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SARCHIAPONICON

osservazioni "politicamente" scorrette

 

 

« SCUSE AL VATICANO PER L...Garantismo svenduto »

sulle "scuse" per l'Unità d'Italia...

Post n°61 pubblicato il 13 Gennaio 2011 da Gianpiero69

Vorrei chiedere al lettore che non lo avesse già fatto di leggere il post precedente prima di questo.

Desidero precisare, a beneficio di chi si interessi a questa amichevole "disputa", che non è in discussione se l'unità d'Italia sia un valore.
La "materia del contendere" è, piuttosto, come è nata l'Italia.
Secondo il mio modestissimo parere le celebrazioni dell’unità d’Italia sono caratterizzate da una eccessiva dose di retorica.

Con ciò, lo ripeto per i maliziosi, non intendo dire che l’unità d’Italia non sia un valore, anzi.

Credo, tuttavia, che un popolo che non conosce la propria storia non possa neanche avere una vera coscienza della propria identità e quindi, della propria "missione".

La vulgata storiografica alla quale siamo abitati vede il risorgimento italiano nel segno del progresso, le espressioni suadenti che da decenni vanno di moda per definire quel periodo storico sono: moralità, costituzione, libertà, lotta all’oscurantismo e al dogmatismo, libera Chiesa in libero stato.
Ma non fu così; ed è proprio questo che sto cercando di dimostrare.
Grazie, Gianpiero.

 

Ecco la mia risposta....

Caro collega sarchiapone, tutto qui?
Solo qualche slogan?
Anche questo post è breve ma molto articolato.
Rispondo evidenziando quello che hai scritto tu in corsivo per distinguerlo dalle mie risposte.
 

Sapevo di accendere la miccia di una “santabarbara” .. e quindi chiedo scusa agli amici sarchiaponi se sto (giuro, momentaneamente) monopolizzando il blog su questi argomenti. Confesso che “il duello” con Giampiero l’avevo ipotizzato da tempo, leggendo il suo blog “Insorgente” .. e naturalmente ho fatto abbondante scorta di “munizioni” …

Nessun problema, il confronto è ricchezza, ma le munizioni che hai messo da parte sono un tantino “spuntate”…. ;-)

 

È tutto un fiorire di “revisionismo” di marca catto-integralista e sanfedista. (absit invidia verbo)

E’ troppo semplice etichettare di integralismo le verià scomode.

Anche questa è una forma di integralismo.

E’ la verità storica e non le opinioni di parte che stiamo cercando?

Se la risposta è si dobbiamo aver la serenità di guardare i fatti e questi soltanto, possibilmente citando le fonti delle nostre informazioni.

A chi, come te, si definisce massone può non far piacere che chi lo ha preceduto possa aver commesso dei delitti come a me, che mi definisco cattolico, non fa piacere ricordare i delitti dei cristiani che mi hanno preceduto, quando ci siano stati davvero.

Ma se questi delitti ci sono stati, l’atteggiamento non può essere di nasconderli tacciando gli altri di integralismo.

Detto questo, devo precisare che la Professoressa Angela Pellicciari è una dei massimi esperti di storia del  risorgimento ed ha scritto sull’argomento moltissimi libri.

L’hai definita  “beffardamente illustre  “storica” scrivendo la parola tra le virgolette, ma con ciò  non hai confutato le sue argomentazioni.

Puoi sempre farlo se vuoi, sono interessato.

 

“Requisire i beni della Chiesa non era una novità”  

Allora? Un furto ne giustifica altri?

Se è per questo avevano iniziato i barbari e non per niente li chiamiamo così.

 

 “per almeno dieci secoli tutte le guerre del mondo occidentale da Carlomagno alle Crociate, da Lepanto a Napoleone … e le alabarde dei conquistadores ..”

Stiamo parlando del risorgimento. Le munizioni sono già finite?

Sviluppare ognuna delle materie che hai citato richiede un tempo adeguato.

