Creato da marcalia1 il 09/05/2008
Riti e miti della devozione popolare

 

I miei link preferiti

 

Area personale

 

Archivio messaggi

 
 << Luglio 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30 31        
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 2
 

Ultime visite al Blog

corrado3020080patrizia17loredanabazzimagnifico.pinafauchonoamodio1940aura66croce_editorefbrevborisrasuragiraluugo.albanoarco20giovannadefaziovibrazioneforte
 

Ultimi commenti

Questo può suonarti strano, lo sai che puoi raggiungere i...
Inviato da: Philip Hudson
il 17/09/2021 alle 21:33
 
Questo può suonarti strano, lo sai che puoi raggiungere i...
Inviato da: Philip Hudson
il 17/09/2021 alle 21:32
 
commento non trovato
Inviato da: ospite
il 20/03/2020 alle 15:07
 
commento non trovato
Inviato da: ospite
il 18/03/2020 alle 15:38
 
commento non trovato
Inviato da: ospite
il 18/03/2020 alle 01:06
 
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

 

« Il mistero dello Spirito...Ch c pozze fa. Una poesi... »

VEGLIA. Un racconto del 1994.

Post n°34 pubblicato il 29 Luglio 2009 da marcalia1

Una mia short-story fantascientifica (meglio: distopica) datata 1994, pubblicata però nel 2000 per i tipi di Prospettiva Editrice ed inclusa nella silloge "Racconti di gioventù". Il titolo originale è "L'ultimo".

 

 

                         VEGLIA

 

                                                                         Speak but speak! Aye, aye!

                                                              Thy silence, then,  that  voices thee.

                                                                                Moby Dick, cap. XXXVI                                                                                                                                            

 

 Stava morendo, ne era certo.

 Da parecchi giorni ormai il volto dell'uomo andava perdendo la sanità d'un tempo e irradiava invece un sinistro bagliore giallastro di morte e i suoi rantoli parevano una insopportabile elegia di sofferenza alla quale Lui non voleva più prendere parte. Se ne andava, proprio così: il-suo-Creatore svaniva nel Grande Nulla, allora.

 Aveva continuato a nevicare durante tutta la notte, spruzzate lunghe ed impalpabili d'aghi ghiacciati e radioattivi che sembravano provenire da molto lontano, forse da occidente: laggiù il cielo si rifondeva in gelidi incastri di pesanti nubi di quasimetallo che minacciavano di esplodere al solo contatto col terreno fatto invece di strati rocciosi fusi ma già solidificati, appena velati da una patina di brume inacidite.

 Eppure, malgrado tutto, Lui seguitava a vegliarlo. Percepiva il suo respiro farsi sempre più debole e il corpo dell'uomo lasciarsi lentamente irrigidire dal freddo, immersi a sessanta gradi sottozero, o più. Provava così una strana sensazione, come di un modo completamente nuovo di cogliere la realtà quasi se fosse solitudine, oppure abbandono, secondo i valori di emotività che facevano parte del suo Programma Vitale.

 Si guardò per un attimo intorno: solo vastissime piane ammantate di bianco che portavano  verso un'unica riga piatta giù, giù fin verso l'orizzonte, privando il terreno della linea di giunzione con l'atmosfera.

 Si sentì vinto, ma fu breve sensazione.

 L'uomo che gli giaceva accanto emise un gemito soffocato e un rivo di liquido rossastro affiorò ad un angolo della bocca insecchita. Tossì quindi pezzetti d'una materia verdastra dai polmoni, disgregazione dell'organismo umano, pensò Lui, l'androide. Fu solamente allora che, mosso da pietà, gli avvicinò alle labbra le mani raccolte a coppa con le quali aveva preso un poco di nevischio sporco alla sua destra.

 E venne di nuovo la notte, senza riparo, ma l'alba trovò l'uomo rigido come un tronco di quercia. Era morto senza più dire una parola, però aveva gli occhi bruciati dallo scoppio di quel pomeriggio quando tutto il mondo osservò crescere nel cielo una luce più splendente del Sole e deflagrare come mille volte il più potente ordigno di tutte le guerre che avessero fino allora concepito.

 Lui si alzò. Prese su il piccolo rilevatore di onde radio ma non ebbe la forza di compiere un solo passo. Si vedeva come un punto oscuro, infinitesimo e costante, che spiccava nella vastità di quella candida pianura. Nulla collimava, la realtà non poteva essere quella eppure Lui, l'androide, ci era avviluppato. La struttura delle cose perdeva la propria consistenza, il mondo era adesso un'ipnosi maledetta dove il freddo e la luce, il buio, e la morte si estrapolavano dalla loro natura e perdevano di significato.

