ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 23/03/2010

CONTRO CHI SPUTA SUI PRETI

Post n°3312 pubblicato il 23 Marzo 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Sono in Italia da alcuni giorni e sono davvero amareggiato, addolorato per questi continui attacchi al Santo Padre, ai sacerdoti, alla Chiesa cattolica, usando la diabolica arma della pedofilia. E’ vero, questo argomento sembra interessare più a certi giornali e alle loro fantasie e allucinazioni che al pubblico: perché ho incontrato migliaia di persone e per lo più giovani, ma nessuno mi ha posto una domanda su questa questione. Il che significa che, sebbene esista questo flagello nel mondo e abbia intaccato anche la chiesa, con la dura, chiara e forte condanna del Santo Padre, siamo lontani anni luce da quel fenomeno di massa, come se tutti i preti fossero pedofili, come vogliono farci credere. Sono quarant’anni che sono sacerdote, sono stato in diverse parti del mondo, ho vissuto in brefotrofi, scuole, internati per bambini, ma non ho mai trovato un collega colpevole di questo delitto. Non solo, ma ho vissuto con sacerdoti, religiosi che hanno dato la vita perché questi bimbi avessero la vita. Attualmente vivo in Paraguay, la mia missione abbraccia tutto l’umano nella sua povertà, quell’umano gettato nell’immondizia dal sensazionalismo dei media. Da 20 anni condivido la mia vita con prostitute, omosessuali, travestiti, ammalati di Aids, raccolti per le strade, negli immondezzai, nelle favelas e me li porto a casa dove la Provvidenza divina ha creato un ospedale di primo mondo come struttura architettonica, ma paradisiaco come clima umano. E in questa “anticamera del Paradiso”, come lo chiamano loro, li accompagno al Paradiso. Hanno vissuto come “cani” e muoiono come principi. Vicino alla clinica, sempre la Provvidenza ha creato due “case di Betlemme” per ricordare il luogo dove è nato Gesù, che raccolgono 32 bambini, molti di essi violentati dai patrigni o dal compagno occasionale della “madre”. Tutti i giorni ho a che fare con situazioni terribili e indescrivibili. Spesso non ho neanche la capacità di leggere i referti delle assistenti sociali, tanto sono orrende le violenze sessuali subite dai miei bambini. Eppure, dopo alcuni mesi che sono con noi, respirano un’altra aria, quell’aria che solo il fatto cristiano e l’amore di noi sacerdoti contro cui i mostri del giornalismo si scagliano, facendo di ogni erba un fascio. Aveva ragione Pablo Neruda quando definiva certi giornalisti “coloro che vivono mangiando gli escrementi del potere”. La certezza che “io sono Tu che mi fai” che sono frutto del Mistero e non l’esito dei miei antecedenti, per quanto pessimi possano essere stati, si trasmette come per osmosi nel cuore dei miei bambini che ritrovano il sorriso. Come si trasmette anche sui “mostri” (se così vi piace chiamarli voi giornalisti… a cui tanto assomigliate per la vostra ipocrisia) parlo di quelli che sembrano divertirsi a sputare contro la chiesa) che in fondo a loro volta, spesso, sono vittime e carnefici, vittime da piccoli e carnefici da grandi, avendo vissuto come bestie. Il mio cuore di prete mentre do la mia vita per questi innocenti non può non dare la vita, come Gesù, anche per coloro di cui Gesù ha detto con parole fortissime “prima di scandalizzare uno di questi piccoli è meglio mettersi una macina da mulino al collo e buttarsi nel profondo del mare”. Sono solo alcuni esempi, di milioni, della carità della chiesa. Mi fa soffrire questo sputare nel piatto nel quale, Dio lo voglia, anche certi morbosi giornalisti, un domani si troveranno a mangiare, perché se uno sbaglia non significa che la chiesa sia così. Questa chiesa che è il respiro del mondo. Non vi chiedete cosa sarebbe di questo mondo senza questo porto di sicura speranza per ogni uomo, compresi voi che in questi giorni come corvi inferociti vi divertite sadicamente a sputare sopra il Suo Casto Volto? Venite nel terzo mondo per capire cosa vuol dire migliaia di preti e suore che muoiono dando la vita per i bambini. Venite a vedere i miei bambini violentati che alcuni giorni fa prima di partire per l’Italia piangevano chiedendomi: “Papà quando torni?”. Non voglio strappare le lacrime a voi che siete come le pietre ma solo ricordarvi che anche per voi un giorno quando la vita vi chiederà il “redde rationem vilicationis tuae” questa chiesa, questa madre contro cui avete imparato bene il gioco dello sputo, vi accoglierà, vi abbraccerà, vi perdonerà. Questa madre, che da 2000 anni è sputacchiata, derisa, accusata e che da 2000 anni continua a dire a tutti coloro che lo chiedono: “Io ti assolvo dai tuoi peccati, nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo”. Questa madre, che sebbene giudichi e condanni duramente il peccato e richiami duramente il peccatore reo di certi orrendi delitti, come la pedofilia, non chiude e non chiuderà mai le porte della sua misericordia a nessuno. Mi confortano le parole di Gesù “le porte dell’inferno non prevarranno mai”. Come mi conforta l’immensa santità che trabocca dal suo corpo di “casta meretrix”. Allora non perdiamo tempo dietro i deliri di alcuni giornalisti che usano certi esecrabili casi di pedofilia per attaccare l’Avvenimento cristiano, per mettere in discussione la perla del celibato, ma guardiamo le migliaia di persone, giovani in particolare, incontrati personalmente in una settimana di permanenza in Italia che credono, cercano e domandano alla chiesa il perché, il senso ultimo della vita e che vedono in lei l’unica possibile risposta. Personalmente mi preoccupa di più l’assenza di santità in molti di noi sacerdoti che altre cose per quanto gravi e dolorose siano. Mi preoccupa di più una chiesa che si vergogna di Cristo, invece che predicarlo dai tetti. Mi preoccupa di più non incontrare i sacerdoti nel confessionale per cui il peccatore spesso vive quel tormento del suo peccato perché non trova un confessore che lo assolva. Alle accuse infamanti di questi giorni urge rispondere con la santità della nostra vita e con una consegna totale a Cristo e agli uomini bisognosi, come non mai, di certezza e di speranza. Alla pedofilia si deve rispondere come il Papa ci insegna.Però solo annunciando Cristo si esce da questo orribile letamaio perché solo Cristo salva totalmente l’uomo. Ma se Cristo non è più il cuore della vita, allora qualunque perversione è possibile. L’unica difesa che abbiamo sono i nostri occhi innamorati di Cristo. Il dolore è grandissimo, ma la sicurezza granitica: “Io ho vinto il mondo” è infinitamente superiore. - Padre Aldo Trento, missionario in Paraguay - donboscoland -

 
 
 

DI QUALE SOLIDARIETA' PARLANO SE POI UCCIDONO I BAMBINI CON L'ABORTO?

Post n°3311 pubblicato il 23 Marzo 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Vi supplico in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio

E' sul primordiale diritto alla vita che all’alba di questo terzo millennio l’intera società si trova a dover fare ancora l’esame di coscienza, non per caricare fardelli sulle spalle altrui, né per provocare aggravi di pena a chi già è provato, ma per il dovere che essa ha, per se stessa, di guardare avanti in direzione del futuro. E nonostante le apparenze o le illusioni, non le riuscirà di farlo se non schierandosi col favor vitae, sempre e particolarmente quando le condizioni siano contrastate, difficili, incerte. Da qualche tempo, nella mentalità di persone che si ritengono per lo più evolute, si è insediato un singolare ribaltamento di prospettive nei riguardi di situazioni e segmenti di vita poco appariscenti, quasi che l’esistenza dei già garantiti, di chi dispone di strumenti per la propria salvaguardia, valga di più della vita degli «invisibili».

Come non capire che si consuma qui un delitto incommensurabile, e che lo si può fare solo in forza di una tacita convenzione culturale che è abbastanza prossima alla ipocrisia?

Il rapporto, predisposto dall’Istituto per le politiche familiari a proposito dell’aborto in Europa, illustrato di recente a Bruxelles, forniva dati agghiaccianti: quasi tre milioni di bimbi non nati solo nel 2008, ossia ogni undici secondi, venti milioni negli ultimi quindici anni. E all’orizzonte nulla si muove che possa lasciar intravedere un qualsiasi contenimento di questa ecatombe progressiva, se si tiene conto che l’aborto ha ormai perso l’immagine di una pratica eccezionale e dolorosa, compiuta per motivi gravi di salute della madre o del piccolo, per diventare un metodo «normale» di controllo delle nascite. Intanto già è in incubazione un’ulteriore silente rivoluzione, compiuta grazie alla diffusione di nuovi metodi abortivi sempre più precoci che – variando la composizione chimica, a seconda della distanza di assunzione dal concepimento – hanno come effetto quello di «far scomparire» l'aborto, agendo nel dubbio di una gravidanza in atto che la donna sarà così in grado di coprire meglio, rispetto agli altri ma rispetto anche a se stessa. Se venisse effettuato in casa, magari in solitudine, da problema sociale diventerebbe un atto di alchimia domestica, che non interseca più in alcun modo la collettività, neppure sul residuale versante sanitario. Dalla «pillola del giorno dopo» al nuovo ritrovato, chiamato sui giornali «pillola dei cinque giorni», è un continuum farmacologico che, annullando il confine tra prodotti anticoncezionali e abortivi, ha già indotto ad una crasi linguistica – si chiamano infatti contraccettivi post-concezionali – che sfuma la precisione del momento per l’eventuale feto, e dunque l’esatta contezza dell’atto, minimizzando probabilmente l’urto del gesto abortivo, anzitutto sul piano personale, e poi anche su quello cultural-sociale. L'embrione, se c'è, non potrà annidarsi, e la donna non saprà mai che cosa effettivamente sia successo nel suo corpo, se una vita c’era ed è stata eliminata oppure no. A completamento del fatto, queste pillole tendono a diventare un prodotto da banco, accessibile a tutti, anche alle minori. Diversa, di per sé, la logica della Ru486, che è prescritta quando c’è la certezza di una gravidanza in atto. Nella pratica reale però, l’aborto sarà prolungato e banalizzato, acquisendo connotazioni simboliche più leggere, giacché l’idea di pillola è associata a gesti semplici, che portano un sollievo immediato. E così la «rivoluzione» iniziata negli anni Settanta […] si chiude tornando esattamente là dove era cominciata, con il risultato finora acquisito dell’invisibilità sociale della pratica, preludio di quella invisibilità etica che è disconoscimento che ogni essere è per se stesso, fin dall’inizio della sua avventura umana.

Domanda per nulla polemica: che cosa ci vorrà ancora per prendere atto che senza il principio fondativo della dignità intangibile di ogni pur iniziale vita umana, ogni scivolamento diviene a portata di mano?

