SCRITTO SUL CORPO
viaggio negli enigmi e nelle profondità del desiderio
Post n°146 pubblicato il 22 Settembre 2006 da eatcafe
Non sto pensando a niente Fernando Pessoa |
Post n°145 pubblicato il 21 Settembre 2006 da eatcafe
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Post n°142 pubblicato il 21 Settembre 2006 da eatcafe
A Pier Paolo Pasolini M'aggiro fra ricatti e botte e licenzio e la derelitta crocifissione mia sola pace in questa sordida lotta Dio! Non attendo che la morte. Dario Bellezza
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Post n°140 pubblicato il 20 Settembre 2006 da eatcafe
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Post n°139 pubblicato il 20 Settembre 2006 da eatcafe
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Post n°138 pubblicato il 19 Settembre 2006 da eatcafe
L'ho già detto ? Io imparo a vedere. Sì, incomincio. Va ancora male. Ma voglio mettere a profitto il mio tempo. R. M. Rilke |
Post n°136 pubblicato il 17 Settembre 2006 da eatcafe
Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai, |
Post n°135 pubblicato il 15 Settembre 2006 da eatcafe
Maledetta libertà, troppo grande per due che non riescono ad incontrarsi, com'è possibile che da anni consumo le scarpe dentro la speranza senza riuscire a trovarti? E tu, anche tu cammini e mi cerchi? Se sì, mandami a dire, non vorrei che girassimo in un tondo infinito, senza trovare l'incontro che ci possa fermare. Pino Roveredo - Mandami a dire |
Post n°133 pubblicato il 15 Settembre 2006 da eatcafe
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“Io imparo a vedere. Non so perché tutto penetra in me più profondo e non rimane là dove, prima, sempre aveva fine e svaniva. Ho un luogo interno che non conoscevo. Ora tutto va a finire là. Non so che cosa vi accada.” R.M.Rilke
Non riesco a cancellare dalla mia testa l’immagine di una donna che guarda attraverso i vetri. A volte vorrei spingerla con forza contro di essi, all’improvviso, e lasciarla sanguinante in mezzo ai vetri rotti. Scivolo leggera sulle acque calde dell’incoscienza. Guardo fuori e sono lontana da quel cielo indifferente. Questo lento e denso scorrere della vita mi scalda, nessuno scatto, nessuna emozione improvvisa. Nessuna esaltazione. Se necessario, mi adeguo alla frenesia del quotidiano comune , salvo poi ritrovarmi un corpo martoriato. Riconosco ogni pulsazione del mio cuore. Come non potrei? Per anni l’ho vegliato nel terrore infantile che potesse spegnersi durante il mio sonno. Vortici di incoscienza che si muovono sul soffitto della casa in campagna. Le coperte pesanti, quel peso adorato che confondo con l’idea dell’amore. Un corpo che ingombri, schiacci, esiga devozione. Conosco l’impietoso allontanamento da ciò che gli altri chiamano vita reale. Nuvole e sole si spingono contro il mio naso. Sono calda e piena. Acqua che scorre, attraverso i pensieri, gli slanci del cuore, le pieghe nascoste del desiderio. So che ti nascondi nel buio, tendi una trappola, come tela di ragno nella quale in un momento di disattenzione cadrò. Voglio solo l’essenziale, nudo, chiaro, le ombre le dipingerò io. Lo voglio conficcato nell’anima come un pugnale. Ogni tanto trenta cammelli con barba e baffi in fila uno dopo l’altro sfilano attraverso il vetro. Sorridono, alcuni azzardano un bacio. Forse avrei dovuto avvisarti che sono infedele. Considerando il significato che le persone comuni danno alla fedeltà. La verità è che quei cammelli mi stanno invitando a seguirli ed io non posso resistere al loro fascino. Una storia popolata di bestie, pensando a te si rincorrono rospi, trichechi, cammelli e muli. Sentimenti che fluttuano in questa giornata sospesa nel nulla… |
Post n°131 pubblicato il 13 Settembre 2006 da eatcafe