 Girò la testa verso oriente, lì, dove cielo e terra si saldavano a formare una freddissima amniosi eterea di vapori di ammoniaca compressa dentro giganteschi gorghi policromi di idrogeno purissimo. Più sopra, in lontananza, vide puri fuochi di metano baluginare nei substrati ed ogni punto del pianeta spalancarsi in folgori cangianti e lattiginosi di anidride carbonica. I nuclei degli elementi pesanti si erano fusi lasciando sospesi nell'aria enormi ammassi di sostanze radioattive, e i vorticosi magmi di gas attorcigliati in nubi dense obnubilavano il cielo, verniciandolo stranamente in tinte di cobalto.

 Pretese allora per un attimo di studiare l'effimera bellezza di quella visione provando a visualizzare nella sua mente sintetica una ragione più limpida e duratura che mai, per sopravvivere un po' più a lungo. S'incamminò a stento tutto mosso dalla volontà di riuscire a farcela, almeno Lui, ma dovette arrendersi quasi subito. La neve gli raggiungeva ormai le ginocchia e soprattutto si sentiva debole nonostante era cosciente che in fondo era niente più che una macchina, delle più evolute (certo lo sapeva), ma pur sempre l'artificio del suo Creatore. Per questo, si voltò a guardarlo. Ora, dell'uomo, non si delineava che una sagoma orizzontale, coperta da quella raffica di cristalli gelati, che vagamente somigliava all'essere con cui aveva trascorso la brevità della sua esistenza.

 Fu colto dalla disperazione. Si sedette sulla neve freschissima che cedette di alcuni centimetri sotto il suo peso. Aveva partecipato suo malgrado della fine della specie umana, rimuginò, alla quale lui era in debito per la forma del suo corpo e delle sue idee.

 Restò in quella posizione per un tempo indicibile, poi in un attimo si rese conto di essere ancora vivo. Tuttavia, proprio in quel momento, seppe cosa fare.

 Il minuscolo rilevatore di onde radio gracchiò per circa un minuto su una frequenza sconosciuta, forse alla riga 21 centimetri dello spettro, ma Lui non ci fece caso. Guardò per l'ultima volta il mondo esterno, percepì con i sensori gli ultimi impulsi elettrici dell'esistenza del pianeta.

 Poi tutto divenne buio. E fermo.

 Svaniva. Calmo si stava perdendo tra i flutti del suo Spirito, e moriva mentre lontano le fiamme opache dell'astro lo irradiavano nello Spazio, lento e brillante, in piccolissimi frammenti di candida luccicanza.

 Un po' alla volta vedeva l'Abisso infinito, terrificante come un mare di nera luce ma splendente, e sprofondava sotto di esso in una unione perfettamente incommensurabile con l'eterna tenebra del cosmo in cui avrebbe infine perduto se stesso per sempre.

 Se ne andava. Fluitava, solo e grandioso, dentro la materia degli atomi e moriva, distante. Si espandeva, ma ne  era ancora cosciente. Pure bastava soltanto guardare indietro un'altra volta per capire.

 Solo un altro sguardo al Principio.

 Per sapere infine chi realmente egli fosse, cosa era stato, cosa era avvenuto... per dimenticare... dimenticare

...sì, dimenticare...

                                                                               *  *  *

 Settantadue anni più tardi un piccolo e strano uccello del cielo, stridendo, volò sull'abisso ancora aperto; era una sonda automatica alla deriva nell'universo lanciata da qualche sistema extrasolare, forse dalla terza galassia di Andromeda, che riuscì a posarsi su Terra. Qui vi ristette silenziosa ed immobile nel tentativo di captare qualche segnale di natura intelligente ma i suoi delicati contatori al platino si scaricarono senza registrare nulla.

 Dopo sei mesi un tetro frangente di neve bianca si sbatté contro gli orli dei suoi apparecchi ghiacciati; poi, ogni cosa ricadde. 

Ed il gran sudario del mondo tornò a stendersi puro come si stendeva centomila anni fa.