In questo contesto, inevitabilmente denso di significati, sarà bene che la cittadinanza inquadri con molta attenzione ogni singola verifica elettorale, sia nazionale sia locale e quindi regionale. L’evento del voto è un fatto qualitativamente importante che in nessun caso converrà trascurare. In esso si trasferiscono non poche delle preoccupazioni cui si è fatto riferimento, giacché il voto avviene sulla base dei programmi sempre più chiaramente dichiarati e assunti dinanzi all’opinione pubblica, e rispetto ai quali la stessa opinione pubblica si è abituata ad esercitare un discrimine sempre meno ingenuo, sottratto agli schematismi ideologici e massmediatici.

C’è una linea ormai consolidata che sinteticamente si articola su una piattaforma di contenuti che, insieme a Benedetto XVI, chiamiamo «valori non negoziabili», e che emergono alla luce del Vangelo, ma anche per l’evidenza della ragione e del senso comune.

Essi sono: la dignità della persona umana, incomprimibile rispetto a qualsiasi condizionamento; l’indisponibilità della vita, dal concepimento fino alla morte naturale; la libertà religiosa e la libertà educativa e scolastica; la famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna. È solo su questo fondamento che si impiantano e vengono garantiti altri indispensabili valori come il diritto al lavoro e alla casa; la libertà di impresa finalizzata al bene comune; l’accoglienza verso gli immigrati, rispettosa delle leggi e volta a favorire l’integrazione; il rispetto del creato; la libertà dalla malavita, in particolare quella organizzata. Si tratta di un complesso indivisibile di beni, dislocati sulla frontiera della vita e della solidarietà, che costituisce l’orizzonte stabile del giudizio e dell’impegno nella società. Quale solidarietà sociale infatti, se si rifiuta o si sopprime la vita, specialmente la più debole? - Card. Angelo Bagnasco al Consiglio Episcopale Permanente della CEI, 22 marzo 2010 - www.dueminutiperlavita.info -

 

 
 
 

SUSANNA TAMARO: L'UNICA TRASGRESSIONE RIMASTA E' LA FEDE

Post n°3310 pubblicato il 23 Marzo 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Sul Corriere della Sera, Tamaro – così parca nei suoi interventi pubblici, su carta e in video – è intervenuta per descrivere tutto il suo «forte senso di disagio» per la «gogna mediatica» con cui, via intercettazioni, sono condannate le persone: «Se diamo credito alla stampa, viviamo in un paese di mandrilli assatanati che passano il loro tempo a organizzare festini da basso impero». «È il perverso piacere – dice a Tempi – di vedere distrutta la vita altrui. È il gusto sottile della gogna, il macabro rito della ghigliottina». "Fa tutto schifo", ci dicono. E poi voltano la testa sul guanciale. «È solo un modo per rimanere tranquilli, perversamente tranquilli. È il modo moderno di confondere la giustizia col giustizialismo dei forni manzoniani. Strano: gli assassini colti a uccidere con l’accetta in mano sono "presunti" colpevoli; persone fino al momento prima ammirevoli, colte col telefonino all’orecchio, sono "certamente" dei furfanti». La verità è diventata una mezza frase, una cattiveria da ballatoio, un sentito dire. «Una volta una giornalista mi accusò, durante una conferenza stampa, di essere fascista. Le chiesi da quali fatti lo desumesse. "Bè, lo sappiamo tutti. Da Anima Mundi", rispose. "Lo ha letto?", domandai. "No, ma l’ho sentito dire"». Susanna Tamaro è la scrittrice italiana più letta al mondo, l’unica il cui successo sia paragonabile a quello di Oriana Fallaci. Oltre sedici milioni di copie vendute, traduzioni in tutte le lingue per una triestina che, come confessò una volta, non voleva diventare una scrittrice perché le sembrava «una cosa di cattivo gusto». Temperamento mozartiano, vive da anni da anacoreta in un agriturismo che ha fatto ristrutturare nella campagna umbra. Qui coltiva la terra e i suoi amori: un frutteto, la vigna, l’orto, le arti marziali (di cui è maestra). Fa sovente la stessa identica passeggiata, riempiendosi le tasche di minerali che ama classificare e studiare fin da quando era bambina. Ama il cinema e non è che non conosca le regole e i sotterfugi del bel mondo; è solo che non fanno per lei, e si fa quasi un vezzo di rifiutarli con una certa ironia. Come quella volta che le telefonò a casa un entusiasta Federico Fellini, per chiederle un appuntamento. «Voleva passarmi a prendere col suo macchinone per portarmi al ristorante. Io mi negavo, lui insisteva. Alla fine gli dissi: "Senta Fellini, mi dica dov’è il ristorante che la raggiungo in bicicletta"».

Un puritanesimo che ci è estraneo
Tamaro afferma che questa prassi indecorosa dello squadernare la vita altrui su pagina è «una cosa indegna e assurda», oltre che incomprensibile. «A leggere le intercettazioni non si capisce nulla. Si usa un linguaggio gergale, si fa riferimento a contesti incomprensibili... Questo non è giornalismo, è il suo contrario». È un elenco di frasi tagliate ad arte per avvalorare una tesi precostituita. «Nella mia visione del mondo quel che è segreto deve rimanere segreto. Il giornalismo dovrebbe aiutarci a capire, non confonderci. Così, invece, si sparge nero di seppia per annebbiarci». C’è una costante negli ultimi scandali: la tresca sotto le lenzuola. Tamaro l’ha conosciuto bene quel mondo e ci ha scherzato su: «Sebbene io nel mio pormi sia più simile a un’atleta di una squadra cecoslovacca di slittino che a una escort, ho sempre dovuto difendermi dagli assalti, dalle proposte oscene, dall’invito a condividere la camera in albergo durante le trasferte». Però non scherza quando denuncia «questo moralismo bigotto che spesso proviene da quelle stesse persone che ci propongono il libertinaggio più assoluto. Ci vogliono imporre il matrimonio omosessuale, ma poi ci mandano alla gogna se finiamo a letto con la fanciulla consenziente. Amici libertini, ma queste cose succedevano già ai tempi dei faraoni!». Per Tamaro l’uomo dalle mani e dalle mutande pulite, icona di «un puritanesimo che non ci appartiene», non potrà che finire impiccato al cappio della sua coerenza. «Da questa presunta richiesta di perfezione nasce il giustizialismo d’assalto, ma non la giustizia. "Chi è senza peccato scagli la prima pietra", dovrebbe essere il precetto laico e cristiano che regolamenta la convivenza civile». Altrimenti rimane solo la fila al patibolo e il terrore che «un giorno toccherà anche a me la parte della vittima. Perché la logica del capro espiatorio è vorace e ha sempre bisogno di nuovi e repentini sacrifici». Come il filosofo inglese Roger Scruton, anche Tamaro pensa che «il sentimento più diffuso nel nostro tempo sia il risentimento». Non si può sopportare il successo altrui, è un monito troppo concreto alla noia del nostro vivere. È per questo che tutti chiedono sempre di essere risarciti: «Dobbiamo essere risarciti perché siamo stati gettati nel mondo senza che nessuno ci abbia chiesto il permesso, e questo crea in noi risentimento e livore». È da qui che nasce la mistica della denuncia. Tamaro lo ha scritto a proposito del successo dei film Gomorra e Il divo, «premiati perché ripercorrono la strada dei film di denuncia. La denuncia dà sempre una patente di maggior coraggio. Ma cos’è la denuncia se non un modo di sentirsi migliori, avallando l’idea che, tramite l’indignazione, si possa contribuire a costruire un mondo più giusto? Ma siamo sicuri che sia proprio così?». Le denunce, le firme, i manifesti. Sono la passione di molti intellettuali, quegli stessi che l’hanno rifiutata ed emarginata. «È una frattura che non si è ricomposta dopo che ho scritto Anima Mundi. Quello è un mondo in cui bisogna accettare la fluttuante negoziabilità dei propri princìpi». Firmano appelli «per lavarsi la coscienza. Si sentono a posto perché hanno detto cosa non va. Ma non basta, bisogna andare a fondo delle cose».

Slap! Un colpo secco alla tolleranza
Non basta vivere cercando d’apparire persone perbene. Non basta essere concilianti, come quel tipo dell’aforisma di Churchill, che dava da mangiare al coccodrillo e si sentiva sollevato di essere l’ultimo a dover essere divorato. «Così non si va mai al fondo del problema. Perché siamo incoerenti? Perché facciamo il male? Perché sbagliamo? Una volta me lo hanno detto in maniera chiara: "Lei è odiata perché s’ostina a credere in queste cose arcaiche: il bene e il male"». «Sì, mi faccio ancora domande importanti: che cos’è l’uomo? Perché fa il male? Rousseau si sbagliava. Non è stato Abele, morto precocemente, a generare tutte le stirpi che popolano la terra, ma Caino». Dove trovare una risposta? Nella Costituzione? La Tamaro se lo chiese sul Corriere: «Ci salverà forse la conoscenza della Costituzione dal degrado? Tutti questi corsi non sono molto diversi dalle guarnizioni di una torta di gesso esposta nella vetrina di una pasticceria». Forse nei nuovi precetti umanitari del rispetto, della tolleranza? «La parola tolleranza, vorrei prendere la paletta e schiacciarla, slap, un colpo secco mentre mi svolazza intorno con il suo ventre peloso e le sue ali iridescenti». Una volta le risposte a queste domande si trovavano in chiesa. Oggi in tribunale. «L’abbiamo visto con i casi di Eluana Englaro, con la legge 40. Come Ponzio Pilato, non sapendo più cosa dire sulla vita, abbiamo demandato tutto ai giudici. Una follia. È un mondo più orrendo di quello immaginato da Orwell. Il nostro futuro è il gulag». Nell’immediato è «la perdita del timore. Una volta, si sarebbe detto il timor di Dio. Io non so cosa possa accadere in certi stati vegetativi, però ho timore ad agire con brutalità. Oggi, invece, basta la carta bollata del tribunale per spegnere una vita». E per far «sparire dall’orizzonte dell’avventura umana l’imprevisto, quest’ospite scomodo e inquietante, segno più tangibile che la vita è mistero». È in nome di questo mistero che la Tamaro, cresciuta in una famiglia non credente, si è sempre «schierata per la vita. Anche negli anni Settanta – quella lunga interminabile giornata di pioggia che sono stati gli anni Settanta – quando frequentavo le femministe e tentavo invano di dissuaderle dall’aiutare ad abortire». Poi, verso i trent’anni, «ho cominciato a leggere, a chiedere, a cercare. Quel senso del mistero che mi accompagnava da bambina come un fiume carsico ha trovato la luce». Dice che in lei la consapevolezza del divino «non è nata né dalla paura né dal conformismo, ma dalla meraviglia. La fede non mi ha portato né chiusure né paure. Anzi, quelle che c’erano, le ha spazzate via». Come la Fallaci si definiva un’atea cristiana, così la Tamaro si dipinge come «una cattolica un po’ anticlericale. Da anni conduco una personale battaglia contro la fede dei buoni sentimenti». Le è capitato più volte di chiedere ad amici cattolici quale fosse il fondamento della loro fede. «Mi rispondono: "La pace", "essere buoni", "non tradire mia moglie". Mai nessuno che mi dica: "La resurrezione!"».

