Creato da nina.monamour il 11/06/2010 |
L'INFERNO CHE HO SCELTO..
Lei gli sussurrò
"Sono il tuo inferno"
e lo guardava con occhi densi di desiderio.
Lui la attirò prepotentemente a sé...
e mentre la spogliava con gli occhi e con le mani rispose...
"TU.. sei l'Inferno che mi sono scelto..."
il resto....è storia...
CARPE DIEM..
Ci sono persone che non vivono la vita presente, ma si preparano con grande zelo come se dovessero vivere una qualche altra vita e non quella che vivono e intanto il tempo si consuma e fugge via..
"Carpe diem, quan minimun credula postero"
Messaggi del 18/03/2016
Post n°7479 pubblicato il 18 Marzo 2016 da nina.monamour
"Dobbiamo andare e non fermarci finché non siamo arrivati. Il 12 marzo 1922 nasce a Lowell, Massachusetts, lo scrittore americano di origini franco-canadesi, Jack Kerouac. Basta pronunciare il suo nome e l'associazione con quei ragazzi irrequieti della "Beat Generation", che nell'immaginario dei perbenisti rappresentano la generazione perduta che brucia deliberatamente la propria gioventù, risulta inevitabile. E in quell’immaginario appare evidente il ben poco celato disprezzo verso quel movimento culturale americano sorto nel periodo degli anni '50, legato agli anarchici di origine dadaista-espressionista, e che vede tra i suoi massimi esponenti, oltre a Kerouac, William Burroughs e Allen Ginsbrg. I giovani artisti di quel periodo sfogano la loro avidità di vita accumulando esperienze rischiose e sempre nuove rigettando con disprezzo ogni sistema morale e sociale precostituito. La beat generation si ribella al conformismo puritano e lascia ai posteri i più interessanti classici della narrativa moderna. Vivono in un mondo in cui sembra che ogni battaglia sia stata già vinta e i vari idoli letterari del passato vengono ormai letti e commentati insieme a professori emeriti che si limitano a sterili analisi testuali senza riuscire a dare delle risposte al tumulto che si agita nei loro animi. Sembra non vi sia più nulla da dire o da fare, eppure in quell’iniziale silenzio e nel ripiegarsi in se stessi di quei giovani intellettuali emerge improvvisamente l’esigenza di raccontare il proprio drammatico malessere in una società carica di violenza psicologica che tende ad annientare l'individuo. E dal loro silenzio inquieto, carico di rancore nei confronti di una società sempre più anonima e impersonale e che lascia solo intravedere un futuro di lotta per il potere, uno stipendio e una routine soffocante di una vita crudele nella sua aberrante monotonia, si sprigiona una potente energia creativa. I vagabondaggi, le esaltazioni mistiche, il guidare a folle velocità e l’ubriacarsi rappresentano una ricerca di quell’innocenza perduta che si ribella alle opprimenti sovrastrutture che annientano nel conformismo l’istinto creativo dell’uomo. "Beat, è il beat da tenere, è il beat del cuore, è l’essere beat e malmessi al mondo e come l’essere a terra ai vecchi tempi e come nelle antiche civiltà gli schiavi ai remi che spingevano le galere a un beat e i servi che facevano vasi a un beat" In questo pensiero di Jack Kerouac sembra essere condensato il manifesto della beat generation, beatitudine derivante dalla salvezza mistica dello spiritualismo Zen, ma anche dall'estasi prodotta dalle droghe, dall’alcool, dal sesso, dal parlare per esternare liberamente tutto ciò che è dentro di noi. E nello stesso tempo beat si può interpretare come un ineluttabile annientamento che la società reca all’individuo e a cui si può reagire solamente conducendo una vita libera che ne divori ogni istante. Dunque il termine Beat assume due significati che si dimenano tra il battuto e beatificato in cui solo attraverso un’ostinata resistenza alle convenzioni borghesi e attuando un’esistenza attiva si può raggiungere la luce della verità. |
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