Creato da pamelagrazia il 06/07/2011
fatti e storia di popoli che mai furono "Sud" di alcuno.

Riflessioni

- In tempi di menzogna universale, dire la verità è già un atto rivoluzionario (Georges Orwell) 

- La mia non è che una voce che sussurra nel silenzio dell'ignoranza. Il mio nome è CONOSCENZA.

- la storia non è un alibi bensì uno strumento per costruire il futuro.

 
 

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Gli Svizzeri "Napoletani"

Post n°48 pubblicato il 15 Settembre 2011 da pamelagrazia

" Nel secolo precedente, il Meridione d’Italia rappresentò un vero e proprio eden per tanti svizzeri, che vi emigrarono, spinti soprattutto da ragioni economiche, oltre che dalla bellezza dei luoghi e della qualità della vita. Luogo di principale attrazione Napoli, verso cui, ad ondate, tanti svizzeri, soprattutto svizzeri tedeschi di tutte le estrazioni sociali, emigrarono, con diversi obiettivi personali. Verso la metà dell’Ottocento, nella capitale del Regno delle Due Sicilie quella svizzera era tra le più numerose comunità estere" CLAUDE DUVOISIN, Console svizzero, 2006 

 Non solo prima di Garibaldi nelle Nostre Terre, il Reame delle Due Sicilie,  non c'era emigrazione, ma c'era anche un flusso ben ordinato di immigrazione di alta professionalità.

Fatti tacere gli ultimi sussulti di resistenza contro l’annessione ai Savoia, a metà degli anni ’70  del XIX secolo,  inizia la diaspora di massa dalle terre del Sud spinta dalla speranza di una vita migliore.

Nel ‘700 e per tutta la prima metà  dell’800  il Meridione d'Italia, e in particolare Napoli, rappresenta un vero e proprio richiamo economico per tanti svizzeri.

Ginevra, Neuchâtel, Zurigo e Friburgo  alimentano il flusso migratorio verso il Mezzogiorno:

 Mercanti, negozianti, banchieri, tessitori, funzionari, impiegati, domestici si aggiunsero a quelli che vi erano già.

La colonia elvetica in divenne la più numerosa. E la più gradita.

 Gli svizzeri emigrano mossi dal richiamo di buone prospettive per chi investiva in attività produttive (facilitazione nell’acquisire la cittadinanza, premi per merito da parte dei sovrani) ; prospettive incoraggianti  offerte altresì  dalla dinamicità dei traffici marittimi della  realtà partenopea.

 Emigrano numerosi, a tal punto che, verso la metà dell'Ottocento, nella capitale del Regno delle Due Sicilie,  la comunità  svizzera era la più numerosa fra quelle straniere presenti a Napoli.

 L'immigrazione elvetica a Napoli era gradita non solo per l’ intraprendenza degli operatori economici, ma soprattutto perché proveniva da un paese neutrale, che non aveva mire espansionistiche o contenziosi dinastici e territoriali da rivendicare nel regno borbonico.

I principali fattori che determinarono il successo dell’industria tessile degli Svizzeri in Campania furono :

 - l’incondizionato appoggio del governo borbonico; 

 - il sostegno del sistema bancario svizzero ,che aiutava quelle imprese anche con l’emissione di azioni in patria;

  - l’abbondanza di manodopera locale addestrata da parte di istruttori appositamente fatti venire dalla Svizzera;

  - la forte richiesta del vasto mercato interno del Regno delle due Sicilie;

  - la grande possibilità di esportazione verso i paesi del bacino del Mediterraneo.

Cotonifici, filature, pasta, cioccolata, architettura, banche ...

alcune imprese arrivariono a impiegare 1300 operai (Giovanni Giacomo Egg -  di Ellikon(Zurigo) che, per primo, aveva creato un impianto completo di filatura e di tessitura a Piedimonte d’Alife, in Provincia di Caserta;

 i cotonifici Giovan Giacomo Meyer o meglio la Meyer &Zollinger a Scafati, fondati nel 1825, che arrivarono ad occupare quasi 1200 operai).

 L'altra componente significativa della comunità elvetica, almeno fino al 1861, è rappresentata dai reggimenti svizzeri al servizio dei Borbone, che vanno a costituire le milizie scelte dei sovrani del Regno, a loro fedeli fino alla fine.

Quasi tutti gli Svizzeri di Napoli militari, commercianti, banchieri, industriali, restarono  saldamente legati alla sorte della corte borbonica.

 Così, nei rivolgimenti risorgimentali, mentre altrove - a Milano, a Bergamo, a Brescia, a Venezia, a Roma - ci saranno numerosi Svizzeri che combatteranno per la causa carbonara, gli Svizzeri del Regno delle due Sicilie resteranno, invece, fedeli alla causa borbonica. 

