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« Persone che non sorridon...Nostra Signora del Mondo... »

Sentire il rumore dell'erba che cresce. Dopo questo, perplesso. Variazione 1

Post n°14 pubblicato il 27 Maggio 2009 da marcalia1
Foto di marcalia1

 

a L.,

il cui sorriso è

un morso che fa male dentro

 

 

  Rotola il silenzio. Scampoli di passioni ormai sopite dicono, fanno, baciano. Desiderio e paura. Batticuore. L’anima beccheggia come la tolda di una grossa nave in tempesta. Lontana. Sguardi, oltre gli spazi. Miraggi. Pioggia. Piovono gocce invisibili sopra i corpi di sabbia. Picchiano sul mio cuore, come sassi, cuore che è un tamburo rotto. Sobbalzi di luci, fredde. Bagliori muti, argentei, sembrano rose di lampi voltaici disegnate nella notte. Mondo svelato in un istante. Brillano gli occhi come costellazioni. La carne trema, cricchiano le ossa, la terra ha il forte odore delle tombe. Marcisci, nera ombra sul fossato.

   Ti spio. La vita ci ha smarriti nel cerchio delle ore. Ti osservo in trasparenza, e il tempo scorre. E’ acqua che sfiora braccia, mani, gambe. Il tempo è acqua lercia che dilava i pensieri. Tu ridi. Tu mi uccidi. Sei follia, orrore. Luce della dimenticanza. Dolore, dolore, dolore. Svanisco. Ecco, ora mi spengo. La tua luce mi sottrae vita dal corpo. Muoio un’altra volta.

   Miratelo un Uomo: mera rimembranza di un dio scellerato, sepolto vivo e all’impiedi. Ora, invece, miratela una Donna: pura idea di come l’Uomo vorrebbe venisse sublimata la propria esistenza. Delusioni. Inganni. Je t’aime, moi non plus. Tu mi uccidi e tu mi fai del bene. Potrò mai dimenticarti? Sarà il tuo sonno tenebra,  il tuo nome sepolcro? Luoghi. Sì, luoghi. Stati della mente. Illusioni. Tutto questo è per gioco. Gioco fatto di corpi, e di idee, e di trascendenza. Gioco viziato dal cuore. Dalla passione.

    Dicono che sia stato io. Mi sa che gli piace scherzare, a quelli. Mi sa proprio che quelli non ci hanno altro a cui pensare, poco ma sicuro. Parole che fendono l’aria come proiettili. Ho le ferite addosso. Grondano sangue dall’anima. Squarci. E non sono mica trasfossi. Le ho prese tutte dentro ‘ste parole, il mio spirito le ha assorbite tutte. Fanno male come morsi, altro che. Ma gli è pure che siamo separati da un abisso, io e quelli. E l’abisso non è null’altro se non la maniera di come siamo stati generati. Foresozzo, becero, villanrifatto, chi mi si è messo contro. Non ho altro da ridire. La vita è troppo grande per restare imprigionata dentro una mente boara. Non esiste criterio per quelli, manco per niente. Ma tant’è, miei ignobili villani, che pur gridando ‘abbasso’, io resto sempre in alto. Senza offesa per voialtri: ne sutor ultra crepidam.

    Il problema è la Persona. E’ un sorriso che strangola il cuore. Ti sgoccia il sangue dalle vene e fai per accorgerti che già nuoti tra le nuvole. Ti senti alleggerito, nonostante tutto. La persona è lei, che abita il mio corpo. Si nutre di carne. Succhia la linfa che circola in me. Mangia un pezzo di me stesso, ladra d’amore, e fugge. Cieca. Lilith che non hai occhi, vergine prigioniera dei crepuscoli  che sorgi luminosa dai miei lombi. Dea malefica. Sei piena del mio spirito, Iside! Non vedi?, scrivo di te, immeritata creatura. Perché l’uomo o impazzisce o scrive versi, ed Orazio, come ben conosci, la sapeva lunga. Ma ora non è più tempo. Le cose che hai lasciato in questa casa, io solo so contarle. Evanescenti oggetti del passato. Rapiti nell’io. Mica parlano. Stanno morendo a poco a poco, come un incubo che sfuma dopo un risveglio osceno. Scaglie di delirio.

    Vorrei un’altra vita, un altro tempo, altre parole. Io non so più riconoscere. Non ho più voce, fiato, volontà. Né conosco felicità, io, se non per un dolore appena cessato. Ma sono nel pieno della crisi, ora. Preso dal vortice, mi accorgo ti stare a vivere dentro un diorama con le immagini slabbrate o nulle. Respiro per branchie, mosso da un alito di dilezione che non è divino. E’ pura sospensione, annullamento, oblio. E’ lei, che non c’è. Beh, mi si dice di guardare avanti, a non voltarmi indietro. D’accordo. Ma quando mi capita di farlo, io so che dietro alle mie spalle ho lasciato un mondo in malora, che si macera in eterna ricerca di se stesso. Quando volgo indietro, quel mondo ritenuto immortale che mi arrideva ha il colore della notte e il mutismo dell’assenza. Allora, torcendomi le mani, baciando cogli occhi il freddo soffio che mi smuove, incomincio a capire, a vedere il mio cuore che soffre e si piega nello strazio.

 

 

 

 

 

 

 

 
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