccani è redatta discretamente bene e, perciò, ad essa rinvio. Canzone 1 |
"I trovatori" è tratto dalla Prefazione di "Poesie italiane inedite di Dugento Autori" dall'origine della lingua infino al Secolo Decimosettimo raccolte e illustrate da Francesco Trucchi socio di varie Accademie, Volume 1, Prato, Per Ranieri Guasti, 1847). La prefazione occupa un centinaio di pagine del primo dei quattro volumi dell'opera. In quasi 300 paragarafi, Trucchi fornisce idee alquanto personali circa l'origine della lingua italiana, fortemente influenzate da esplosivi sentimenti patriottici, pienamente comprensibili, vista l'epoca in cui l'opera è stata scritta. Non escludo, in futuro, di riportare l'intera opera. |
Post n°1131 pubblicato il 25 Gennaio 2015 da valerio.sampieri
Rime di Celio Magno |
Post n°1130 pubblicato il 25 Gennaio 2015 da valerio.sampieri
Il Dittamondo E qual fu mai, che potesse a pieno trattar le novitá, le quai mi disse 5 e ch’io trovai cercando per quel seno? Non credo appena Origenes, che visse al tempo d’Alessandro imperadore, che sei mila volumi e piú iscrisse. Ma poi, che fummo del gran bosco fore, 10 arrivammo ove i Psilli anticamente vissono senza legge e senza amore. Incredibile a dir fie questa gente: prova facean de le moglie co’ figli; sicur vivean da ogni serpente. 15 Cosí andati noi non molti migli, trovammo dove stanno i Nasamone presso ai Filen, come l’occhio co’ cigli. Un fiume v’è, che si noma Tritone; una fontana molto santa e sagra 20 si trova ancora per quella regione. Tant’era quella strada acerba ed agra, ch’io dicea fra me: Questa sarebbe da chi è grasso e volontier dimagra. E poi che la mia guida tratto m’ebbe 25 fuor di questa contrada piú avanti e che s’accorse che ’l cammin m’increbbe, m’incominciò a dire: "Fra gli Amanti venuti siam, che fan case di sale e c’hanno assai carbonchi e diamanti". 30 E io a lui: "Il sai poco qui vale, per quel ch’io veggia, e par sí nova cosa, ch’a dirlo altrui si crederebbe male. Ma dimmi, e ’l mio disio qui poni in posa, la natura del diamante in prima; apresso, del carbonchio ancor mi chiosa". E quello a me: "Di Saturno si stima il diamante e sua natura addita sí dur, che ferro o foco non ne lima. Contro a ogni forza di martel s’aita; 40 ma chi nel sangue l’aviluppa e caccia, sí come vetro in polvere si trita. Sicur fa l’uomo e li spiriti scaccia; li suoi canton, la punta e la grossezza, lo color cristallin, la chiara faccia 45 mostrano quanto è caro per bellezza: innanzi a ogni pietra questa è posta; magico incantamento alcun non prezza". Cosí rispuose a la prima proposta. E seguí poi; "Sopra quante ne sono, 50 lo nobile carbonchio a l’uom piú costa. Di molte specie trovar se ne pono; ma quei che son di maggior valimento intender dèi che nel mio dir ragiono. Nel fuoco muor, che par carbone spento; 55 ma poi ne l’acqua torna in suo costume e a l’uom porge vertú e ardimento. Quel, ch’io ti dico, di notte fa lume; dilegua la tempesta per natura; dai frutti sperge gli uccelli e consume. 60 Se al sol lo tien, viene in tanta calura: fuor gitta il fuoco e tanto a l’occhio piace, quanto alcun’altra, a cui si ponga cura". Qui tacque; e io a lui: "Tanto mi face contento il tuo bel dir, ch’io penso ognora 65 trovar cagion di non lasciarti in pace. E però dimmi, e non t’incresca, ancora di queste pietre, che sí care poni, se intorno a questi alcun’altra s’onora". "Trogoditi, rispuose, e Nasamoni, 70 ch’abbiam passati, ne han come costoro: e cosí il conta, se mai ne ragioni. Qui non bisogna, omai, piú far dimoro; ma guarda di che fanno i tetti e nota sí come vivon ne la vita loro". 75 Poi, cosí detto, per quella via vôta si mosse e io apresso e, ne la fine, gente trovammo in parte assai remota. Ecco Getulia, c’ha le sue confine; seguita poi coi Garamanti, in parte, 80 e con il lago, ancor, de le saline. E sí come tu leggi in molte carte, dai Geti greci, che di qua passaro, presono il nome, com’hai in altra parte". E io a lui: "Assai questo, m’è chiaro 85 e, poi che novitá da dir non veggio, s’altro paese cerchi, a me fie caro". Ed ello a me: "A ciò penso e proveggio". Ma piú non disse e prese la strada sotto un gran monte, di scheggio in ischeggio; 90 indi arrivammo in un’altra contrada. |