Nel 1848 gli imprenditori e i banchieri svizzeri di Napoli appoggiarono infatti, senza riserva, il "loro" re, permettendo a Ferdinando II di rimanere saldo nel governo. 

 

Sottufficiale e ufficiale in gran tenuta del 3° Reggimento Svizzero, Napoli 1854. Immagine tratta da

 

Il pensiero  degli Svizzeri rimasti fedeli alla causa borbonica è riassunta dal bernese Johann zum Stein, in Neapel - Sizilien1846/1850 Erlebnisse eines bernischen Reisläufers, pubblicato postumo nel 1907:

 “I capi di questo partito cosiddetto liberale, che con gran chiasso si erano fatti largo, non intendevano per niente promuovere il bene del popolo; l’unico loro scopo era quello di impossessarsi del governo per potere poi sbafare loro alle greppie delle entrate statali... Questi cosiddetti campioni della libertà del popolo sapevano però che le truppe di stanza erano fedelmente devote al re; perché proprio nessun reggimento si lasciava indurre a fare causa comune con questa banda di avventurieri... Essi esigevano perciò l’istituzione di una guardia nazionale per poterla opporre a tempo opportuno all’armata devota al re, ed il sovrano e i suoi ministri furono tanto imprudenti da darne l’autorizzazione... Se il re si fosse lasciato influenzare meno dall’alto clero e dai nobili al governo e si fosse mostrato più autonomo, e se avesse scelto come consiglieri degli uomini con le idee più popolari, gli avvenimenti si sarebbero potuti risolvere a favore della monarchia, pacificamente...”.

 

 Johann zum Stein si compiace di  riportare fatti poco noti. Nel suo diario, tra l’altro si legge:

 “Re Ferdinando (intende Ferdinando II di Borbone che regno dal 1831 al 1859), vilipeso  e aspramente calunniato col nome di ‘Re Bomba’ dai radicali di ogni paese, dai francesi, dagli inglesi ....  era invece benvoluto da tutta l’armata...  

In ogni concentrazione di truppe più importante, dove egli stesso teneva il comando supremo, c’era ordine; non una tendenza a confusione, quale succedeva più di una volta quando un qualsiasi generale teneva il comando. Talvolta capitava che il re ordinasse un alt alle truppe in marcia per farle riposare in aperta campagna, allora, sceso dal suo cavallo, imprestava da un soldato  uno zaino per sedersi sopra e riposare anche lui ...

Al colonnello de Steiger, che fu educato assieme al re nell’istituto del Fellenberg a Hofwil [presso Berna]”, e che a Napoli faceva parte del suo stato maggiore, Ferdinando II dava del ‘tu’, “secondo la loro abitudine degli anni giovanili trascorsi a Berna” .

Grazie a quel suo soggiorno ad Hofwil “il re parlava uno schietto bernese e più di una volta, durante le manovre , gli sentimmo dire al de Steiger sul Campo Marzio: «Steiger, gang lueg amal, was doertundeby dee Batterie nid in Ornig isch» («Steiger, va’ a vedere un po’ cosa non va laggiù presso le batterie»)”.

 Oggi la colonia svizzera presente a Napoli è costituita soprattutto da discendenti delle famiglie che divennero “meridionali”. Molti hanno studiato in Svizzera e come i loro antenati, i giovani sono perfettamente inseriti nella realtà napoletana. Svolgono lavori di impiegati statali, bancari, liberi professionisti. E le donne bionde non sono più identificate come "le svizzere".

 
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Il Regno Duosiciliano non utilizzava la cartamoneta. Il Piemonte invece utilizzava la cartamoneta

Post n°47 pubblicato il 15 Settembre 2011 da pamelagrazia

"L’invenzione del Mezzogiorno. Una storia finanziaria" edito da Jaca Book, di Nicola Zitara

 Il titolo originariamente era “L’unità truffaldina”.

 Il libro parla di un  della storia economica italiana chiamata “corso forzoso”.

Nicola Zitara impiegò anni ed anni a scriverlo, a raccogliere i dati, i libri, le informazioni che gli servivano. Spediva regolarmente amici e parenti nelle biblioteche più fornite per avere copie di libri introvabili. "Una volta - ricorda sua figlia Lidia -  acquistammo un volume dall’Argentina".

In quegli anni, Nicola Zitara ha messo insieme i tasselli del mosaico:  e con i dati raccolti ha dimostrato inequivocabilmente – e ci terrei che qualcuno provasse a dire il contrario – che il corso forzoso imposto dal Regno sabaudo  ha di fatto mandato in rovina l’economia del Sud.

Prima dell'annessione Il Reame delle Due Sicilie aveva uno stato finanziario florido e una economia avanzata, tanto che Napoli era la terza potenza mondiale.