C’era una volta un Re, che aveva un figlio che si chiamava Giovanni. Giovanni era già un uomo e il Re desiderava tanto che si sposasse, che vivesse felice con la sua sposa nel Palazzo Reale e che insieme lo facessero diventare nonno, ma il Principe non era mai contento delle ragazze che il padre gli presentava facendo innumerevoli feste a corte. Un giorno, spazientito il vecchio Re disse:” Giovanni, io oramai sono vecchio e voglio vederti sistemato, soprattutto ho tanta voglia di diventare nonno, quindi organizzerò per te il più bel ricevimento mai visto in questo regno, inviterò tutte le principesse dei regni vicini e lontani, vedrai che troverai la ragazza giusta per te”. Purtroppo Giovanni non trovò, fra le invitate, la sua sposa, e il Re, questa volta arrabbiatissimo disse: ”Basta, ora prendi il tuo cavallo e questa bisaccia, dentro troverai una borraccia di acqua e una pagnotta di pane, vai in giro per il mondo e torna con la donna che vorrai sposare. Allora Giovanni partì, molto triste e sconsolato, e trotta e galoppa, trotta e galoppa arrivò vicino ad una fontana, si fermò per ristorarsi un poco e non si accorse che vicino alla fontana era seduta una vecchietta, la quale lo salutò: “Ciao Giovanni, vedi come sono vecchia? Ebbene io sono la vecchia della fontana, i miei denti non sono più tanto buoni per masticare il mio pane che ormai è duro, avresti per caso un po’ di pane tenero da darmi?” Giovanni stupito dal fatto che la vecchia sapesse il suo nome le fece dono dell’unica pagnotta di pane che aveva con se’. La vecchietta allora ricambiò il generoso gesto e diede al Principe tre arance e gli disse: “Quando avrai sete aprine una, ti disseterà……” Il Principe salì sul suo cavallo e ripartì veloce come il vento, e …. Trotta e galoppa, trotta e galoppa arrivò sotto un albero e pensò che aveva una gran sete, così decise di aprire una delle arance donatagli dalla vecchia della fontana. Aprì l’arancia ed uscì una bellissima ragazza dai capelli lunghi, neri e con gli occhi profondi come il cielo di notte sparso di stelle. La ragazza gli disse: “Giovanni dammi da bere” E lui: “Da bere non ne ho.” E lei: “Allora io morirò” , e sparì. Giovanni era disperato, la ragazza era la più bella che avesse mai visto, e lui l’aveva persa in un attimo. “Pazienza” pensò, “ne troverò un’altra, il mio viaggio sarà lungo!” e ricominciò a cavalcare. Trotta e galoppa, trotta e galoppa si trovò ad avere di nuovo sete, si fermò in una radura e aprì la seconda arancia della vecchia, anche questa volta, bambini, ne uscì una bellissima ragazza, con i capelli a boccoli, rossi come il fuoco e gli occhi verdi come la foresta, anche lei disse: “Giovanni dammi da bere” E lui: “Da bere non ne ho” E lei: “Allora io morirò” e scomparve come era apparsa…. Giovanni ancora più disperato di prima, si ripromise che la terza arancia l’avrebbe aperta vicino ad un ruscello, così se per caso fosse apparsa un’altra ragazza avrebbe avuto dell’acqua per dissetarla. E così fece. Arrivò in un posto molto tranquillo con un piccolo ruscello di acqua di sorgente, fresca e zampillante, all’ombra dei cespugli di gelsomino che profumavano tutto intorno con il loro aroma dolce. Decise che era arrivato il momento di aprire la terza arancia. Appena la aprì venne fuori una bellissima ragazza con i capelli biondi come i raggi del sole in estate, con gli occhi azzurri come il cielo dopo la tempesta e con un sorriso, bimbi, un sorriso che fece subito innamorare Giovanni. “Giovanni dammi da bere” “Eccoti l’acqua, quanta ne vuoi”, disse il principe un po’ imbarazzato. La ragazza bevve, ma poi si ricordò di essere tutta nuda, sì bambini, era senza vestiti, perché voi capite non si può stare vestiti dentro ad una arancia, e si coprì con i suoi lunghi capelli. Giovanni, da vero cavaliere, si tolse il mantello e lo mise sulle sue spalle, si presentarono e si piacquero subito, lei si chiamava Maria. Il Principe le chiese di sposarlo e lei accettò di buon cuore, ma si vergognava molto perché lei non aveva niente da portare come dote al matrimonio, era povera. Insieme salirono sul cavallo e tornarono al castello. Quando arrivarono tutti andarono loro incontro, facendo i complimenti alla bellezza della giovane donna che accompagnava il loro Principe. Maria, aveva, però già attirato le invidie di Vanessa (la figlia del Re del Regno vicino che era in visita al castello), che era molto bella anche lei, ma era troppo vanitosa e cattiva di cuore. Vanessa era innamorata del Principe Giovanni e i due genitori erano già in accordo di far sposare i due giovani nel caso il Principe fosse tornato senza la sua sposa. Quindi si fece subito avanti e si offrì per aiutare Maria a lavarsi, vestirsi e pettinarsi in modo da apparire nel suo pieno splendore al Vecchio Re, che non aspettava altro di