Creato da antonioi0 il 05/02/2009
CULTURA E GIUSTIZIA
 

Area personale

 

Archivio messaggi

 
 << Ottobre 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
  1 2 3 4 5 6
7 8 9 10 11 12 13
14 15 16 17 18 19 20
21 22 23 24 25 26 27
28 29 30 31      
 
 
Citazioni nei Blog Amici: 2
 

FACEBOOK

 
 

I miei link preferiti

 
Citazioni nei Blog Amici: 2
 

Archivio messaggi

 
 << Ottobre 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
  1 2 3 4 5 6
7 8 9 10 11 12 13
14 15 16 17 18 19 20
21 22 23 24 25 26 27
28 29 30 31      
 
 

Ultimi commenti

 
 

Ultime visite al Blog

antonioi0nypoteBornsickonly_viruallycassetta2norise1whiskynsodaBoyFriend_NAAnonimus0dgl12Giuliadgl24Bugenhagen0dglMaldiluna_2024John13dglQuartoProvvisorioamorino11
 

 

« “LA FAMIGLIA DAVANTI A...“LA FAMIGLIA DAVANTI A... »

La tutela della privacy nei luoghi di lavoro

Post n°2400 pubblicato il 19 Settembre 2019 da antonioi0

- L’utilizzazione di strumenti di videosorveglianza, informatici e di “tecnologie avanzate ” sul posto di lavoro e tutela della riservatezza dei lavoratori.

Il tema centrale e di maggiore interazione resta sempre quello che vede a confronto da un canto la privacy dei lavoratori sul luogo di lavoro e dall’altro il legittimo esercizio dei poteri di controllo del datore di lavoro.

Le ragioni sono molteplici ed ovviamente collegate alla rapida introduzione ed espansione di tecnologie sempre più avanzate che, se da un canto semplificano l’attività lavorativa rendendola più efficiente, efficace e sicura dall’altro si prestano ad essere utilizzate anche come strumenti di controllo “a distanza” e determinano raccolte di dati che se impropriamente utilizzate da parte del datore di lavoro possono potenzialmente ledere il diritto dei lavoratori alla riservatezza.

Ancora una volta il quadro generale di riferimento sono due norme fondamentali dello Statuto vale a dire l’art. 4 e l’art. 8.

Il primo per quanto attiene l’utilizzazione da parte del datore di lavoro di strumenti che consentono il controllo a distanza sull’attività dei lavoratori ed il secondo per quanto concerne più in generale la possibilità di accedere ai dati riferibili alle opinioni politiche, religiose o comunque che riguardino lo stato di salute del dipendente.

Va premesso che, come è comunemente riconosciuto, l’art. 4 non mira ad escludere ogni controllo sull’adempimento della prestazione ma solo quelle forme di controllo che per le modalità con cui avvengono appaiono lesive della dignità del lavoratore. Inoltre l’estrema genericità della terminologia utilizzata “impianti ed apparecchiature di controllo” consente di adattare la norma ai mutamenti derivanti dal sopravvenire di sempre nuove tecnologie che presentino tale potenzialità.

In un primo momento infatti l’attenzione si è concentrata sulle apparecchiature di videosorveglianza.

Nel 2000 il Garante ha redatto un provvedimento generale 1 con il quale ha dettato il c.d. decalogo delle regole per non violare la privacy e, al punto n. 5, ha espressamente richiamato la necessità di rispettare il divieto di controllo a distanza dei lavoratori e le garanzie previste dall’art. 4 della l. n. 300/1970.

Con un successivo provvedimento generale2 ha poi specificatamente precisato che in tema di rapporti di lavoro Nelle attività di sorveglianza occorre rispettare il divieto di controllo a distanza dell’attività lavorativa e ciò anche in caso di erogazione di servizi per via telematica mediante c.d. "web contact center". Vanno poi osservate le garanzie previste in materia di lavoro quando la videosorveglianza è impiegata per esigenze organizzative e dei processi produttivi, ovvero è richiesta per la sicurezza del lavoro (art. 4 legge n. 300/1970; art. 2 d.lg. n. 165/2001).

Queste garanzie vanno osservate sia all’interno degli edifici, sia in altri luoghi di prestazione di lavoro, così come, ad esempio, si è rilevato in precedenti provvedimenti dell’Autorità a proposito di telecamere installate su autobus (le quali non devono riprendere in modo stabile la postazione di guida, e le cui immagini, raccolte per finalità di sicurezza e di eventuale accertamento di illeciti, non possono essere utilizzate per controlli, anche indiretti, sull’attività lavorativa degli addetti).

E’ inammissibile l’installazione di sistemi di videosorveglianza in luoghi riservati esclusivamente ai lavoratori o non destinati all’attività lavorativa (ad es. bagni, spogliatoi, docce, armadietti e luoghi ricreativi).

