Creato da: tizianacorreale il 16/12/2007
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Post n°38 pubblicato il 05 Giugno 2011 da tizianacorreale

Gita inaspettata. Una proposta semplice, quella di passar la sera a Salerno, spontanea, ricca di voglia di cambiare, di chiacchierare, di deambulare su sassi calpestati un po’ meno. Gli sguardi di lui erano rivolti ai vicoli che portavano al corso e solo ogni tanto si spostavano a destra per guardarle gli occhi, i capelli ed ascoltarne l’espressione del volto. Lei, invece, guardava in continuazione le onde del mare, ne lodava il tranquillo andare avanti e indietro, senza mai stancarsi, dimora di gabbiani e pesci, a volte anche ostello di anime infilate in ridicole ciambelle.

Si può lasciare a casa il “sentire” per qualche momento?

Se lo stava chiedendo lei tra le pause del discorso di lui, un po’ più intento a mettersi in gioco che a riconoscersi. Lasciare a casa tutto ciò che ha dell’empatia insita in sé, tutta la parte di sé stessi che ci fa indignare di fronte ad atteggiamenti che non vorremmo mai avere, a scelte che non potremmo mai di fare.

Lontana dalle onde le riusciva più semplice dimenticare domande scomode. Si guardava attorno tra colonne e colonne di libri e si concentrava sulle risposte già date da altri, chiedendosi quale fosse la più vicina a lei, la più lontana, la più interessante. Poi le escludeva tutte e prendeva quella che non aveva considerato, dicendosi che non poteva esserci motivo più grande dell’aver creduto di poterla ignorare per convincerla a portarla a casa.

Così se dopo ore di fantasie musicali generate dallo sfogliare libri dopo libro, disco dopo disco, ora dopo ora, se ne tornava sul lungomare assieme a lui. Bello. Bello più che mai per quel senso di soddisfazione che aveva dipinto in volto. Così bello da farla sorridere a più non posso e farle ignorare anche il lungomare. Ma il vento si faceva sempre più imponente e quel tranquillo rifluire in pochi minuti sembrava esser completamente scomparso.

Questa volta era lui a guardar spesso le onde, attratto dalla visione mentre lei, nascosta nella stretta della sua mano le ascoltava ed aspettava ancora un po’. Arrivati nei pressi degli scogli l’aria era ormai gelida. Lui le offrì la sua giacca e lei, imperterrita, non volle accettarla, lasciò che il maglione le filtrasse quel vento gelido perché voleva sentirlo.

Meditava ancora sul se si potesse lasciare a casa il sentire, meditava ancora sulle scelte fatte in librerie ed ancora pensava alla bellezza di lui, espressa da tutta la sua soddisfazione, ma stavolta incrementata da quell’indignazione. Fu quell’indignazione a risponderle.

Ma che senso avrebbe lasciare il sentire a casa? Che senso avrebbe calpestare sassi senza la possibilità di avvertire l’impatto che quei sassi avrebbero sul tuo corpo?

Un fulmine attira il suo sguardo. Lì, al suo miope orizzonte. Un tuono si impossessa delle sue orecchie, ruggente boato che echeggia ancora nella sua mente quando d’improvviso quell’onda si infrange sugli scogli, supera l’altezza della balaustra in ferro ed un po’ d’acqua le finisce sul viso.

Sublime

 

 
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