 

 

 

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
La URL per il Trackback di questo messaggio è:
https://blog.libero.it/Rosmarco/trackback.php?msg=7449118

I blog che hanno inviato un Trackback a questo messaggio:
 
Nessun Trackback
 
Commenti al Post:
patrizia17
patrizia17 il 29/07/09 alle 14:47 via WEB
.......non ho parole!!!!!!!!!!!!
(Rispondi)
 
marcalia1
marcalia1 il 29/07/09 alle 14:55 via WEB
Per cosa?
(Rispondi)
patrizia17
patrizia17 il 29/07/09 alle 15:03 via WEB
....dove trova ispirazione questo tuo racconto?
(Rispondi)
 
marcalia1
marcalia1 il 29/07/09 alle 16:20 via WEB
Da un racconto di Fredric Brown, initolato La sentinella, almeno per quanto riguarda il cambio di prospettiva: il "campo" narrativo è ripreso infatti dal punto di vista di un alieno, mentre nel mio di un androide.
(Rispondi)
marcalia1
marcalia1 il 29/07/09 alle 16:44 via WEB
Non solo: vi scorgo anche echi di William Blake ed il finale di Moby Dick, un romanzo epico sullo scontro tra l'uomo e Dio (o anche il Malingno, come sembra attestare il titolo: Dick infatti è il nomignolo anglosassone attribuito al Diavolo).
(Rispondi)
patrizia17
patrizia17 il 30/07/09 alle 13:50 via WEB
"22 DICEMBRE 2012" Scienza o fantascienza??? cosa ne pensi???
(Rispondi)
 
marcalia1
marcalia1 il 30/07/09 alle 14:41 via WEB
Posso dirti che il tempo cronologico è solo una convenzione umana per scandire il fluire dell'esistenza. Di "fine del mondo" preannunciate (e mai verificatesi) sono piene le cronache antiche e medievali: basti pensare ai chiliasti. Non so effettivamente su quale base catastrofica il calendario Maya si affidi. Personalmente mi fa più paura la fine del mondo a piccole dosi, come il terremoto qui da noi in Abruzzo o gli sconvolgimenti climatici su scala planetaria. In altre parole, non mi aspetto granché per quella data fatidica. E seppure fosse, beh, meglio nel 2012 che stasera alle 22:00! Sorrisi, Marco
(Rispondi)
patrizia17
patrizia17 il 30/07/09 alle 14:50 via WEB
...condivido con te il fatto che la fine arriva a piccole dosi, ma è pur vero che le dosi aumentano di anno in anno!!!! ma come dici tu l'importante è che la fine non arrivi prima di questa sera alle 22.00 ma ancor meglio prima delle 18.00!!! a buon intenditore poche parole!!!
(Rispondi)
 
marcalia1
marcalia1 il 30/07/09 alle 15:07 via WEB
Beh, se le 18:00 rappresentano la fine del lavoro quotidiano tanto vale aspettare: così non avrai la scusa per poter dire "mi sono persa la fine del mondo: avevo da fare".
(Rispondi)
patrizia17
patrizia17 il 30/07/09 alle 15:39 via WEB
...non intendevo quello!!!!!! comunque se la pensi così... va bene lo stesso... vuol dire che le 18.00 segnano solo l'ora per rientrare alla mia dolce casina e basta senza alcun intermezzo!!!! ahahahahahahah.....
(Rispondi)
artistictrend
artistictrend il 30/07/09 alle 18:49 via WEB
se posso dire la mia....be il 2012 non ci sarà la fine del mondo,ma l'apertura dei cuori ad una nuova e più grande consapevolezza,tutto ciò che succede intorno a noi,(clima,catastrofi atmosferiche,terremoti,e quant'altro)non sono altro che il risultato del nostro operato,e della nostra capacità di creare e distruggere..."vedi a.bona in il palpito dell'uno"... ;-))
(Rispondi)
 
marcalia1
marcalia1 il 31/07/09 alle 09:35 via WEB
Grazie. Ne prendiamo atto.
(Rispondi)
 
 
rilicenz
rilicenz il 31/07/09 alle 20:37 via WEB
La fine del mondo avverrà solo per chi ha fatto il cattivo, giusto?? Scherzi a parte, la fine del mondo è ora, stravolgimenti climatici, ma anche genetici, l'uomo si sta modificando a piccoli passi, in positivo, ad esempio le nuove generazioni, i ragazzi sono alti e più belli, ma anche multiallergici e grassi. Se questa non è la fine... Ciao Marco buona serata Rita
(Rispondi)
 
 
 
marcalia1
marcalia1 il 31/07/09 alle 22:56 via WEB
Grazie Rita. Ho pensato volessi introdurre una tua filosofia escatologica sul destino karmico. Poi, però, ho visto che come me condividi purtroppo l'idea di una fine del mondo a piccole dosi. Dosi minime, certo, ma che per somma d'esperienza ci stanno scavando la fossa. Un caro abbraccio. Buona serata. Marco
(Rispondi)
Gli Ospiti sono gli utenti non iscritti alla Community di Libero.
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963