Secondo la matematica un segmento è qualcosa di finito, ma è formato da infiniti punti.
Analogamente un oggetto, ad esempio un foglio di carta, è qualcosa di finito, ma formato da infinite parti.
Allora il finito contiene l'infinito? E soprattutto, l'infinito negativo può davvero essere considerato "infinito" al pari dell'infinito positivo?
Insomma, secondo la matematica ogni cosa è scomponibile e ciò da luogo al fatto che, tramite un processo regressivo, si giunga all'infinito (un foglio di carta è divisibile in 2 parti; ogni parte è divisibile in 2 parti e così via... o altrimenti: un foglio di carta è formato da molecole; le molecole sono formate da atomi, ecc...).
Ma se una cosa (ad esempio il nostro foglio di carta) è finita, perchè ne percepiamo i limiti materiali, come può contenere l'infinito?
E' possibile dunque che ciò che noi definiamo infinito negativo sia in realtà un finito del quale non riusciamo a vedere il termine ultimo?
Laura
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brokenheart74dgl il 28/01/07 alle 20:58 via WEB
Poni una domanda certo non semplice: la quaestio è soggetta al punto di vista filosofico dal quale si parte. Si può presumere una oggettività assoluta? La "mathesis" è realmente l'unico modello epistemico per giudicare il mondo? Da un p. d. vista strettamente esistenzialista, credo che ogni nostra conoscenza parta da una Pre-comprensione prescientifica e che la scienza sia prospetticamente sempre condizionata dall'uomo, inteso come esserci nel mondo.
Da questa prospettiva - alla quale io mi rirtovo maggiormente affine - il problema dell'infinito è frurro di una speculazione prettamente teoretica umana. dunque, Come direbbe Feuerbach "l'infinito deriva dal finito", che lo contiene in quanto lo pensa. Come già Zenone con Achille e la tartaruga, comunque, il problema dell'infinito non può non continuare a meravigliare, soprattutto pe quanto concerne la genesi dell'universo e le conseguenti implicazioni teologiche e teleologiche a cui essa porta.
Anche regredendo per cause, si dovrà sempre trovare una causa prima, per cui bisogna ammetterne una che non permetta di retrocdere ulteriolmente, secondo una della antinomie kantiane e la prova cosmologica sull'esistenza di dio. Ma se noi postuliamo che il nostro riflettee è necessariamente condizionato dalla finitezza umana, che non può concepire l'infinito se non tramite opposizione o finitizzandolo nelle sue griglie categoriali umane, allora vedremo che la soluzione potrebbe essrci, ma non conoscibile ne comprensibile da noi. Vi sarebbe una sorta di Teorema di incompletezza godeliano dell'infinito, per cui ci sarà una realtà infinita vera, reale ( un infinito attuale o potenziale) che "esistono", ma che non saranno mai dimostrabili.
Come dire: l'eternità - l'infinità, ad es. del tempo - potrebbe essere una realtà, per cui non ci sarebbe nessuna quaestio sull'inizio dell'esistenza: il cosmo sarebbe eterno; l'eternità, che per noi è inconcepibile, potrebbe essere la "normalità".
Credo comunque che l'importante, perlomeno da un punto di vista filosofico, che proprio compito della filosofia, sia quello di non soffermarsi mai ad alcuna certezza, cristallizzandosi in ideologie dogmatiche o sistemi totalizzanti, ma di tenere sempre invita quell'istanza critica che la eleva al di sopra di ogni scienza e che la caratterizza nella sua essenza più profonda: la ricerca della verità: binomio in cui ricerca e verità costituiscono un superamento continuo l'un l'altra.
Ciao Broken
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Inviato da: foscarina_0
il 01/03/2008 alle 18:25
Inviato da: Constantine85
il 12/05/2007 alle 22:34
Inviato da: animedeserte
il 28/02/2007 alle 17:49
Inviato da: brokenheart74dgl
il 28/01/2007 alle 21:48
Inviato da: brokenheart74dgl
il 28/01/2007 alle 20:58