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Angelo Ribelle

La Via Che Conduce All'Inferno E' Lastricata Di Buone Intenzioni? Piacere, Io Sono Il Pavimentatore...

 

 

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La Rondine

Post n°187 pubblicato il 27 Maggio 2010 da Solo_Vita
 

Cade la pioggia sul piccolo cimitero di campagna.

Grandi goccioloni freddi impattano col marmo chiaro dei sepolcri, coi petali vellutati delle rose rosse che giacciono sulle tombe degli amanti, bagnano senza premura la ghiaia dei vialetti. Sembrano lacrime quando si distendono sul vetro che protegge le foto dei trapassati, sembrano soffrire e consumarsi mentre si allugano sino a diventare un rivolo sempre più sottile ed inconsistente mentre percorrono l'immagine, quasi fossero la carezza sofferta di una madre premurosa.
Colpisce il cielo nero, tanto che sembra debba farsi notte da un istante all'altro nonostante siano le tre di pomeriggio di un giorno sul finire di maggio, mentre l'aria è inquieta, elettrica, carica di energia.
La senti mentre inspiri a fondo riempiendo i polmoni che si espandono sino a dilatarsi al massimo della loro capacità.

Nel frattempo, intorno al muretto tirato su a secco che delimita il piccolo camposanto, la natura esplode con tutta la sua violenza.
L'erba è di un verde intenso, profumata e rigogliosa. Qua e là piccoli fiori gialli rompono la tinta monocroma, minacciata più in là anche da ciuffi di violette che sembrano sospese sul nulla tanto il loro stelo è sottile.


E' anche così che si combatte l'eterna battaglia tra la vita e la morte, tra il giorno e la notte, tra la terra che ingoia i cadaveri e quella che coccola e alleva i suoi fiori, le sue piante, i suoi dolci frutti che diverranno cibo per i bimbi, cuccioli di uomo.

Pare incredibile pensare che tutto questo sia opera della stessa Mano, tanto che persino il Vecchio seduto al riparo della piccola tettoia che fa da rimessa interna al cimitero non riesce a cogliere il senso del tutto, nonostante gli oltre ottant'anni d'esperienza su questo piccolo pianeta verde e blu.

Si pone domande, da sempre, trovando soltanto rare volte le risposte che cerca.

Trascorre qui gran parte delle sue giornate il Vecchio, lo fa da quando il cuore del grande amore della sua vita ha smesso di battere, in una sera di maggio che poteva essere stasera tanto il tempo era brutto e scuro.

Da quel momento non s'è mai scatenato un temporale senza che lui fosse qui, accanto a Lei, a confortarla lucidando la lapide con quel vecchio panno di camoscio che porta sempre con sè.

L'amore si palesa anche così, con gli occhi che fissano una foto scattata durante una vacanza lontana ma che vedono oltre: una vita assieme, fatta di gestualità, di piccoli riti, di coccole e litigi. Anni fatti di giorni che visti da questo presente, sembrano fatti con uno stampo forgiato nelle fonderie della felicità...ecco il solito potere di obliare il male della mente umana. -Rimozione- la chiamano i dottori, per fortuna che esiste.

Non distante da qui la pioggia continua a cadere.
Tamburella forte sul tetto della vecchia fiat Punto, mentre l'audiocassetta inserita nel mangianastri propone vecchi successi di quasi trent'anni fa. I favolosi anni ottanta.

Marta non era ancora nata allora, ma le labbra che la baciano per la prima volta si.

Lo fanno con un misto di decisione e dolcezza, un qualcosa di totalmente irresistibile per chi come lei desiderava senza sperare, perchè certi momenti mal si addicono ad una ventenne di buona famiglia e coi capelli color del sole come lei.

E' strano sentire stavolta la punta della lingua che cerca la sua, per poi accarezzarla, tormentarla. E' un'emozione diversa.

Sente scivolare le mani affusolate lungo le gambe nude, nervose, toniche. Trattiene il respiro mentre s'insinuano gentili sotto la gonna marrone a coste, incapace di proteggerla da una sensualità che esplode in tutta la sua violenza.

Si sente rimbalzata tra un girone infernale ed un cerchio di paradiso mentre la punta delle dita inizia a sciogliere il suo desiderio, con un incedere che istante dopo istante si fa più deciso ed avido di piacere. Sempre più profondo. Sino all'esplosione coincidente con l'arrivo della bocca, proprio lì.

