« GASTRONOMIA E TRADIZIONE |
Narrano i cantastorie calabresi che ci fu un tempo remoto in cui la vite era una semplice pianta ornamentale: non produceva né fiori né tanto meno frutti. «Questa pianta dà ombra ai seminati» disse «la ridurrò più piccola che sia possibile». il contadino la potò così energicamente che della verde pianta non rimasero che pochi rami nudi e corti. La vite pianse e un usignolo ebbe pietà di lei: «Non piangere» disse «io canterò per te, e le stelle si muoveranno a compassione». cominciò a cantare tanto dolcemente che la vite si sentì via via rinascere. finché esse si commossero e fecero discendere un po’ della loro forza sulla povera pianta mutilata. i suoi nodi si gonfiarono, le sue gemme si aprirono. I primi pampini verdi fremettero alla brezza, e tenui riccioli verdi, i viticci,
si allungarono per avvolgersi come una delicata carezza intorno alle zampine dell’uccellino. già gli acini del primo racimolo cominciavano a dorarsi alla luce dell’alba. La vite era diventata una pianta fruttifera. E che pianta! Il suo frutto possedeva la forza delle stelle, la dolcezza del canto dell’usignolo, la luminosa letizia delle notti estive. ceppo basso con grossi tralci aggrovigliati a fior di terra, tralci ricchi di verdi pampini. |
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