Creato da nina.monamour il 11/06/2010 |
L'INFERNO CHE HO SCELTO..
Lei gli sussurrò
"Sono il tuo inferno"
e lo guardava con occhi densi di desiderio.
Lui la attirò prepotentemente a sé...
e mentre la spogliava con gli occhi e con le mani rispose...
"TU.. sei l'Inferno che mi sono scelto..."
il resto....è storia...
CARPE DIEM..
Ci sono persone che non vivono la vita presente, ma si preparano con grande zelo come se dovessero vivere una qualche altra vita e non quella che vivono e intanto il tempo si consuma e fugge via..
"Carpe diem, quan minimun credula postero"
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Post n°7321 pubblicato il 08 Dicembre 2015 da nina.monamour
Non è certo il classico libro leggero da leggere così su due piedi perchè scoprirete le violenze inaudite che devono sopportare le donne in alcune parti del mondo. Ci sono bambine che vengono fatte sposare a 10 anni e che, dopo la prima notte di nozze con il marito trentenne, muoiono dissanguate. Altre subiscono stupri di gruppo perché si oppongono ad esercitare il loro "dovere di mogli". Ce ne sono alcune a cui vengono tagliate 6 dita in omaggio ai morti della comunità, gliene restano 4, per entrambe le mani, non abbastanza per imparare a scrivere ma sufficienti per i lavori domestici. Altre ancora, considerate "ribelli", vengono ricondotte alla disciplina con un tizzone ardente infilato tra le gambe, botte continue e privazione di acqua e cibo. E’ un viaggio nell’orrore della violenza sulle donne quello che propone Paola Tabet nel libro "Le dita tagliate". L’Antropologa italiana con un background accademico fatto di ricerche sul campo, racconta le pratiche di sottomissione messe in atto dagli uomini sulle donne in diverse parti del mondo come Mali, Costa D’Avorio, Kenya, Niger, Haiti, Nuova Guinea, India, Australia. Trattamenti choc che servono per spezzare la "resistenza" delle donne, per renderle soggiogate e obbedienti, per fare in modo che si dedichino a mettere al mondo i figli, ad accudirli, a badare alla casa, senza ribellarsi. Un sistema di dominio pervasivo che risalta in maniera eclatante in certe culture non occidentali ma che è presente ovunque. I gradi, le forme, la diffusione variano, ma il meccanismo "che costringe le donne a una condizione subordinata" non cambia. Usando una categoria marxista, Tabet parla di "violenza di classe". Secondo la studiosa, la "concentrazione quasi assoluta delle ricchezze in mano maschile" e l’endemica "dipendenza economica femminile" fanno sì che si possa considerare il modo diviso in due grandi classi, la classe degli uomini che sfrutta la classe delle donne. L’antropologa individua nel matrimonio l’espressione istituzionalizzata dello scambio iniquo che avviene tra le due classi. Uno scambio "sessuo-economico" che prevede che le donne offrano prestazioni sessuali e lavoro riproduttivo (cioè messa al mondo dei figli e conseguente accudimento) in cambio di un compenso più o meno variabile che può comprendere mantenimento, sicurezza economica, status sociale. Una tesi forte, questa, che, come si legge nel saggio, viene rifiutata dalle donne occidentali. L’Antropologa si spinge oltre e cerca di dimostrare che se alla base del matrimonio c’è uno scambio sesso-economico allora non si può considerare questa istituzione così diversa da altre pratiche che comprendono sempre uno scambio di denaro e sesso come, ad esempio, la prostituzione. La divisione tra "donne per bene", cioè madri e mogli, e prostitute sarebbe dunque artificiosa e non avrebbe motivo di esistere se si considera la natura dello scambio economico che regge entrambe. Ci sono casi, in cui la prostituzione diventa addirittura preferibile ai matrimoni retti sulla coercizione, perché si rivela un’occasione per uscire da un sistema "funzionale all’ordine sessuale dominante" che prevede che le donne seguano la retta via per "conservare la struttura familiare" e lasciare che gli uomini continuino a concentrare nelle proprie mani ricchezza e potere. fonte ilfattoquotidiano.it |
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Poi le vessazioni che vengono operate sulle donne in varie parti del Mondo sono vere e destano sgomento e rabbia, ma anche s in m isura diversa anche in Italia gli uomini spesso hanno atteggiamenti padronali verso le loro compagne, rendendole sottomesse e schiave dei loro istinti e delle loro "regole" a volte disumane. La violenza famigliare sulle donne e in parte anche sui figli è cosa ormai conclamata, ma che spesso gli uomini (e le donne) tendono a sottacere o a giustificare.
Per fortuna in Italia e in Europa e cmq. nel mondo Occidentale ci sono molte donne che lavorano e che sono autosufficienti, perciò almeno il ricatto sul bisogno funziona un po' meno. Rimane un maschilismo ostentato o mascherato che ancora vede la donna oggetto di piacere dell'uomo e sottomessa ai suoi desideri e al suo modo di vivere, in una situazione subordinata, relegandola peraltro ai lavori domestici e alla conservazione della specie. Ma per superare questo ci vorranno ancora anni e anni, uno Stato meno maschilista e una educazione capillare che restituisca piena dignità alle donne, oltre e pene severe per i maschietti che non le rispettano.
Per intanto se le donne si ribellassero di più e se troncassero le relazioni insoddisfacenti e violente non sarebbe male....è rischioso ma è forse l'unico modo per accellerare l'educazione dei maschi, in questo aiutate dallo Stato che deve comminare pene più severe ai violenti e dare un aiuto morale ed economico alle donne attraverso una proliferazione dei centri di assistenza e di dialogo.
Insomma, c'è tanta strada da fare, ma molto dipende qnche dal comportamento delle donne stesse.
Ciao....CARLO.