Eventuali riprese televisive sui luoghi di lavoro per documentare attività od operazioni solo per scopi divulgativi o di comunicazione istituzionale o aziendale, e che vedano coinvolto il personale dipendente, possono essere assimilati ai trattamenti temporanei finalizzati alla pubblicazione occasionale di articoli, saggi ed altre manifestazioni del pensiero. In tal caso, alle stesse si applicano le disposizioni sull’attività giornalistica contenute nel Codice, fermi restando, comunque, i limiti al diritto di cronaca posti a tutela della riservatezza, nonché l’osservanza del codice deontologico per l’attività giornalistica ed il diritto del lavoratore a tutelare la propria immagine opponendosi anche, per motivi legittimi, alla sua diffusione”.

Oggi tuttavia ben altri sono gli strumenti che determinano un possibile controllo a distanza dell’attività lavorativa: computer, telefoni cellulari, ma anche badge e tecnologie biometriche o RFID per citarne alcuni.

La casistica si è via via ampliata negli ultimi anni evidenziando proprio la capacità di intrusiva di tali strumenti tecnologici pure indispensabili allo svolgimento dell’attività lavorativa stessa.

Sulla base del quadro normativo generale dell’art. 4 il quale prescrive al datore di lavoro che, voglia/debba installare impianti per ragioni di sicurezza ovvero per esigenze organizzative o produttive, di pervenire ad un accordo con le rappresentanze dei lavoratori (r.s.a. o commissione interna) ovvero in loro assenza o nel caso di mancato accordo di essere autorizzato dall’Ispettorato del lavoro. La vigilanza sul lavoro, ancorché necessaria nell'organizzazione produttiva, deve essere mantenuta in una dimensione "umana", e cioè non esasperata dall'uso di tecnologie che possono rendere la vigilanza stessa continua e anelastica, eliminando ogni zona di riservatezza e di autonomia nello svolgimento del lavoro.

Recentemente si è ritenuta l’antisindacalità del comportamento del datore di lavoro che ha installato, senza un previo accordo con le r.s.a., un software che consentiva di rilevare la data l’ora e la durata della chiamata in entrata ed in uscita di lavoratori addetti ad un call center. In quel caso si è ritenuto che a nulla rilevasse la dedotta utilizzazione per fini “difensivi” dell’impianto ed anzi si sono ritenuti non utilizzabili i dati così raccolti per intimare il licenziamento ad alcuni dipendenti la cui prestazione a nulla rilevando il fatto che i dati così raccolti non avrebbero in ogni caso consentito al datore di lavoro di conoscere il contenuto delle comunicazioni3. A diverse conclusioni si è pervenuti invece nel caso in cui il controllo sia stato effettuato, pur senza un previo accordo, ma per accertare l’ uso ingiustificato e personale del telefono aziendale) Infatti ai fini dell'operatività del divieto di utilizzo di apparecchiature per il controllo a distanza dell'attività dei lavoratori previsto dall'art. 4 legge n. 300 del 1970, è necessario che il controllo riguardi (direttamente o indirettamente) l'attività lavorativa, mentre devono ritenersi certamente fuori dell'ambito di applicazione della norma sopra citata i controlli diretti ad accertare condotte illecite del lavoratore (cosiddetti controlli difensivi), quali, ad esempio, i sistemi di controllo dell'accesso ad aule riservate o, come nella specie, gli apparecchi di rilevazione di telefonate ingiustificate4.

Poco dopo però la Cassazione ha ritenuto che “in tema di divieto di utilizzo di apparecchiature per il controllo a distanza dell'attività dei lavoratori previsto dall'art. 4 legge n. 300 del 1970, la rilevazione dei dati di entrata ed uscita dall'azienda mediante un'apparecchiatura di controllo predisposta dal datore di lavoro per il vantaggio dei dipendenti - nella specie, un congegno di sicurezza predisposto nel locale garage ove posteggiare le autovetture dei dipendenti durante l'orario di lavoro, attivabile mediante un tesserino personale assegnato a ciascun dipendente con il quale venivano attivati anche gli ingressi agli uffici - ma utilizzabile anche in funzione di controllo dell'osservanza dei doveri di diligenza nel rispetto dell'orario di lavoro e della correttezza dell'esecuzione della prestazione lavorativa, non concordata con le rappresentanze sindacali, né autorizzata dall'ispettorato del lavoro, si risolve in un controllo sull'orario di lavoro e in un accertamento sul "quantum" della prestazione, rientrante nella fattispecie prevista dal secondo comma dell'art. 4 della legge n. 300 del 1970; né l'esigenza di evitare condotte illecite da parte dei dipendenti può assumere portata tale da giustificare un sostanziale annullamento di ogni forma di garanzia della dignità e riservatezza del lavoratore5 .

1 Provvedimento 29 novembre 2000

2 Provvedimento generale del 29.4.2004

3 cfr. Trib. Milano 18.3.2006

4 Cass. n. 4776/2002.

 

5 Cass. 15892/2007

 
 
 
Vai alla Home Page del blog
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963