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UN MITO NEGATIVO DEL XX SECOLO: Adolf Hitler, il Sole Nero del III Reich.

Post n°38 pubblicato il 10 Agosto 2009 da marcalia1
 
Foto di marcalia1

Aveva una concezione magica del mondo e dell'uomo. Voleva cambiare la vita e mescolarla alla morte in altro modo. Preparava la venuta dell'uomo-dio. Ad esso aveva sacrificato tutti i giovani della Germania e offerto ai Superiori Sconosciuti un oceano di sangue umano. Aveva fatto di tutto per conciliarsi la volontà delle Potenze Nere. Era stato il Gran Sacerdote di una nuova religione pagana, aveva letto il destino del suo Paese nel fondo di uno specchio oscuro, lui, l'erede del Graal, il medium del sacro patto tra l'Uomo e il Cosmo, sostituendo la magia dell'Imponderabile alla ragione di Descartes. Oppure forse egli l'aveva solo addormentata, perché il sonno della ragione genera mostri. Ma ciò che di contro avveniva era il fatto che la ragione non era per nulla addormentata, e, anzi, spinta agli estremi, raggiungeva per una via più alta i segreti dello spirito, dei misteri delle energie ctonie, delle armonie universali. Per questo motivo doveva vincere la guerra a tutti i costi: poiché si riteneva il depositario di una dottrina segreta che avrebbe cambiato per sempre il destino delle civiltà. Egli si sentiva la sede di una dominazione diabolica  per la gloria funesta di tutte quelle anime nere del Reich millenario che l'avevano attesa. Ed egli era il nuovo Messia inviato dal Male. Si chiamava Adolf Hitler.

Un gesuita, padre Regimbald, pensava che l'uomo di Braunau avesse steso un patto col diavolo. Pio XII gli fece esorcismi a distanza per cercare di liberarlo dalla presenza del Maligno. Già a Monaco in qualità di nunzio, Pacelli aveva definito Hitler un "invasato egocentrico", un "distruttore capace di calpestare i cadaveri". Aleister Crowley, il sacerdote maledetto del satanismo inglese, soprannominato "La Grande Bestia 666", venne contattato perfino da Churchill affinché potesse eseguire sul Führer una contro-iniziazione quale mago-spia dei servizi segreti britannici. Mira Richard-Alfassa, meglio conosciuta come Mère, fedele amica del mistico indiano Aurobindo Ghosh, riteneva che il compagno invisibile di Hitler fosse un asura, un demone dalla testa fiammeggiante che vive nelle viscere della terra. Del resto, Hitler possedeva tanto di quel senso di "perturbante", dell'unheimlich così come lo spiegava Freud;[1] non a caso, in arabo e in ebraico unheimlich viene tradotto come "demoniaco" e "raccapricciante". Benché per noi figli delle scienze positiviste sia difficile ammettere che Hitler fosse stato dominato da chissà quale potenza occulta e perversa, di controvoglia accetteremmo quindi un qualsiasi processo al nazismo basandoci su ipotesi puramente ritenute esoteriche o magiche. Sta il fatto però che Hitler, osservato sotto la lente dell'irrazionalità, presenta sconvolgenti analogie con le immagini mentali tradizionali di ciò che oggi noi cataloghiamo nella zone d'ombra del «demoniaco».

