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Angelo Ribelle

La Via Che Conduce All'Inferno E' Lastricata Di Buone Intenzioni? Piacere, Io Sono Il Pavimentatore...

 

 

« Senza ParoleLa pioggia gialla »

Novembre

Post n°215 pubblicato il 09 Novembre 2014 da Solo_Vita

Novembre capriccioso questo.
Pare uno di quei bimbetti imbronciati, che ti fissano i piedi mentre hanno la bocca e le mani sporche di marmellata, incapaci di guardarti negli occhi mentre gongolano consapevoli della loro marachella.

Sa di averla combinata grossa, eppure ti sbatte in faccia la leggerezza dell'aria di una primavera marocchina duemilacinquecento chilometri più a nord, coi prati ancora in fiore, i grilli che cantano, le serate che indugiano ad oltranza all'aperto nonostante la notte alta. Come fai a volergli male?

E noi a non capirci più niente. Bussole smagnetizzate, naviganti senza stelle, gps senza satelliti.

Butto giù tutto d'un fiato un bicchiere di palinka, mentre la ragazza al bancone guarda compiaciuta questo italiano che sembra aver già appreso i riti della terra magiara. Pare una bambola di porcellana, con quei lineamenti sottili, la pelle chiarissima, gli occhi di ghiaccio ed il viso gentile incorniciato da capelli color del grano. Mi gira la testa e non so di chi sia la colpa. Poi realizzo. Biascico col mio inglese stentato che gradisco un altro giro di liquore.
Ho ancora sulla pelle la sensazione dei goccioloni gelidi di un nubifragio che ha messo in ginocchio Roma, bloccando i boeing in fase di rullaggio e le auto incolonnate sul Grande Raccordo Anulare.

Ma adesso sono qui.

Ho preso un vecchio tram scalcinato, il numero due, per poi scendere in riva al Fiume. Budapest è bellissima in questa notte sospesa, sarebbe folle perdere un momento così sacro.
E' colpa sua se ho una vertigine: delle sue guglie, dei suoi merli, delle sue mura, di quel cemento gettato senza ritegno negli anni in cui l'Occidente finiva a Berlino. E forse anche di quel castello lassù in alto, col Re Mattia Corvino a presidiare la notte incorniciata dalle luminarie.
Anticamera di un oriente che preme ad est, eppure così mitteleuropea nel suo austroungarico rigore.
E' un sognatore coi piedi piantati per terra, con le sue mille statue di bronzo a celebrare condottieri dalle espressioni fiere e i mustacchi foltissimi. Ogni angolo racconta una storia, ogni pietra sembra saperti narrare che cosa fosse quel luogo capace di attraversare mille vicissitudini: imperi, assolutismi, democrazia tenuta in vita col polmone d'acciaio, sino ad arrivare a questi tempi sgangherati come le Trabant che ancora girano col lo scarico fumoso come la verità sui tempi della cortina di ferro.

Più in là il Danubio che si distende è un enorme gigante voluttuoso . E' impressionante vedere navi portacontainer che lo solcano intimorite, consapevoli del rispetto che merita quella limacciosa autostrada senza polvere, quasi tremila chilometri che partono dalla Germania ed arrivano sino al Mar Nero. Pazzesco.
Ormeggiata sulla sponda vicino al Parlamento un'enorme nave da crociera: è quasi inquietante vedere un natante del genere su un fiume. E' un'imbarcazione diversa da quelle che solcano i mari: la sua forma si estende per lunghezza, con le cabine distribuite lungo i fianchi che hanno la parete esterna a vetri che permette di osservare fuori. E a me dentro: le luci all'interno proiettano verso l'esterno sagome di attempati signori come ombre cinesi. Le seguo per un pò, intromettendomi per alcuni istanti nelle vite di ricchi  austriaci che, annoiati, solcano il fiume da Vienna sino a qua per poi tornare indietro in compagnia delle loro amanti.

Orfani di un'estate mai nata ci aggrappiamo a queste folate di aria tiepida come naufraghi ad un pezzo di relitto, disperati eppure lucidi, consapevoli ed increduli del fatto che sia l'unica occasione che si presenterà per scaldarci dentro. Neppure avessimo oltrepassato di corsa i leoni di pietra all'imbocco dal Ponte delle Catene per poi cadere direttamente dentro al fiume in piena.
Ogni tanto un violento temporale a ricordarci che siamo sul filo, tutti noi pronti a dire -stavolta è finita sul serio-, salvo poi stupirsi del ritorno di questo anomalo calore.

Inutile chiedersi quanto durerà, nessuno può saperlo. Siamo sempre tutti troppo proiettati a cercare di interpretare il futuro e rimuginare nel passato, piuttosto che vivere questo presente traballante e meraviglioso.

Buttati, la primavera dell'anima non conosce stagioni. E se cadi pazienza, il pavimento rimane alla stessa altezza per tutti, straordinario esempio di democrazia.  Nel tuo rassicurante Occidente come in questo limbo chiamato Budapest.

Buona fortuna.

 
 
 
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INFERNO, CANTO V, VV. 127-138

Noi leggiavamo un giorno per diletto

di Lanciallotto, come amor lo strinse:

soli eravamo e sanza alcun sospetto.

Per più fïate li occhi ci sospinse

quella lettura, e scolorocci il viso;

ma solo un punto fu quel che ci vinse.

Quando leggemmo il disiato riso

esser baciato da cotanto amante,

questi, che mai da me non fia diviso,

la bocca mi baciò tutto tremante.

Galeotto fu il libro e chi lo scrisse:

quel giorno più non vi leggemmo avante.

 

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