Le bandiere dell’umanitarismo
Il cristianesimo sta vivendo un «importante passaggio: da fede imposta a scelta consapevole. La Chiesa ha la grande responsabilità di dare una risposta a tutte le persone che chiedono acqua viva e pura. Non può accontentarsi di offrire loro l’aranciata». L’aranciata è la buona creanza, le regole, i precetti. «Io odio i buoni sentimenti, io sono cattivissima», dice Tamaro, sapendo di sfidare così la vulgata che la vuole come la nuova Liala del Duemila. «Ho orrore dei perversi buonismi del nostro tempo. Perché mai dovremmo essere buoni, visto che ci conviene essere cattivi?». Ha scritto che combattere il male con i buoni sentimenti «è come volere costruire un carro da guerra con degli stuzzicadenti. Viviamo in una società che, per anestetizzare la propria coscienza, ha bisogno di alzare sempre più alte le bandiere dell’umanitarismo, della tolleranza, del pacifismo. Sente i demoni salire dentro di sé, ma non sa come tenerli a bada, così usa i surrogati: l’osceno abito del buonismo». Contro questa maschera dell’umanitariano sotto cui si nasconde «il ghigno della morte», esiste solo la «trasgressione del cristianesimo». È una cosa diversa da tutte le altre perché «propone un cammino, un percorso, una via per la redenzione». Come ha altre volte scritto, «senza l’idea di redenzione la storia diventa un’arena in cui i vincitori ammassano costantemente i corpi dei vinti. Senza la redenzione la vita degli esseri umani non è diversa da quella dei gitani sorpresi dalla nebbia. Qual è la via da cui siamo venuti? Dove stiamo andando? Nessuno ha una bussola, si procede alla cieca, tornando sempre sui nostri passi, così, quando la morte verrà, avremo consumato tutte la scarpe marciando fermi sullo stesso posto». La vita è un percorso difficile, una sfida, un rischio: «La salvezza non si compie camminando al tramonto sul bagnasciuga di un mare calmo, ma arrampicandosi come capre tra i monti, tra l’arsura, le spine, con il rischio di precipitare in ogni istante». - di Emanuele Boffi - tempi -

 
 
 