Se desideriamo che chi legge possa capire, scegliamo un argomento alla volta ed esponiamolo ognuno con le proprie informazioni citando le fonti.

Poi i lettori giudicheranno, argomento per argomento.

 

“… Siamo proprio sicuri di dovere delle scuse al PapaRe ?”

Più che al Beato Pio IX, che ora si gode il Paradiso, scuse ai meridionali ed ai cattolici di ogni dove.

Ed il motivo di queste scuse puoi leggerlo qui, di seguito.

 

La parola alla storia:

 

 

“Gli oltraggi subiti dalle popolazioni meridionali sono incommensurabili. Sono convinto di non aver fatto male, nonostante ciò non rifarei oggi la via dell’Italia Meridionale, temendo di esser preso a sassate, essendo colà cagionato solo squallore e suscitato solo odio”

GIUSEPPE GARIBALDI

 

“Come ha potuto solo per un momento uno spirito fine come il tuo, credere che noi vogliamo che il Re di Napoli conceda la Costituzione. Quello che noi vogliamo e che faremo è impadronirsi dei suoi Stati”

CAVOUR all’ambasciatore Ruggero Gabaleone

 

“I Borboni non commisero in cento anni, gli orrori e gli errori che hanno commesso gli agenti di Sua Maestà in un anno"

NAPOLEONE III  in una lettera a Vittorio Emanuele II del 1861


“Lo stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l'Italia meridionale e le isole, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono d'infamare col marchio di briganti “

ANTONIO GRAMSCI

“Se dall’unità d’Italia, il Mezzogiorno è stato rovinato, Napoli è stata addirittura assassinata. E’ caduta in una crisi che ha tolto il pane a migliaia e migliaia di persone “

GAETANO SALVEMINI


“Si è vero, noi settentrionali abbiamo contribuito qualcosa di meno ed abbiamo profittato qualcosa di più delle spese fatte dallo Stato italiano, peccammo di egoismo quando il settentrione riuscì a cingere di una forte barriera doganale il territorio ed ad assicurare così alle proprie industrie il monopolio del mercato meridionale"

LUIGI EINAUDI

“La guerra contro il brigantaggio, insorto contro lo Stato unitario, costò più morti di tutti quelli del Risorgimento. Abbiamo sempre vissuto si dei falsi: il falso del Risorgimento che assomiglia ben poco a quello che ci fanno studiare a scuola"

INDRO MONTANELLI

 

“Pare non bastino sessanta battaglioni per tenere il Regno. Ma, si diranno, e il suffraggio universale? Io non so niente di suffraggio, so che al di qua del Tronto non ci vogliono sessanta battaglioni e di là si. Si deve dunque aver commesso qualche errore; si deve quindi o cambiar principi o cambiar atti e trovar modo di sapere dai napoletani, una buona volta, se ci vogliono si o no. Agli italiani che, rimanendo italiani, non vogliono unirsi a noi, non abbiamo diritto di dare archibugiate"

MASSIMO D’AZELIO

“Sento il debito di protestare contro questo sistema. Ciò che è chiamata unità italiana deve principalmente la sua esistenza alla protezione e all’aiuto morale dell’Inghilterra, deve più a questa che a Garibaldi, che non agli eserciti stessi vittoriosi della Francia, e però, in nome dell’Inghilterra, denuncio tali barbarie atrocità, e protesto contro l’egidia della libera Inghilterra così prostituita"

LORD LENNOX, parlamentare inglese, 1863

“…Prima di occuparci della mafia del periodo che va dall’unificazione del Regno d’Italia alla prima guerra mondiale e all’avvento del fascismo, dobbiamo brevemente, ma necessariamente premettere che essa come associazione e con tale denominazione, prima dell’unificazione non era mai esistita, in Sicilia. La mafia nasce e si sviluppa subito dopo l’unificazione del Regno d’Italia”

