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« Ray CaesarDi me e di te »

Mark Ryden

Post n°20 pubblicato il 12 Agosto 2007 da TamaraRufo
 

Mark Ryden cattura l'attenzione di un pubblico eterogeneo. Il suo nome si diffonde a partire dagli anni ‘90, tra gli appassionati di musica pop, davanti alle copertine illustrate di band come i Red Hot Chili Pepper per The Butthole Surfers e di voci come Michael Jackson nel suo famosissimo Dangerous.

Mark Ryden e sua moglie, Marion Peck, sono dediti alla pittura di figure arcane, mistiche e surreali, offendo una visione del loro mondo di fiabe. L’universo del subconscio popolato da strane immagini zoomorfe e sinistre visioni che nascondono simbolismi al limite dell'alchemico.

Solito usare una lente di ingrandimento per dipingere le sue opere, giostrandosi con pennelli piccolissimi, Ryden nelle sue opere fa pensare ad uno scienziato che analizza insetti e batteri... riporta alla mente manipolazioni genetiche, il sogno dell'uomo di ricreare la natura oltre la sua stessa percezione.

Egli osserva la natura e riporta i suoi misteri attraverso giochi di luce e del colore. Per questo artista dipingere è come la chimica. Anzi, è come l'Alchimia. Il suo studio è infatti piuttosto un laboratorio.

Ma Ryden è riluttante a spiegare il significato o il possibile simbolismo dietro tutto l'immaginario della sua arte. Sente che se si spiegasse tutto si toglierebbe qualcosa di importante all’arte stessa. “La vita è misteriosa e affascinante”, dice. Così vuole che i suoi quadri posseggano lo stesso sentimento di mistero. Piuttosto che raccontare alla gente cosa mette nella sua arte, preferisce che siano loro stessi ad interpretarne il contenuto. L'obiettivo dei suoi quadri è quello di essere un catalizzatore di meraviglia e scoperta piuttosto che essere un veicolo per comunicare una specifica idea.

Ryden, come la moglie Marion, crede nel potere creativo del subconscio. Nel libero fluire di immagini e pensieri che trovano così nuovo assembramento, straordinario come quello che riuscirebbe a fantasticare la mente di un bambino.

Proprio quello a cui aspira Ryden: far recuperare all’adulto la libertà immaginaria dell’infanzia.

Molte delle immagini e figure che usa nei suoi quadri sono ispirate infatti alla sua infanzia, come libri, giocattoli ed altri oggetti. Sono queste vecchie memorie a far parte delle sue opere.

Tra queste, c’è la carne che dipinge molto spesso, e proprio perché la gente si meraviglia tanto a riguardo. Ryden vuole stupire, emozionare.

Ma dipingere la carne ha anche altri significati nascosti, uno dei pensieri dell’artista corrisponde a quanto è stato scritto da Virgil Crow: "La vita è una grande illusione", siamo creature di pura energia e "carne", è questo l'elemento che ci tiene qui. Ryden pensa a come la "carne" cambia nel tempo, è affascinato da come parte di una bella creatura vivente poi diventa "sostanza" inanimata. Si domanda, a che punto esatto l'animale passa la linea e diventa carne? L'interpretazione di questo pensiero, riconosce lui stesso, può essere fonte di visioni senza fine dall'umoristico all'orribile.

C'è dunque un ovvio orrore collegato con l'industria della carne. Il sangue, il sangue coagulato, la disumana macellazione.

Nella sua arte Mark però non dà giudizi personali o dichiarazioni sul consumo di carne nella nostra cultura. Si sente più che altro un osservatore. Il consumo di carne animale è per lui un istinto naturale primario, proprio come il sesso e il dipingere. Ma c'è un paradosso che lo colpisce, il sapere come quella deliziosa bistecca di manzo scelto arriva sul nostro piatto.

L’artista sottolinea la perdita di riverenza che oggi caratterizza realtà di questo tipo. Trova  interessante confrontare questa riflessione con quella legata ad un animale consumato da chi ne fosse stato proprio il cacciatore, di fatto l’unico acquirente del diritto a mangiare la preda catturata.

Ma al di là dell'impatto concettuale, Ryden comunque è attratto dalla carne anche per la sua forte qualità visiva. Considerata la meravigliosa varietà di sapori e modelli della carne questa varietà è suntuosa. Basta tenere conto del sottile turbinare dei rossi vermigli e dei grassi giallo ocra. Qualità visive che da sole, sono abbastanza seducenti per fare della carne il soggetto di un lavoro artistico. Tanto seducenti da indurre con facilità alla trascendenza del rappresentativo.

La carne dopotutto è stata un soggetto anche per molti altri pittori, da Rembrandt a Van Gogh.

Contemporaneamente Ryden è attratto dal misticismo della religione, dalla creatività che ne ha sempre permeato la diffusione. Le storie e le favole religiose sono da sempre molto interessanti, e storicamente la religione sempre stata una delle prevalenti fonti di ispirazione per l'arte.

Così, circondato da libri e carte sull'alchimia e dal misticismo per anni, Mark si dimostra affascinato da simboli ed immagini svariate riuscendo ad essere glamorous quanto riflessivo, tecnico quanto concettuale, colto quanto innovativo. Le sue opere sono a loro agio nell’immaginazione del conoscitore collezionista di citazioni, come nelle ville di Di Caprio o di De Niro, dipingendo paffute fanciullette pastello che vagano in cerca delle colleghe e poi vengono ingoiate o sconvolte da alberi crudeli e secolari.