E’ NELLE LIBRERIE IL TESTO SUL SATANISMO DI DON MARCELLO STANZIONE

Post n°3309 pubblicato il 23 Marzo 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Trovo positivo che un esperto di angelologia come don Marcello Stanzione abbia scritto un saggio sul satanismo e l’occultismo edito da Gribaudi di Milano, questo perché gli angeli ribelli erano proprio quelli che stavano al servizio di Dio, prima della nefasta caduta. Una demonologia corretta presuppone, infatti, una buona conoscenza dell'angelologia. In subordine, apprezzo il lavoro della Milizia di San Michele Arcangelo, associazione da lui guidata, perché ha il merito di recuperare correttamente un patrimonio cristiano inestimabile – l'Angelologia – oramai divenuto feudo quasi esclusivo per le incursioni della cosiddetta New Age. In secondo luogo, è positivo parlare di satanismo e sètte, per quanto possibile in modo sereno ed equilibrato, al fine di poter fare informazione su tale problema così delicato che può rovinare letteralmente la vita di una famiglia intera, come talora mi è capitato di vedere nel ministero esorcistico. Ogni figlio di Dio che imbocca una strada sbagliata ci interpella perché la sua vita ha parte nella nostra. Ed è certo che satana, cacciato dalla porta della Chiesa è rientrato massicciamente dalla finestra della superstizione, come ha opportunamente affermato P. Raniero Cantalamessa, nel senso che i nostri tempi iper-razionali e tecnologizzati pullulano di maghi, stregoni, astrologi e cartomanti . In terzo luogo, le statistiche (che pure vanno prese con beneficio di inventario) affermano che l'82% dei giovani si sente attratto da religioni diverse da quella di appartenenza, che il 76% è interessato a esoterismo, magia, cartomanzia, ecc., che, infine, il 62% ritiene che l'occultismo e affini sia un modo efficace per combattere la solitudine . Cifre, pur correggibili, ma che danno il senso di una tendenza preoccupante. Ma veniamo al tema di questo libro. Diciamo che negli anni del mio ministero di esorcista a Roma (non molti in verità, ma è da parecchio che mi occupo di satanismo, possessione e affini) non ho mai avuto il piacere di vedere un adepto di una setta satanica nel mio studio che si dicesse pentito e contrito e domandasse una benedizione. Magari capitasse un giorno! Sarebbe una grande gioia nel regno dei Cieli. Questo conferma ciò che si può intuire comunemente, ossia che non è per nulla facile e agevole uscire da un gruppo satanico e, in subordine, non è pacifico che ogni adepto di una setta satanica sviluppi una qualche forma di demonopatia. Però è spesso vero il contrario: ho incontrato di persona soggetti che avendo solo frequentato semplici e "innocue" sedute spiritiche hanno sviluppato forme più o meno gravi di demonopatia. Perché questo accada non è dato sapere, fa parte di quel mysterium iniquitatis che consegniamo alla Divina Provvidenza, in attesa che tutto ci venga svelato quando saremo al cospetto di Dio. Forse vi è qualche essere umano, o anima di defunto che prega per quella persona con comportamenti a rischio, e allora non le capita nulla di grave, o semplicemente Dio non lo permette. I Suoi pensieri non sono i nostri. Mi è capitato invero, alcune volte, di parlare con parenti di persone "rapite" da sette, anche se non propriamente di ispirazione satanica e di dover cercare di consolare il loro dolore inconsolabile. Tali persone si sono rivolte a me con il pio desiderio che io potessi riportare a loro la persona scomparsa "operando" con una foto della medesima. Pur riconoscendo che il dolore conduce a tentare ogni possibile strada e avendo per queste persona la più grande comprensione e apertura di cuore, mi sento in dovere di dire che costoro, comunque, si appellavano a un procedimento, a sua volta, derivato dalla magia, ossia speravano che un prete esorcista, con in mano la foto della persona scomparsa, potesse, in virtù di non si sa quali poteri, ricondurre la persona in famiglia. Se ci si pensa bene, è proprio il modo di procedere dei vari maghi televisivi, i quali affermano di poter togliere il malocchio e ridare la salute con una foto o una ciocca di capelli dell'interessato...Similmente, mi trovo spesso a che fare con persone credenti e praticanti che mi chiedono di benedire le fotografie dei loro cari, al fine di proteggerli dal maligno. Tale pratica non trova riscontro nel Magistero della Chiesa. Non è detto in alcun punto che la benedizione delle fotografie conduca alla protezione dei soggetti delle foto stesse. Del resto, che diremmo se un adulto che dovesse ricevere il Sacramento del Battesimo mandasse in chiesa la sua foto, anziché presentarsi in prima persona? Per ricevere un sacramento o un sacramentale, occorre che sia la persona stessa a presentarsi spontaneamente. Alcuni confratelli esorcisti svicolano da tale pratica, giustamente, affermando che pregheranno per quelle persone, ma non impartiscono alcuna benedizione alle foto. Similmente, mi è accaduto di ricevere richieste di benedizione degli oggetti più vari: passi per le sostanze che hanno attinenza con il sacramentale, ossia acqua, olio e sale, comunque da usare con fede e non come amuleti, ma quando qualcuno chiede di benedire gli spaghetti, il vino e lo yoghurt? Alcune volte me la cavo usando l'antico Rituale Romanum, che prevedeva benedizioni per virtualmente ogni oggetto, ivi compresi l'avena per gli animali e i sismografi, ma il dubbio che tali richieste derivino da superstizione resta sempre.
Lo stesso problema della magia si ritrova nei gesti dell'esorcista. Alcuni confratelli esorcisti hanno smesso di usare acqua e olio, che peraltro non sono previsti dai rituali, proprio per sconfiggere l'idea che usando maggiori quantità di tali sostanze l'effetto sarebbe migliore. Personalmente, mi limito ad aspergere il demonopatico all'inizio con un po' d'acqua benedetta in memoria del battesimo e alla fine, eventualmente, a tracciare una croce in fronte con dell'olio benedetto, sempre in ricordo delle unzioni battesimali. Come mai dei buoni fedeli di Cristo si rivolgono a me per chiedere che io "tolga" loro il maleficio, magari offrendo somme di denaro in cambio, come purtroppo è successo? Da chi lo hanno appreso? Non certo dalle letture Bibliche, che condannano, come ricordato nel testo, totalmente e senza appello ogni forma di magia e divinazione. Non certo dai preti, che comunque non fanno certo propaganda ai maghi. Da chi dunque lo hanno appreso? Evidentemente, da tutte quegli "innocenti" eventi cinematografici e televisivi che hanno come protagonisti "positivi" maghi e affini. E non sto parlando di fedeli "tiepidi" ossia persone che magari credono in Dio ma non hanno una vera vita di fede (a proposito, a chi mi dice che crede in Dio, ma non è praticante, ricordo, con un pizzico di sagacia, che anche il demonio crede in Dio, eccome se ci crede, ma non va mai a messa...). Parlo, al contrario, di persone che addirittura hanno responsabilità ecclesiali: un giorno una guida di un gruppo di preghiera Carismatico venne da me e mi disse se potevo "togliere" la benedizione all'anello di fidanzamento del figlio, nella speranza che questo suo figlio potesse lasciare l'allora fidanzata che, evidentemente, non godeva della simpatia di costei, dato che la benedizione dell'anello era stata fatta in chiesa. Ecco che quindi la benedizione viene vista, anche in ambito cattolico, come un accessorio che si può mettere o togliere a piacimento. E che cosa cela tale modo di pensare se non un sostrato magico?
E ancora, diversi si rivolgono a me sempre con le foto in mano chiedendomi "che cosa vede in questa persona?" o "che cosa vede in me?". Dapprima mi schernivo dicendo che non ero uno sciamano, ma poi mi è venuto il sospetto che le persone potessero davvero rivolgersi a uno sciamano per sapere "che cosa vedesse in quella foto" e allora ho mutato risposta e ora dico: "Mi dispiace, non sono Padre Pio...".
Insomma, se in alcuni forum cattolici si afferma la potenziale pericolosità intrinseca di Harry Potter e soci, in una società largamente scristianizzata, si viene quantomeno sbeffeggiati dagli stessi cattolici e si viene tacciati di oscurantismo e medievalismo e si sente dire che non si è mai visto qualcuno che sia diventato posseduto per avere visto o letto Harry Potter. Ma allora che dire di coloro che vengono a chiederci di toglier loro il maleficio o sbenedire gli anelli? Come definire questi figli della Chiesa? Si tratta di persone mature che certo non indugiano nell'ascolto dei Cradle of Filth e dei Death in June, per citare due dei gruppi metal più acidi ma che vedono quotidianamente le trasmissioni dei maghi in TV o accompagnano i loro figli e nipoti a vedere Harry Potter al cinema. Certo, se tutti avessero una sana conoscenza della dottrina cattolica, non vi sarebbe nessun Harry Potter o nessun Codice Da Vinci che potrebbe nuocere ad alcuno. A proposito dei forum cattolici, riporto qui un dato rilevato entrando in un forum di satanisti USA: tale forum dispone, al 2 giugno del 2008, qualcosa come 8357 Membri e 76 Forum. Nel forum cattolico più attivo da noi, alla stessa data, si contavano 4717 membri e 24 forum, pure se vengono rapportati al totale della popolazione delle due Nazioni, restano sempre dati inquietanti. Con le mie orecchie ho sentito su un canale televisivo italiano di Stato, il giorno di Capodanno, affermare che "per avere amore, salute e fortuna per tutto l'anno bisogna portare in tasca un sacchetto pieno di sale...", fatto tanto più grave se si pensa che quel canale è finanziato con il denaro pubblico. Non vi è dubbio che qualunque spettacolo massmediale che presenta in positivo la magia e i personaggi che la usano tende a creare una perniciosa forma mentis, un'assuefazione nel popolo di Dio, tanto più che pochissimi consacrati prendono posizione contrarie, anzi in alcuni casi Harry Potter e simili vengono utilizzati nei ritiri spirituali per i giovani, al fine di far passare "i messaggi cristiani"...
Per non parlare, poi, di oroscopi e affini. Anzi, parliamone, visto che c'è bisogno a quanto pare. Don Marcello ricorda che San Tommaso ha una certa apertura all'astrologia solo e unicamente come modo per dare delle indicazioni di massima sui caratteri di dati soggetti. San Tommaso affermava, infatti, che persone nate nello stesso periodo dell'anno presentano elementi caratteriali apparentemente simili. Il che potrebbe essere condivisibile. Sarebbe possibile pensare, ma non dimostrare scientificamente , che nei primi giorni di vita del bambino gli astri possono avere un qualche modo di influenza sul suo futuro carattere, così come la luna determina le maree, ma non certo sugli eventi per accidens nelle azioni umane o naturali e tanto meno sul libero arbitrio che è una facoltà della volontà e della ragione. E invece, la quasi totalità delle persone cattoliche e praticanti che avvicino, alla mia domanda "Crede all'oroscopo" risponde, con qualche variante: "Lo leggo, anche se non ci credo". In pratica torna il vecchio "non è vero, ma ci credo" di Eduardo De Filippo. Davanti alla mia domanda "Se non ci crede perché lo legge?" la maggioranza annaspa in spiegazioni meno che plausibili, che diventano risibili quando affermo "Non vi sono due oroscopi uguali, a quale crede, dunque?". O magari si spinge a dire "Lo leggo per ridere", che è un atteggiamento sbagliato: il demonio non ride mai ed è meno che mai dotato di senso dell'umorismo. E ancora, per continuare nell'ambito del malvezzo cristiano: si è mai fatto caso, in chiesa, al momento dello scambio di pace, come parecchi evitino di incrociare le braccia, perché porta "sfortuna"? La croce porta sfortuna?! Ecco a che cosa siamo giunti, nel nostro sincretismo pagano. E se per caso si osa affermare che concetti come "destino", "fato", "fortuna", "sfortuna" sono del tutto estranei al sentire cristiano, si viene considerati come degli originali. Davvero crediamo che esista un'entità estranea a Dio, chiamata "fortuna" (che era, ricordiamolo, un dea pagana) che dispensa le sue grazie, al di fuori della Divina Provvidenza? E il destino? Quante volte sentiamo i cattolici dire "Era destino che...". Quale destino? La predestinazione fu condannata dal Concilio di Trento. Occorre quindi cristianizzare il linguaggio e, piuttosto che "buona fortuna", bisogna dire "Dio ti benedica" o simili. In questi casi, non vale neppure invocare l'ignoranza a scusante, poiché, come è noto, S. Tommaso condanna anche l'ignoranza della nostra fede. Infine, per concludere questa breve rassegna di episodi di "cristianesimo magico" osservati nel ministero, occorre ricordare coloro che cercano l'esorcista perché "hanno la negatività", non sapendo peraltro, spesso, neppure definire che cosa intendono con tale termine. Ebbene, tale "negatività" è stata coniata dai maghi al fine di poter ingannare coloro che pensano di soffrire di qualche maleficio, spillando denaro, e i cristiani, non ben fondati nella loro fede, hanno assunto questa parola per descrivere stati di vita che altrimenti si definirebbero "prove" permesse da Nostro Signore, per la loro santità. La tentazione, qui, è quella di rimuovere la croce, quella stessa tentazione che il Cristo subì sul Calvario: "Se sei Figlio di Dio, scendi dalla croce" e il tentatore è sempre quello ossia il demonio.
E allora ben venga ogni testo serio, come questo, che parla di occultismo e di quanto si cela sotto di esso, ossia l'influenza nefasta di satana e dei suoi soci, influenza che si combatte efficacemente invocando l'intercessione dell'Arcangelo San Michele, custode e patrono della Santa Chiesa Cattolica, il primo che sconfisse il suo collega ribelle lucifero. A tale proposito, più di un esorcista ha proposto di reinserire al termine della Santa Messa la tradizionale preghiera di intercessione a S. Michele, che una volta faceva parte dell'Ordo Missae del rito Tridentino, o quantomeno, esorta i fedeli a recitarla privatamente.
Insomma, se Don Marcello ha scritto questo saggio è segno evidente che ve n'è bisogno, non si tratta dell'ennesimo tentativo "medievale e oscurantista" della Chiesa Cattolica di riportare l'inferno su questa terra, come strillava tempo fa un articolo di un giornale progressista. Si tratta di predicare la salvezza. Ma la salvezza da che cosa? Dalla morte eterna, dall'inferno, dalle opere del demonio. La Venuta di Nostro Signore ha avuto come scopo proprio questo: la distruzione delle opere del demonio e, afferma ancora Lui, se si possono cacciare di demoni con l'aiuto dello Spirito Santo, è tra noi il Regno dei cieli .
Nella nostra società secolarizzata, postindustriale, postmetafisica, post-tutto, si tende a minimizzare la componente del mistero umano (ecco perché hanno così tanto successo i film e gli spettacoli televisivi che propongono, malamente magari, il mistero come il Codice da Vinci) si nega la possibilità che vi sia un'origine di tutto e una prospettiva di morte e giudizio con possibilità di inferno e paradiso. Oltre alla necessità di fare il bene, il nostro vivere da cristiani dovrebbe recuperare anche quanto di misterioso e di attinente alla speranza vera e propria. Speranza di salvezza dalla morte e dal peccato, con un giudizio che non è di condanna ma di giustificazione, e l'inferno che è un luogo vero e proprio, non vuoto, di certo, ma almeno uno vi sta: il demonio. Quindi sarebbe buono e doveroso cercare di non finirci pure noi.
Ho ancora negli occhi l'orrore del delitto di Niscemi, tre ragazzi che stuprano, strangolano, bruciano e gettano in un pozzo una ragazza incinta, come i recenti esami istologici sulla salma hanno dimostrato. La ragazza aveva in precedenza fatto un test di gravidanza, possibile che nessuno sapesse nulla dell'orrore? Ho studiato la dinamica del delitto ed esso ha, a mio giudizio, tutti gli elementi del rito satanico: vi è il sesso di gruppo, caratteristica costante delle messe nere, vi è la vittima denudata, che nelle messe nere costituisce l'"altare", poi il soffocamento (Nostro Signore è morto probabilmente di asfissia e collasso per la posizione dovuta al suo corpo crocifisso), la bruciatura del corpo (le fiamme dell'inferno), il fatto che fosse incinta (il sacrificio dell'innocente che richiama la morte di Cristo) e poi il pozzo (l'abisso delle tenebre, spesso l'entità negli esorcismi parla di "troppa luce" quando viene esorcizzata). Concludo dicendo che proprio in questi giorni ho acquistato una rivista, del tutto laica e non certo di ispirazione cattolica - Mente e cervello - la quale afferma che: Il percorso di esorcismo, come altre esperienze drammatiche, rappresenta comunque spesso "un opportunità di maturazione personale e spirituale". E anche chi non crede può finire con l'interrogarsi su certi fenomeni - "come il caso di Erica di Novi Ligure, per cui nelle diverse perizie non è stato possibile identificare una patologia", osserva Mastronardi – difficilmente valutabili con i manuali di psicopatologia: la zona grigia in cui ci troviamo quando tentiamo di dare una spiegazione alle manifestazioni, o all'essenza stessa del male." Ecco la chiave della nostra fede, intelligentemente espressa da una rivista laica: deve esservi spazio per il mistero, il mistero di Dio, dell'uomo, della nostra vita futura, senza il quale la fede e la religione diventano mere "scienze morte" uccise da un eccesso di razionalismo, mentre invece, la ragione dovrebbe servire per poter illuminare, per quanto possibile e con rispetto, la fede stessa. E la conferma sta proprio in quella espressione "la zona grigia" in cui si muove anche la scienza quando tenta di dare spiegazioni a mali che travalicano la nostra, pur ferita, umanità. - P. Tiziano Repetto S. I. - Pontifex-

 
 
 

IL DIGIUNO E’ NECESSARIO - TERZA PARTE

Post n°3308 pubblicato il 23 Marzo 2010 da diglilaverita
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IL MESSAGGIO DI MARIA RIGUARDO L’EUCARESTIA

Il digiuno purifica il nostro animo, al fine di aprirlo maggiormente nei confronti di Dio e degli uomini. Il digiuno ci rende più recettivi nei confronti della Parola di Dio e ci prepara degnamente a ricevere la Comunione. Nuovi spazi si aprono per noi nella celebrazione o nella partecipazione alla Santa Messa e nell’Adorazione di Dio e di Gesù nell’Eucarestia. Per cui il fatto di non comprendere a pieno il Mistero Eucaristico, non ha più alcuna importanza. Ciò che conta, invece, e che l’Eucarestia cominci a vivere e ad agire dentro di noi. In un suo messaggio, la Madonna chiama tutti a impegnarvi perché la Santa Messa rappresenti la vita per voi". Solo allora, avrà inizio il cammino verso un nuovo rapporto consacrato nell’amicizia tra Dio e l’uomo.

