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ECONOMIA DEL BISOGNO ED ETICA DEL DESIDERIO

Post n°4 pubblicato il 26 Luglio 2010 da tommaso.mt
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Sulle cause della crisi finanziaria scoppiata all’indomani del fallimento di importanti banche d’affari di livello internazionale, propagatasi anche nell’economia reale, molti pensatori hanno offerto le proprie analisi e riflessioni proponendo una visione della società attuale privata, o forse scippata dei propri valori morali ed etici da un sistema produttivo la cui logica è solo quella del raggiungimento ossessivo del profitto nel breve periodo. L’ultimo lavoro del prof. Mario Signore, “Economia del bisogno ed etica del desiderio”, Pensa Multimedia editore, dicembre 2009, pagine 238, Ordinario di Filosofia Morale nella Facoltà di Economia dell’Università del Salento (prima conosciuta come Università degli Studi di Lecce), presenta una nuova chiave di lettura che supera questa tradizionale dicotomia, attraverso un interessante studio sul perseguimento del progresso e dello sviluppo imposti dal modello economico di matrice smithiana, puntando sull’allargamento degli orizzonti del bisogno dell’uomo, con l’ausilio di una vera e propria “tavola dei bisogni” di valenza universale.

 Nel libro, che si articola in sette capitoli, oltre l’introduzione e le considerazioni conclusive (e provvisorie), l’autore pone al centro del proprio pensiero l’uomo, con la sua caratteristica di “essere debole”, homo fragilis, con i suoi bisogni, intesi come sentimenti di privazione, di mancanza, bisogni intimamente collegati all’essere “uomo” e alla sua natura umana (non c’è bisogno senza uomo e non c’è uomo senza bisogno). Scorrendo le pagine di questo lavoro, l’autore parla dell’uomo non soltanto facendo riferimento all’antropologia, ma anche alla filosofia, alla sociologia, alla fisica, alla chimica, all’economia, alla teologia, chiamando in causa diversi illustri pensatori, anche contemporanei, lungo un sentiero che porta dritto alla dialettica dell’unità della condizione umana. In questo modo, l’intervento del prof. Signore si inserisce in quella appassionante ricerca dell’anello di congiunzione tra l’economia, come mezzo di produzione della ricchezza materiale, e l’etica, intesa come insieme dei comportamenti che consentono all’individuo di gestire la propria libertà nel rispetto degli altri.

Schopenhauer avrebbe detto che “ogni volere scaturisce da bisogno, ossia da mancanza, ossia da sofferenza” e “per un desiderio, che venga appagato, ne rimangono almeno dieci insoddisfatti”, dimostrando come la natura umana non consenta una liberazione totale e definitiva dal bisogno. Spinto dal suo desiderio di appagamento, l’uomo è costretto a uscire dal suo individualismo primitivo, aprendosi all’universalismo, mettendosi in contatto con la realtà esterna con la quale relazionarsi, creando quella divisione del lavoro nella concezione smithiana, che gli consente di liberarsi dal bisogno. Avrebbe detto Adam Smith ne “La ricchezza delle nazioni” (1776) che la maggior parte dei bisogni “viene soddisfatta dal prodotto del lavoro di altri uomini, che egli [uomo] acquista” col prezzo del prodotto del proprio lavoro. Partendo dallo stato di bisogno l’uomo giunge a tessere indispensabili rapporti sociali, che lo portano ad assumersi le proprie responsabilità nei confronti della collettività (che equivale a dire “do la mia parola”, “la mia risposta”), intesa come assunzione dei propri doveri verso gli altri, soprattutto nel rispetto delle libertà altrui. Dalla responsabilità la riflessione del professore si apre al riconoscimento dei diritti inviolabili dell’uomo, che non sono solo il rispetto della vita biologicamente intesa, ma anche la libertà, la democrazia e la dignità umana. Grazie a queste conquiste, coniugate allo sviluppo della tecnica e della ricerca scientifica, reso possibile dalla straordinaria capacità della propria ragione, l’uomo occidentale ha raggiunto l’attuale livello di benessere, liberandosi dei suoi bisogni primari per avvertirne di diversi e più complessi, cui dare sempre nuove risposte in termini di appagamento e di liberazione. La mancanza di libertà e di democrazia allarga l’analisi alle problematiche del Terzo Mondo, ancora alla ricerca affannosa del soddisfacimento dei propri bisogni primari, di cibo e di cura. Se ogni forma di aiuto umanitario può contribuire provvisoriamente all’appagamento di tali necessità, senza la libertà e la democrazia, coniugate con la diffusione dell’istruzione, si è lontani dallo sviluppo duraturo, non solo economico, ma anche sociale, politico, culturale, rinunciando a perseguire quella liberazione dal bisogno cui ogni uomo, per sua natura, è portato a raggiungere: e qui “la democrazia da formale, statutaria, diventa ‘bisogno reale’” perché essenziale e centrale per “capire la grande ricchezza dei bisogni dell’uomo di oggi”.

