Creato da nina.monamour il 11/06/2010
 

Il Diavolo in Corpo

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Messaggi del 22/03/2014

Ammazzata di botte dal marito, orrore senza fine..

Post n°6266 pubblicato il 22 Marzo 2014 da nina.monamour
 

Immacolata era una donna di 53 anni. Era moglie, madre di sei figli. Immacolata Rumi era di Reggio Calabria. Una storia “comune” sarebbe potuta essere la sua; una storia di donna simile a quella di molte altre, fatta di piccole cose, forse, di riti quotidiani che ogni donna, a Reggio come in tutto il mondo, ripete per una vita e che fanno la vita.

Ma la storia di Immacolata non è quotidiana, né comune: perché Sabato scorso, agli Ospedali Riuniti della nostra città, il suo cuore ha smesso di battere.

E non per una malattia, non per un improvviso malore, non per un incidente: il cuore di Immacolata ha ceduto sotto il più terribile dei pesi, quello della violenza.

E' morta ammazzata di botte.

Immacolata è morta in seguito all’ennesimo pestaggio subito dal marito Domenico. Quest’ultimo, tra l’altro, si è incaricato di portarla, il giorno prima che morisse, al Pronto Soccorso dei Riuniti, quando la conseguenze della sua stessa violenza stavano chiaramente avendo esiti drammatici.

Ma non c’è stato nulla da fare per lei: il suo cuore   ha smesso di battere.

Il cerchio però, in poche ore, si è stretto attorno a quell’uomo che, interrogato dagli inquirenti insospettiti dagli ematomi che il povero corpo martoriato della donna presentava, non mostrava la disperazione di un marito che si vede strappare via la compagna della propria vita in modo assurdo ed incomprensibile. “Gesù l’ha voluta con sé” è la frase che ha pronunciato qualcuno circa la morte della moglie.

Troppo lapidaria, troppo rassegnata per poter essere compresa. Ed il PM ha voluto scavare a fondo in quella famiglia apparentemente “come tante altre”: marito, moglie, e ben sei figli. Il quadro che ne è venuto fuori è a dir poco inquietante. Il marito padre padrone per 30 anni ha sistematicamente sottoposto la Rumi a violenze d’ogni tipo. Pugni, calci, percosse anche con oggetti come bastoni o ombrelli.

 Gli stessi figli hanno voluto raccontare nei dettagli di una morte annunciata, quella della propria madre, che in nome della tenuta della famiglia ha letteralmente sacrificato la propria vita; pare che addirittura anche le ultime ore di vita della donna, ricoverata in ospedale, siano state segnate da un’assurda violenza: “Stai zitta, o ti tiro un pugno”.

Frase pronunciata dal marito, che non ha evidentemente rinunciato ad imporre il suo tirannico dominio su una donna, la sua donna, che stava morendo. Infine, gli esiti dell’autopsia che hanno definitivamente sciolto ogni dubbio: Immacolata Rumi è morta in seguito ad un’emorragia interna dovuta a rottura della milza, causata da un calcio o un colpo violentissimo. Oltre poi a fratture alle costole, ematomi, segni infiniti di un orrore inimmaginabile.

Il marito nei cui confronti è scattata l’ordinanza da parte del giudice, rischia dai 12 ai 20 anni di reclusione per aver ucciso la moglie. Lo si punisce, chiaramente, per l’esito drammatico che la condotta brutale da lui tenuta nei confronti della Rumi ha avuto.

Ma la terribile verità è che Immacolata ha iniziato a morire ben prima di Sabato scorso. Lei ha iniziato a morire trent’anni fa, quando, giovane sposa, dovette fare i conti con l’indole abietta del marito.

Tutto ciò in un contesto di degrado culturale che ha impedito a questa giovane donna di denunciare, di portare alla luce le disgustose ombre presenti tra le sue mura domestiche, nella speranza che il mostro potesse col tempo quietarsi, perché “i panni sporchi si lavano in casa”, perché quello che conta in certi ambiti è mantenere nei confronti dell’altro, dell’esterno, una parvenza di decoro ed onestà, a costo di tutto, anche della propria vita.