IL DIGIUNO NON PUO’ ESSERE SOSTITUITO

A tutti i cristiani deve essere ben noto che tutte le persone che sono state battezzate, indipendentemente dal loro ceto sociale e dalla posizione che occupano, sono chiamate a pregare. Nessuno è esonerato da questo obbligo, né coloro che sono in buona salute nè quelli che sono malati, nè i bambini né gli anziani, né i colti né gli illetterati. Nessuno può allontanarsi dall’uso della preghiera. Ma non a tutti viene chiesto di pregare allo stesso modo. Per esempio, ad una persona costretta a stare a letto, non è mai stato chiesto di recarsi in Chiesa per assistere alla Messa: gli si chiederà di recitare le proprie preghiere a letto. E, per quanto anche i bambini debbano pregare, non si chiederà mai loro di pregare come fanno gli adulti: si dovrebbe, piuttosto, insegnare loro a pregare in maniera ad essi congeniale. La stessa cosa vale per il digiuno! A noi tutti viene chiesto di praticare il digiuno, agli adulti come ai bambini, alle persone malate come a quelle sane. (1) Negli ultimi decenni, il digiuno è stato lentamente sostituito dalle opere di carità. Che noi tutti siamo chiamati a compiere opere buone è innegabile: esse rappresentano uno dei criteri secondo i quali saremo giudicati alla nostra morte (Mt25,3 1-46) Ma il digiuno, tuttavia, non fa parte ditali opere di bene, le quali, al contrario, sono solo il frutto della preghiera e del digiuno. Esse devono essere l’espressione della rinuncia a noi stessi e della nostra penitenza, mentre il digiuno ha un significato maggiore e più profondo, che merita di essere ulteriormente chiarito. Per cominciare, il digiuno e la preghiera hanno una caratteristica comune che può essere molto profonda. Essi fanno entrambi parte della nostra formazione cristiana, perché approfondiscono il nostro rapporto con Dio e con il prossimo. Per questo motivo, la preghiera ed il digiuno rappresentano, in certo senso, due pilastri della nostra fede.

Sia il ricco che il povero sono chiamati a digiunare. I poveri devono digiunare perché non si amareggino completamente; il digiuno, infatti, li aiuterà a liberare il proprio cuore dal peso della povertà. Ad un povero non viene chiesto di donare denaro agli altri poveri. Il suo digiuno gli permetterà di accettare la sua povertà e dignità e, di conseguenza, di estraniarsi più facilmente dalla sua condizione. I ricchi devono digiunare perché non si chiudano in loro stessi. A causa del benessere, essi corrono il rischio di allontanarsi dalla loro propria natura, da chi è loro vicino e da Dio. Il digiuno li aiuterà ad equilibrare i propri bisogni. Il digiuno è uno dei principi fondamentali della vita cristiana; esso mette in grado il devoto di vivere in accordo con la volontà di Dio in tutte le circostanze. Attraverso la pratica del digiuno, la volontà di Dio diventa più facilmente riconoscibile e viene persa di vista più raramente. Proprio come il respiro è la funzione fondamentale della vita fisica, così il digiuno e la preghiera sono le funzioni fondamentali della vita spirituale.

DIGIUNO E PREGHIERA, UN PROCESSO DI PURIFICAZIONE

Come abbiamo già specificato, il digiuno non richiede la completa astinenza da cibi e bevande. Al contrario, i messaggi affermano esplicitamente che, nei giorni di digiuno, possiamo mangiare del pane e bere dell’acqua. Perché il nostro digiuno divenga semplice e "dolce", dobbiamo pregare molto. La preghiera nei giorni di digiuno deve servire come un punto di riferimento lungo il cammino che dobbiamo percorrere. All’inizio, il digiuno libera il corpo dalle forze negative; permette l’eliminazione delle riserve inutili e delle eccedenze che soffocano il corpo e lo appesantiscono gravemente. La preghiera ci protegge dalle tensioni e dal nervosismo, causati da questo processo di eliminazione. Il digiuno di per sé non ci rende ansiosi: è il corpo che quando diventa consapevole dell’eccedenza che lo soffoca, comincia a reagire. Come accade (anche comprensibilmente) al fumatore che inizia a digiunare dal fumo, egli si accorgerà presto delle catene imposte dall’uso del tabacco. Così il cuore e la mente sono inclini a cercare un equilibrio tra le forze dello spirito e quelle del corpo ed ad assoggettare sempre di più il corpo allo spirito. Questa è sempre una battaglia molto dura, e la preghiera è un aiuto necessario. Per tutti questi motivi, la liturgia quaresimale raccomanda il digiuno che innalza lo spirito e distrugge i vizi. Rafforzando il proprio spirito, una persona diventa più resistente al malessere psicologico e fisico. Così, prolunga la propria vita poiché non è più appesantita da energia inutilizzata. Numerose scoperte in Giappone, India e, soprattutto, in Tibet confermano questa teoria: non c’è che il digiuno per spiegare l’atteggiamento dei loro maestri spirituali, i quali, secondo i nostri criteri occidentali, iniziano le loro attività spirituali piuttosto tardi, spesso dopo aver raggiunto l’età di sessant’anni. Rafforzando il proprio spirito, l’uomo si predispone per avere uno spazio libero nel suo cuore, aperto ad accogliere Dio e le persone che gli sono accanto. Questo atteggiamento è molto importante. Infatti, se non abbiamo abbastanza forza interiore per perdonare un’offesa o per dimenticare un’ingiustizia, potrebbe insediarsi, nel nostro spirito e nel nostro corpo, una disastrosa amarezza. In altre parole, il digiuno ci porta a distinguere più facilmente tra ciò che è essenziale e ciò che non lo è, ed allora, arriviamo ad assumere prontamente il giusto atteggiamento per far fronte a qualsiasi situazione. Quando il nostro corpo è purificato e liberato da tutte le costrizioni, il nostro spirito è aperto alle influenze positive. E bene notare, inoltre, che la nostra natura umana è esposta alle influenze "negative", e che è necessario pregare per contrapporsi ad esse. Dobbiamo considerare sotto questo aspetto anche la preghiera ed il digiuno di Gesù nel deserto. E’ con queste due armi che il Signore lottava contro Satana, il quale tentava invano di farlo deviare dalla volontà del Padre Suo. All’obiezione che la tentazione di Gesù si verificava proprio perché Egli digiunava, dobbiamo rispondere che era attraverso il Suo digiuno che Egli trovava la forza per superare la tentazione!

DIGIUNARE CON IL CUORE

Attraverso i messaggi di Medjugorje la Madonna ci esorta a digiunare con il cuore. Questa frase non significa nulla di più di quanto Gesù stesso ci ha insegnato. Gesù condanna coloro che, pregando e digiunando, pensano per questo di avere il diritto di giudicare gli altri; in essi il. digiuno non causa alcuna trasformazione nel cuore! Digiunare con il cuore significa, in primo luogo, privarsi del cibo con fede e fiducia anche se ci è difficile farlo. Non dobbiamo mai perdere fiducia in Dio, il Quale desidera che otteniamo solo il bene dal nostro digiuno. Digiunare con il cuore significa attendere ed accettare le trasformazioni suscitate dalla preghiera e dal digiuno, accoglierle e svilupparle. Dobbiamo essere sicuri che i nostri pensieri si trasformeranno, così potremo guardare avanti per crescere nel pentimento e nel perdono. Dobbiamo accettare "l’afflizione" del digiuno! Digiunare con il cuore significa accettare il digiuno soprattutto come mezzo per avvicinarsi a Dio ed al nostro prossimo. Se stessimo ancora pensando a tutte le cose delle quali ci dobbiamo privare e contando i giorni in cui dobbiamo digiunare, ci saremo solo avviati verso la fase più superficiale del digiuno del cuore, che sarà reale solo quando riusciremo spontaneamente a realizzare i nostri intenti. Digiunare con il cuore significa amare ed accettare il nostro cammino con Dio e Maria. Digiunare con il cuore significa amare la libertà più che la schiavitù provocata dalle cose materiali. Digiunare con il cuore significa crescere nell’amore per Dio, che tornerà di nuovo tra noi e che il nostro cuore chiama ogni giorno, desiderandolo come "il cervo desidera l’acqua per vivere". Digiunare con il cuore, inoltre, significa accrescere la nostra gioia nel Signore. Questo è già abbastanza per iniziare a digiunare con fede e per procedere nel cammino della santità. Tutto il resto, verrà in seguito!

CONCLUSIONE

Il digiuno e la preghiera non sono fini a se stessi, ma sono solo i mezzi per riconoscere e per accettare la volontà di Dio, per invocare la grazia nel perseverare a compierla, per essere disponibili ad accettare il progetto divino ed incamminarsi così sulle tracce di Gesù Cristo. Il digiuno e la preghiera, inoltre, sono i mezzi più adatti a guidarci nella ricerca della pace. Coloro che saranno costanti nel recitare le loro preghiere e nel digiunare, acquisiranno un’assoluta fiducia in Dio, otterranno i doni della riconciliazione e del perdono ed in questo modo serviranno la causa della pace. Perché la pace ha origine nei nostri cuori e da essi si estende a chi ci sta accanto ed infine a tutto il mondo. La pace è qualcosa di dinamico; non può essere nè comprata nè venduta. Prospera solo nei cuori delle persone che sono capaci di perdonare e di amare coloro che hanno sbagliato nei loro confronti e li hanno offesi. Il digiuno è la preghiera di tutto il corpo, la preghiera che si esprime attraverso il corpo. Il digiuno dimostra come anche il nostro corpo partecipa alla preghiera, come la nostra preghiera può diventare fisica, affinché sia una preghiera che ci coinvolga nel senso più completo della parola. In uno dei suoi libri, Anselm Grun dichiara:

"Il digiuno è il pianto del nostro corpo che sta cercando Dio, il grido del nostro animo più profondo, del nostro profondo più profondo col quale, nella nostra estrema impotenza, noi affrontiamo la nostra vulnerabilità e la nostra nullità, per gettarci completamente nell’abisso della incommensurabilità di Dio" (2) Il digiuno e la preghiera non riguardano esclusivamente noi, anche se aprono prospettive di nuove possibilità e nuove estensioni nella comunione con Dio e con gli altri. Dio, con il digiuno, non vuole privarci del nostro tempo o distruggerci. Al contrario, Egli vuole che il digiuno e la preghiera ci facciano trovare la nostra gioia in Lui e nelle persone che ci stanno accanto, così che diventiamo capaci di vivere in unione con gli altri e di riunire nella pace e nell’amore tutte le condizioni che sono necessarie per la felicità nostra e di tutto il genere umano. Il processo è difficile; è più facile donare del denaro ai poveri che perdonare e ristabilire buoni rapporti con i nostri fratelli e le nostre sorelle. Perché non provare a perseverare in entrambe le cose? Questo è il solo mezzo per promuovere un ritorno alla pace interiore che poi si trasformerà nella pace del mondo, che è proprio quanto la Madonna ha chiesto a Medjugorje