La prima cattedra di economia politica fu istituita proprio a Napoli sotto il regno Borbonico.

 Il Regno Duosiciliano non utilizzava la cartamoneta, ma occasionalmente emetteva delle fedi di credito che valevano il cambio in monete d’oro o d’argento per l’importo nominale.

Se c’era scritto mille, erano mille.

Il Piemonte invece utilizzava la cartamoneta e aveva una minima riserva aurea, di uno a tre (esisteva quindi una sola quantità d’oro per tre dichiarate).


Dopo l’unità d’Italia fu imposto alle banche del Sud di non convertire le fedi di credito e le banconote in oro, determinando di fatto la fine dei commerci e l’impoverimento che tutti conosciamo.

Studiata la storia finanziaria e le politiche economiche del regno d'Italia prima e dell' Italia repubblicana poi che su questo aspetto ne è stata la continuità  "...mio padre vedeva una soluzione dei problemi del Sud solo ed esclusivamente al di fuori dell’Italia e dell’Europa." annota Lidia Zitara e conclude:
"L’unità d’Italia è sì una

puttanata: è stato unendola che la si è divisa."

 

 
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MI è giunto e faccio girare parte II

Post n°45 pubblicato il 13 Settembre 2011 da pamelagrazia

 E NON FINISCE QUI:

 

Per la prima volta viene tolto il segreto su quanto costa ai contribuenti

l'assistenza sanitaria integrativa dei deputati per cure che non vengono erogate dal sistema sanitario nazionale (le cui prestazioni sono gratis o al più pari al ticket), ma da una assistenza

privata finanziata da Montecitorio.

 

A rendere pubblici questi dati sono stati i radicali che da tempo svolgono una campagna di trasparenzadenominata Parlamento WikiLeaks.

 

Va detto ancora che la Camera assicura un rimborso sanitario privato non

solo ai 630 onorevoli. Ma anche a 1109 loro familiari compresi (per

volontà dell'ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini) i

conviventi more uxorio.

Ebbene, nel 2010, deputati e parenti vari hanno speso complessivamente 10

milioni e 117mila euro. Tre milioni e 92mila euro per spese

odontoiatriche.

Oltre tre milioni per ricoveri e interventi (eseguiti dunque non in

ospedali o strutture convenzionati dove non si paga, ma in cliniche

private). Quasi un milione di euro (976mila euro, per la precisione), per

fisioterapia. Per visite varie, 698mila euro. Quattrocentottantotto mila

euro per occhiali e 257mila per far fronte, con la psicoterapia, ai

problemi psicologici e psichiatrici di deputati e dei loro familari.

Per curare i problemi delle vene varicose (voce "sclerosante"), 28mila e

138 euro. Visite omeopatiche 3mila e 636 euro. I deputati si sono anche

fatti curare in strutture del servizio sanitario nazionale, e dunque hanno

chiesto il rimborso all'assistenza integrativa del Parlamento per 153mila

euro di ticket.

Ma non tutti i numeri sull'assistenza sanitaria privata dei deputati,

tuttavia, sono stati desegretati. "Abbiamo chiesto - dice la Bernardini -

quanti e quali importi sono stati spesi nell'ultimo triennio per alcune

prestazioni previste dal 'fondo di solidarietà sanitarià come ad esempio

balneoterapia, shiatsuterapia, massaggio sportivo ed elettroscultura

(ginnastica passiva). Volevamo sapere anche l'importo degli interventi per

chirurgia plastica, ma questi conti i Questori della Camera non ce li

hanno voluti dare". Perché queste informazioni restano riservate, non

accessibili?

Cosa c'è da nascondere?

Ecco il motivo di quel segreto secondo i Questori della Camera: "Il

sistema informatizzato di gestione contabile dei dati adottato dalla

Camera non consente di estrarre le informazioni richieste. Tenuto conto

del principio generale dell'accesso agli atti in base al quale la domanda

non può comportare la necessità di un'attività di elaborazione dei dati da

parte del soggetto destinatario della richiesta, non è possibile fornire

le informazioni secondo le modalità richieste".

Il partito di Pannella, a questo proposito, è contrario. "Non ritengo -

spiega la deputata Rita Bernardini - che la Camera debba provvedere a dare

una assicurazione integrativa.

Ogni deputato potrebbe benissimo farsela

per conto proprio avendo gia l'assistenza che hanno tutti i cittadini

italiani.

Se gli onorevoli vogliono qualcosa di più dei cittadini italiani, cioè un

privilegio, possono pagarselo, visto che già dispongono di un rimborso di

25 mila euro mensili, a farsi un'assicurazione privata.

 

Far circolare.