LUPO: da sempre questo animale è simbolo di forza selvaggia, oscura e pericolosa. È dunque l'avversario principe delle forze della luce, legato agli esseri perfidi e demoniaci. Nella nordica Saga dei Völsungar (ca. 1260), un processo associativo simbolico collega il lupo all'uomo malvagio il quale sarà espulso dalla società e dovrà vagare per le foreste come un animale. Ernst Jünger, nel suo romanzo Sulle scogliere di marmo (1939), che tratta in maniera trasfigurata del nazismo, maschera la figura di Hitler col sinistro personaggio del Forestaro. L'immagine della foresta oscura e pericolosa di cui il lupo è signore indica un altro mondo: quest'animale diviene perciò annunciatore di disgrazie. Ora il nomignolo di Hitler era Wolf, Lupo. Lo sentivano spesso fischiettare il motivo "Chi ha paura del lupo cattivo?". Nel soprannome egli amava scorgere la forma originaria antico-germanica di Adolf (atha, nobile e wulf, lupo) che gli dava l'idea di solitaria superiorità. Il suo Quartier Generale nella Prussia Orientale si chiamava Wolfshanze, tana del Lupo. L'odierna città tedesca in cui si fabbricano le Volkswagen, cioè Wolfsburg (borgo del Lupo), risale il proprio toponimo al soprannome di Hitler. FUOCO: una volta il Führer diede espressione alla propria vena apocalittica parlando in questi termini: "Potremo magari soccombere. Ma trascineremo nel nostro crollo il mondo intero. E che importa se il mondo brucia?". Tutta la vita politica di Hitler, come in una graduale apoteosi demoniaca, è dominata dal fuoco: dall'incendio del Reichstag del 1933, che segna l'inizio della sua ascesa al potere totalitario vero e proprio, fino al fuoco che gli consuma i resti dopo il suicidio (che detiene una chiara funzione apotropaica: ardendo il cadavere ci si libera dalle funeste apparizioni del suo spettro), mentre Berlino è in fiamme. GHIACCIO: Hitler un giorno confidò: "Io mi pongo di fronte a ogni cosa con una mancanza di pregiudizi inaudita, fredda come il ghiaccio".[2] Secondo diverse tradizioni popolari del Medioevo, il mondo infero è fatto di ghiaccio. Certe leggende come De navigatio Sancti Brandani e De Purgatorio Sancti Patricii parlano di fiumi fetidi e freddissimi, di luoghi immondi dal gelo insopportabile, tutti situati nell'aldilà infernale. Nel canto XXXIV della Divina Commedia leggiamo che al fondo del nono cerchio dei traditori, nella quarta zona di Cocito, la Giudecca, v'è Lucifero confitto al centro nella ghiaccia. Stranamente poi Hitler era persuaso dall'idea che il freddo avrebbe indietreggiato dove egli fosse avanzato. Quando il generale Guderian, rischiando la destituzione e forse la morte, corse da Hitler per metterlo al corrente della disastrosa situazione in Russia e chiedergli di dare l'ordine di ritirata, ebbe questa risposta: "Il freddo è affar mio. Attaccate!". SESSO: stupro (aveva cercato di violentare una modella che posava per un ritratto), incesto, abuso di minorenne, istigazione al suicidio. Oggetto morboso di queste perversioni sessuali fu la nipote diciassettenne, Geli Raubal, figlia di Angela, sua sorellastra. Geli risultò essere l'unico, grande amore del Führer, contesto di tabù e di stati d'animo tristanici. Il motivo del suicidio della giovane venne attribuito a certe richieste depravate dello zio, soprattutto quella della coprofagia: lo sterco è infatti la simbolica delle bassezze dell'uomo e del peccato, ma anche laida manifestazione del diavolo. Ecco la fine dei lusingatori nella seconda bolgia dell'ottavo cerchio come viene descritta da Dante (Inferno, XVIII, vv.112-114): "Quivi venimmo; e quindi giù nel fosso vidi gente attuffata in uno sterco che da li uman privadi parea mosso". DEFORMITÀ: a causa della poliomielite Goebbels aveva il piede caprino e zoppicava; inoltre soffriva di rachitismo. Göring era morfinomane, tanto da diventare sessualmente impotente. Lo stesso Hitler si inebetiva con gli psicofarmaci, specie l'antidepressivo Prostacrinum, che assimilava in concomitanza di ben ventotto preparati diversi. I suoi collaboratori più intimi erano caratterizzati da storture psicopatiche: Hermann Hesser era "uno che parla come invasato da un demone, anche se appartenente ad un inferno di rango inferiore"; Julius Streicher, antisemita teppista e pornografico, aveva sudici fantasie di omicidi rituali; Christian Weber girava sempre armato di sferza; Max Amann era ottuso; Emil Maurice era violento nonché alcolizzato. MORTE: Hitler si è ucciso il pomeriggio del 30 aprile 1945. Ora, la notte tra il 30 aprile e il 1° maggio è un momento particolare dell'anno perché è la cosiddetta Notte di Valpurga (Walpurgisnacht): nella superstizione popolare tedesca, risalente comunque ad antichi riti vegetativi, durante tale notte si svolgeva il sabba delle streghe. Infatti, in occasione del ritorno della primavera, l'orgia sabbatica si riuniva sul Brocken, un monte della catena dello Harz, in Sassonia, per adempiere ai suoi malèfici sortilegi ed evocare così i demoni che in tale data dovevano darsi convegno. Condannata dalla Chiesa come momento dedicato alla magia e al culto del diavolo, tuttavia in origine essa era festa di gioia, collegata a Santa Valpurga (sec. VIII-IX), badessa del monastero di Heidenheim. La ritualità della Notte di Valpurga è anche argomento dell'Urfaust di Goethe, nel quale la tregenda assurge a emblema della degradazione dell'umano. SETTE: Hitler rifiutò la tessera numero 555 dell'iscrizione allo NSDAP (già una strana coincidenza: tre cifre uguali in sequenza che precedono immediatamente l'omologa triade numerica detta Sorath, ovvero il 666 che nel libro dell'Apocalisse indica l'Anticristo) pretendendo di esserne membro numero 7. Nelle ricerche alchemiche, per evitare la profanazione dei segreti, il procedimento della Grande Opera veniva articolato in sette fasi ma elaborate in un linguaggio ermetico. Ebbene, per gli alchimisti la dimora del 7 era la Casa del Fuoco, ossia l'inferno e pertanto la dimora di Satana. Essi poi simboleggiavano il regno demoniaco con un triangolo rappresentante il mondo creato che veniva suddiviso in altri quattro minori (fuoco, terra, aria, acqua) la cui somma dava 7, e 7 era il numero che contrassegnava la cella del Landsberg, la prigione in cui Hitler fu rinchiuso dopo il fallito putsch del '23.

