Creato da Breton_Quest il 29/06/2007

La Terra Avventurosa

Viaggio attraverso un Mito

 

 

Il Castello delle Anime

Post n°8 pubblicato il 05 Ottobre 2008 da Breton_Quest
 


Ma la realtà del Graal è per fortuna ben altra cosa, ed è per questo che sfugge - e sfuggirà sempre - a qualunque riduzione romanzesca pop e persino alle discussioni pseudo-archeologiche su "dove" esso si trovi. A prevenire tutto, del resto, basterebbero le stesse parole di Chrétien de Troyes, il primo cantore del Graal, che nel suo Perceval le Gallois definisce il luogo dov'è custodita la sacra coppa "Castello delle anime", Château des animes. Questo accenno, evidentemente, lascia intendere come la dimora del Graal sia un luogo "diverso" da quelli rintracciabili sulle cartine geografiche: il che tuttavia non implica necessariamente la sua "irrealtà", almeno in spiritualibus.

G. Marletta, La riscoperta del Graal

 
 
 

La Leggenda del Graal


La leggenda del Graal si sviluppa storicamente in Occidente in seguito alle crociate: a partire dal 1095, molti Cavalieri cristiani si erano recati in Terra Santa, ed erano entrati per forza di cose in contatto con le tradizioni mistiche ed esoteriche del luogo e sicuramente qualcuna di esse parlava del Graal, un sacro oggetto dagli straordinari poteri. Grazie ai Crociati, la leggenda raggiunse l'Europa e vi si diffuse. In effetti la multiforme storia del Santo Graal, quale oggetto straordinario di favolosa origine e dalle incredibili virtù, è tra le più notevoli creazioni letterarie della cultura europea del XII e XIII secolo, iniziata da Chrétien de Troyes col Parsifal (o Il racconto del Graal), passata attraverso un numero impressionante di continuazioni fino all'opera di Robert de Boron col quale la ricerca della Sacra Coppa diventa l'allegoria della spiritualità cristiana opposta a quella cortese, mondana e corrotta.


Il Graal, con la sua valenza mistica e filosofica, è così diventato nel tempo il simbolo per antonomasia di tutto ciò che è irraggiungibile, della verità e della sapienza come ricerca continua di qualcosa che non sarà mai definibile. Anche per questo si lega ad esso l'idea di avventura, di viaggio con prove da superare, che non si ferma ai poemi cavallereschi del ciclo di Artù ....


 
 
 

Vita Merlini 

Post n°6 pubblicato il 30 Marzo 2008 da Breton_Quest
 
Foto di Breton_Quest



“Preferisco le grandi querce frondose
Le alte cime e le lande verdeggianti
che si stendono ai loro piedi

Questo mi piace
La foresta di Kelyddon ricca di noci
Sarà la dimora che prediligerò sopra ogni altra.
L'avaro brama una ricompensa
L'avaro non pensa che a possedere
Quello che hanno non basta loro
A me bastano le ghiande dell'amena Keliddon
Le chiare sorgenti
Che fluiscono attraverso i prati odorosi
I doni vanno bene per l'avaro
In quanto a me
Non possono comperarmi
La libertà
Sono le mie valli boscose!”


Vita Merlini

 
 
 

Il Cantore

Post n°5 pubblicato il 12 Marzo 2008 da Breton_Quest
 
Foto di Breton_Quest


«Al di là del portone che cosa sento,

che cosa risuona sul ponte?
Lascia che al nostro orecchio
nella sala risuoni la canzone!»
Fu il re a parlare, il paggio corse,
tornò il ragazzo, e il re ad alta voce:
«Fatemi entrare il vecchio!»

«Nobili signori, il mio saluto vi sia dato,
il mio saluto, belle dame, a voi!
Che ricco cielo, astro vicino ad astro!
Chi mai conosce i loro nomi?
Nella sala di sfarzo e di splendore,
occhi chiudetevi; qui non è l'ora
di rallegrarsi per la meraviglia.»

