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« La via nascostaMark Ryden »

Ray Caesar

Post n°19 pubblicato il 05 Agosto 2007 da TamaraRufo
 

La Lowbrow Art, conosciuta anche come Surrealismo Pop, è un movimento artistico nato intorno a Los Angeles tra fumetti underground, musica punk ed altre sottoculture alla fine degli anni Settanta. Tutte le opere di questo movimento sono caratterizzate da soggetti spesso caricaturali, contraddistinti dall’uso di colori forti e da un’accentuata comunicatività. La maggior parte degli ideatori proviene da ambienti non tradizionalmente artistici, bensì si tratta di fumettisti, illustratori, tatuatori, decoratori di auto “hot road”, ecc.

Ray Caesar è uno di questi esponenti e come scrive nella sua biografia ne è fiero:

“Sono nato a Londra il 1958 nell’Ospedale di St Heliar come un cane, narra così la leggenda... l’edificio era stato bombardato durante la guerra e il grande ospedale era crollato da una parte. Mio padre mi raccontò che misero una tavola di marmo sul pavimento e proprio quando credeva che la tavola sarebbe scivolava via… io sono schizzato fuori.

Era l’anno del cane…

All’età di sei anni cominciai ad avere strani sogni e presi a dormire sotto il letto. Avevo la tendenza a sporcarmi di tutto e ciò spingeva continuamente le persone a ripulirmi. Ma era a dir poco sconveniente chinarsi per allungare una mano sotto il letto e catturarmi, mordevo! Poi c’erano sempre nuove discussioni, non volevo saperne di smettere di scrivere sul mio corpo con le penne a sfera. Ero attratto dal mondo da strada, il “Dog eat dog”, il movimento underground dell’epoca stava divenendo un evento cinematografico.

La mia famiglia non ha mai avuto molto successo con la mia gioventù turbolenta, alla fine vincevo sempre io. E ad oggi, talvolta, ancora mi succede di scarabocchiare qualche pensiero utile sul mio corpo.

Successivamente venimmo tutti esiliati dall’Inghilterra per non aver pagato l’affitto e per esserci fatti spacciare membro della famiglia reale. Finimmo a Toronto, in Canada.

Più tardi, poi imparai cos’era un lavoro temporaneo scattando fotografie presso l’Ospedale per i bambini malati, deformi, operati chirurgicamente in seguito ad abusi di ogni tipo… e continuai a lavorare lì come illustratore d’arte medica per 17 anni. Vidi le cose più dure, ma forse ero abbastanza equilibrato per poterlo sopportare. Le immagini su cui oggi lavoro sono iniziate allora, 26 anni fa. Nei miei sogni oggi ritornano spesso i corridoi di quell’ospedale, ho la certezza che io ritorni laggiù per offrire una possibilità alle vite di quelle creature… è come se loro mi stanassero nel sonno con piccoli morsi…. È giusto che adesso io viva i miei sogni per coloro che non ne hanno avuto la possibilità nella loro vita… fare altrimenti sarebbe un peccato!”

Un’esperienza, quella presso l’ospedale psichiatrico infantile da cui Ray Caesar viene segnato dunque, ma l’artista svolge in seguito anche altre attività, è un disegnatore e un grafico digitale, lavora nell’industria cinematografica e anche con un certo successo. Tuttavia è l’influenza subita presso l’ospedale che successivamente, completata dalla sua capacità creativa, lo porterà alla realizzazione delle sue figure.

“Avevo smesso di dipingere e di fare arte… ciononostante… per un periodo di 10 anni, tutto era diventato un’ossessione più che un piacere. Poi, dopo la morte di mia madre e mia sorella sono seguiti sogni veramente insoliti o forse, dopotutto, ricevetti la visita del loro fantasma. Soprattutto di mia madre, ne vidi la figura adombrare una luce accesa e finendo per lasciare a lei l’ultima parola, le chiesi: è giusto questo, questa è arte?

