Sono corsa via, ho corso e corso e corso
fino a non resistere ai singhiozzi.
Mi sono rannicchiata nella terra,
e tra le lacrime ho raccolto un mazzo di mughetti e violette.
Mi ha svegliata il latrare dei cani - quanto odio quei cani!
e ho saputo che eri tu che te ne andavi.
Troppo in fretta.
Con quel mazzo in mano che avrei voluto lasciarti sul vetro dell'auto
sono uscita dal mio pianto e ti ho cercato.
Ma non c'eri più.
Me li porto a casa, questi fiori che sanno del nostro amore.
Purezza nel bianco e dolore, lutto acido nel viola senza profumo.
Che profumo non c'è più, in questo silenzio troppo profondo.
Staranno lì a morire, nel'acqua che sarà sempre troppo poca
rispetto al lago denso che mi porto dentro.
Li guarderò nel vano tentativo di cancellare te
ed i tuoi sogni - che mi sono appartenuti,
anche se troppo poco è stato il tempo per goderne davvero.
Non ti dimenticherò mai.
Mai.
Dio quant'è profondo lo strappo. E quanto male fa.
Dea.. quanto lontana sei in questo momento?
Ascolta la tua figlia che piange un coraggio che non ha,
l'enorme rimpianto per non saper camminare verso la libertà.
E l'inutilità di un sentire di cui non c'è ragione, ora.
Non è giusto... non è giusto.
Avresti dovuto preservarci nel nostro sogno.
Lo so, mi è stato detto migliaia di volte: lascia le palme aperte, ciò che non è tuo cadrà e di ciò che rimarrà potrai riempire il tuo cuore. Ma non è vero, non è vero, non è vero! Dea.. hai mentito?
Almeno, che lui trovi la sua felicità.
Non ti voglio chiedere altro.
Ma ti prego, ascoltami. Almeno questa volta.
Che così pagherò il mio pegno.
Piove.