 

Si sta promuovendo un referendum per l' abolizione dei privilegi di tutti i

parlamentari............ queste informazioni possono essere lette solo

attraverso Internet in quanto quasi tutti i massmedia rifiutano di portarle

a conoscenza degli italiani......

 
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Il sindacato di polizia contro la Casta: “Veniamo in Senato e spariamo i lacrimogeni” – Documento

Post n°44 pubblicato il 13 Settembre 2011 da pamelagrazia

L’ultimo passaggio-denuncia di questo documento è il più inquietante :  il sindacato dei poliziotti parla  di lesività dei lacrimogeni che viene nascosta dal governo anche alle forze di polizia.

http://letteraviola.it/2011/09/il-sindacato-di-polizia-contro-la-casta-veniamo-in-senato-e-spariamo-i-lacrimogeni-documento/

 

 
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Fregarono pure i garibaldini

Post n°43 pubblicato il 12 Settembre 2011 da pamelagrazia
 
Foto di pamelagrazia

Cliccare sull'immagine per ingrandirla

da una lettera all'amica Adelaide Cairoli, 1863

 
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QUANDO LE RADICI PARLANO AL CUORE

Post n°41 pubblicato il 08 Settembre 2011 da pamelagrazia
 

Maurizio Vitale  ha realizzato questo video per riportare un dialogo avvenuto tra Pino Aprile e Nicola Zitara, riguardante l'identità nazionale. Tratta, in particolare, del figlio di un emigrante Calabrese, insegnante in Lombardia, che riscopre le sue origini.

 
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Come ti saccheggio la Capitale, I parte

Post n°37 pubblicato il 08 Settembre 2011 da pamelagrazia
 

     I 62 giorni di Garibaldi e il saccheggio di Napoli - di GIUSEPPE RESSA

Garibaldi, il 7 settembre, entrò a Napoli appena 17 giorni dopo essere sbarcato in Calabria, seduto comodamente in treno, senza sparare un colpo, con pochi uomini al seguito (il resto ...delle camicie rosse giunse il giorno 9); dopo l’arrivo alla stazione si formò un corteo di dieci carrozze che attraversò la Capitale. Un severo giudizio sulla " grandezza militare " della spedizione del Nizzardo fu espresso anche da uomini che avevano condiviso con lui l’impresa, come Maxime Du Camp che parlò[231] di "passeggiata militare, stancante è vero, ma senza rischio alcuno " e di Agostino Bertani che le definì "facili vittorie ” causando l’ira di Garibaldi nelle sue memorie[232] ;

"Oggi va riconosciuto con Jaeger che "... a Francesco II non mancavano argomenti per sostenere che il nemico Garibaldi non era arrivato a Napoli con mezzi leali, spada contro spada, petto contro petto, bensì soltanto grazie ad un’incredibile serie di voltafaccia, di cambiamenti di campo, di vigliacche fughe dei capi militari, di vendita delle proprie navi da parte di comandanti della marina, e ancora di abbandoni dei soldati al loro destino e di inconcepibili dimostrazioni di incompetenza”[233]

Le accoglienze furono entusiastiche ma secondo alcuni questo non dovrebbe far pensare acriticamente ad un appoggio incondizionato per diversi motivi: nelle manifestazioni c’era la regia occulta degli agenti piemontesi che da mesi si erano infiltrati a Napoli e, tramite Liborio Romano con i suoi camorristi, avevano mobilitato a pagamento (si dice 24 mila ducati) "la feccia della popolazione che imprecava con orribili urli”[234]  mentre il resto degli abitanti se ne stava rinserrato in casa.

Garibaldi fece un discorso, prese alloggio a palazzo d’Angri del principe Doria e, per ingraziarsi la popolazione, rese omaggio al patrono di Napoli, proprio lui che ostentava un feroce anticlericalismo che lo portò, successivamente, a definire le reliquie di S.Gennaro "umiliante composizione chimica” [235],

al pari di papa Pio IX che fu bollato come un ”metro cubo di letame” che presedeva un "concistoro di lupi”[236].

 Per inquadrare compiutamente la personalità dell’ "eroe dei due mondi” va tenuto conto anche di una lettera scritta ad un amico, da Montevideo, in Uruguay, "Se vedeste fosse possibile servire il Papa, il Duca, il demonio, basta che fosse italiano, e ci desse del pane”[237].

Egli formò immediatamente un suo governo dittatoriale con a capo proprio il ministro di Francesco II, Liborio Romano, e come primo atto cedette la poderosa flotta da guerra meridionale (circa 100 navi e 786 cannoni) al Piemonte, alle più grandi fu subito cambiato il nome: il "Monarca” divenne "Re Galantuomo”, la "Borbona” divenne "Garibaldi”.