In “The Butcher Bunny” l’artista ci propone un incubo sul tema del sogno della Alice di Lewis Carroll, in cui l’orrore maggiore non è tanto che il bianconiglio sia alto due metri, e stia tagliando una coscia di maiale con una sega da legno. Ma, forse, che il cappellaio matto, per una volta, appaia il più savio della composizione.

Mark Ryden è riconosciuto come il leader del movimento di pittura figurativa, definito dalla critica d’oltreoceano "Pop Surrealism".

Influenzato da una moltitudine di fonti di ispirazione, una delle caratteristiche che le accomuna è che l’artista cerca di essere aperto a tutto. Pur finendo per gravitare, ammette egli stesso, verso certe cose, come nell'Alchimia. Proprio l'Alchimia infatti sembra offrirgli un'infinita fonte di idee e di ispirazione.

Troviamo influenze e riferimenti alle illustrazioni degli anni ’50, alla cultura pop americana, alla più recente arte psichedelica ma anche al realismo fantastico viennese di Ernst Fuchs, fino al manierismo classico francese.

Una specie di circo sognante e crudele, fatto di colori e forme accurate come nella tradizione dei libri illustrati della fine del XIX secolo. Infatti, i motivi di ispirazione di Ryden vanno dai grandi come Rembrandt, Ingres, David fino alle illustrazioni dei libri scolastici, dalla vecchia cartamoneta alle pubblicità d'epoca, da Abraham Lincoln a Barbie. Un'apparente accozzaglia di stimoli e di generi che lui però riesce a fondere in un "non tempo" in cui tutto ciò può coesistere e lo stesso Lincoln, come in un gioco, può essere rappresentato da Ken di Barbie.

L’universo onirico e fantastico messo in scena da Ryden si diffonde sull’imprevedibile accostamento di elementi che egli assembla magistralmente. Tutto è talmente armonioso ed estetizzante da evocare una precisa visione del mondo: un luogo meraviglioso in cui ogni accadimento, per quanto frammentario e illogico, ha un potere magico e miracoloso.

Mark Ryden ha vissuto con quattro fratelli e ciò ha sicuramente contribuito a creare un castello di fantasie e giochi di ruolo molto articolato e complesso in cui ognuno ha messo del suo e arricchito di personaggi mostruosi il mondo segreto e misterioso dei fanciulli.

Ma questo artista lavora praticamente di notte, da quando si è accorto che tutti i pensieri e le visioni che affollavano la sua mente non lo facevano dormire. Ora vive in una specie di castello a Pasadena in California e il suo studio è pieno di oggetti di ogni tipo, una wunderkammer personale colmo di vecchi giocattoli, attrezzi, statue, santini, bibbie e scheletri. Proprio come avveniva per i collezionisti di “rarità” a partire dal 1500.

La notte è il momento migliore per creare, anzi più è tardi e più lontano l’artista trova la possibilità di andare, arriva in un altro mondo.

“Alcuni anni fa”, racconta, “mentre stava lavorando, una brezza leggera entrò nel suo studio. C'era un gran silenzio. Il profumo dell'aria gli fece perdere la concentrazione. All'improvviso si rese conto che c'era qualcuno con lui. Mi girai e vidi un piccolo Abraham Lincoln seduto sulla sua spalla destra, si guardarono per un momento e poi Lincoln gli disse in un orecchio: dipingi una bistecca”.

L'arte di Ryden è quindi molto disinibita e cruda nel suo fascino. Apparentemente le scene d'insieme sembrano innocue e delicate illustrazioni per bambini, ma quando si scende nel particolare si notano figure grottesche, azioni stonate, incongruenti e irrazionali e per questo "spaventose". Ryden stesso ammette che dipinge con la libertà e la sfrontatezza che hanno i bambini. Tante cose che per gli adulti sono sconvenienti o sporche, per i bambini sono invece interessanti, mentre tante altre cose buone e belle, tipo alcuni cibi, per i bambini son schifose. Vermi, terra, fango, escrementi sono oggetti misteriosi che attirano l'attenzione dei bambini, un bellissimo e nutriente piatto di verdure, no.

E in tutto questo mondo fatto di fantasia e di carne si muovono soavi e ieratiche bambine belle come sante, con gli occhi che lacrimano sangue come le madonne della speranza nelle città di periferia.

Capelli di seta e palpebre bistrate come dive degli anni '20, le fanciulle di Ryden cavalcano animali scuoiati, cercano fiori e trovano teschi, siedono su altari di fiori di loto, come divinità bambine della tradizione indù.

Queste svelano un legame sacro con la carne e con la morte, con le viscere e con la bellezza. Manifestano la vita, la rappresentano.

Per questo Ryden, parlando del lavoro della moglie, afferma di ammirarne la connessione con il mondo spirituale. L’amore della donna per la natura e per gli animali. Le sue riflessioni quotidiane e le sue osservazioni sulla vita, affascinanti in quanto mostrano il suo autentico legame con il mondo dell'anima.

Ciononostante Mark Ryden è un pittore di immagini criptiche e fantastiche, assolutamente dissacratorio.

 
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