ROCCO CHINNICI

“Il 1860 trovò questo popolo del 1859, vestito, calzato, industrie, con riserve economiche. Il contadino possedeva una moneta e vendeva animali; corrispondeva esattamente gli affitti; con poco alimentava la famiglia, tutti, in propria condizione, vivevano contenti del proprio stato materiale. Adesso è l’opposto. La pubblica istruzione era fino al 1859 gratuita; cattedre letterarie e scientifiche in tutte le città principali di ogni provincia. Adesso veruna cattedra scientifica. Nobili e plebei, ricchi e poveri, qui tutti aspirano, meno qualche onorevole eccezione, ad una prossima restaurazione borbonica"

CONTE ALESSANDRO BIANCO DI SAINT-JOROZ

 

“Sorsero bande armate, che fan la guerra per la causa della legittimità; guerra di buon diritto perché si fa contro un oppressore che viene gratuitamente a metterci una catena di servaggio. I piemontesi incendiarono non una, non cento case, ma interi paesi, lasciando migliaia di famiglie nell’orrore e nella desolazione; fucilarono impunemente chiunque venne nelle loro mani, non risparmiando vecchi e fanciulli"  

GIACINTO DE SIVO

“Intere famiglie veggonsi accattar l’elemosina; diminuito, anzi annullato il commercio; serrati i privati opifici. E frattanto tutto si fa venir dal Piemonte, persino le cassette della posta, la carta per gli uffici e le pubbliche amministrazioni. Non vi ha faccenda nella quale un onest’ uomo possa buscarsi alcun ducato che non si chiami un piemontese a sbrigarla. Ai mercanti del Piemonte si danno le forniture più lucrose: burocrati del Piemonte occupano tutti i pubblici uffizi, gente spesso ben più corrotta degli antichi burocrati napoletani. Anche a fabricar le ferrovie si mandano operai piemontesi i quali oltraggiosamente pagansi il doppio dei napoletani. A facchin della dogana, a camerieri a birri, vengono uomini del Piemonte. Questa è invasione non unione, non annessione! Questo è voler sfruttare la nostra terra di conquista. Il governo di Piemonte vuole trattare le province meridionali come il Cortez ed il Pizzarro facevano nel Perù e nel Messico, come gli inglesi nel regno del Bengala".

FRANCESCO PROTO CARAFA, Duca di Maddaloni -

“Nel secolo precedente, il Meridioned’Italia rappresentò un vero e proprio eden per tanti svizzeri, che vi emigrarono, spinti soprattutto da ragioni economiche, oltre che dalla bellezza dei luoghi e della qualità della vita. Luogo di principale attrazione Napoli, verso cui, ad ondate, tanti svizzeri, soprattutto svizzeri tedeschi di tutte le estrazioni sociali, emigrarono, con diversi obiettivi personali. Verso la metà dell’Ottocento, nella capitale del Regno delle Due Sicilie quella svizzera era tra le più numerose comunità estere “

CLAUDE DUVOISIN, Console svizzero, 2006

 

“Desidero sapere in base a quale principio discutiamo sulle condizioni della Polonia e non ci è permesso discutere su quelle del Meridione italiano. E’ vero che in un paese gli insorti sono chiamati briganti e nell’altro patrioti, ma non ho appreso in questo dibattito alcun’altra differenza tra i due movimenti "

BENJAMIN DISRAELI

“Potete chiamarli briganti ma combattono sotto la loro bandiera nazionale. Potete chiamarli briganti ma i padri di quei briganti hanno riportato due volte i Borboni sul trono di Napoli. E’ possibile, come il mal governo vuol far credere, che 1500 uomini comandati da due o tre vagabondi tengano testa ad un esercito regolare di 120 mila uomini? Ho visto una città di 5 mila abitanti completamente rasa al suolo e non dai briganti. “