Post n°1129 pubblicato il 25 Gennaio 2015 da valerio.sampieri
Dalla Prefazione di "Poesie italiane inedite di Dugento Autori" dall'origine della lingua infino al Secolo Decimosettimo raccolte e illustrate da Francesco Trucchi socio di varie Accademie, Volume 1, Prato, Per Ranieri Guasti, 1847, pag. LVI-LXII |
XI |
V |
Post n°1126 pubblicato il 25 Gennaio 2015 da valerio.sampieri
Rime di Celio Magno |
Post n°1125 pubblicato il 25 Gennaio 2015 da valerio.sampieri
Il Dittamondo Io ho rivolto i piedi e ’l volto appunto in vèr ponente, per voler cercare 5 Getulia e Garama di punto in punto; poi penso dar la volta e ritornare, per l’Etiopia, a levante, in Egitto: ché meglio non ci veggio a ben cercare. Questo cammin non segue tutto dritto 10 e poi è disviato a loco a loco sí per lo sole e i gran boschi ch’io ho ditto. Qui mi disse Solin: "Sí come il foco vuol temprato colui che fa l’archimia, convien l’andare temperar piú e poco". 15 "Io veggio bene come ’l ciel biastimia questa contrada; ma tanti animali diversi in forma, e c’han volti di scimia, dimmi chi son, diss’io, ché ci ha di tali che a riguardare pare una paura; 20 poi tempra i passi e piú e meno iguali". Ed ello a me: "Imagina e pon cura che di specie di scimie son per certo quanti ne vedi di simil figura. E poi che mi dimandi essere esperto 25 di lor condizioni e sí de’ nomi, io tel dirò com’ io lo scrivo aperto. Quelle che vedi andar su per le somi per Grecia, per Italia e per la Spagna, e che sanno ballare e fare i tomi, 30 sono con piú piacere e men magagna; e maggior copia di queste si trova. L’odore ha tal, come ’l tatto la ragna; rallegra sé quando la luna è nova, e ’n altro tempo cambia la sua faccia; 35 ciò che far vede, contraffar le giova. E quando avièn che ’l cacciator la caccia, il figliuol ch’ama piú a sé ammicca e con quel fugge dentro a le sue braccia. L’altro di sotto il corpo le si ficca; 40 con man, co’ piedi e con tutta sua possa di sopra da le reni a lei s’appicca. E se avièn che la madre piú non possa, vuoi lasciar quel ch’a la schiena si tene; ma niente le val, per dar la scossa; 45 onde abbandona quello a cui vuol bene. O miser ricco avaro, se ben miri, cosí a te, a la morte, addivene. Altre ci son, che si noman satiri, inquiete e rubeste ne’ lor moti: 50 grata han la faccia e con folli disiri. Ancor voglio che ne l’animo noti i circopetrici e questi hanno coda e stanno in minor boschi e men rimoti. La lor natura in questo modo annoda: 55 che per discrezione e per ingegni sono di maggior fama e di piú loda. Cinocefali piacemi che segni nel numer de le scimie: e, senza forsi, piú son crudeli fra tutte e men degni. 60 Questi con piedi, con mani e con morsi, con violenti assalti offender sanno piú fieramente che se fosson orsi. Per le gran selve etiopiche stanno; a chi li prende non li val lusinghe, 65 ché quei che fan lor meglio, peggio n’hanno. Similemente voglio che dipinghe che un’altra schiatta v’ha, di minor forma, le quai di qua son nominate spinghe. La lor natura divisa e conforma 70 abile e dolce e, per quel che si dice, chi gli ammaestra bene, stanno in norma. Per le foreste, fuor d’ogni pendice, si truova ancora, c’hanno coda e barbi, un’altra specie, detta calitrice. 75 Udito or hai le novitá di Garbi, che ci son d’animai di questa sorte, la lor natura e quai truovi piú arbi". E io a lui: "Le tue parole accorte l’animo mio han fatto tanto chiaro, 80 che rimaso ne son contento forte. Ma qui ti prego ancor, lume mio caro, ch’alcuna cosa dietro a te non lassi, che sia da dire per questo riparo". Ed ello a me: "Non voglio che si passi 85 trattar del latte sirpico, com’esso d’odorate radici al tempo fassi". Per ordine mi divisò apresso a quel ch’è buono e sí come si face, secondo che nel libro suo l’ha messo. 90 "E però che per molti non si tace l’álbor melopo, che di qua si vede, di fartene memoria ancor mi piace. Un omor lento di questo procede, lo qual si noma armoniaco fra noi: 95 credo che sai a che s’aopra e chiede": così mi disse e tacquesi da poi. |