Il cantore strinse gli occhi
per toccare le corde a piene note;
i cavalieri guardavano animosi,
e, a capo chino, le belle donne.
Il re, tanto la canzone gli piacque,
ordina che in onore della sua arte
gli sia portata una collana d'oro.

«Non a me, ma ai cavalieri
l'aurea collana tu devi darla,
di fronte al loro aspetto fiero
le lance nemiche si schiantano.
Dalla al cancelliere che hai,
e fa' che agli altri gravami
anche questo, d'oro, si aggiunga.

Come l'uccello che dimora
in mezzo ai rami, io canto;
la canzone che erompe dalla gola
è un compenso ricco e lauto.
Se posso, ti prego solo di una cosa:
fa' che mi diano in una coppa
d'oro puro il vino migliore.»

Alzò la coppa e la bevve tutta:
«O bevanda dal soave ristoro!
O felice la casa amica della fortuna,
dove questo è un piccolo dono!
Nella prosperità pensate a me
e ringraziate Dio con il fervore che
ho verso di voi per questa bevanda.»


J. W. Goethe, Il Cantore

 
 
 

Leggenda

Post n°4 pubblicato il 12 Marzo 2008 da Breton_Quest
 


“Quando, da povero e semplice ignoto,
nostro Signore andava per il mondo,
e a lui tanti discepoli accorrevano
che solo di rado capivano il suo verbo,
più di ogni altra cosa lui amava
intrattenersi in mezzo alla strada,
perché, sotto lo sguardo del cielo,
si è più liberi, si discute meglio.
Qui enunciava le più alte dottrine
a loro dalla sua bocca divina;
in modo speciale con parabole e esempi
di ogni mercato lui faceva un tempio.

Così, nella pace dello spirito, cammina
un giorno con loro verso una cittadina,
vide qualcosa in mezzo alla strada,
un ferro di cavallo, rotto, che luccicava.
Allora disse a san Pietro:
«Raccogli un po' quel ferro!»
San Pietro non era di luna buona,
nell'andare aveva appena sognato qualcosa
sul governo del mondo, un progetto
che a tutti è bene accetto:
nella testa infatti non ha barriere;
questi erano i suoi più cari pensieri.
L'oggetto trovato non valeva la pena,
non era né scettro né corona;
perché curvarsi sopra un ferro
di cavallo, e neppure intero?
Lui quindi si volge altrove
e fa il sordo a quelle parole.

Il Signore, come sempre benevolo,
raccoglie il ferro lui stesso
e fa finta di niente anche più avanti.
Quando sono arrivati in città,
davanti alla bottega di un fabbro,
riceve dall'uomo tre soldi in cambio.
Passando per il mercato vede
che ci sono delle belle ciliege,
ne compra, poche o tante, quante
per tre soldi te ne vogliono dare,
e sùbito, nella maniera solita,
le ripone tranquillo nella manica.

E ora uscirono dall'altra porta,
per prati e campi, senza una dimora,
anche la strada era spoglia di alberi,
il sole ardeva, la calura era grande,
e per un sorso d'acqua in questo posto
si sarebbe pagato molto.
Il Signore avanti tutti muove il passo,
lascia cadere una ciliegia a un tratto.
San Pietro si getta su di essa a volo,
come se fosse una mela d'oro;
la bacca piaceva al suo palato.
Il Signore dopo un piccolo tratto
lascia cadere un'altra ciliegina
su cui san Pietro sùbito si china.

Così il Signore lo invoglia
a chinarsi sulle ciliege più d'una volta.
E così per un bel pezzo.
Poi disse il Signore con allegrezza:
«Se ti fossi mosso quando dovevi,
era minore lo sforzo che facevi.»

Chi le piccole cose disdegna,
per cose più piccole poi si dà pena.”


J. W. Goethe, Leggenda
 

 
 
 
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