GIUSEPPE FERRARI

 “L’unità d’Italia è stata purtroppo la nostra rovina economica. Noi eravamo, nel 1860, in floridissime condizioni per un risveglio economico sano e profittevole. L’ unità ci ha perduti. E come se questo non bastasse, è provato, contrariamente all’opinione di tutti, che lo stato italiano profonde i suoi benefici finanziari nelle province settentrionali in misura ben maggiore che in quelle meridionali “

GIUSTINO FORTUNATO

“Non vi può essere storia più iniqua di quella dei piemontesi nell’occupazione dell’Italia Meridionale. In quel luogo di pace, di prosperità, di contento generale che si erano promessi e proclamati come conseguenza certa dell’unità d’Italia, non si ha altro di effettivo che la stampa imbavagliata, le prigioni ripiene, le nazionalità schiacciate ed una sognata unione che in realtà è uno scherno, una burla, un impostura"

MCGUIRE deputato scozzese, 1863

“Tra le osservazioni fatte sui disordini del Reame di Napoli, si accenna alla differenza che fanno oggi i rivoluzionari fra polacchi e napoletani, chiamando questi briganti, mentre sono vittime delle più feroci persecuzioni, e quelli insorti. Ma è pur vero che gli uni e gli altri difendono il loro paese, la loro nazionalità, la loro religione al prezzo dei più duri sacrifici"

GEMEAU generale francese, paragona gli insorti polacchi con i briganti, 1863

“L’Italia, dove per sostenere quanto gli usurpatori hanno denominato ‘liberalismo’, si stanno barbicando dalla radice tutti i diritti, manomettendo quanto vi ha di più santo e sacro sulla terra. Italia, dove sono devastati i campi, incenerite le città, fucilati a centinaia i difensori della loro indipendenza"

NOCEDAL deputato spagnolo, 1863

“Entrammo nel paese, subito abbiamo incominciato a fucilare i preti e gli uomini, quanti capitava, indi il soldato saccheggiava ed infine abbiamo dato l’incendio al paese abitato da circa 4500 abitanti . quale desolazione, non si poteva stare d’intorno per il gran calore, e quale rumore facevano quei poveri diavoli che la sorte era di morire abbrustoliti e chi sotto le rovine delle case"

CARLO MARGOLFO, bersagliere entrato a Pontelandoflo, 1861

“Quelli che hanno chiamato i piemontesi e che hanno consegnato loro il Regno delle Due Sicilie sono un’impercettibile minoranza. I sintomi della reazione si vedono ovunque"

JORNAL DE DEBATS, novembre 1860

“Gli scrittori italianissimi inventarono dunque i briganti, come avevano inventato i tiranni; ed oltraggiarono, con le loro menzogne, un popolo intero sollevato per la sua indipendenza, come avevano oltraggiato principi, re ed anche regine colle loro rozze e odiose calunnie. Inventarono la felicità di un popolo disceso all’ultimo gradino della miseria, come avevano inventato la sua servitù al tempo de’ sui legittimi sovrani."

HERCULE DE SAUCLIERES, 1863

“Il governo piemontese che si vede presto costretto ad abbandonare il suolo napoletano, si vendica mettendo tutto a ferro e fuoco. Raccolti incendiati, provvigioni annientate, case demolite, mandrie sgozzate in massa. I piemontesi adoperano tutti i mezzi più orribili per togliere ogni risorsa al nemico, e finalmente arrivarono le fucilazioni! Si fucilarono senza distinzione i pacifici abitatori delle campagne, le donne e fino i fanciulli."

L’ OSSERVATORE ROMANO, 1863

“Il progresso e la civiltà, nei tempi correnti, vengono interpretati diversamente da quello che si intendevano innanzi. Oggi, progresso e civiltà all’uso piemontese vuol dire: abbassamento della suprema autorità, della civiltà, della morale. Secondo la loro moda: la proprietà è furto; il diritto è tirannide; la religione è inceppamento; la pietà è delitto; il fucilare è bisogno; lo spoglio dei popoli è necessità. Chi è dunque cieco anche nella mente, da non vedere in questo civiltà ed in questo progresso l’abbruttimento della società?"

