Creato da stefano.caldiron il 07/03/2012
poesie, racconti, considerazioni
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... e i dieci re, rimasti soli, innalzavano una preghiera al dio, perché indicasse loro quale dei tori andava sacrificato. Davano poi inizio alla caccia, e non avevano armi di ferro, ma solo corde e bastoni.
Quando, finalmente, catturavano il toro, lo portavano alla colonna e lo uccidevano, proprio sopra l’ iscrizione.
Platone, Crizia.
I dieci re erano nel bosco sacro di E-kih-raa. La caccia era finita, finalmente. Avevano catturato il toro, ed erano riusciti a trascinarlo davanti alla colonna di oricalco. In cinque lo tenevano fermo, con le corde e i bastoni. In quattro facevano forza sulle corna, per tenerlo in ginocchio, con la testa abbassata.
Toccava a Ah-ne-ir, adesso. Era lui il re degli altri re, il re di tutta l’isola. Si fece avanti.
Guardò negli occhi l’animale. Cercò, fra testa e collo, il punto esatto dove colpire. Recitò le sacre frasi. Recitò il giuramento. Alzò il coltello. Vibrò un colpo preciso. Immediatamente, il toro stramazzò. Iniziarono le convulsioni. Scalciava.
Quando l’agonia fu finita, eseguirono i canti e dissero le preghiere. Lavarono la colonna, e la purificarono con le erbe sacre. Purificarono l’animale, e cominciarono a squartarlo.
Prima lo scuoiarono. Lo fecero Ah-ne-ir, perché era il più anziano, ed Ei-ki-ih, che era, invece, il più giovane. Ah-ne-ir procedeva lesto, l’altro imparava rapidamente. Insieme, staccarono la testa.
Da quella Ah-ne-ir versò, nel cratere sacro, un po’ di sangue, poi mangiò un boccone di carne, perché le cervella non gli piacevano. Depose infine la testa sulle braci, per il sacrificio.
Finirono di scuoiare. Non doveva spiegare troppe cose, il ragazzo era sveglio. Aveva visto fare. Misero la pelle sulle braci, insieme. Toccava al ragazzo, adesso. Doveva estrarre le interiora.
Ah-ne-ir, finalmente, si riposava. Era esausto, la giornata era stata dura. Il ragazzo aveva versato il sangue, del cuore, nel cratere, e aveva mangiato un po’ del cuore e un po’ del fegato. Poi, aveva deposto le interiora sulle braci sacre. Aveva finito anche lui.
Uno alla volta, si alzarono gli altri. Si alzò E-ih-ne. Poi Ah-te-il. Poi Ei-di-nee. Anche per lui era la prima volta. Come tutti gli altri, pronunciò le sacre frasi, tagliò la sua parte, versò sangue nel cratere, mangiò. Depose nel fuoco il pezzo che aveva tagliato. Si alzò Eh-nu-ehi. Il rituale continuava. Erano stanchi.
Ah-ne-ir ripensò alla giornata. Era stata faticosa. Qualcosa non aveva funzionato, fin dall’inizio.
Avevano cominciato col fare giocare i tori, come sempre. C’era stato, a un certo punto, un breve gioco di sguardi, di emozioni, e un momento di euforia, strano, poi qualcuno aveva gridato. Ma quel grido era parso ad Ah-ne-ir vuoto. Aveva pensato ai padri, alle altre volte. Erano tante.
Continuavano a far giocare gli animali, ma intanto il tempo passava. Non si capiva qual era il toro. Quale doveva essere. Improvvisamente, senza volere, ne urtarono uno, che sbuffò, irritato. Tutti si fermarono. Ad Ah-ne-ir veniva voglia di piangere. Il gioco ricominciò. Ma il toro era offeso. Provavano a prenderlo con le corde, ma non ci riuscivano. In breve, s’infuriò. Cominciò a correre in giro, erano stanchi. Puntò uno di loro, che venne incornato, di striscio. Finalmente, Ei-di-nee lo prese di lato, e gli saltò sopra prima che scalciasse. Legò le corna. Riuscì a saltare giù, prima di venire scaraventato a terra. Ora, attaccati alle corde, tiravano. Ei-di-nee ed Ei-ki-ih legarono le loro funi a un albero. Erano tutti stremati.
“I giovani ci aiutano” aveva detto Ki-na-ree.
“Già” aveva risposto Ah-ne-ir, ed era triste.
...attingevano dal cratere, con delle coppe d’oro, il sangue, che gettavano nel fuoco, pronunciando il giuramento di giudicare secondo lo spirito delle leggi scritte sulla colonna...
Stavano bevendo il sangue. Era il turno di Ah-ne-ir. Attinse, con la sua coppa d’oro, dal cratere. Rinnovò il giuramento, lo rinnovò per sé e per i suoi discendenti. Gettò nel fuoco un po’ del sangue. Iniziò a bere.
Mentre beveva, pensava a tutto quello che era successo. Soprattutto, pensava ad A-eìl-ei. Lo aveva osservato spesso, durante il giorno. Era già da qualche tempo che lo osservava.
Gli faceva una strana impressione. C’era qualcosa, in quell’uomo, che non capiva, e che lo inquietava.
Accusarlo di qualcosa? E di cosa? Di essere cambiato, o peggio, di avere accettato di diventare come desiderava?
Accusarlo di cosa? Di avere eseguito il rituale come gli altri, insieme agli altri, e di averlo eseguito come un estraneo? E insieme apparentemente uguale a tutti?
Ah-ne-ir era vecchio. Ricordava i padri. Quando conoscerai il disagio, gli disse un giorno suo padre, è per qualcosa che non conosci. Non è bene o male il disagio in sé, ma occorre fare attenzione a ciò che il disagio indica. Il disagio avverte. Suo padre, quando gli parlò, era serio.
E gli altri? E gli altri cosa pensavano, gli altri vecchi come lui, Ki-na-ree, E-ih-ne, Ah-te-il? E avevano visto la tristezza di quell’uomo, il vuoto tremendo che spargeva intorno?
Ecco, pensava Ah-ne-ir, sono vecchio. Ma, eppure, non ho mai visto nessuno che potesse non sentire qualcosa in questi atti. Eppure, ora vedo, non perché lo voglio vedere ma perché la sua diversità m’attira, vedo che il cuore di quest’uomo non vive.
Finì il sangue che era rimasto. Uno ad uno, tutti gli altri rinnovarono il giuramento. Bevvero e libarono. Finalmente, stanchi, si avviarono verso il Tempio, a riporre le loro coppe.
Ah-ne-ir camminava davanti, nella luce bassa, e intanto continuava a pensare.
I sacerdoti. I sacerdoti del Mistero potevano aiutarlo. Forse era meglio parlarne con loro.
... veniva così il momento in cui i re giudicavano, ma potevano anche venir giudicati essi stessi...
Era notte fonda, ormai. I re erano tutti in cerchio, con la veste azzurra.
Ah-ne-ir si alzò. Il fuoco dei sacrifici si era consumato. Gli altri fuochi, intorno, erano quasi tutti spenti.
“Qualcuno ha infranto la Legge? Qualcuno ha creato dolore ad alcuno? Qualcuno non è degno di essere re, in Atl?”
Tutti tacquero. Qualcuno non è degno di essere re, ecco. E le leggi, dove finiscono, dove cominciano le leggi? Capì che doveva aspettare. Nessuno parlò.
“Nessuno ha infranto la Legge. Nessuno ha creato dolore. I re sono degni di essere re, in Atl.”
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