Creato da francescalc.mi il 04/01/2008

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Post N° 33

Post n°33 pubblicato il 27 Marzo 2008 da francescalc.mi

 

QUANDO LA PAURA DI AMMALARSI DIVIENE DISTURBO INVALIDANTE..

L’IPOCONDRIA - STRATEGIE DI INTERVENTO

E’ capitato a tutti di preoccuparsi per disturbi fisici immaginari. Quando tale paura irrazionale diviene invalidante, si parla di ipocondria.

La malattia origina da sensazioni corporee “reali” che vengono interpretate in modo distorto dal soggetto e lette come sintomi patologici.

Alla base di tale vissuto vi sono distorsioni cognitive attraverso cui il paziente decodifica le proprie percezioni fisiche, catalogabili, queste, in tre categorie:

ü       funzionamento dell’organismo (coinvolgendo gli apparati cardio-vascolare, gastro-intestinale...)

ü       ferite di poca importanza (una leggera influenza o un taglietto possono scatenare reazioni allarmate)

ü       sensazioni meno definite (stanchezza, cuore affaticato, battito irregolare…)

L’ipocondriaco è incline ad interpretare ognuno di questi segnali corporei come sospetto, preoccupante,  spia della presenza di una patologia in corso o imminente.

Si è accennato alle distorsioni cognitive. Con tale definizione si intende  descrivere l’utilizzo di meccanismi di pensiero solo all’apparenza logici, in realtà irrazionali, viziati da conflitti inconsci e basati su dati incerti.

Il disturbo diviene particolarmente invalidante quando associato ad ansia generalizzata, attacchi di panico, depressione e quando il timore di ammalarsi lascia spazio alla convinzione di aver contratto una patologia grave .

Caratteristica primaria del disagio, la persistenza di pensieri angoscianti e disfunzionali nonostante le rassicurazioni mediche e gli esami diagnostici.

Di più. L’insoddisfazione rispetto alla diagnosi clinica ottenuta (c’è stato un errore?  saranno stati accuratamente eseguiti? qualcosa è sfuggito?) innesca un circolo vizioso di accertamenti che alimenta i pensieri ossessivi. Il soggetto si documenta da sé, trova convalida ai suoi dubbi nelle conversazioni che intrattiene, conferma il suo timore ad ogni dolorino sospetto.

Inoltre l’ipocondriaco, focalizzatosi sui pensieri ossessivi, si aspetta considerazione per la propria condizione da parte di familiari ed amici, mettendo spesso a dura prova le proprie relazioni affettive, amicali, professionali (quando il disagio interferisce con l’efficienza lavorativa).

L’ipocondria va distinta dal disturbo ossessivo compulsivo (OCD) in cui la fobia è correlata al timore irrazionale di venir contagiato o contagiare altri ed è associato alla presenza di rituali volti a scongiurare il rischio (pulizia, lavaggio, evitamento di luoghi..).

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Sul piano psicodinamico, l’ipocondria scaturisce da un conflitto inconscio causato da rabbia retroflessa. I sentimenti non vengono cioè diretti verso le persone o le situazioni che li hanno causati, bensì trattenuti e rimossi generando sensi di colpa.

Tale modalità disfunzionale origina dal modo in cui il soggetto ha imparato, nel corso dello sviluppo, a gestire le proprie emozioni. E’ possibile pertanto intervenire facendo sì che acquisti consapevolezza circa il suo modo di reprimere gli impulsi di rabbia ed impari ad esprimere in maniera adeguata i propri vissuti.

Affinché ciò sia possibile può essere necessario agire fortificando il Sé fragile del soggetto ed in particolare la sua parte adulta, liberandola dall’ ingerenze di ingiunzioni, divieti e regole assimilati nel corso della propria crescita.

Qualora il disturbo si accompagni a depressione o attacchi di panico, il supporto terapeutico può essere coadiuvato da un intervento farmacologico che,da solo, risulterebbe invece efficace limitatamente al periodo del trattamento.

Accade che eventi traumatici o stressanti, quali la perdita di una persona cara, facciano peggiorare la malattia. Anche in questo caso l’acutizzarsi  del disturbo può essere dovuto dall’incapacità ad elaborare ed esprimere i propri vissuti emozionali che rimangono intrappolati, “indigeriti”, non metabolizzati trovando nell’ipocondria una valvola di sfogo.

La stessa dinamica può generare in concomitanza attacchi di panico, che vanno letti di conseguenza come spie di un sistema che non funziona in modo equilibrato e necessita di un intervento terapeutico in grado di sviluppare modalità più adattive di entrare in contatto con il mondo.

In ultimo, è necessario accennare al fatto che l’ipocondriaco, proprio perché convinto della veridicità delle sue sensazioni, difficilmente intraprende spontaneamente un percorso terapeutico.

Spesso accade che vi ricorra per risolvere problematiche diverse (attacchi d’ansia, depressione…) e che solo così apra la via ad un intervento che sani anche il disagio legato all’ipocondria.

Vista la difficoltà a che un soggetto ipocondriaco richieda una terapia, spesso risulta vincente la cooperazione sinergica di ambiti clinici differenti. Laddove uno psichiatra intraveda la necessità di un sostegno di counseling o di psicoterapia ed effettui un invio, il disagio, per quanto ostico può essere curato.

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