TEODORO SALZILLO, 1868

“In un solo mese nella provincia di Girgenti, le presenze dei detenuti nelle prigioni furono 32000. Non si turbino! Ho qui il certificato, la nota è officialissima, 32.000 presenze in carcere, solo nei trenta giorni del mese. Ed ora, codeste essendo le cifre, io domando all’onorevole ministro dell’Interno: ne avete ancora da arrestare?"

FRANCESCO CRISPI

“Aborre invero e rifugge l’animo per dolore e trepida nel rammentare più paesi del regno napoletano incendiati e rasi al suolo, e quasi innumerevoli integerrimi sacerdoti e religiosi e cittadini di ogni età, sesso e condizione, e gli stessi malati indegnissimamente ingiuriati, e poi eziando senza processo, o gettati nelle carceri o crudelissimamente uccisi."

PAPA PIO IX, 30 settembre 1861

“Napoli è da sette interi anni un paese invaso, i cui abitanti sono alla mercè dei loro padroni. L’immoralità dell’amministrazione ha distrutto tutto, la prosperità del passato, la ricchezza del presente e le risorse del futuro. Si è pagato la camorra come i plebisciti, le elezioni come i comitati e gli agenti rivoluzionari."

PIETRO CALA ULLOA

“Posso assicurare alla Camera che specialmente in alcune province, quasi non vi è famiglia, la quale non tremi dell’onnipotenza dell’autorità di polizia, dei suoi errori ed abusi. Sotto la fallace apparenza della persecuzione del brigantaggio si vuole avere in mano la facoltà di arrestare o mandare al domicilio coatto ogni specie di persone al Governo sospette."

PASQUALE STANISLAO MANCINI, intervento alla Camera, 1864

“Non parliamo delle dimostrazioni brutali contro i giornali; non parliamo dell’esilio inflitto per via economica; non parliamo delle fucilazioni operate qua e là per isbaglio dalle autorità militari; ma degli arresti arbitrari di tanti miseri accatastati nelle prigioni senza essere mai interrogati."

IL NOMADE, giornale liberale 12 settembre 1861

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Commenti al Post:
adamsmith76
adamsmith76 il 13/01/11 alle 22:28 via WEB
La materia è piuttosto controversa. A dimostrazione del fatto che probabilmente ci vorrà ancora del tempo prima di fare gli italiani. Il problema è che nemmeno l'Italia forse esiste per davvero...Di sicuro non è stato un processo spontaneo ma come tutti i costruttivismi è destinato a fallire anche l'Italia. E già con il debito siamo a buon punto...
 
calipsom1
calipsom1 il 14/01/11 alle 17:30 via WEB
interventi troppo lunghi non fanno troppo bene al blog.
 
 
kiwai
kiwai il 14/01/11 alle 17:58 via WEB
Ok Cal, hai ragione .. giuro che per quello che mi riguarda quello che segue è l'ultimo "mattone" :))
 
   
calipsom1
calipsom1 il 14/01/11 alle 18:40 via WEB
... vorrei saperne io quanto voi sulla storia preunitaria... ma non diciamolo a nessuno!
 