diventare nonno. Però bambini, la cattiveria di Vanessa era così grande che non appena ebbe aiutato Maria a lavarsi e a vestirsi insistette tanto per pettinarla che Maria accettò. Intanto che con il pettine acconciava i bellissimi capelli biondi Vanessa piantò uno spillone proprio in testa a Maria che in un batter d’occhio si trasformò in una bellissima colomba. Poi andò a riferire al Principe Giovanni che la sua “Principessa Maria” era scappata, mettendolo a conoscenza degli accordi fra i loro genitori. Fra le lacrime il Principe Giovanni accettò di sposare Vanessa, e quando fu il giorno del matrimonio, con molta sorpresa, vide che c’era una colomba che gli girava sempre intorno. Vanessa, naturalmente sapeva che quella colomba era Maria, diceva a Giovanni: “ Ma lasciala stare, poverina, non toccarla, forse sta male!” Invece Giovanni la prese fra le mani e cominciò ad accarezzarle la testolina, finché sentì come una crosticina proprio al centro della testa. Vanessa disse: ”Giovanni non toccare quella crosticina, potresti ammalarti anche tu”, ma per fortuna Giovanni era un ragazzo un po’ testardo e volle vedere da vicino, così con l’unghia grattò la crosticina e vide che c’era uno spillone piantato nella testa della colomba. Il Principe allora estrasse lo spillone e…. meraviglia! Maria riapparve ancora più bella, con un bellissimo vestito da sposa già pronta per il giorno più bello della sua vita. I due ragazzi si sposarono, con tanta gioia da parte del Vecchio Re, che in breve tempo vide coronare il suo sogno di essere nonno. La morale, bambini, (perché tutte le favole hanno una morale) è che bisogna sempre essere generosi con gli altri, e non bisogna essere invidiosi di quello che non si ha, basta avere tanta pazienza e ascoltare le parole che ci dice il nostro cuore.
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Una musica dolcissima in sottofondo… note leggere come gocce di pioggia sui vetri. La bambina aprì gli occhi, li richiuse veloce, li riaprì… li stropicciò e balzò fuori dalle coperte. Danza leggera, farfalla del mattino, nella tua veste di sogni e dolcezza. Danza sui gradini della scala, sulle corde della biancheria stesa al sole, danza tra gli alberi e i fiori in giardino. Prese un foglio di carta e i colori, colla e forbici… e disegnò una bambina. La bambina di carta aveva gli occhi e le labbra della bambina in carne ed ossa. Si sorridevano… complici e maliziose. E insieme tornarono a danzare. |
Magari l'amore è sofferenza e tortura. Magari io sono pazza, o lo sei tu. Magari dico una cosa e tu ne capisci un'altra. Mi rendo conto che non c'è comprensione. Che mi ritrovo sempre sola a chiedermi perchè. Che fai? Mi guardi mentre ti cerco? Quali pensieri, azioni mi disegni? Non mi riconosco più. Non sono io quella riflessa nello specchio. Addio |
Post n°128 pubblicato il 12 Settembre 2006 da eatcafe
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Post n°127 pubblicato il 12 Settembre 2006 da eatcafe
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Post n°126 pubblicato il 12 Settembre 2006 da eatcafe
E se l’attimo stesso della Creazione e il nostro universo lacerato fossero stati registrati nella polvere di stelle dei nostri corpi? Cos’è che contieni? Gli atomi che tu sei se li è scrollati di dosso una stella esplosa prima del sistema solare. Noi siamo l’inizio. Noi siamo prima del tempo. E’ possibile che qui, in questo nostro mondo provvisorio fatto di dualità e coppie di opposti (bianco/nero, bene/male, maschio/femmina, conscio/inconscio, Cielo/Inferno, predatore/preda), noi mettiamo compulsivamente in scena il dramma del nostro inizio, di quando ciò che era intero si è dimezzato, per cercare di nuovo la sua interezza. Abbi pietà di questo piccolo pianeta azzurro perso in una ricerca attraverso il tempo e lo spazio. J. Winterson |
Post n°123 pubblicato il 12 Settembre 2006 da eatcafe
"Credo che nessuno ammetta davvero la reale esistenza di un'altra persona. Può ammettere che tale persona sia viva, che pensi e senta come lui: eppure ci sarà sempre un ineffabile elemento di differenza, uno scarto materializzato.
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Post n°122 pubblicato il 12 Settembre 2006 da eatcafe
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