Il giorno seguente il ministro della guerra Cosenz telegrafò le seguenti disposizioni: "A tutti i comandanti le armi nelle province ed a tutti i comandanti , o governatori delle piazze – Questo ministero di guerra manifesta agli ufficiali di ogni grado ed ai militari dell’esercito napoletano, essere volere del signor generale dittatore, che tutti siano conservati nelle loro integrità, sì nei gradi, che negli averi: però si avranno le seguenti norme:

 1) Tutti i militari dell’esercito che bramano servire, si presenteranno ai comandanti, o governatori delle piazze dei luoghi più prossimi al loro domicilio, rilasciando ad essi debito atto di adesione all’attuale governo ed il loro recapito.

2) Gli ufficiali che si presenteranno con le truppe saranno conservati nella loro posizione con gli averi di piena attività , ma quelli che si presenteranno isolatamente, saranno segnati alla seconda classe, per essere poscia opportunamente impiegati nella imminente composizione dell’armata.

3) Quegli ufficiali militari, che non si affrettino di presentarsi al servizio della patria, resteranno di fatto esclusi e destituiti, se non faranno atto di adesione nella maniera indicata, tra dieci giorni, a contare dalla pubblicazione della presente disposizione – Tanto le comunico per lo esatto adempimento di sua parte – Napoli 8 settembre 1860 – Firmato Cosenz " [238].

 

Il Palazzo Reale fu spogliato di tutto, gli oggetti più preziosi furono spediti a Torino, altri venduti al miglior offerente.

L’11 settembre l’oro della Tesoreria dello Stato, patrimonio della Nazione meridionale ( equivalente a 3235 miliardi di lire dei giorni nostri, 1670 milioni di euro) e anche i beni personali che il Re aveva lasciato nella Capitale "sdegnando di serbare per me una tavola, in mezzo al naufragio della patria” (assommavano a 40 milioni di lire dell’epoca, circa 300 miliardi di vecchie lire, 150 milioni di €),

 tutti depositati presso il Banco di Napoli furono requisiti e dichiarati "beni nazionali”.

 Continua

 

 
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come ti saccheggio la capitale, II parte

Post n°36 pubblicato il 08 Settembre 2011 da pamelagrazia
 

Con i frutti del saccheggio furono decretate svariate e lucrose pensioni vitalizie:

ai vertici della Camorra, di cui la prima beneficiaria fu Marianna De Crescenzo [detta la Sangiovannara] sorella di Salvatore che era il capo assoluto della malavita e che aveva garantito l’ordine pubblico a Napoli dietro l’incarico del ministro Liborio Romano;

alla famiglia di Agesilao Milano (mancato regicida nel 1856 e definito "eroe senza esempio tra antichi e moderni, superiore a Scevola” ), ad ufficiali piemontesi e garibaldini; per questi ultimi, grazie all’inflazione dei gradi militari nelle camicie rosse (il rapporto tra ufficiali e truppa era diventato 1:4 quando la regola era 1:20) ci fu un notevole esborso;

 800 comandanti non prestavano alcun servizio perché non avevano nessun soldato agli ordini ma percepirono lo stesso il soldo.

Sei milioni di ducati [180 miliardi di vecchie lire, 90 milioni di €], con un decreto firmato il 23 ottobre, vennero spartiti tra coloro che avevano “sofferto” persecuzioni dai Borboni (la maggior parte di essi in ottima salute),

undici anni di stipendi arretrati furono corrisposti ai militari destituiti nel 1849 "tenendo conto delle promozioni che nel frattempo avrebbero avuto”,

sessantamila ducati andarono a Raffaele Conforti (cospiratore contro la propria Nazione Due Sicilie e quindi destituito) per stipendi arretrati dal 1848 al 1860 spettatigli perché "ministro liberale in carica ancorché per poche settimane"

e molti altri denari finirono in altrettante tasche con le più disparate e a volte pittoresche motivazioni come al Dumas padre "perché studiasse la storia” al De Cesare "perché studiasse l’economia "[239].

Il saccheggio fu così completo che ad un certo punto Garibaldi fece minacciare di fucilazione i banchieri napoletani in caso di rifiuto "a questo modo venne uno dei primi banchieri di Napoli e sborsò uno o due milioni”; illuminanti alcuni commenti di contemporanei non borbonici sulla situazione creatasi a Napoli:

"indescrivibile è lo sperpero che si fa qui di denaro e di roba; furono distribuiti all’armata di Garibaldi, che non arriva a 20mila uomini, più di 60mila cappotti e un numero proporzionato di coperte, eppure la gran parte dei garibaldini non ha nè coperte nè cappotti; in un solo mese, oltre alle ordinarie, si pagarono dalla Tesoreria per le sole spese straordinarie dell’Armata non giustificate 750mila ducati”;"nelle cose militari regna un assoluto disordine, manca ogni disciplina, ognuno fa quello che vuole…le spese giornaliere ascendono a una somma enorme. Le intendenze militari hanno prese razioni per il triplo degli uomini che devono mantenere”; "in questo momento il disordine è spaventoso in tutte le branche dell’Amministrazione…i mazziniani rubano e intrigano”; "la finanza depauperata, i dazi non si pagano, il commercio è perduto…tutto è furto ed estorsioni”; "qui si ruba a man salva, tutto andrà in rovina se non si pensa a un riparo”; "l’attuale ministero è sceso nel fango, ed il fango lo imbratta. Certi ministri si sono abbassati fino a ricevere circondati da què capopoli canaglia, che qui diconsi camorristi” [240].

 

"Lo stesso Garibaldi si dimostrò, in futuro, insolvente con le banche ed evasore con il fisco: chiese un prestito al Banco di Napoli per suo figlio Menotti, l'equivalente di 1 miliardo e mezzo delle nostre vecchie lire, ma quest’ultimo non rimborsò nemmeno il mutuo; la banca si fece avanti con il padre, "Ma che volete voi? lo vi ho liberati, sono stato anche dittatore e voi pretendete anche che restituisca un prestito" fu la risposta;

gli archivi del Monte dei Paschi di Siena ci danno invece uno spaccato dei rapporti di Giuseppe Garibaldi con il Fisco. "Signor Esattore, mi trovo nell'impossibilità di pagare le tasse. Lo farò appena possibile. Distinti saluti". Punto e basta. Segue la firma.”[241]

 

Nei rapporti del ministro inglese a Napoli, Sir Elliot, certamente non filoborbonico, si legge: "In realtà le condizioni del paese sono le peggiori immaginabili. Tutti i vecchi soprusi continuano, a volte esagerati dai nuovi funzionari, i quali gettano in carcere la gente o la fanno fustigare per il minimo sospetto, per il più lieve indizio di cattiva condotta politica, mentre i veri crimini rimangono affatto impuniti…c’è una spiccata inclinazione ad accaparrarsi le proprietà altrui”[242].

Nel rendiconto che il rivoluzionario La Farina manda, il 12 gennaio 1861, a Carlo Pisano si legge: "Impieghi tripli e quadrupli di quanto richieda il pubblico servizio ... cumulo di quattro o cinque impieghi in una medesima persona….ragguardevoli offici a minorenni ... pensioni senza titolo a mogli, sorelle, cognate di sedicenti patrioti".

 Lo stesso scrive all’amico Ausonio Franchi: "i ladri, gli evasi dalle galere, i saccheggiatori e gli assassini, amnistiati da Garibaldi, pensionati da Crispi e da Mordini, sono introdotti né carabinieri, negli agenti di sicurezza, nelle guardie di finanza e fino nei ministeri"[243] .

 

Del resto, le "prime prove” del saccheggio erano state fatte negli altri stati preunitari precedentemente annessi; in questi ultimi, dopo aver provocato delle insurrezioni "pilotate" che avevano provocato la fuga dei legittimi sovrani, Cavour aveva spedito dei rapacissimi "commissari" col compito ufficiale di ristabilire l’ordine contro "la rivoluzione” ma in realtà con lo scopo di svuotare le casse pubbliche "per sostenere la causa italiana”: "Il governo riparatore di Torino, quando ebbe realizzato i suoi disegni con l’annessione rivoluzionaria degli altri Stati, si vide in mezzo a grandissime risorse..….ben presto ci si accorse del modo singolare con cui gli unitari volevano che l’Italia "una” fosse amministrata.

Il dittatore Farini, in pochi giorni, aveva aggravato il debito pubblico di Modena e Parma di 10 milioni; Pepoli aveva aggravato di 13 milioni le Romagne e il barone Ricasoli di 56 milioni la Toscana”[244].

 

Cominciò la rivoluzione anche nella toponomastica delle strade di Napoli dove venne eliminata ogni traccia dei Borbone, anche il Museo Borbonico (tra i primissimi del mondo per importanza) divenne "Nazionale”; rischiarono molto anche le statue equestri dei sovrani meridionali, realizzate da Canova e poste nella piazza antistante al palazzo reale, si progettò di cambiar loro le teste sostituendole con quelle di Garibaldi e Vittorio Emanuele.