kiwai
kiwai il 14/01/11 alle 17:39 via WEB
Continua la “battaglia”?
Forse si, forse no.
Ma, per non occupare arbitrariamente lo spazio comune, rispondo qui nei commenti .. anche se la risposta è sproporzionatamente lunga.
Giampiero nel post scrive: “Credo, tuttavia, che un popolo che non conosce la propria storia non possa neanche avere una vera coscienza della propria identità e quindi, della propria "missione". “ .. le espressioni suadenti che da decenni vanno di moda per definire quel periodo storico sono: moralità, costituzione, libertà, lotta all’oscurantismo e al dogmatismo, libera Chiesa in libero stato. Ma non fu così"
Ti stupirà, ma sono – quasi - d’accordo.
Non saprei dire quale sia la “missione” cui fai riferimento, ma sull’identità “consapevole” e sulla “retorica risorgimentale” non posso che concordare.
Quindi nessun “integralismo” da parte mia, né tantomeno “orgoglio massonico” (che proprio non mi compete) rivendico semplicemente una interpretazione laico-liberale e quindi necessitano alcune precisazioni.
Quello che comunemente conosciuto come “revisionismo risorgimentale” di marca cattolico-integralista e neoborbonica, (non lo dico solo io) è un fenomeno di vecchia data, che si articola da sempre sui soliti argomenti, esattamente quelli da te evidenziati:
La violazione del diritto internazionale per la guerra non dichiarata;
La situazione economica e i “primati” delle Due Sicilie;
La crisi economica del Regno di Sardegna;
Il complotto internazionale massonico contro il Papa e il Regno delle Due Sicilie;
I plebisciti “coatti”;
La reinterpretazione del brigantaggio e relativi eccidi della repressione, le “deportazioni” ecc..
La spoliazione delle proprietà ecclesiastiche, ecc. ecc.
Un filone storiografico di vecchia data, che ha inizio già dai protagonisti di quei fatti.
Gli errori dell’unificazione erano infatti ben presenti agli stessi “liberali unitari” e furono largamente discussi da subito.
Per questo è strumentale, oggi, cercare di utilizzare certe dichiarazioni e prese di posizione, per suffragare le tesi “revisioniste”.
Se inquadriamo fatti e misfatti nel loro esatto contesto storico, leggendo le rispettive testimonianze nella giusta logica, ci accorgiamo che le dichiarazioni di alcuni personaggi anche coevi da te citati (da Napoleone III a Garibaldi, da Disraeli a D’Azeglio) avevano precise “motivazioni politiche” di contrapposizione.
Altri, anche di pensiero liberale, hanno correttamente riconosciuto eccessi ed errori, ma senza mai mettere in discussione il valore storico-politico del processo di unificazione.
Quindi un fatto è “demitizzare” il Risorgimento, altro è negarne il valore storico.
In questa ottica non possono trovare spazio né “le scuse al vaticano” né i revangismi neoborbonici.
Perché se è vero che il brigantaggio fu “anche” ribellione popolare, non si possono dimenticare le condizioni “feudali” del latifondo agrario, che regnava,(e purtroppo ha continuato a regnare) nel Centro-Sud.
Le condizioni dell'agricoltura meridionale erano pessime e così ne scriveva in francese Fulchignon: "O il latifondo o contadini così poveri e ignoranti da non poter diventare imprenditori. Si accontentano di piantare qualche ulivo o qualche gelso e vivono in condizioni bestiali".
Perché se è vero che ci furono spoliazioni dei beni ecclesiastici, non possiamo pretendere di giustificare il potere temporale del PapaRe e la “manomorta”.
C’è stato un momento drammatico, nella storia della Chiesa: non aver capito che lo spirito illuministico, con il suo materialismo e la sua secolarizzazione, non era la stessa cosa delle istituzioni liberali e delle istanze anti-assolutistiche.
È per queste considerazioni che trovo “storicamente errato” parlare di complotto internazionale massonico ai danni della cristianità, anziché di naturale evoluzione delle dinamiche politico-sociali dettate dall’affermazione “culturale” del concetto di nazione (che è cosa diversa dallo Stato).-
 