Post n°1124 pubblicato il 25 Gennaio 2015 da valerio.sampieri
Rime di Celio Magno |
Post n°1123 pubblicato il 25 Gennaio 2015 da valerio.sampieri
Il Dittamondo "Figliuolo, in questa parte oscura e strema aspidi sono d’una e d’altra spezia, 5 dispari in opra e di ciascun si gema. La dipsa è un che fra gli altri si prezia, che, cui morde, con la sete uccide: gran senno fa chi fugge le sue screzia. L’inale è l’altro: col sonno divide 10 l’alma dal cuor succiando e Cleopatra testimone di questo giá si vide. Non senza morte colui ancora latra cui il cencro giunge o mordono i chersidri, ma sí come uomo arrabbiato si squatra. Ancora vo’ che per certo considri che l’elefanzio e l’ammodite quanti ne giungon, tanti convien che n’assidri. Camedragonti, di questi son tanti quante bisce in Maremma; e cui el punge, 20 una mezz’ora nol tene in bistanti. E vo’ che sappi che colui che giunge l’emorrois di subito si langue: tosto la vena li disecca e munge. Lo prestero, e questo si è un angue 25 che, per natura, uccide l’uom gonfiando, pur che l’assanni il morso in fine al sangue. Lucan, d’alcun di questi poetando, conta sí come Sabello e Nasidio fun punti e trasformati, indi passando. 30 Ma sopra quanti ne noma il Numidio o l’Etiopio, è reo il badalischio e che fa peggio al mondo e piú micidio. Sufola, andando, con orribil fischio per che gli altri animai, che ’l temon forte 35 istupon sí, che caggion nel suo rischio. Non pur de l’uomo e de le fere è morte, ma quella terra diradica e snerba, ne la quale usa per sua mala sorte. Gli alberi secca e consumavi l’erba; 40 l’aire corrompe sí, che qual vi passa pruova, ne l’alitare, quanto è acerba. E a ciò che morto col suo morso lassa (pensa se ’l tosco è crudo e temperato) niuna bestia la testa v’abbassa. 45 Bianco è del corpo, alquanto lineato; la sua lunghezza è poco piú d’un piede, le gambe grosse, crestuto e alato. Quando si move, sempre andar si vede la parte innanzi ardita, fiera e dritta; 50 quella di dietro qual serpe procede. De gli occhi accesi fuori un velen gitta, che l’uom che ’l mira perde e cade in terra: cosí l’alma nel cuor è tosto afflitta. Sopra quanti animai, che a lui fan guerra, 55 è la mustela che l’uccide e vince, portata con la ruta ove s’inserra. D’ogni serpente questo è re e prince; dove n’ha piú è dietro a l’Etiopia, per quelle selve disviate e schince". 60 Cosí andando, ancor mi fece copia d’alcuna pietra, che di lá si trova, e cominciommi a dir de l’elitropia: "Questa, nel mondo, è molto cara e nova, di color verde, salvo che un poco 65 è piú oscura che ’l verde non prova, gottata di sanguigno a loco a loco, e, se si pone in acqua u’ sol non traggia, par ch’essa bolla come fosse al foco. E chi la mette lá, dove il sol raggia 70 in chiara fonte, l’aire intorno oscura e ’n sanguigno color par che ritraggia. Util si crede a colui che fura; similemente voglio che tu sappia che ’l sangue stringe a l’uom per sua natura. 75 Ancor mi piace che nel cuor ti cappia ch’al nostro viso, fuggendo, si vela chi con l’erba sua sora l’accalappia. Cosí tra questa gente non si cela la pietra corno Ammon, la qual risprende 80 in color d’oro, senza alcuna tela. Sí come ha ’l nome, la forma s’intende; qual, dormendo, la tien sotto la fronte, veraci sogni si dice che rende". Pur seguitando le parole conte, "Un’altra ci è, mi disse, e ’l nome piglia dal suo paese, detta nasamonte. E questa quasi di color somiglia, con certe vene di nero aombrata, qual vivo sangue, tanto par vermiglia; 90 cara e bella par molto a chi la guata". |