Immacolata, dunque, ha scelto di essere prima moglie e madre, ha forse tentato di preservare i suoi sei figli da quello che lei riteneva fosse un danno troppo oneroso da sopportare: quello di “etichettare” quel padre padrone per quel che era: un uomo di inaudita bestialità, d’efferata violenza, che pezzetto dopo pezzetto ha distrutto la vita di un’intera famiglia.

Ed i suoi figli hanno voluto ripagarla per questo estremo sacrificio, che non avrebbero mai voluto: hanno squarciato quel velo di ipocrisia, di abiezione, di dolore e paura che per tre decenni era stato mantenuto inalterato. Hanno voluto donare, a quella madre distrutta nel corpo e nell’animo, quello che non aveva mai avuto: la libertà.

E così hanno raccontato di un padre cattivo, cieco e sordo, che conosceva solo il linguaggio del sangue dentro casa sua. Ed hanno depositato sul tavolo del PM un’altra agghiacciante, inaccettabile, storia di femminicidio.

Immacolata era, come me, calabrese, della mia stessa città, mi chiedo se mai l'avrò incrociata camminando per la città. Mi chiedo se nei momenti bui si sia mai rivolta al mare ed al cielo per respirare aria buona e fresca, prima di far ritorno ad una casa che la violenza aveva reso la più orribile delle prigioni.

Mi chiedo se qui, a queste strade, alla bellezza antica e dolente della nostra città, abbia mai chiesto silenziosamente aiuto e forza per affrontare ogni giorno ancora la condanna che il destino le aveva inflitto. Immacolata non ha avuto aiuto: è morta sola, col suo assassino che con una mano la portava in ospedale e con l’altra continuava a tenerla in pugno.

Forse l’avrà desiderata quell’estrema liberazione dal dolore della carne che intrappolava lo spirito. Non lo sapremo mai, perché lei adesso non ce lo potrà più raccontare. Quello che noi, dolorosamente, dobbiamo raccontare a noi stessi, è che lo scorso Sabato abbiamo di nuovo perso: come esseri umani, esseri civili, reggini, uomini e donne.

Aver lasciato che Immacolata morisse è una sconfitta per ciascuno di noi. Possiamo ancora dire basta, possiamo rifiutare con forza che questo accada, e non dobbiamo lasciare che il dolore sopportato da questa (e, ahimè, prima di lei molte altre) donna venga vanificato da altri veli di indifferenza e di ipocrisia.

Almeno questo, a lei ed a tutte le altre che come lei non sono sopravvissute alla violenza, lo dobbiamo. Centoventisette donne uccise per mano dei loro uomini nel 2012. Tantissime nel 2013, per non parlare dell'inizio del 2014. Tra di loro, c’è Immacolata, che era una di noi.

Non sono solo numeri, Immacolata non può restare un numero.

Tutti dobbiamo essere Immacolata.

Siamo tutti Immacolata.

Vent'anni sarebbero pochi, troppi pochi, io lo chiuderei a pane ed acqua per tutta la vita, e lancerei le chiavi della cella nel Mar Ionio, questo "orco" non merita di vivere!!!!

 
 
 

Le vecchie zitelle..

Post n°6265 pubblicato il 22 Marzo 2014 da nina.monamour
 

Tre vecchie zitelle prendono il the ai tavolini di una locanda di mare.

Ad un tratto una gallina inseguita da un gallo attraversa la strada e finisce morta

sotto un'auto.

Una delle zitelle dice: "Hai visto? Ha preferito la morte...!".


Ah..ah..ah...simpatiche

 
 
 

Buongiorno Mondo..

Post n°6264 pubblicato il 22 Marzo 2014 da nina.monamour
 

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