PREGHIERA NEL GIORNO DEL DIGIUNO

Invito della Madonna: "Vorrei che la gente in questi giorni pregasse con me. E che preghi il più possibile! Che inoltre digiuni il mercoledì ed il venerdì; che ogni giorno reciti almeno il Rosario: i misteri gaudiosi, dolorosi, gloriosi..." (14-8-1984) - Signore Dio, creatore dell’universo e mio creatore! Oggi ti voglio ringraziare perché hai impresso nel mondo un ordine così meraviglioso. Grazie per aver dato fertilità alla madre terra, che produce per noi ogni sorta di frutti! Grazie per il cibo che viene preparato con i frutti della terra! Padre, sono pieno di gioia per tutte le tue creature, per tutti i frutti, e Ti rendo grazie! Grazie, perché ogni giorno abbiamo bisogno di pane e perché ogni giorno abbiamo bisogno di dissetarci. Padre, grazie perché hai creato il mio organismo in modo tale che possa servirsi ogni giorno dei frutti della terra, per potersi così sviluppare e servirti. Ti rendo grazie, Padre, per coloro che, con la loro intelligenza e le loro fatiche, scoprono nuove possibilità di vita sulla terra. Grazie per coloro che possiedono tanti beni e ne danno agli altri. Grazie per coloro che, nel momento stesso di mangiare questo pane terreno, sentono anche la fame del Pane celeste. Padre, grazie anche per quelli che oggi non hanno di che nutrirsi, perché sono convinto che manderai il Tuo aiuto tramite persone piene di bontà! Padre, oggi ho deciso di fare il digiuno. Con ciò non intendo disprezzare le cose che Tu hai creato, non intendo rinunciarvi, ma soltanto desidero scoprirle nuovamente. Mi sono deciso per il digiuno, perché hanno digiunato anche i tuoi profeti, perché ha digiunato anche tuo Figlio Gesù Cristo, i suoi apostoli ed i suoi discepoli. Mi sono deciso per il digiuno particolarmente perché ha digiunato anche la tua Serva, la beata Maria Vergine. Lei stessa mi ha invitato al digiuno: "Cari figli! Oggi vi invito a digiunare col cuore. Vi sono molte persone che digiunano, ma fanno questo perché lo fanno gli altri. E’ diventata un’abitudine, che nessuno vorrebbe interrompere. Chiedo alla Parrocchia di digiunare in segno di ringraziamento, perché Dio mi ha permesso di rimanere così lungamente in questa parrocchia. Cari figli, digiunate e pregate col cuore! Grazie per aver risposto alla mia chiamata!" Padre, Ti offro oggi questa giornata di digiuno. Attraverso il digiuno desidero ascoltare e vivere con più impegno la tua Parola. Desidero, nel corso di questa giornata, imparare ad essere rivolto di più a Te, nonostante le cose che mi circondano. Con questo digiuno, che spontaneamente decido di fare, Ti prego per tutti coloro che soffrono la fame e che a causa di essa fomentano agitazioni in tutto il mondo... Ti offro questo digiuno anche per la pace del mondo. Le guerre arrivano perché siamo attaccati ai beni materiali: per difenderli o procurarceli siamo pronti anche ad uccidere. Padre, ti offro questo digiuno per tutti coloro che sono totalmente schiavi delle cose materiali e non vedono alcun altro valore. Ti prego per coloro che vivono in contrasto con gli altri, perché sono accecati dalle loro ricchezze. Padre, con questo digiuno aprimi gli occhi, perché possa vedere come tuo dono tutte le cose che ho. Mi pento per tanta cecità che si è impadronita anche dei miei sensi, per cui non so rendere grazie per le cose che possiedo. Mi pento per ogni cattivo uso dei beni materiali, perché ho apprezzato in modo sbagliato il loro valore. Attraverso il digiuno odierno rendimi capace di vedere più chiaramente Te e gli uomini che mi sono intorno! Rendimi idoneo ad ascoltare più attentamente la Tua parola! Fa che, tramite questo digiuno, cresca oggi il mio amore per Te e per il prossimo! Padre, ho deciso di nutrirmi oggi di solo pane, per comprendere meglio il valore del Pane celeste, la presenza di tuo Figlio nell’Eucarestia. Fa che attraverso il digiuno crescano in me la fede e la fiducia! Padre, mi sono deciso per il digiuno e lo accetto, perché so che in tal modo crescerà in me il desiderio di Te. Con gioia e gratitudine ripenso alle parole di tuo Figlio: "Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli". Padre, rendimi povero davanti a Te. Dammi la grazia di capire, per mezzo del digiuno, come Tu mi sei necessario! Fa che tramite il digiuno cresca il mio desiderio per Te, che il mio cuore aneli verso di Te, come la cerva anela alle sorgenti dell’acqua e il deserto sospira le nuvole cariche di pioggia! Padre, fa che attraverso questo digiuno cresca particolarmente in me la comprensione e la solidarietà verso chi ha fame e sete, verso coloro che non hanno sufficienti beni materiali! Aiutami a capire ciò che non mi serve delle cose che possiedo, perché me ne possa privare in favore dei miei fratelli e sorelle bisognosi! Padre, Ti prego in special modo di concedermi la grazia di essere cosciente della mia condizione di pellegrino sulla terra, condizione che non mi permetterà, nel momento del passaggio all’altro mondo, di prendere con me nessuna cosa, tranne l’amore e le buone opere! Fa che, anche quando possiedo dei beni, cresca in me la consapevolezza di non avere nulla di mio, ma che tutto ho ricevuto soltanto per esserne un amministratore fedele. Padre, dammi la grazia, attraverso il digiuno, di diventare più umile e più pronto a compiere la tua volontà! Perciò purificami dall’egoismo e dalla superbia! Con questo digiuno liberami da ogni cattiva abitudine, placa le mie passioni, fa che in me crescano le virtù! Fa che con questo digiuno la profondità della mia anima si apra alla tua grazia, perché questa mi purifichi e mi riempia completamente! Aiutami ad essere sempre simile a tuo Figlio, in ogni tentazione ed in ogni prova, a respingere ogni seduzione, per poterti servire di giorno in giorno sempre più fedelmente e con sempre maggior desiderio ricevere la tua Parola! O Maria, Tu eri completamente libera nel tuo cuore; non eri legata ad alcuna cosa, se non alla volontà del Padre. Implora per me la grazia di fare un digiuno gioioso, nel corso del quale il mio cuore possa Cantare con Te il cantico della riconoscenza! Fa che la mia decisione relativa al digiuno sia forte e duratura! Le difficoltà e la fame che sentirò oggi, le voglio offrire per tutti gli uomini. Maria, prega per me! Per tua intercessione e per la forza della tua protezione, si allontanino da me ogni male ed ogni tentazione diabolica! Insegnami, o Maria, a digiunare ed a pregare, perché di giorno in giorno divenga sempre più simile a Te e a tuo Figlio Gesù Cristo, nello Spirito Santo. Amen. -[Info da Medju] - Gospa -

 
 
 

IL DIGIUNO E’ NECESSARIO -SECONDA PARTE

Post n°3307 pubblicato il 23 Marzo 2010 da diglilaverita
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È NECESSARIO UN RADICALE RITORNO A DIO

Leggendo questa testimonianza, notiamo che il digiuno è stato di aiuto a quest’uomo per ritrovare di nuovo se stesso e riesaminare il suo rapporto con Dio e con gli altri. Appena la sua preghiera ha cominciato a dare frutti nel suo cuore, egli non ha dovuto attendere molto perché il suo nuovo rapporto con Dio sfociasse in un rinnovato rapporto con suo fratello. Questo esempio prova molto bene come le azioni cattive di un uomo possano causargli cecità! E necessario un deciso e radicale ritorno a Dio per cambiare l’atteggiamento del nostro cuore e della nostra mente. E il digiuno facilita questo ritorno. Tutto questo dimostra che il digiuno non è fine a sé stesso, ma diventa necessario per avanzare nella conversione: facendoci progredire non solo sul piano della fede, ma anche su quello sociale.

IL DIGIUNO CI ASSICURA UNA FORZA DINAMICA

Non è possibile un radicale ritorno a Dio senza la preghiera, la quale cresce di qualità e diventa libera quando si unisce al digiuno. Se siamo convinti che la Vergine Maria chiede a ciascuno di noi di essere il suo "portavoce" in questo mondo ateo, dobbiamo digiunare con il cuore così che questo digiuno ci assicurerà una forza dinamica. Quando iniziamo a considerare noi stessi i padroni della vita e del mondo, ed a comportarci come tali, come se non avessimo alcun bisogno di Dio, mettiamo in evidenza i segni premonitori dell’ateismo. Il digiuno rappresenta il modo migliore per evidenziare queste predisposizioni negative del nostro cuore, esso ci aiuta a scoprire che dipendiamo dalla volontà di Dio, a comprenderla meglio e, di conseguenza, a comprendere meglio noi stessi. Parlando del digiuno, L. Rupcic ha affermato:

"La ragione ed il valore fondamentale del digiuno deve essere al servizio della fede. E’ un mezzo semplice che permette all’uomo di dimostrare, rafforzare e dare stabilità al proprio autocontrollo. Il digiuno è la garanzia del suo abbandono a Dio, in una fede vera e sincera. Fino a quando!’ uomo non è ancora padrone di sé stesso (e dei suoi sensi) non può abbandonarsi completamente nelle mani di Dio".

Sappiamo come Gesù, nel Vangelo, chiede di pregare sempre, senza stancarsi. Purtroppo, giorno dopo giorno, troviamo delle scuse e diciamo che non abbiamo tempo per pregare, o che il ritmo della nostra vita è tale da non permetterci di farlo. Il problema, però, non è nel fatto se abbiamo o meno il tempo di pregare. Piuttosto, se sentiamo il desiderio, la necessità di Dio, di incontrarLo nella preghiera. Più abbiamo e più vogliamo avere; meno spazio abbiamo per Dio e meno tempo troviamo per la preghiera. In questo modo, nella realtà quotidiana, diventiamo sempre di più atei. Pertanto crediamo di poter risolvere tutti i nostri problemi, solo possedendo sempre più cose materiali, cibo e bevande migliori. Questo tipo di comportamento e queste convinzioni escludono la possibilità e la necessità della preghiera. Il digiuno ha, come conseguenza particolare, quella di collocare le cose in una giusta prospettiva; perché solo digiunando arriveremo a capire realmente noi stessi, e a considerare la realtà che ci circonda, sotto un’ottica diversa. Scopriremo così di non essere autosufficienti e che il possedere anche l’intero pianeta non può soddisfare le necessità più profonde del nostro cuore. In questo modo, troveremo altri fini, altri scopi, altri bisogni che, sovrapponendosi alle necessità materiali, ci guideranno lungo il cammino che va incontro al Signore! La prima beatitudine: "Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli", può essere tradotta in un altro modo: "Beati coloro che desiderano Dio". Una persona che crede di essere autosufficiente e di non aver bisogno di nulla, se non di una costante gratificazione di sé stesso, non è una persona povera dinanzi a Dio! Ciò significa che, vivendo nella convinzione di non aver bisogno di Dio, non si pone neanche il problema della preghiera! Solo attraverso il digiuno, questa convinzione lentamente cade, e avvertiamo sempre di più la necessità di pregare, vale a dire, diventiamo sempre più aperti al nostro incontro con Dio. Per questa ragione, possiamo affermare che il digiuno non può essere sostituito, anzi è indispensabile! Abbiamo bisogno di digiunare per poter crescere nella preghiera e soprattutto per poter crescere nella preghiera del cuore. In conclusione, preghiamo più facilmente quando digiuniamo e digiuniamo meglio quando preghiamo. Un vecchio proverbio dice: "Uno stomaco pieno non ama studiare". Il suo significato non viene alterato se lo trasformiamo in: "Uno stomaco pieno non ama pregare". Il vuoto fisico provocato dal digiuno ci aiuta a comprendere il nostro vuoto spirituale ed il nostro bisogno di Dio! Il profondo desiderio del Signore non è in contrasto con la dignità umana, ma al contrario la valorizza. Digiunando arriviamo a comprendere la nostra dipendenza non dai beni materiali ma da Dio, una dipendenza che non ci rende schiavi, ma, che piuttosto, ci libera! Siamo stati creati da Dio ed Egli è sempre presente in noi. Ci sentiamo bene quando stiamo insieme a Lui come amici, come soci, che si riuniscono per la definizione di un contratto. Se il cuore diventa anche umile, sarà più facile ascoltare la Parola di Dio ed avere la sua amicizia. Sarà più semplice persino incontrare gli altri; questa è la via che porta alla felicità! La vera felicità non è nei valori superficiali, ma è da ricercare nella pace interiore, attraverso la quale l’uomo può vincere ogni difficoltà e situazione spiacevole!