Lasciai così il mio vecchio lavoro presso il mondo dello spettacolo, abbandonai gli effetti speciali e negli ultimi 3 anni ho preso a produrre solamente queste immagini. Non so se sono Arte, non so come realmente la gente guardi queste rappresentazioni, non so se apprezzi davvero che siano ottenute tramite un computer… per me è qualcosa che dovevo fare prima di morire, perché se non l’avessi fatto… i sogni sarebbero tornati, ed io sono stanco di dormire sotto il letto...”

Ray Caesar dà così vita a bambine dallo sguardo penetrante, lolite che scrutano l’anima dello spettatore con aria inquisitoria. Creature che subiscono vere e proprie mutazioni fisiche negli arti: bambine-pipistrello, bambine-ragno, bambine-polpo. Un’infanzia iperrealista e surreale, per niente rassicurante, come in una favola in cui l’orrore sta per invadere. L’ambientazione dei suoi personaggi è curata nei minimi dettagli, viene posta un’attenzione quasi maniacale ai gesti, ai vestiti, agli oggetti, lo spazio assume i connotati di uno scenario teatrale.

L’effetto è immediatamente percepibile, tra la fascinazione e lo sgomento, tra l’attrazione e la repulsione. Ogni lavoro è diverso ma Caesar prova a esprimere sempre la vera natura dell’animo umano, uno specchio su quello che lui stesso è e su quelli che sono i suoi ricordi che ne hanno influenzato la vita, sia a livello conscio che inconscio. Sotto questa luce, questi strani bambini sono una riflessione di una delle tante sfaccettature del suo pensiero.

Come lo stesso artista ammette è stato influenzato da molte cose e da correnti artistiche diverse, ma riconosce che Joseph Cornell con i suoi lavori e la sua vita sono per lui un esempio di dignità, bellezza e mistero: “La prima volta che ho visto una delle sue scatole è stato come guardare dalla finestra di un altro mondo... piccole costruzioni tratte da semplici oggetti assemblano altri oggetti, inutili per la gente, per giungere a qualcosa che è oltre l'arte.”

La sua immaginazione, arricchita dai ricordi, dalle sensazioni e dalle riflessioni su ciò che ha vissuto, trova forma in figure tridimensionali che realizza al computer con il programma "Maya". Operando in maniera simile a quando lavorava nell'industria del cinema, i suoi "quadri digitali", stampati su carta o legno, sono caratterizzati da una composizione complessa e da un particolare uso della luce, volta a sottolineare espressioni, pose e movimenti irreali, se non addirittura la qualità soprannaturale del soggetto. Quello di Ray Caesar è un vero e proprio "manierismo tecnologico": come per Cornell, i suoi dipinti sono finestre su altri mondi che hanno larghezza, altezza e profondità e forse un proprio tempo, sono santuari di visioni difficili da raccontare, a volte anche a se stesso. In un’intervista l’artista racconta di voler costruire mondi protetti, paradisi onirici in cui l’odio e la paura trovano una diversa collocazione. I bambini, raffigurati come simboli di purezza e di fragilità umana, trovano nei suoi lavori una forza singolare: assumono le sembianze di gelidi angeli o di madonne che sfidano qualsiasi forma di crudeltà e ingiustizia, vengono messi in mostra con tutte le loro avversità e i loro lividi in un piccolo paradiso. Le atmosfere si annoverano in questo modo tra il miracolo e la tristezza.

E Ray riesce ad ottenere questo risultato, come mai prima d’altri, realizzando non dipinti ma stampe di computer-grafica. Crea inizialmente un modello tridimensionale e via via modella il soggetto, lo colora e lo arricchisce di particolari fino a caratterizzarlo di un tipico effetto pittorico iperrealista. 

