Creato da Solo_Vita il 10/08/2006

Angelo Ribelle

La Via Che Conduce All'Inferno E' Lastricata Di Buone Intenzioni? Piacere, Io Sono Il Pavimentatore...

 

 

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Le Petite Princesse

Post n°201 pubblicato il 12 Gennaio 2012 da Solo_Vita

Nella notte immobile della città la piccola stanza, appesa al secondo piano del palazzone popolare, pare una navicella di pescatori che sfida il mare buio di inizio gennaio con la sua lampara pronta ad urlare all'Universo la propria voglia di esistere.
Non  c'è timore nei due cuori che compongono l'equipaggio, non un sussulto per il cielo nero che, fuso col mare, avvolge la materia e neppure per il silenzio sporcato ogni tanto dalle urla sguaiate di qualche avventuriero che cerca di scongiurare il rischio di ritrovarsi tra le mani una pagina bianca alla fine della sua serata di baldoria dal retrogusto amaro del vino da poco prezzo.

Sembra scivolare leggera sulla placida distesa salata col motore che borbotta al minimo la barchetta, direzione acque aperte, mentre all'interno della piccola cabina una lanterna ad olio delimita i confini del mondo necessario ai due occupanti. Al posto dell'orizzonte pannelli di legno consunto dal tempo, metallo mangiato dalla salsedine, vetro che si affaccia a prua, una coperta di lana pressata sopra una grossa asse di legno che diventa un provvidenziale giaciglio per due.

Non serve altro. Non un spiegazione. Non una bottiglia di champagne, nè una porzione di cibo prelibato. Niente.

Il calore della pelle, il suo profumo, mani che carezzano un corpo sino a che il sonno ruba i sensi, per poi riprendere dall'ultimo millimetro non appena Morfeo allenta la presa.
Il gioco degli amanti, un chiaroscuro senza neppure una pennellata fuori posto, ritmato da respiri cadenzati che ora si interrompono paralizzati dell'emozione che brucia le vene, ora accelerano facendo leva sulla passione che travolge.

E' dolce improvvisarsi ladri gentiluomini per sottrarre tempo al sonno e donarlo alla cura dell'altra anima, perdendosi ora occhi negli occhi viola, ora nel gusto sapido dell'epidermide, ora nel cercare di imparare a leggere col tatto la schiena inarcata. Perchè qualcosa ci deve essere scritto su quella pelle se ad ogni passaggio nuove emozioni scuotono il cuore, stringono lo stomaco, fanno traballare il fiato.

Notti di parole che rimangono impigliate sulla punta della lingua, eppure urlate con sguardi dritti che non lasciano scampo ad equivoci, mentre l'oscurità gioca la parte della complice -ammiccante, fredda, altera, insospettabile, meravigliosa- ed attende fuori col motore acceso ed il mondo assopito e con gli occhi stropicciati stretto in pugno.

Notti, altra metà del cielo di giornate assolate che a volte paiono quasi superflue, noiose, indesiderate. Negativi di fotografie che attraggono in camera oscura come nient'altro i cuori di coloro che non resistono al fascino di provare ad immortalare l'esistenza.
Lampi di vita che squarciano il mare dell'esistere come navi di pescatori coraggiosi ed un pò folli.

Impensabile una vita senza qualcosa che scuote e ti ricorda di essere vivo.
Folle una traversata che non conduca verso quegli occhi. I suoi.

Buona fortuna.

"Quello che ci attende dietro ad ogni pagina rimane qualcosa di misterioso ed imprevedibile. Alla coscienza di ognuno spetta determinare se si tratti di condanna o privilegio, resistendo nel frattempo al caldo del sole di luglio e all'erba gelata della mattine d'inverno che rendono la terra dura e compatta come la corazza che a volte sarebbe bello poter indossare per rendersi impermeabili ad ogni emozione.
Cercando una risposta, nel frattempo continuiamo. Un passo dietro l'altro.
Innamorati cronici di quel cuore non nostro che ci pompa la vita nelle vene."

 
 
 
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INFERNO, CANTO V, VV. 127-138

Noi leggiavamo un giorno per diletto

di Lanciallotto, come amor lo strinse:

soli eravamo e sanza alcun sospetto.

Per più fïate li occhi ci sospinse

quella lettura, e scolorocci il viso;

ma solo un punto fu quel che ci vinse.

Quando leggemmo il disiato riso

esser baciato da cotanto amante,

questi, che mai da me non fia diviso,

la bocca mi baciò tutto tremante.

Galeotto fu il libro e chi lo scrisse:

quel giorno più non vi leggemmo avante.

 

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