Post n°1122 pubblicato il 25 Gennaio 2015 da valerio.sampieri
Dalla Prefazione di "Poesie italiane inedite di Dugento Autori" dall'origine della lingua infino al Secolo Decimosettimo raccolte e illustrate da Francesco Trucchi socio di varie Accademie, Volume 1, Prato, Per Ranieri Guasti, 1847, pag. LI-LVI |
Post n°1121 pubblicato il 25 Gennaio 2015 da valerio.sampieri
Il Dittamondo Il fisico quanto piú può il riprova per questo modo: che vuoi dir che ’l mondo 5 fatto di quattro alimenti si trova, ond’ello è animato, e che, secondo ha nare, aviene come in noi si mira: e propio dove il mare è piú profondo. E però, quando il fiato fuori spira, 10 cresce e rallarga; ancor similemente dice che manca, quando a sé lo tira. Ma sí com’io t’ho detto, a chi pon mente, pur la Somma Potenza guida il tutto e le altre fanno poi come consente". 15 Cosí parlando, mi trovai condutto, nel paese Beronico, a un fiume che bagna quel terreno caldo e asciutto. "Dimmi, diss’io e volsimi al mio lume, questo qual è, che sí forte s’avanza 20 e fa sí grandi e torbide le schiume?" Ed ello a me (con ridente sembianza mi riguardò e disse): "Questo è Lete, ch’è interpretato a noi dimenticanza. Assai t’è chiar, per le genti poete, 25 ch’egli eran molti che credeano allora che l’alma, uscita fuor de la sua rete, perdesse, qui bevendo, la memora e che, perduta, senz’altro governo tornasse in altro corpo a far dimora. 30 Ancor diceano che venia d’Inferno. Ma passiam oltre, ché a far troppo avrei a dir di lui ciò ch’io n’odo e dicerno". Cosí per Libia rimovendo i piei e spiando d’alcuna cosa bella, 35 che fosse da notar ne’ versi miei, io fui dove si mostra e si novella come ’l beato Giorgio uccise il drago e che scampò da morte la donzella. Molto è il paese dilettevol, vago 40 di verso noi e abondevol d’acque; ma in verso il mezzodí non vale un ago. Da Foroneo, figlio di Cam, nacque la prima gente di questo paese: tanto l’Africa a lui allora piacque. 45 Questo si scrive e tra loro è palese; e poi un fiume il manifesta quivi che ’l nome tiene ancor, che da lui prese. D’oro, d’argento e di gemme son divi coloro che vi stanno e han gran copia 50 di biada, dico, di vigne e d’ulivi. "Come a Italia, Solin disse, s’appropia provincie assai, cosí date ne sono a Libia, tra l’Egitto e l’Etiopia. Ma pon mente a quel ch’ora ti ragiono, 55 a ciò che, se ti vien mai caso o destro, lo sappi ragionar sí come il sono. Tanto è questo paese aspro e silvestro in verso l’Etiopia, ch’a passarvi impaccio pare a ogni gran maestro: 60 perché le selve e ogni bosco parvi formiculare di vari serpenti, con diversi veleni, grandi e parvi. E perché sappi con quanti tormenti altrui offendan, ti dirò d’alcuno 65 e quanto al viver loro hanno argomenti. In fra gli altri piú principale è uno: cerasta è detto; ha otto cornicelli, co’ quai si pasce allora ch’è digiuno. Dico che a inganno sa prender gli uccelli: e, se udissi dire a che partito, ben ti parrebbon gli argomenti belli". E io: "Per altro tempo l’ho udito come la coda fuora al gioco tene e l’altro corpo asconde e sta romito". 75 "Se ’l sai, rispuose, dir non me ’l convene". E seguí poi: "Ancora vi si vede in molta copia de l’amfisibene. Questi han due teste: l’una, ove si chiede; l’altra hanno ne la coda e van bistorti, 80 però che con ciascuna morde e fiede. Giaculi v’ha tanto securi e forti, che, trapassando lungo ai lor procinti, gli altri animai da lor son lesi e morti. Li scitali son tanto ben dipinti, 85 che spesso a chi li mira torna danno: sí dal piacer de lo splendor son vinti, che presi son, ché partir non si sanno". |
Inviato da: cassetta2
il 12/08/2024 alle 08:41
Inviato da: amistad.siempre
il 11/08/2024 alle 23:52
Inviato da: Vince198
il 25/12/2023 alle 09:06
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