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Post n°19 pubblicato il 18 Febbraio 2011 da the_blue_ghost
 

Blog: il nuovo diario segreto?

A cura de Il Pensiero Scientifico Editore: 03/01/2011 / 08.01:00

Scrivere di sé: gli adolescenti ne hanno ancora bisogno?

L’adolescenza, con il carico di trasformazioni fisiche e psicologiche che comporta è, notoriamente, un periodo di profonda crisi. L’adolescente, non più bambino e non ancora adulto, si ritrova immerso in uno stato di confusione dal quale sente il bisogno di uscire, facendo chiarezza sui cambiamenti del proprio corpo, della propria personalità, degli obiettivi da perseguire e del modo di relazionarsi con gli altri. Scrivere di sé, in questo senso, è sempre stato uno degli strumenti più utilizzati, basti pensare ai banchi delle scuole, coperti di scritte colorate, o al diario su cui, insieme ai compiti, si scrivono messaggi, dediche, firme, ma si raccontano anche sentimenti, desideri, e che passa di mano in mano con l’invito a lasciare un segno di sé. Il diario, in cui raccontarsi, come un tentativo di "autocura" ha traghettato generazioni di adolescenti dall'infanzia all'età adulta.

Dal diario segreto al blog: come è cambiato il modo di raccontarsi?

Tutti noi ricordiamo il diario segreto dell’adolescenza, quello che rappresentava l’universo privato dei pensieri, dei sogni e delle paure, dove si raccontavano turbamenti e primi amori, protetto da una chiave che sanciva la sua inaccessibilità agli altri, che fossero adulti o coetanei. Oggi il bisogno di raccontarsi rimane impellente, ma subisce le trasformazioni a cui il mondo e la società in generale sono andati incontro negli ultimi anni: la comunicazione passa adesso soprattutto attraverso la Rete, luogo di incontro virtuale, spazio telematico di scambio di informazioni che ha profondamente mutato anche la dimensione strettamente privata del raccontare di sé. Il blog ha soppiantato il diario, pur con una sostanziale differenza rispetto a quest’ultimo, rappresentata dalla possibilità di rendere accessibile il suo contenuto potenzialmente a chiunque, in una sorta di cortocircuito, tipico dell’adolescenza, tra il bisogno di guardarsi dentro e il mostrarsi agli altri.

Blog, Messenger e social network: quali sono i nuovi strumenti del raccontarsi?

Accanto al blog (contrazione di web più log: web indica la Rete, log traccia, il blog è quindi una traccia lasciata nella Rete), l’equivalente telematico del diario, si sono moltiplicati gli strumenti che consentono il contatto con altri utenti della Rete in tempo reale. Messenger, per esempio, permette di rendere nota la propria presenza virtuale mentre si scrive o si naviga, lasciando così sempre aperto un canale di comunicazione con gli altri frequentatori della Rete. In tal modo, pur nel chiuso della propria stanza, di fronte allo schermo, non ci si sente mai soli.

Facebook, il social network più famoso del momento, mette a disposizione degli utenti una piazza virtuale in cui incontrarsi, fare gruppo sulla base di passioni o caratteristiche comuni o dell’appartenenza a scuole, palestre, luoghi di ritrovo del mondo reale. Proprio gli adolescenti sono tra i maggiori fruitori di questi nuovi sistemi di comunicazione, grazie alla possibilità offerta dalla Rete di confrontarsi con gli altri, restando però al riparo da un contatto diretto vissuto come troppo pericoloso. Il grande assente è proprio il corpo, oggetto di tante preoccupazioni da parte dei ragazzi, che rimane nascosto nella solitudine della propria stanza.

Dialogare in Rete: apertura o chiusura?

La Rete offre dunque una possibilità nuova di creare contatti con altri, di dialogare con persone di ogni età, genere e appartenenza, allargando pressoché all’infinito le occasioni di scambio, permettendo ai ragazzi di uscire dal chiuso delle comitive, dei gruppi ristretti che contraddistinguono solitamente le forme di aggregazione adolescenziali. Si può anche giocare con la propria identità, nascondendosi dietro un nickname, fingendo di essere un altro, in attesa di trovare la propria voce, la propria identità. Eppure viene da domandarsi se questo modo di comunicare non sia in realtà una forma di auto-esclusione dalla vita reale, dalle relazioni con gli altri che comportano necessariamente la presenza del corpo, della mente e delle emozioni.

Tenersi a distanza può essere un modo di non affrontare il rischio che il confronto con l’altro sempre comporta, un tentativo di allontanare la paura della propria fragilità o inadeguatezza, e che può diventare, nelle situazioni più estreme, una forma di alienazione da sé e dal mondo circostante. La Rete può allora trasformarsi in una sorta di prigione di cristallo, da cui l’adolescente guarda il mondo, senza però mai farne parte davvero (la stessa parola Rete ha questa doppia valenza: da un lato sistema di interconnessione, dall’altro strumento di cattura).

Come possono i genitori orientarsi in questa nuova realtà?

Per quel che riguarda internet e i moderni sistemi di comunicazione, gli adolescenti di oggi sono molto più esperti dei loro genitori, nati e cresciuti, in molti casi, in un’epoca in cui la rivoluzione tecnologica rappresentata dall’arrivo dei personal computer era ancora agli inizi. Si verificano quindi, spesso, due diversi tipi di reazione, da parte dei genitori, al nuovo modo di raccontarsi dei giovani “telematici”: da una parte ci sono coloro che guardano alla tecnologia, e quindi alla Rete, come a uno strumento pericoloso che può ingannare o danneggiare i figli; dall’altra coloro che, adeguandosi alle nuove tecnologie, diventano esperti navigatori e usano questi sistemi per entrare in contatto con i ragazzi.

Rifiutarsi di avere a che fare con la Rete demonizzandola comporta il rischio di non sapere niente di quel che fanno i ragazzi davanti al loro computer, delle persone con cui vengono in contatto, degli eventuali pericoli che corrono, e di ignorare una parte consistente della loro vita. Anche pretendere di star loro troppo vicini, però, alla stregua di compagni con annesso nickname, comporta un rischio: quello di essere avvertiti dai ragazzi come intrusivi e invadenti, e di essere quindi tenuti lontani. Conoscere i nuovi mezzi di comunicazione, apprezzando le possibilità che offrono in termini di apertura delle prospettive e di socializzazione, con un occhio attento a che i ragazzi non si facciano “portare a spasso” dalla Rete, ma mantenendo la giusta distanza generazionale, è sicuramente il comportamento più equilibrato.

A cura di Chiara Mezzalama 
Psicologa, psicoterapeuta, AIPPI
e di Laura Mercuri
Psicologa, psicoterapeuta

Rubrica a cura di Bianca Micanzi Ravagli
Direttore della Scuola di Specializzazione AIPPI
Redazione della rivista Richard & Piggle

 Fonte Yahoo

 
 
 
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Data di creazione: 19/12/2010
 

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