dall’asfalto nasce solo asfalto,
catrame e sangue si mescolano nelle lamiere
le ore si susseguono nell’indifferenza di
chi corre via da se stesso.
tra pozze d’ira funesta dinanzi i semafori e
la meraviglia di un bambino,
che giocava a contare le auto rosse,
un bocciolo sorse dal mare oscuro,
sorse e si dischiuse un bocciolo di rosa.
il secondo giorno non chiuse occhi:
la rosa di tutto si meravigliava,
tutto la appassionava e riempiva di gioia,
amava ogni farfalla, si confidava con le carezze
del giorno, rideva con le fate, e ascoltava
il sussurro dei cuori che le passavano accanto
meravigliati da come tanta bellezza
potesse aver vinto quel mare di catrame.
il vento il terzo giorno soffiò e soffiò
sulla rosa ormai matura, soffiò su quel deserto
nero, ma la rosa resistette,
attaccata alla vita dal flebile gambo.
il quinto giorno i petali cominciarono
ad abbandonarla, sfiniti dal gioco del sole e della luna,
che continuamente s’alternavano ad ammirarla.
il settimo giorno, sentendo la morte vicina,
manifestò il desiderio
di essere colta e donata per amore.
ma era vecchia e logora,
aveva vissuto e amato tanto,
e nessun dio le diede attenzione.
il mattino seguente la Morte,
in veste di rugiada, si posò su quello stelo
ormai sterile, ridestandone la bellezza,
e la colse, donandole l’onore di essere
il primo fiore che la Morte donò
a sua sorella e sua eterna amante,
la Vita
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