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LEGNO BAGNATO
Sono in crisi d'astinenza, come un tossicomane, ho ormai sempre più bisogno di tornare a sentire l'aspro tocco del legno bagnato di sudore, di una barra di timone, nella mano.
L'emozione di una giornata di sole invernale in mezzo al mare, come uno stato di grazia. Un regalo inatteso.
Manipolo le foto delle crociere passate, per provare una sensazione di piacere, che svanisce, effimera, troppo rapidamente. Voglio di nuovo una barca, ormai mi è insopportabile questa deprivazione.
Voglio sentirla sotto i miei piedi, voglio toccarla, riempirmene gli occhi, voglio lavorarla, voglio sentirla soffrire con me sotto le raffiche. Voglio usarla e viverla.
Davanti alle immagini statiche dei reportages dei viaggi già fatti, incomincio a sentire il bisogno sempre più forte di mollare gli ormeggi. Voglio nelle mie narici l'odore del legno bagnato di mare. La calma serena, di una notte in rada, lontano dal turbine travolgente di questo mio ultimo anno sconvolto da shock emotivi, da passioni travolgenti e violente nei miei confronti. Ho esaurito il periodo della quaresima, è finito il mio ramadan, che avevo previsto, forse cercato, quando scrivevo che non avrei passato un'estate dalle notti cullate da uno scafo. Cosciente dell'imminente naufragio della mia "Sherpa" esistenziale.
Ma un'araba fenice, sta risorgendo dentro di me. Adesso incomincio con forza crescente, quasi ossessiva, a vedermi percorrere le rotte delle isole, verdi o sassose, dai profumi più intensi.
Mi sogno in viaggio a sud, non solo quello della bussola, ma quello mitico della speranza di riappropriarsi di se.
Adesso ho una croce di stelle che mi aiuta nella rotta verso il piacevole calore del sole, a sud. E' finita la fredda notte dell'indifferenza, del gelo, della stella polare.
Voglio una barca magari di legno, per sentirne l'odore di bagnato. Quello stesso bagnato che ti fa rabbrividire quando è freddo come una nebbia londinese, ma che ti fa esaltare, quando è caldo come l'umore di una donna che gode con te.
Avrei voglia di partire ora, subito, di mollare tutto. La mia scrivania si sta facendo più odiosa ogni momento. Vorrei vederla ingombra di tavole da carteggio, su cui inseguire le ruvide Kornati o l'ignota Itaca, la verde Mljet o la piccola Paxos. Voglio confondere lingue latine greche e slave di giorno, le nostre di notte. Voglio sentire vibrare le sartie col vento e la tua pelle con le mie carezze. Voglio bagnarmi di mare, di te, di immenso piacere.
LA LIBERTà
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Chiuse il libro con un involontario sorriso di soddisfazione, e si appoggiò allo schienale della poltrona finché non lo toccò con la testa, rilassandosi.
Anche questo sarebbe stato un successo, sperava e si ritrovò a pensare da solo, “Crepi il Lupo”.
La nuova storia della morte, che sotto le mentite spoglie di una donna apparentemente indifesa, accusata di stregonerie, raggiungeva, a sorpresa, lo scopo di porre fine alla ignobile vita di un inquisitore, era la sua ultima invenzione letteraria.
Adesso si poneva il problema di trovare qualche modesto scrittore che fungesse da autore.
Negli ultimi tempi aveva ottenuto uno splendido risultato con una signora inglese, a cui aveva scritto un’intera saga. Si trattava di un Mago, che apparteneva ad una stirpe di famosi maghi ormai morti, le cui avventure venivano narrate da quando piccolo incomincia a frequentare la scuola di magia fino all’età adulta. Milioni di libri venduti e bambini di tutto il mondo che scrivevano a Babbo Natale o alla Befana per averne una copia.
Quasi altrettanti ne erano stati stampati a firma di un americano. Lì si era inventato una dinastia femminile della progenie del Salvatore, il cui segreto veniva custodito dai più illustri uomini di cultura e scienza nei secoli fino ai nostri giorni.
Prima gli aveva scritto un intreccio fra sette segrete e poteri ecclesiastici che si snodava, attraverso famosi luoghi turistici di Roma fino a coinvolgere in un complotto, l’elezione di un papa.
Sorrideva pensando a come tutto prima era più semplice.
Aveva avuto vita facile, per tanto tempo, quando passò ad un narratore cieco la storia della conquista di una città attraverso l’inganno della folla dei suoi cittadini con un cavallo di legno. Altrettanto ne aveva riscosso con i racconti del viaggio avventuroso del suo eroe, per tornare all’isola ionica dove lo attendeva la moglie.
Era molto orgoglioso del maiale, Palla di Neve, che voleva costruire un ideale mulino nuovo, nella fattoria dove gli animali sognavano un mondo egualitario, che poi si rivelerà un feroce fallimento, perché tutto il potere corrompe, e il potere assoluto corrompe in modo assoluto.
Peccato che era morto giovane quello che aveva scelto come autore.
Insomma lui ideava e poi discretamente, addirittura in sogno, dava i suoi scritti a poveri mortali che si trasformavano nella sua voce narrante.
Nel tempo gli avevano dato molti nomi: Musa, Minerva, Letteratura, ma nessuno aveva sospettato che fosse lui il “Grande Narratore”.
Tutto era andato bene finché non aveva incominciato a scrivere un raccontino, che aveva intitolato, “la lettera”. Ne aveva scritto una seconda parte che aveva chiamato “UNO”, e a quel punto si era imbattuto in una donna che piano, si era insinuata nelle sue idee, e senza che se ne accorgesse, finì con lo scrivere con lui la storia finale, “TRE”, e da quel momento non fu più capace di continuare da solo.
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