ATTRAVERSO IL DIGIUNO IL NOSTRO ANIMO SI PURIFICA

E’ ora importante riflettere su un’altra conseguenza del digiuno. Digiunando, i nostri animi diventano più puri, vediamo la realtà in modo migliore, ci rendiamo realmente conto di ciò che possediamo, di quanto abbiamo bisogno e di quello di cui possiamo fare a meno. Ci liberiamo dello spasmo interno di volere sempre di più, di credere di aver bisogno di sempre più cose, dimenticando, allo stesso tempo, il valore di quello che possediamo già. Tutto è relativo nella vita. Dobbiamo dare il giusto valore alle cose; per cui, se continuiamo a vivere nella convinzione che le cose materiali sono molto importanti, dimentichiamo di essere solo di passaggio in questo mondo. Cerchiamo di ricordare costantemente che ci sono persone che sarebbero felici se avessero solo un tetto sulla testa, solo un po’ di pane ogni giorno. E quanto più felici sarebbero se avessero quanto abbiamo noi! E, tuttavia, sebbene possediamo così tanto, spesso ci sentiamo infelici ed insoddisfatti. La ragione di questa insoddisfazione sta nel fatto che non vediamo più quanto è essenziale: siamo diventati ciechi nei confronti di ciò che è indispensabile e siamo convinti di avere bisogno di possedere sempre nuove cose. Solo con il digiuno, comprendiamo cosa sia veramente necessario nella vita; così, rendendoci internamente .liberi attraverso esso, ci muoveremo con più facilità verso Dio e verso la gente. Da questo incontro libero, si verifica la riconciliazione. Più andremo "incontro" al prossimo , meno tempo troveremo per i contrasti, per le cose negative, per le guerre. Liberati dai chiodi del materialismo, potremo muoverci verso gli altri, senza paura di perdere qualcosa di indispensabile, di vitale! Diventeremo così pellegrini in cerca di Dio, impegnati quotidianamente in un rapporto nuovo e libero con il Signore, impegnati, giorno per giorno, ad essere sempre in cammino verso di Lui. Ciò ci riporta alle parabole del Vangelo in cui Gesù sottolineava l’importanza di essere in "cammino". Le persone che sono lungo la propria strada, sul proprio cammino, non permettono a nessuno di fermarle. Sono motivate e spinte dalla speranza interiore di incontrare il Signore. Quando le persone hanno perso questa speranza, iniziano a viziarsi, e perfino a farsi del male reciproco! Nel Vangelo di San Matteo, si legge di un proprietario che piantò un vigneto, lo diede in gestione a dei contadini e poi partì per un viaggio. Quando arrivò il momento della vendemmia, mandò i suoi servi a riscuotere la propria parte di raccolto. Ma gli affittuari risposero aggredendo i servi, picchiandone uno ed uccidendone un altro. Conosciamo anche il racconto delle vergini che non avevano più l’olio. Queste due parabole presentano situazioni in cui il valore dell’attesa è andato perduto. In altre parole, Maria vuole che siamo sempre pronti a muoverci. Vuole guidarci perché riconosciamo sempre di più ciò che è essenziale e ciò che invece non lo è. I nostri animi saranno più aperti nei confronti di coloro che hanno bisogno. Sarà così più facile riconoscere i bisogni spirituali e quelli materiali di chi ci sta accanto. Potremmo, pertanto, parlare anche del valore sociale del digiuno. Molte persone, quando iniziarono le Apparizioni, si chiesero: "Perché mai la Madonna non insiste sull’aiuto sociale?". Ebbene, io ritengo che Ella, proprio attraverso il digiuno, abbia voluto educarci ad approfondire l’impellente esigenza della solidarietà cristiana. E poi, durante questi mesi, quanti inviti ci sono stati rivolti e non sono stati mai ascoltati, perché, nel nostro egoismo e nella nostra presunzione, non ci accorgiamo delle necessità degli altri!?

PERCHÉ DIGIUNARE A PANE E ACQUA?

La Madonna, a Medjugorje, ci ha chiesto, dunque, di tornare a praticare il digiuno. Alla domanda: "Qual è il miglior tipo di digiuno?", la Vergine ha risposto: "Pane ed acqua, naturalmente". Noi constatiamo che il pane e l’acqua non rappresentano l’unico modo di digiunare, ma il modo "migliore", secondo l’affermazione dalla Vergine. Inoltre, una persona deve arrivare a digiunare a pane ed acqua progressivamente. Se non si è mai digiunato, può essere molto scoraggiante iniziare solo con pane ed acqua senza avere ricevuto mai una chiamata dal Signore. Ci sono altri modi di digiunare che raggiungono gli stessi fini dentro di noi e, allo stesso modo, ci aiutano ad incamminarci verso il vero digiuno. Per esempio: non mangiare determinati cibi, oppure mangiarli senza condimento; mangiare cose che normalmente non ci piacciono, saltare il dessert o, semplicemente, mangiare molto meno in ciascun pasto: questi sono solo alcuni modi per iniziare la pratica del digiuno. La cosa importante è che si inizi a digiunare, in qualche modo. A Medjugorje tuttavia, viene sempre ribadito il valore del digiuno a pane ed acqua, perché esso ha un profondo significato: il pane è il cibo dei poveri! Avere o meno il pane rappresenta uno dei problemi essenziali della nostra esistenza! Nella Bibbia poi si parla spesso del pane! Dio donò il pane (la manna) al suo popolo durante il cammino attraverso il deserto (Es. 16.). Nei suoi insegnamenti, Gesù parla del pane che è disceso dal cielo. Un angelo portò il pane ed una giara d’acqua al profeta Elia quando questi era sfinito dalla stanchezza (1 Re, 19) e, dopo aver mangiato e bevuto, Elia riacquistò forza e continuò il suo cammino. Non bisogna dimenticare, d’altra parte, che, secondo quanto scritto nel Vangelo, i poveri furono i più vicini a Gesù! Essi infatti mangiarono con Lui, Lo seguirono ed ascoltarono le Sue parole. Dopo aver parlato ad una folla affamata non solo delle Sue parole, ma anche di cibo corporale, Gesù moltiplicò i pani (Mc 8,1-9; Mt 15,32-39). Ed è, moltiplicando il pane terreno, che Gesù preparò il Suo popolo per il Pane del cielo! Essere disposti a vivere di pane ed acqua per una giornata, significa essere disposti ad essere poveri davanti a Dio, ben disposti ad accettare la Sua volontà! Questo significa seguire le tracce dei profeti e di coloro che sono stati scelti perché testimoniassero la loro fede! Il pane è il cibo fondamentale del popolo di Dio e, allo stesso tempo, simboleggia la vita. Anche l’acqua è insostituibile nella nostra vita; essa simboleggia la purificazione spirituale. E il messaggio del Signore, in questo caso, viene ad esprimere due verità: tornate alla vita e vivete. Uscite dalla vostra impurità e siate puri. La Madonna ci chiede di vivere di pane ed acqua per due giorni alla settimana: questo non rappresenta solo il digiuno ideale, è anche il modo ideale per educare il proprio corpo, spirito ed anima. La Madre di Dio ci ha esortati nella piena libertà: ciò significa che, se siamo molto stanchi, o abbiamo lavorato duramente, o non siamo in buona salute, possiamo bere del tè o del caffè o mangiare persino qualcosa.

DIGIUNARE A PANE ED EUCARESTIA

Tutto ciò che Gesù disse e fece riguardo il pane era finalizzato alla preparazione del Suo uditorio per un nuovo banchetto, per il Pane che viene dal cielo, nel quale Egli stesso si spezzò e divise per la redenzione e la salvezza del genere umano. Nonostante tutto ciò che Gesù disse e fece per fare in modo che i Suoi contemporanei capissero: che il Suo Corpo ed il Suo Sangue dovevano essere offerti come cibo e bevanda per eccellenza, non venne capito. Il Suo uditorio respinse questo messaggio, fingendo che le parole fossero difficili e del tutto incomprensibili (Gv 6,52-60). Mentre noi, scegliendo, in determinati giorni, di non mangiare nulla, tranne che il pane, possiamo capire, mediante l’esperienza personale, quale è il vero significato del messaggio di Gesù. Ci è stata data così la possibilità di scoprire, attraverso la ragione ed il cuore, tutta la realtà del messaggio che Gesù ci ha proposto, rendendosi presente nel Pane Eucaristico! Con l’essere troppo attaccati al contenuto del nostro piatto, corriamo il rischio di perdere di vista il nostro nutrimento fondamentale nel quale Dio ci offre Sé stesso in un modo molto particolare. Per sentire la presenza, durante l’Eucarestia, di Gesù, Figlio di Dio in quel piccolo pezzetto di pane nel nostro corpo, dobbiamo essere prima disposti a soffrire la fame fisica. Altrimenti rischiamo di disprezzarne le briciole! Se consideriamo la pratica seguita dalla Chiesa dei primi anni, che i nostri fratelli ortodossi seguono ancora oggi, cioè quella dell’obbligo di digiunare per diverse ore prima di ricevere la Comunione, capiremo con più facilità quanto è stato detto prima. Se digiuniamo in questo modo per diversi giorni, la realtà diventerà ancora più evidente. Forse i poveri, che conoscono l’importanza ed il valore del pane quotidiano, comprendono meglio il valore del Pane che viene dal cielo. Mentre, il cuore del ricco non è stato aperto nei confronti di quel "piccolo" dono che nasconde un valore infinito! Una mia parrocchiana mi ha confidato che, da quando ha iniziato a vivere di solo pane ed acqua ogni venerdì, la Comunione è diventata per lei un evento più solenne. E’ stupita del piacere fisico che sente quando riceve quel piccolo pezzo di pane nella Comunione. Ogni volta rimane profondamente scossa perché è immediatamente consapevole che, attraverso questo pane, Gesù le viene più vicino! -[Info da Medju] - Gospa -

 
 
 

IL DIGIUNO E’ NECESSARIO - PRIMA PARTE

Post n°3306 pubblicato il 23 Marzo 2010 da diglilaverita

Gli Evangelisti parlano molte volte del digiuno e riferiscono che Gesù ne raccomandò la pratica, al fine di farci progredire nella vita spirituale. Ciò che Gesù ha detto al riguardo, può essere riassunto in queste frasi:

· Il digiuno è necessario come la preghiera.