kiwai
kiwai il 14/01/11 alle 17:45 via WEB
Ricordiamo che la prima loggia massonica in Italia fu fondata soltanto nel 1859 e che nelle file del liberalismo italiano c’erano molti cattolici, così come c’era sicuramente un gruppetto di tenaci anticlericali, anche se assolutamente minoritario. Il problema era politico: nel momento in cui si tentava di fare l’Unità, diventavano tutti anticlericali, perché era l’unico modo per farla».
È per questo che trovo “inammissibile” sostenere che Mafia e Camorra siano figlie dell’Unità, essendo ad essa largamente preesistenti e quando è risaputo che lo stesso Garibaldi fece leva sulla Camorra per controllare Napoli.-
È per questo che trovo “strumentale” l’attribuzione della responsabilità della Questione Meridionale al processo di unificazione, che, se è vero che, in qualche modo, ne ha “amplificato” la rilevanza, non ne ha certamente determinato l’insorgenza.
Quella della Sicilia e il Sud ricchi depredati dai nordisti, come sostendono i revisionisti e da ultimo, ancora oggi, il governatore Lombardo, è in buona parte un'invenzione demagogica.
Il Sud e la Sicilia del regno borbonico, liberati o conquistati da Garibaldi, ricchi e progrediti certamente non lo erano.
Le differenze con il Nord nell'anno dell'unità erano già enormi, a cominciare dalle strade: al Nord 67 mila chilometri, al Sud 15 mila.
Ci sono paesi, si legge in una cronaca di fine Ottocento, dove una lettera messa alle poste a Castrovillari impiega ad arrivare due volte il tempo che da Londra o da Parigi. Neanche un chilometro di ferrovia sotto Salerno nell'anno dell'unità, l'89% di analfabeti in Sicilia, l'86% in Calabria e in Campania.
Il meridionalismo onirico ci ha raccontato che l'industria del Sud era fiorente e che fu sacrificata al Nord.
Le industrie tessili del Sud erano fuori del mercato europeo, l'arsenale dei Borboni era certamente per l'epoca un grande complesso industriale, con più di mille operai che producevano navi, locomotive, cannoni e macchine, ma fuori mercato, destinato a fallire già nel 1870.
Scrive lo storico Carlo De Cesare: "L'industria napoletana era armonica ma immobilista e senza prospettive. Le campagne separate dalla capitale con scarsissime comunicazioni, un livello culturale infimo, debolissime le attrezzature civili".
«La sempre evocata ferrovia Napoli-Portici non era altro che “il giocattolo del re”, mentre invece la Torino-Genova o le ferrovie costruite dagli austriaci in Lombardia servivano concretamente allo sviluppo economico. Portici è un sobborgo di Napoli, dove non c’era niente se non qualche villa…
Quei sette chilometri di binari la dicono lunga sulla ratio delle scelte "economiche" dei Borboni. Intanto, in tutto il Regno delle Due Sicilie non c’era una strada degna di questo nome: a dirlo non sono le descrizioni fatte dai prefetti sabaudi, ma quelle degli alti funzionari dell’amministrazione borbonica negli anni Quaranta-Cinquanta».
Infine un’ultima osservazione: non è vero che l’Italia adottò subito e per principio una linea centralistica, tutt’altro:
nella primavera del 1861, a immediato ridosso dell’unificazione, il ministro degli Interni Minghetti presentò un progetto di legge che prevedeva un largo decentramento ai comuni. Solo che cominciarono ad arrivare le notizie della rivolta nelle province meridionali e si diffuse la consapevolezza, immediatamente trasmessa dai prefetti, che il decentramento avrebbe restituito il potere al notabilato borbonico.
Fu per questo che Minghetti ritirò il suo progetto, che fu sostituito da quello centralistico».
Con questo credo che ciascuno di noi abbia compiutamente espresso le sue posizioni e che possiamo, se credi, smettere di annoiare i nostri malcapitati lettori e dare spazio anche agli altri.
 
 
Gianpiero69
Gianpiero69 il 15/01/11 alle 15:16 via WEB
Saccheggi, incendi, deportazioni nei lager sabaudi, stermini, soprusi, efferatezze..... difficile dare a queste cose "un'interpretazione laico-liberale" senza offendere laici e liberali.
Condivido, comunque, sulla necessità di non annoiare più i lettori.
Grazie per il confronto.
 
professore.50
professore.50 il 14/01/11 alle 21:07 via WEB
Bella ricostruzione complimenti per la ricerca. Buona serata
 
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