 

Era anche cominciata la persecuzione del clero con la confisca dei beni ecclesiastici, le incarcerazioni e l’esilio dei sacerdoti che si opponevano al nuovo corso. La situazione a Napoli era, quindi, molto confusa, dopo i primi facili entusiasmi, reali o costruiti ad arte, era subentrata nella gente una diffusa insofferenza per via della completa anarchia e dei molti soprusi perpetrati dalle camicie rosse; erano frequenti molti fatti di sangue, giustificati come resa dei conti con i nemici della rivoluzione, ma che in realtà erano spesso solo delle vendette personali (non dimentichiamo che la Camorra era stata messa da mesi ai vertici delle forze di polizia);

scrisse Costanza Arconati, testimone oculare degli avvenimenti, ad un amico lombardo: "Le sciocchezze fatte da Garibaldi (definito dal garibaldino Francesco Crispi ”Grande anima, cervello incapace di governare un villaggio”) e le prepotenze lasciate fare impunemente ai suoi militi passano il segno…Napoli è piena di uniformi garibaldine; vanno in carrozza tutto il giorno, giù e su per il corso a far bella mostra dei loro abiti di fantasia. Si fanno dare i migliori alloggi dal Municipio gratis…insomma si rendono insopportabili causa la loro arroganza. E pensare che è opinione generale che se duravano ancora un poco a regnare i soli garibaldini, Francesco II era di ritorno a Napoli…”[245].

La capitale, così duramente colpita, vide cessare all’improvviso i suoi scambi commerciali così che il movimento nel suo porto divenne insignificante; seguirono fallimenti a catena delle imprese, il cantiere di Castellammare fu chiuso e le maestranze licenziate, i prezzi dei generi di prima necessità cominciarono a salire; già un mese dopo l’arrivo di Garibaldi si commentava ”da per tutto trovai la confessione dello sfracellamento del governo di Napoli…..il prestigio di Garibaldi caduto, la popolazione desolata” e quest’ultima ne aveva ben donde visto che il denaro saccheggiato era dello Stato, cioè di tutti i meridionali e dei Mille "parecchi, partiti miserabili (da Genova) sono ritornati con la camicia rossa e con le tasche piene di biglietti da mille”[246].

Il 13 settembre furono destituiti i capi delle province del Regno, i cosiddetti Intendenti che vennero sostituiti con Governatori fedeli al nuovo regime, ai quali vennero concessi poteri illimitati. I

l 17 settembre fu approvata la formula del giuramento che ogni pubblico ufficiale doveva prestare al nuovo re Vittorio Emanuele, molti aderirono al nuovo padrone abiurando il precedente che avevano servito fino a pochi giorni prima, compresi quasi tutti i rappresentanti del potere giudiziario: la Magistratura, la Corte dei Conti ed il Consiglio di Stato, che pure erano state sempre molto rispettate dai re Borbone che avevano garantito la loro massima autonomia..

di GIUSEPPE RESSA

[231] " Da Palermo al Volturno, memorie di un garibaldino”, Cappelli, 1974

[232] Memorie, Einaudi, 1975

[233]Paolo Mieli, in "La Stampa”, domenica 9 luglio 2000, pag.19

[234] George Mundy, La fine delle Due Sicilie e la Marina britannica, Berisio, Napoli, 1966, pag.199

[235] in Scritti politici e militari, ricordi e pensieri inediti, p. 524, citato da Francesco Pappalardo, op.cit. [236] G.Garibaldi, Memorie, BUR, pag.367

[237] Alfonso Scirocco, Garibaldi, Laterza, pag.136, segnalazione fatta da Antonio Luciani su "Due Sicilie” n. 5 / 2002, pag 12

[238] Giovanni Delli Franci, Cronica della campagna d’autunno del 1860, A.Trani editore, Napoli, 1870, pag. 297

[239] Angelo Manna, " I briganti furono loro ", Sun Books, 1997, modif.

[240] tratti dal capitolo LI del libro di Michele Topa, Così finirono i Borbone di Napoli”, Fiorentino, 1990 [241] articolo di Rossella Lama su "Il Messaggero” del 26112

[242] Harold Acton " Gli ultimi Borboni di Napoli”, Giunti,1997

[243] riportate da A. Pellicciari, " L’altro Risorgimento”, 2000

[244] Pietro Calà Ulloa, citato da Michele Topa, op.cit., pag. 642

[245] Camera-Fabietti, " L’età contemporanea”, Zanichelli, 1972

[246] commenti riportati da Michele Topa, op.cit. pag.636

 
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Quando l'ipocrisia e la menzogna si concretizza nei fatti

Post n°35 pubblicato il 07 Settembre 2011 da pamelagrazia
 

TRADUZIONE (con commenti di ciò che avvenne in realtà) : 

Proclama del re Vittorio Emanuele ai Siciliani

 

 

E’ con l’animo profondamente commosso che metto piede sul suolo di questa isola illustre che, un tempo, quale presagio dei destini presenti, ebbe come principe uno dei miei avi, che ai giorni nostri elesse suo re il mio compianto fratello, e oggi mi chiama con il suo suffragio  unanime a stendere su di lei  i benefici della libertà e dell’unità nazionale.   (notare la tortuosità  della frase: tipico di chi copre vacuità e menzogna ; è come la seppia che per sfuggire intorpidisce le acque  con  l’inchiostro  e  confonde ).