Il modello tridimensionale ideato è dotato di una struttura che rappresenta uno scheletro invisibile, poi messo in posa in modo da acquisire una posizione nello spazio, un modello che in un secondo momento è rivestito con diverse texture fotografiche, aggiungendo infine ombre e riflessi per mezzo di fasci di luce digitali.

Ray Caesar è vicino all'idea che l'originale di ogni sua opera possa esistere quasi materialmente all'interno del computer in un mondo tridimensionale, anche quando il computer è spento. Ci si scopre quindi a scambiare la realtà con la virtualità, con lo scopo di quest'ultima non di controllare la realtà, bensì di assorbirla, riflettendo sul fatto che il cyberspazio consente di lasciare la prigione del corpo per immergersi in un mondo di forme ideali.

Si notano nondimeno simboli ricorrenti nella pittura e nel cinema surrealista, quali ad esempio le formiche de "L'Age d'Or" di Buñuel, gli orologi di De Chirico o Dalì, le ossa della "Fishbone Forest" di Ernst, le forbici "per comporre un poema dadaista". Si incontrano riferimenti all'alchimia che conserva il mistero del mitico: i vasi di vetro contenenti liquido, i volatili per rappresentare la "sublimazione" della materia, l'androgino e la tempesta che alludono al processo di congiunzione degli opposti. Si ritrovano i numeri 1 2 3 4, ossia la Tetraktys pitagorica che contiene il principio della natura sempre fluente e nell'opera "Companion", il cervo volante, si richiama alla mente "Der Hirschkaefer" di Albrecht Dürer.

D’altronde, come lui stesso racconta, all’età di 7 anni si addormentava sfogliando un libro di Dalì. E ammette ora, “forse non è stata poi una così buona idea…”

E in questa comunicazione visuale si afferma un’idea crescente nella contemporanea comunità artistica: un immaginario femminile rivisto in chiave strettamente noir, tanto da interpretarne gli aspetti più oscuri e torbidi secondo un mood che genera ideali di bellezza distopica e decadente. Una donna cupa, (con)turbante, desiderante, discendente da quella dimensione onirico-fiabesca che ricorda da vicino le produzioni steampunk-fantasy di ambientazione gotica e vittoriana. Artemide moderna, per dirla con Omero “signora delle bestie selvagge”, quasi sempre raffigurata accanto alla sua controparte non mascolina, ma ferina, animalesca, fatta delle creature fantastiche in cui si metamorfizza: “se la donna un fiore deve essere, allora che essa sia una rosa rossa colta direttamente nel giardino del vampiro”.

I lavori di Caesar colpiscono infatti per l'artificiosa umanità che ne è ritratta, personaggi con l'aria di avere assimilato archibugi tecnologici con l'indifferenza di un albero al passare delle stagioni.

La deformità caricaturale delle teste richiama le illustrazioni satiriche e le caricature di un tempo, aggiungendo un indispensabile tocco di ironia, che dà vita all'insieme. Una follia sublime segue il filo di questa fantasia, una fantasia sicuramente deviata e sensibile, influenzata da suggestioni particolari. “Quando torno a parlare di quell’ospedale”, dice lui stesso, “non posso evitare di emozionarmi. Mi commuovo.”

Ma le teste giganti sono anche dovute alle Bambole! Ray Caesar è cresciuto costantemente insieme alle bambole della sorella. Ne rimuoveva gli arti e le teste e le riposizionava su corpi diversi, poi le metteva in posa. Ricostruiva diorami, modelli in scala, e amava molto osservarne il risultato. Gli piaceva. Dopodichè incominciò a disegnare…

La sua grande sensibilità di artista filtra i temi dell’abbandono e della morte. Il suo messaggio è chiaro e semplice, ci può essere bellezza e amore anche dalle forme e dalle espressioni più grottesche e ripugnanti.

Nella sua ispirazione dall’arte classica, il dipinto dell’impressionista Boudin “Donna con parasole” o di Boucher “Signorina O'Murphy", le opere sono rivisitate con straordinaria immaginazione, trasformate da classiche bellezze a disturbati mostri in technicolor.