L'aria all'interno dell'abitacolo è satura di fumo di sigaretta che ha accompagnato le mille parole precedenti al primo bacio ed inumidita dai gemiti che si fanno sempre meno celati, con l'imbarazzo che mano a mano si dissolve. Prendono la forma della condensa sui vetri, che pare voler nascondere agli occhi del mondo la prima volta in cui Marta si lascia baciare e toccare da un'altra donna. La prima volta che gode senza vergognarsi di non essere compresa.

E la vita scorre, quattrocento metri oltre il cimitero, nel piccolo boschetto di querce.

Neppure Marta riesce a trovare le risposte che cerca, ma si fa bastare gli occhi profondi della sua insegnante di piano, con quelle mani affusolate che suonano una dolcissima, perversa melodia che ha avuto il suo preludio nelle lunghe serate invernali passate ad apprendere i rudimenti della musica davanti al caminetto di casa. La vita va.

Per Marco invece non è la prima volta.

Le grandi gocce di pioggia si mescolano a quelle del suo sudore freddo, col kway incapace di proteggerlo adeguatamente dalla furia della natura.

Poco gli importa però, mentre abbandona poco distante da dove è seduto adesso il suo vecchio motorino, un Piaggio -Ciao- comprato coi risparmi del padre talmente tanti anni fa che gli sembra di ricordare la vita vissuta da un altro.

Tituba Marco, lo fa per un istante ogni volta che ha scaldato sul cucchiano la soluzione che si inietta da ormai quasi dieci anni.

In quell'istante di indecisione si dice che dovrebbe smettere, che sarà veramente l'ultima volta, che tanto lui può vivere anche senza. Già, per uno che ha perso tutti gli affetti cosa sarà mai vivere senza eroina?

Passata quella manciata di secondi, aspira con la vecchia siringa il composto e dopo aver accarezzato, quasi coccolato, la grossa vena che ha sul braccio sinistro inserisce l'ago e preme sul tampone. Dolcemente, come in un bacio, come nella carezza nei confronti di una lapide.

Ancora una volta è questione di attimi, la siringa che esce, la testa che si fa leggera, il mondo che torna a colori.

Non ha domande Marco, nè tantomeno risposte mentre tutte le sensazioni di quest'universo gli entrano dentro, lo attraversano, ci fanno l'amore, lo scopano. Ora vede il vecchio sotto la tettoia, vede Marta piangere dopo il piacere, vede l'erba del prato maltrattata dal vento che s'è improvvisamente fatto fortissimo.

Vede tutto, sente tutto, è come una vela in balìa delle correnti impazzite e capricciose di primavera. Come una falena il cui mondo coincide con quel vecchio neon penzolante dal soffitto.

Non vede più niente Marco ora, il respiro si fa affannoso, gli sembra di dover inspirare cemento liquido da quanto è difficile.

Meglio trattenerlo allora, è tutto così istintivo e leggero mentre i contorni di questo mondo di merda si fanno sfuocati ed indefiniti. E' bellissimo, vorrebbe prolungare all'infinito la sensazione di essere felice, di essere bello, di essere Dio...e lo fa.

Ora tutto è chiaro, dall'alto, mentre sul mondo laggiù ha smesso di piovere, il Vecchio è tornato a casa e la Punto è ripartita verso la "zona bene" della città.

La solita, quieta normalità si sta riappropriando della situazione. Chissà come fa ogni volta ad aver voglia di avvolgere nuovamente questo folle e stanco mondo.

Che sia colpa della bellezza nella quale -dicono- siamo immersi? Pensare che a me spesso sembra solo merda.

Quante domande, nessuna risposta.


Buona fortuna.

 

 

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INFERNO, CANTO V, VV. 127-138

Noi leggiavamo un giorno per diletto

di Lanciallotto, come amor lo strinse:

soli eravamo e sanza alcun sospetto.

Per più fïate li occhi ci sospinse

quella lettura, e scolorocci il viso;

ma solo un punto fu quel che ci vinse.

Quando leggemmo il disiato riso

esser baciato da cotanto amante,

questi, che mai da me non fia diviso,

la bocca mi baciò tutto tremante.

Galeotto fu il libro e chi lo scrisse:

quel giorno più non vi leggemmo avante.

 

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