Creato da fabbri.giancarlo il 08/08/2012
Giancarlo Fabbri giornalista freelance

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Messaggi del 17/02/2013

Paleotto: un falso storico e toponomastico

Post n°178 pubblicato il 17 Febbraio 2013 da fabbri.giancarlo
 

 

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Due cartine comunali che riportano il nome esatto della localita: Trappolone, non Paleotto

San Lazzaro (Bologna)

E continuano a chiamarla “Paleotto” perpetrando, e perseverando, un falso storico e toponomastico. Ci riferiamo alla località sanlazzarese Trappolone incuneata, all’angolo sud-ovest del territorio comunale, tra i comuni di Bologna (frazione San Ruffillo) e Pianoro (Rastignano).
Quello che dispiace è che questo incomprensibile cambio della storica toponomastica non è opera di qualche cronista disinformato – tale toponimo errato è riportato, più volte, anche a pagina 25 del foglio bolognese de “il Resto del Carlino” – ma della stessa amministrazione comunale sanlazzarese da almeno un decennio a questa parte.
Infatti il Paleotto “sanlazzarese” non è altro che un residence residuato di un’abortita speculazione immobiliare che ha poi portato l’impresa costruttrice al fallimento. Il Paleotto non è una località di San Lazzaro ma nel confinante Comune di Bologna dove, sulla sponda in sinistra orografica del Savena, c’è appunto il parco bolognese del Paleotto.
Non si capisce poi perché mai si continui a citare come “frazione” quell’insediamento, sorto su quello che fu il sedime del grande ex stabilimento Landy Freres – o Grappa Piave come veniva chiamato per via dell’enorme insegna luminosa – sorto nel secondo dopoguerra per la produzione di distillati, liquori e sciroppi poi demolito.
Non si comprende che utilità ci sia a stravolgere la toponomastica, e la storia locale, con l’insistere a voler cancellare un nome che, piaccia o meno, va mantenuto. Cambiando tale nome si va infatti a valorizzare un’iniziativa immobiliare, seppur legittima e con grandi ambizioni urbanistiche, che ha generato un fallimento da molti milioni di euro. Ed è assurdo che a farlo sia proprio l’amministrazione comunale.

 
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Tutto in una stalla… a lume di candela

Post n°177 pubblicato il 17 Febbraio 2013 da fabbri.giancarlo
 

 

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Pianoro (Bologna)

Storia e storie, cultura e culture, memorie e ricordi, utensili e attrezzi di scomparsi mestieri, antichi saperi, religiosità e superstizioni, lingua e dialetti, racconti e favole, vecchi e giovani, tutto questo in una stalla, a lume di candela in un’atmosfera amichevole d’altri tempi.
Parliamo dell’originale serata, svoltasi in quella che fu la stalla dell’ex edificio rurale che oggi ospita il Museo di Arti e Mestieri “Pietro Lazzarini” di Pianoro (Bologna), che si è svolta ad ingresso libero sotto il titolo “At voi cunter ’na fola”. Una veglia a lume di candela, come una volta d’inverno, organizzata dal museo nell’ambito dell’iniziativa nazionale “M’illumino di meno 2013” per il risparmio energetico, lanciata dalla trasmissione Caterpillar Radio 2.
A lume di candela, il folaio (racconta favole) Adriano Simoncini – scrittore e storico della civiltà contadina e della cultura montanara – ha raccontato ai tanti presenti al museo fatti curiosi del passato, veri o verosimili. Già docente, e direttore didattico delle scuole pianoresi, condirettore della rivista di studi storici “Savena Setta Sambro”, direttore del centro di documentazione “La Loggia della Fornace” di Rastignano, Simoncini è autore, oltre che di opere di narrativa, di un saggio memorabile  come “Il crepuscolo della civiltà contadina”.
A seguire una giovane del centro culturale giovanile Pianoro Factory ha letto alcune favole provenienti dal mondo arabo rievocando suggestive atmosfere da Mille e una notte. La serata culturale si è infine conclusa con la lettura della favola dialettale “La fola d’Zvan fort” (“La favola di Giovanni il forte”) di Carolina Coronedi Berti. La direttrice del museo Maurizia Lazzarini, Marta Rocca autrice di “C’era una volta… an è brisa una fola”, e altre due signore, volontarie dell’associazione Territorio e Civiltà dei Mestieri, hanno letto alternativamente brani della favola nel vernacolo felsineo e la loro traduzione in lingua. Infine applausi, vino e ciambella, a conclusione di un’iniziativa che ha riportato i più anziani al ricordo, e i più giovani alla conoscenza, di modi di vivere e di tradizioni ormai scomparse.

 
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