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L'INNO D'ITALIA, LA STORIA, IL TESTO.

Post n°16 pubblicato il 17 Marzo 2011 da m.delladucata
Foto di m.delladucata

Scritto nell'autunno del 1847 dall'allora ventenne studente e patriota genovese Goffredo Mameli, musicato poco dopo a Torino da un altro genovese, Michele Novaro, il coidetto "Canto degli Italiani" nacque in quel clima di fervore patriottico che precedette la guerra contro l'Austria.

L'immediatezza dei versi e l'impeto della melodia lo resero subito il canto più amato dell'unificazione: non a caso Giuseppe Verdi, nel suo Inno delle Nazioni del 1862, affidò proprio al Canto degli Italiani - e non alla Marcia Reale - il compito di simboleggiare la nostra Patria, ponendolo accanto a God Save the Queen e alla Marsigliese. 
L'ufficializzazione del "Canto" quale inno nazionale della Repubblica Italiana, avvenne il 12 ottobre 1946.

Il poeta Mameli
Goffredo Mameli dei Mannelli nasce a Genova il 5 settembre 1827. 
Studente e poeta precocissimo, di sentimenti liberali e repubblicani, aderisce al mazzinianesimo nel 1847, anno in cui partecipa attivamente alle grandi manifestazioni genovesi per le riforme e compone Il Canto degli Italiani. 
Da quel momento in poi dedica la propria vita di poeta-soldato alla causa italiana: nel marzo del 1848, a capo di 300 volontari partecipa alle cinque giornate di Milano, tornato a Genova, collabora con Garibaldi e, in novembre, raggiunge Roma dove, il 9 febbraio 1849, viene proclamata la Repubblica. Sempre in prima linea nella difesa della città assediata dai Francesi, il 3 giugno è ferito alla gamba sinistra: morirà d'infezione a soli ventidue anni.
Le sue spoglie riposano nel Mausoleo Ossario del Gianicolo.

Il musicista Novaro
Michele Novaro nasce il 23 ottobre 1818 a Genova, dove studia composizione e canto. 
Secondo tenore e maestro dei cori dei Teatri Regio e Carignano di Torino nonché convinto liberale, offre alla causa dell'indipendenza il suo talento compositivo, musicando decine di canti patriottici e organizzando spettacoli per la raccolta di fondi destinati alle imprese garibaldine. 
Di indole modesta, non trae alcun vantaggio dal suo inno più famoso, neanche dopo l'Unità. 
Muore povero, il 21 ottobre 1885, dopo aver affrontato difficoltà finanziarie e problemi di salute. Per iniziativa dei suoi ex allievi, gli viene eretto un monumento funebre nel cimitero di Staglieno, dove oggi riposa vicino alla tomba di Mazzini. 

L'inno

Fratelli d'Italia 
L'Italia s'è desta, 
Dell'elmo di Scipio 
S'è cinta la testa. 
Dov'è la Vittoria? 
Le porga la chioma, 
Ché schiava di Roma 
Iddio la creò. 
Stringiamoci a coorte 
Siam pronti alla morte 
L'Italia chiamò.

Noi siamo da secoli 
Calpesti, derisi, 
Perché non siam popolo, 
Perché siam divisi. 
Raccolgaci un'unica 
Bandiera, una speme: 
Di fonderci insieme 
Già l'ora suonò. 
Stringiamoci a coorte 
Siam pronti alla morte 
L'Italia chiamò.

Uniamoci, amiamoci, 
l'Unione, e l'amore 
Rivelano ai Popoli 
Le vie del Signore; 
Giuriamo far libero 
Il suolo natìo: 
Uniti per Dio 
Chi vincer ci può? 
Stringiamoci a coorte 
Siam pronti alla morte 
L'Italia chiamò.

Dall'Alpi a Sicilia 
Dovunque è Legnano, 
Ogn'uom di Ferruccio 
Ha il core, ha la mano, 
I bimbi d'Italia 
Si chiaman Balilla, 
Il suon d'ogni squilla 
I Vespri suonò. 
Stringiamoci a coorte 
Siam pronti alla morte 
L'Italia chiamò.

Son giunchi che piegano 
Le spade vendute: 
Già l'Aquila d'Austria 
Le penne ha perdute. 
Il sangue d'Italia, 
Il sangue Polacco, 
Bevé, col cosacco, 
Ma il cor le bruciò. 
Stringiamoci a coorte 
Siam pronti alla morte 
L'Italia chiamò 

Michele Della Ducata-Ricerca

 

 
 
 
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