SCRITTO SUL CORPO
viaggio negli enigmi e nelle profondità del desiderio
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Metti un sigillo alla sconfitta. Che possa rimanere lì, eterna, in bella mostra. Puoi sfoggiarla come un gioiello unico. Solo tuo. Ogni sconfitta è unica. E ti appartiene a vita. Ti apparti. Come un cane ferito trovi un angolo in cui ripulirti del sangue, leccarti i lembi frastagliati di questa carne che brucia. Dentro di te una voce grida che è tutto finito, che tutto questo dolore, ogni volta con una faccia diversa, uscirà da te sempre dallo stesso buco. Oppure resterà dentro. E’ questo a farmi paura. Questo dolore che si annida dentro. E mi corrode come un acido. Non decido più niente. Non desidero più niente. Sono un niente gonfio di dolore che galleggia sulla superficie dell’esistenza. Sono un niente espulso dall’amore. Nessuna espulsione è più dolorosa. Percorrimi il corpo con le mani, dice la voce. Entra, e strappa da me questo male. Te li ricordi i suoi occhi puntati? Quella specie di paralisi gelida che ti prendeva tra le sue braccia? La corsa del cuore? La fredda morte, separazione. Ritorna in quel buco stretto e caldo, con i corpi incollati, stremati, ancorati l’uno all’altro. In quella vertigine dell’emozione e del desiderio puro. Nell’incanto della purezza. Non appartieni più a nessuno. Nessuno sarà il tuo fulcro. Di nessuno sarai più il fulcro. Perduta. Ritorna nel grembo di tua madre. Suoni ovattati ondeggiano con te. Lasciati cullare nell’attesa della venuta. Hai le mani piene di sangue. La bocca. Gli occhi solo bagnati. Lacrime? Ho deciso di stare con te, di guardarti davvero mentre il sole sorge. Rinasci tra le mie braccia, lascia che io lavi il tuo sangue con la mia lingua. Immergiti con me nella spuma torbida di questo mare. Pensavo a te ieri mentre moriva questo pesce. Pensavo che sei stato gabbiano, orso, farfalla, cane… Pensavo che sei tutto quello per cui ancora vivo. Un vivo quasi morto. Ti ho cercato in ogni sguardo. Sempre. Mentre nel cortile della scuola facciamo un girotondo. Nel garage dei vicini, esperta streap baby. Ho tagliato la gola al boia. L’ho guardato negli occhi mentre si accasciava e chiedeva aiuto. Mi insultava ancora. Ho sputato sul suo sangue.
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