· Quando Gesù spiegò ai suoi discepoli perché non fossero in grado di liberare un uomo posseduto dal demonio, Egli assegnò un potere speciale al digiuno. In quell’occasione, affermò che alcuni demoni non possono essere scacciati se non con la preghiera. E l’Evangelista Marco aggiunge: "e con il digiuno" (Mc 9,29)

· Per digiunare (o pregare) rettamente, bisogna liberarsi dall’ipocrisia e dall’orgoglio. Considera il caso del Fariseo che usò la sua preghiera per ostentare la propria devozione e per esprimere il proprio disprezzo nei confronti del Pubblicano, uomo autenticamente umile.

"Disse ancora questa parabola per alcuni che presumevano di essere giusti e disprezzavano gli altri: ‘Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell’altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato" (Lc 18, 9-14).

· Gesù dichiarò che i suoi discepoli avrebbero digiunato proprio come i discepoli di Giovanni, ma non prima che Lui avesse lasciato questo mondo.

"Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro"? (Mt 9,15-16)

· Secondo Luca, Gesù non mangiò, durante i quaranta giorni in cui rimase nel deserto. In altre parole, Gesù digiunò prima di annunciare il Vangelo. Questo avvenne subito dopo il Suo Battesimo nel fiume Giordano.

"Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni; ma, quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: ‘Se tu sei Figlio di Dio, dì a questa pietra che diventi pane. Gesù gli rispose: ‘Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo"’ (Lc 4,1-4)

Sebbene Gesù non abbia ordinato esplicitamente ai suoi discepoli di digiunare, sembra evidente che se lo aspettasse comunque. da essi. "E quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti, che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa." (Mt 6,16.).

IL DIGIUNO NELLA CHIESA DEI PRIMI TEMPI

Il digiuno faceva parte della tradizione ebraica ed è noto che veniva praticato anche ai tempi della civiltà greco-romana. La tradizione ebraica raccomandava il digiuno ufficiale, solo nel Giorno della Riconciliazione che era un giorno di devozione. Tuttavia, la gente, spesso, digiunava due volte a settimana, il lunedì e il giovedì (Lc 18,12). Dalla lettura del Vecchio Testamento, apprendiamo che, in momenti di grandi difficoltà, Re e Profeti, chiedevano al popolo di digiunare e di pregare. Nei Salmi, già troviamo alcuni versetti rivelatori, come ad esempio: "Io, quand’erano malati, vestivo di sacco, mi affliggevo col digiuno, riecheggiava nel mio petto la mia preghiera" ( Sal 35,13) o, ancora: "Le mie ginocchia vacillano per il digiuno, il mio corpo è scarno e deperisce" ( SaI 109,24) La Chiesa dei primi tempi raccomandava il digiuno due volte la settimana, il mercoledì e il venerdì. Alcuni tra i più devoti digiunavano anche di sabato, in preparazione al Giorno del Signore. La pratica del digiuno gradualmente divenne sempre più estesa. Si digiunava intere settimane, come, per esempio, durante la Settimana Santa. Nel III secolo, la Chiesa, nel periodo della Quaresima, raccomandò il digiuno per quaranta giorni come preparazione alla Pasqua.

IL DIGIUNO RESTA NECESSARIO COME SEGNO DELLA NOSTRA ATTESA

Da un punto di vista teologico, con la venuta di Cristo, il digiuno non sarebbe più necessario, perché gli invitati alle nozze non hanno bisogno di digiunare fin quando lo sposo è con loro (Mt 9.15.). Ma, dal momento che Gesù deve tornare di nuovo in tutta la sua gloria, il digiuno resta necessario come segno della nostra attesa. Questa prospettiva dà, al digiuno, un nuovo senso e, dal momento che concentra la nostra attenzione verso il Signore che deve venire, lo correda di una dimensione escatologica. Il digiuno era raccomandato, prima della somministrazione dei Sacramenti, anche dalla Chiesa antica. Così i diaconi che si preparavano all’Ordinazione ed i futuri predicatori che si preparavano alla predicazione, erano vivamente invitati al digiuno. Persino i catecumeni ed i sacerdoti designati a somministrare il sacramento del Battesimo, come prima cosa, avevano l’obbligo di digiunare. In breve, possiamo concludere che la Chiesa riconosce il digiuno, perché lo ha praticato durante la sua storia, e ha dato ad esso un concreto significato. In alcune comunità religiose, il digiuno viene praticato anche al giorno d’oggi. Leggendo la vita dei Santi, possiamo renderci conto di quanta importanza essi hanno dato al digiuno. Nella Regola del suo Ordine, anche San Francesco d’Assisi esortava i suoi frati a fare digiuno per periodi di quaranta giorni, tre volte l’anno (in Quaresima, prima della Festa di San Michele e dal giorno di Tutti i Santi fino a Natale) e, ancora, ogni venerdì. Al giorno d’oggi, le richieste della Chiesa sono meno severe. Ci sono, infatti, solo due giorni nei quali il digiuno è obbligatorio: il Mercoledì delle Ceneri e il Venerdì Santo. Anche prima degli eventi di Medjugorje, che hanno rilanciato il digiuno, tra la nostra popolazione, soprattutto in Erzegovina, la pratica di esso andava ben oltre le richieste minime della Chiesa, grazie anche all’indubbia influenza esercitata dalla spiritualità francescana. Così molti fedeli, soprattutto ragazze e madri di famiglia, digiunano il martedì (giorno di Sant’Antonio), i dodici giorni che precedono la Festa dell’Assunzione, alla vigilia delle grandi Festività e durante la Quaresima. Un tempo, la nostra gente (di Medjugorje e delle zone circostanti) osservava un severo digiuno perfino d’estate, durante i duri lavori nei campi.

UN RITORNO ALLA PRATICA DEL DIGIUNO

I cosiddetti "messaggi", come ciascuno degli altri elementi che danno autenticità ad una apparizione, non possono contenere nuove rivelazioni riguardanti i progetti di Dio nei nostri confronti, né possono rivelare nuove verità riguardo la Chiesa. Questi "messaggi" non possono, in alcun modo, introdurre novità o modificare quanto rivelato da Gesù agli Apostoli. Pertanto le apparizioni sono ancora oggi un segno che Dio continua a rivolgersi a noi, suoi figli, per incoraggiarci a proseguire nel nostro cammino verso di Lui. Spesso Egli ci richiama attraverso Maria; ma, talvolta, Gesù stesso ci parla. Tali interventi non sono altro che un incoraggiamento a portare avanti pratiche già conosciute da molto tempo. Il richiamo a digiunare, che Maria rivolge alla nostra generazione, è solo una ripetizione di quanto Gesù ha già detto, e di quanto la Chiesa dei primi tempi ha messo in pratica con grande zelo! Se studiamo il Vecchio Testamento ed esaminiamo nei dettagli le varie situazioni, nelle quali la gente era allora esortata a digiunare, scopriamo quanto la preghiera ed il digiuno potevano recare un cambiamento o un sollievo perfino nelle situazioni più critiche.

LA MADONNA VUOLE RIEDUCARCI

Consideriamo ora il digiuno nel contesto dei nostri tempi. Quando la Madonna ci chiede di recitare il Credo degli Apostoli ogni giorno, sembrerebbe che voglia, in questo modo, dimostrarci che viviamo in una situazione "da non credenti". Ella certamente vuole dirci qualcosa come: "Non basta recitare il Credo; bisogna aderire totalmente a Dio che si è offerto a noi in modo ineffabile nella persona di Gesù Cristo". Questo è il metodo adottato dalla Madonna per istruirci. E interessante notare che, come tutti i buoni maestri, Ella assegna compiti concreti. La sua richiesta è che digiuniamo in accordo con la tradizione della Chiesa. Possiamo, inoltre, constatare quanto Ella abbia una esatta visione della nostra generazione, quasi esclusivamente interessata al denaro, al profitto, all’accumulazione di beni materiali, all’avidità e così via. La Madonna vuole rieducarci. Ma da dove può iniziare?

IL DIGIUNO CI CONDURRA’ AD UNA NUOVA LIBERTA’ DEL CUORE E DELLA MENTE

Per prima cosa, Maria ci chiama alla preghiera: cioè all’unione con Dio, e poi al digiuno: vale a dire alla liberazione del nostro cuore dai bisogni che lo legano alle cose materiali. In questo modo il digiuno ci condurrà ad una nuova libertà del cuore e della mente. Il digiuno è una chiamata alla conversione del nostro corpo. In altre parole, è il processo attraverso il quale diventiamo liberi ed indipendenti dalle cose materiali. Liberandoci dalle cose esteriori, ci liberiano anche dalle passioni che incatenano la nostra vita interiore. Questa nuova libertà farà spazio dentro di noi a nuovi valori. Quindi, il digiuno ci affranca da una certa schiavitù e ci rende liberi di gustare la vera felicità.

UN’ESPERIENZA ATTUALE.

A conferma di quanto detto finora, voglio riportare la testimonianza di un pellegrino di Medjugorje, così come mi è stata resa. "Avevo iniziato a digiunare perché lo facevano mia moglie ed i miei figli; non volevo che mia moglie dovesse cucinare per me solo. All’inizio, non accadde nulla di importante. Sapevo di essere distratto nelle mie preghiere. Ascoltavo la Parola di Dio, ma non provavo alcun miglioramento sensibile e non avevo la sensazione di cambiare sotto la sua influenza. L’ascoltavo e poi mi occupavo dei miei affari, senza che nulla in me cambiasse. Un giorno però sentii la necessità di rivedere il mio modo di pregare. Senz’altro questo mio cambiamento è stato il risultato della riflessione silenziosa che si verificava in me durante il giorno in cui digiunavo. All’inizio, ero in costante lotta con il mio bisogno di mangiare e di bere e finivo per rimandare la preghiera alla mattina successiva. Una volta, accadde qualcosa che mi dimostrò chiaramente l’efficacia della preghiera sostenuta dal digiuno. Per lungo tempo sono stato in cattivi rapporti con mio fratello e mi ero abituato a questa situazione. Non ci rivolgevamo la parola e non mi importava che le nostre mogli e i nostri figli non si conoscessero nemmeno. Circa un anno dopo che avevo cominciato a digiunare mi sono reso conto che quella situazione mi procurava amarezza e mi rendeva inquieto. Continuai a pregare ed a digiunare. Così, una mattina, ho avuto la straordinaria sensazione di essere alleggerito di un peso. Sono andato da mio fratello e ho chiesto perdono. Anche lui era ben disposto nei miei confronti. Che Dio sia ringraziato, perché ora viviamo come due veri fratelli! In questo momento, questa è la cosa più importante per me".  -[Info da Medju] - Gospa -

 

 
 
 
 
 

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LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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