La sensualità deviante di Caesar ricorda i dipinti di Balthus.

Ad esempio la sua opera “Companion”, rappresenta un’esile ragazza o una pulce enorme? “Entrambe le cose”, afferma Caesar, “… anche i parassiti hanno bisogno di amore e noi abbiamo bisogno del loro di amore… l’opera rappresenta la giustizia e come noi l’alimentiamo, la nutriamo e la manteniamo con noi per sempre…” A Caesar piace giocare ad “Acchiapparella” con la giustizia e con la verità, le circonda di ironia così che facilmente scivolino via davanti allo spettatore ma affinché poi possano tornare indietro e far riflettere. Dice: “Il senso di giustizia  alimenta la vera essenza di ognuno ed è in essa il vero legame e l’amore incondizionato così difficile da rompere.”

Un’altra delle sue opere più conosciute, capace di suscitare sensazioni di ripugnanza e di attrazione, è “The Burden of Her Memories”, il peso delle sue memorie. Caesar creò sfortunatamente questa figura subito dopo la morte di sua sorella Jackie. La sorella aveva lottano a lungo contro il cancro, quindi l’artista avendo avuto modo di rendersi conto come la malattia avesse distrutto lei e chiunque l’amasse. Fu Jane, la moglie di Caesar, oncologa in un ospedale, che gli diede l’opportunità di avvicinarsi agli studi e agli effetti di questa malattia. Jane  per Ray  e per il suo lavoro diviene una fonte di profonda conoscenza e di conforto. L’artista guarda alla moglie come a una sorta di bambina gentile che accompagna al passaggio finale, all’ultima perdita. “Non è una vita facile per lei…” dice l’artista, “è evidente il peso che è divenuto parte di se stessa…”. “Per me stendono tappeti rossi, a volte mi chiamano genio, ma dov’è tutto questo per persone come mia moglie che con il loro gentile lavoro portano speranza e conforto…?” Evidente è il grande senso di giustizia che pervade sempre il pensiero di Caesar!

Con “The Burden of Her Memories” Ray ha voluto manifestare i sentimenti che escono fuori sotto il peso delle cose insopportabili, sentimenti e sensazioni che abbiamo tutti… e avremo sempre…

Caesar quindi non dipinge solo figure bambine ma vere e proprie anime umane, il lato oscuro di ognuno di noi. Non quindi spiriti o fantasmi ma l’immagine di chi realmente siamo… con gli oggetti e le sofferenze che riempiono la normale vita di ognuno. Sensazioni che divengono parte essenziale di noi stessi, come immagini silenziose che restano impresse nella nostra mente… fino alla prossima volta… quando qualcosa ce le ricorda e loro riprendono vita.

Il successo di questo artista si deve proprio alla capacità evocativa dei suoi lavori che riescono ad essere così perfetti da assomigliare in tutto e per tutto a un quadro, ne riproducono l'essenza, la poesia, l'emotività e la linearità dell'impatto grafico: rappresentazioni mostruose di bambini ed esseri umani dalle teste deformi, dai colli lunghissimi, dagli sguardi allucinati, dalla pelle vitrea e dagli atteggiamenti spesso sofferenti.

La filosofia di Caesar risiede in questa frase: “la risposta migliore alla distruzione del mondo è la creazione, usando qualsiasi mezzo, purché si crei… per questo io amo tanto il disegno di un Bambino quanto l’opera d’arte di un maestro, entrambi contengono un’energia vibrante creatrice di speranza”.

Chi è quindi Ray Caesar? Quando hai avuto una giornata dura e sei a bordo di un autobus che ti sta riportando a casa, ci sarà un ragazzo con un cane che ti sorriderà gentilmente e ti vorrà offrire il suo posto a sedere. Ecco, questo credo sia Ray Caesar!

 
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