Grandi cose si sono compiute in poco tempo ( e già: ti sei fottuto con l’inganno e gli accordi sotto banco il ducato di Modena, quello di Parma e Piacenza, il Granducato di Toscana, e stai per usurpare  il più ricco Regno delle Due Sicilie mentre il Borbone sta combattendo  a Gaeta!) ; grandi cose restano ancora da compiere ( far  man bassa del banco di Sicilia e di Napoli:, appropriarti della terza flotta più importante  in Europa,  espropriare i beni ecclesiastici …)  ; ma contando sull’aiuto di Dio (si sa quanto poco religiose fosse questo donnaiolo) e sulla virtù dei popoli italiani (sottinteso:  che se ne stiano buoni  buoni  a lasciarsi annettere ; che la parte   stia per il tutto: i cospiratori  addestrati dagli agenti segreti di Cavour  contro i Borbone, rappresentino  il popolo intero che deve piegarsi  al fatto  compiuto di cambiare nazionalità)  noi speriamo di arrivare al compimento di questa magnanima impresa.  (e cioè ingrandire  il territorio  dei tuoi domini ;  cuccarti una rendita quattro volte maggiore di quella di tutti i gli ex sovrani della penisola messi  assieme, come avvenne!).

Il governo che io vi porto sarà un governo di riparazione e di concordia  S’è visto!: fucilazioni di massa, eccidi,  persecuzioni,  stato d’assedio decennale);  rispetterà sinceramente i diritti della religione, manterrà intatte le antiche prerogative che fanno il decoro della Chiesa siciliana ( con le espropriazioni  a tappeto  di migliaia di conventi , laddove suore e monaci provvedevano , secondo  legge borbonica, a  curare  nei loro ospedali e lazzareti i malati, a raccogliere gli orfani e i trovatelli ,  a impartire la  pubblica istruzione, a raccogliere i mendici per insegnare loro un mestiere affinché  potessero “lucrarsi la vita” ? Scempio hai fatto di tutto questo ! Ipocrisia cinica)    e il sostegno  dell’ordine civile ( è per questo  che con la  calata piemontese tutto è divenuto caos, terra bruciata, disperazione e miseria!);  getterà i fondamenti di una amministrazione che ristabilirà i principi di moralità indispensabile  a ogni società ben retta ( Ecco cosa ne è stato di questo tuo dire , denunciato nel parlamento  cisalpino: “ burocrati del Piemonte occupano tutti i pubblici uffizi, gente spesso ben più corrotta degli antichi burocrati napoletani …” -deputato Francesco Proto Carafa, Duca di Maddaloni - ) , e che, sviluppando a mano a mano i principi  di economia sociale (il liberismo capitalistico sfrenato  cavouriano e  l’avvento dei baroni  latifondisti, così come è avvenuto, questo fu il  tuo “sociale”!) , farà rifiorire la fertilità del suo suolo, il commercio e l’attività della marina, e farà godere, e che, sviluppando a mano a mano i principi tutti gli abitanti di questi  doni  che la Provvidenza ha largamente sparso su questa terra privilegiata. (come no!: infatti  , è per questo che  sono andati a finire in mezzo agli schiavi in Luisiana, i Siciliani, dopo  che hai fatto fertilizzare la loro terra con il loro stesso sangue versato a fiotti ).

Siciliani! La vostra storia è la storia dei grandi eventi  e delle generose imprese ( non certo per merito tuo!: la loro storia millenaria , dalla Magna Grecia a Federico II, dai vicereami Spagnoli , ai vespri , al loro parlamento indipendente, se la sono guadagnata in proprio con il proprio ingegno, la propria resistenza, combattività e sudore della fronte) ; il tempo è giunto per voi, come per tutti gli italiani, di mostrare all’Europa che se abbiamo conquistato con il valore l’indipendenza e la libertà (de che?: stanno già a casa loro, padroni sul suolo natio, liberi di lavorare e campare la famiglia, indipendenza da se medesimi? Vero è che stai per schiacciarli con la tua legge marziale e lo stato d’assedio, non appena vorrano rendersi indipendenti dal tuo dominio ), sappiamo anche conservarle tramite la concordia e le virtù civiche. ( altrimenti detto: “ non vi venga in mente di  ribellarvi alla mia sovranità,  poiché allora risulterete e verrete trattati come  delinquenti  e fecce umana da annientare; zitti e basta, se non volete rogne!).  

Palermo, 1 dicembre 1860.               

  Vittorio Emanuele (II)  (e bravo il vittoriuccio papà italico!).

 

 
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