Hitler levava il suo pazzesco pensiero agli spazi infiniti ed è morto in un sotterraneo, lui, diavolo avvolto nelle tenebre. E in quel sottosuolo c'era più buio di quanto si possa pensare. Lì sotto stava custodito il nero grimorio della Storia, ad evocare la Magia che spodesta la Ragione: "perché tutto il nazismo è stato uno di quei rari momenti nel processo storico della nostra civiltà in cui si è aperta una porta su un'altra cosa, in modo clamoroso e visibile".[3] E nel XX secolo una civiltà diversa dalla nostra è apparsa in Germania, ad attendere l'Anticristo, lo si creda o meno. Adolf Hitler è stato il fondo di un mistero coabitato nelle idee di una cerchia di occulte intelligenze, che ha portato ad un'inconsapevole cospirazione di forze arcane e demoniache, situate ai limiti del pensabile prettamente umano. Morendo a se stesso e al suo popolo eletto in sacrificio alle Potenze del Difuori, il suo profondo segreto non gli è sopravvissuto. Ma tutti noi abbiamo toccato il fondo oscuro di quel macabro mistero che ancora oggi si chiama Adolf Hitler.

 


[1] Per approfondire questo concetto rimando al capitolo Il perturbante (1919), in appendice a Sigmund Freud, Totem e tabù, Roma, Newton&Compton, 1990.

[2] Per altri l'affermazione è: "Qualsiasi cosa accadrà, il mio cuore resterà di ghiaccio". Cfr. il documentario della RAI La grande storia-I misteri del nazismo 2, a cura di Nicola Caracciolo (con la collaborazione di Giorgio Galli). La frase da me riportata è invece tratta da Joachim C. Fest, Hitler, Milano, BUR, 1991, pag. 465.

[3] Louis Pauwels, Jacques Bergier, Il mattino dei maghi. Introduzione al realismo fantastico, Milano, Mondadori, 2000, pag. 294.

 

 
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