Angelo Ribelle
La Via Che Conduce All'Inferno E' Lastricata Di Buone Intenzioni? Piacere, Io Sono Il Pavimentatore...
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Un soffio di brezza leggera agita il foglio denso di parole scritte con la penna buona, sul tavolinetto dello studio.
Porte e finestre serrate, eppure da qualche parte giunge quest'alito in grado di destare dal sonno della ragione quell'istinto che sembrava essere stato definitivamente sopito.
Le parole sussultano, come l'indice dell'uomo nella Cappella Sistina, incerte se scoppiare fragorose nell'aere gelido come un sepolcro o serbare ancora le loro energie per chissà chi, chissà quando.
Provano ad esplodere, ma gli occhi del giovane sono distanti, persi, imbambolati.
Fissano una porzione scrostata di muro, venuta alla luce dopo che un vecchio dipinto ad olio si è fracassato a terra qualche giorno fa senza alcun segnale premonitore.
Rappresentava una scena bucolica, due giovani in mezzo ad un prato che banchettavano con aria spensierata, mentre non distante scorreva placido il fiume. Tutt'intorno pace, tranquillità, un'infinita linea orizzontale che attraverso lo spazio da sinistra a destra, senza sorpresa alcuna.
Giorni, mesi, anni da bambino ad immaginare chi fossero, se attendessero qualcuno, cosa contenesse il loro cestino di vimini.
Giorni, mesi, anni da adolescente turbato a pensarle in pose oscene, scoprendo di fronte a quel dipinto da quattro lire quanto il diventare uomo potesse essere una forza incontrollata in grado di stringerti di colpo un nodo alla gola, rendendoti improvvisamente il corpo smanioso e la mente rigida.
Ora invece nessuna emozione, il palmo delle mani appoggiato sui braccioli della poltrona di pelle e la schiena perfettamente infossata nello schienale. Fuori un'alternanza indistinta di soli e lune senza alcuna capacità di scalfire la tana.
Poi un altro soffio di brezza, gridano le parole, impossibile non compiere una faticosissima deviazione degli occhi verso la carta da lettere porosa pregna di inchiostro blu.
<Quando hai mal di stomaco, quando preferiresti rimanere chiuso fuori dal mondo che festeggia, quando le stelle sembrano girarti contro e quando invece hanno preso una cotta per te.
Cercami, tra gli occhi della folla, nel silenzio della tua anima, nel sogno che sembrava realtà.
Non abbandonarmi, ti prego. Dammi una ragione di vita.
Io, che senso potrei mai avere, senza qualcuno che crede in me?>>
Una scarica elettrica attraversa i muscoli. Il battito accelera. Il diaframma stira forte i polmoni.
Il cervello si attiva per calcolare il percorso da fare per giungere alla porta ed aprirla. Tornare al mondo, tornarci ora.
Infine un terzo soffio di brezza si distende nella stanza. E' un sospiro, un gemito, un'imprecazione che svuota la cassa toracica: un nome di donna rimane biascicato a mezz'aria, giusto un istante prima che tutto torni nella perfetta, totale immobilità di qualche minuto prima.
Non ha molto senso l'amore, senza qualcuno che riesca a scandirne chiaramente il nome.
Buona fortuna.
"Notti fredde e silenziose: esplorate.
Schiene madide di sudore: sfiorate.
Occhi lucidi e speranzosi: ingannati.
Limiti di velocità: superati.
Buonsenso: cacciato via a calci in culo.
Leggi della fisica: umiliate.
Dignità: rimasta impigliata al cartello indicante il passaggio di provincia su una strada che corre verso il mare.
Sogni: assenti.
Sapori: non pervenuti.
Parole: finite.
Ritratto di un guerriero che c'era, poi è sparito e non si sa dove sia. Vivo, morto, sospeso tra cielo e terra, nessuno lo sa.
Ricordi di una vita che fletteva al vento come una spiga di grano maturo tenuta a penzoloni sulle labbra, appena poco sopra una terra feconda e profumata.
Improvvisi, laceranti, avvisi ricodano intensi attimi."
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INFERNO, CANTO V, VV. 127-138
Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lanciallotto, come amor lo strinse:
soli eravamo e sanza alcun sospetto.
Per più fïate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disiato riso
esser baciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi baciò tutto tremante.
Galeotto fu il libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante.
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