Contro il modello dell’occidentalizzazione del mondo, riportato in modo esaustivo dal nostro autore, in cui il mercato è visto solo come produzione di beni per l’accrescimento della ricchezza materiale, basato sulla vittoria indiscussa della “quantificazione” e della “monetarizzazione” del capitale, secondo la visione marxista, si associa anche l’economista Partha Dasgupta Sarathi, docente dell’Università di Cambridge, che attacca l’attività economica, i cui modelli di crescita parlano poco di capitale fisico, di conoscenza e soprattutto di capitale umano. Su questo stesso pensiero si inserisce l’intervento di qualche mese fa del Patriarca di Venezia, Angelo Scola,  suonando la sveglia all’uomo dell’Occidente, assopito nell’accumulazione del capitale e nell’intreccio delle speculazioni, invitandolo a destarsi dal sonno profondo in cui è precipitata la sua ragione, protagonista del suo apparente progresso, perseguitato dall’obiettivo del raggiungimento di immediati guadagni, fino a perdere di vista le dimensioni proprie della stessa finanza. Per il Patriarca, come per il prof. Signore, “bisogna mettere in campo la domanda sull’uomo e sul suo essere in relazione”, perché le “persone e comunità sono infatti portatrici di bisogni, ma anche di risorse concrete, individuali e comunitarie”, ricordandoci che “la dimensione etica dell’economia e della finanza non è qualcosa di accessorio e di formale, ma di essenziale”. Il legame che propone in questo ragionamento l’opera del prof. Signore è uomo-bisogno-relazione sociale da cui discendono tutti gli altri valori chiave: responsabilità e quindi libertà e democrazia come fattori trainanti lo sviluppo, prima di tutto sociale, e in seguito anche economico, culturale, politico portando il sistema verso il progresso, il benessere e la felicità universale. Lo sottolinea il Santo Padre nella Lettera Enciclica “Caritas in Veritate” (2009) quando afferma, nel richiamare la “Populorum Progressio” di Paolo VI (1967), che “solo se libero, lo sviluppo può essere integralmente umano; solo in un regime di libertà responsabile esso può crescere in maniera adeguata”.

Un ultimo pensiero prima di chiudere il presente contributo va alle giovani generazioni impegnate nella costruzione della società del domani, cogliendo dagli insegnamenti e dagli errori di questa attuale generazione, smarrita dal nichilismo o, quasi a dire dal solipsismo, perché sappiano attuare quella trasformazione del “bisogno di avere”, tipico del nostro modo di intendere l’economia, in “bisogno di essere”, attraverso la diffusione della libertà e della democrazia, mettendosi in ascolto dei bisogni, proprio sull’esempio del nostro autore, dell’uomo debole e fragile, per creare una nuova concezione di sviluppo sociale ed etico, verso il raggiungimento del bene comune e della felicità universale, scopo supremo della repubblica. Per questo riveste grande importanza il lavoro educativo, perché non c’è innovazione senza educazione, che ritorni al centro degli interessi delle famiglie e di tutta la società civile. Secondo il pensiero del nostro autore, diventa determinante “l’approccio al bisogno umano condiviso” che “può divenire una nuova misura per la qualità della vita, che nasce e si muove sul piano morale”, in cui diventa essenziale la valorizzazione dei suoi bisogni nell’ottica della produzione di valore e del valore della ricchezza umana. In conclusione, il lavoro del prof. Signore, può rappresentare una guida per l’azione della nuova classe politica dirigente (di ogni livello istituzionale), perché, mettendo al centro la libertà individuale al servizio della ricerca collettiva del bene comune, possa garantire il “bisogno di riconoscimento”, nell’ottica della globalizzazione dei valori legati alla persona umana, intesi come la solidarietà, la fraternità, l’uguaglianza, per affrontare con maggior senso di responsabilità e in maniera davvero dignitosa le nuove sfide che ci sta preparando questo neonato Nuovo Millennio.

                                                                                                                      Tommaso Manzillo

 

 
 
 
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