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Ricordi e considerazioni

Post n°16 pubblicato il 24 Novembre 2011 da beskersi
Foto di beskersi

 L’incubo. La mia infanzia è stata felicissima, ma non poteva mancare qualche (piccolo!) “buco nero”, e così è stato.

                Negli anni 40 anche per noi ragazzi le ristrettezze furono molte, e tra queste anche quella di non possedere giocattoli degni di questo nome. Così con gli amici, di volta, in volta, ci dovevamo inventare il modo di giocare e passare il tempo assieme.

Uno dei giochi, se così si può  chiamare, era quello  di attraversare le fogne del paese, sì era proprio così; entrare in una fogna e uscire dalla parte opposta era  un motivo di vanto e la possibilità di “incantare” gli amici più piccoli, adducendo motivi vari di difficoltà per guadagnarne la loro ammirazione.

Una delle ultime fogne ad essere “violata” fu quella del Carbonile. Il Carbonile, era un fabbricato dove venivano stivate in deposito e per qualche tempo, le balle di carbone prodotto nella zona; intorno allo stesso fabbricato era stata costruita una fogna di scolo che raccoglieva le acque che scendevano dalla collina soprastante, per evitare che le stesse si infiltrassero entro il deposito.

Se quella fogna non era stata ancora violata, un motivo doveva esserci; oramai esperti giudicavamo le molte e oggettive difficoltà a percorrerla. Il percorso della fogna in questione, dopo una quindicina di metri, faceva un angolo retto e quindi proseguiva parallela al fabbricato e  alla collina per altri trenta/quaranta metri. Quel giorno, assieme a qualche altro amico, decidemmo che era giunto il momento di tentare la perlustrazione anche di quel cunicolo sotterraneo.

Stabilito che dovevo essere io il capofila, mi immisi entro lo stretto “budello”, incominciando a strisciare come un lombrico, seguito appunto da altri amici. Ripeto che il cunicolo era estremamente stretto e procedendo, come suol dirsi a gattoni, percorremmo il primo tratto, superammo l’angolo retto e proseguimmo. Ero il capofila e già avevo comunicato agli amici che vedevo ben chiara la luce dell’uscita, quando urtai un sasso  malfermo nel muro a retta della fogna, questo cadde e ostruì il passaggio. Non potendo riparare il danno per le ristrettezze in cui mi potevo muovere, comunicai ai miei amici che non potevamo procedere oltre e che quindi dovevamo tornare in dietro. “Ma non possiamo farlo!” mi strillarono,” come possiamo tornare in dietro e superare l’angolo retto!”. Sembravano decisi e convinti di quello che affermavano, e anche a me sembrò difficile se non impossibile “rinculare”, almeno non senza grandi difficoltà. Improvvisamente ebbi l’impressione  di non avere aria abbastanza, il mio corpo poteva  compiere solo pochi e contenuti movimenti, sgomento sentivo i miei amici che imprecavano l’un, l’altro e in chiara difficoltà: Fu il panico! . Dio volle che uscissimo da quella trappola, ma davvero non so dire come!.

 Fu un’esperienza traumatica a tal punto che ancora oggi dopo 70 anni ne subisco le conseguenze: con incubi notturni!.

Avrei mille sogni/incubo da descrivere, ora strani, ora curiosi, ora paurosi, ma alla fine  al centro di ogn’uno di essi c’è l’impossibilità di muovermi,  oppure costretto ad uscire o accedere attraverso passaggi angusti e impossibili da superare, al che rimango lì a soffrire e a lamentarmi fino a quando qualche familiare mi sveglia. E’ tanta la sofferenza che più volte, in tanti anni, mi sono chiesto ”possibile non ci sia un rimedio!"; a più riprese ho pensato, “ma perché non posso ripetermi, non preoccuparti, è solo un sogno!”, una soluzione semplice! Magari!  Nell’episodio successivo mentre, impotente, subisco le difficoltà del momento mi dico “ Eh!, purtroppo non è un sogno, ma  realtà!” e la sofferenza proseguiva fino al risveglio.   

                Poi la guerra!, il mio paese messo a ferro e fuoco dai nazisti, comminare tra soldati pieni di odio dalle maniere paurosamente aggressive, prigioniero davanti ad armi spianate assieme a tutti i paesani per giorni, il fronte che si avvicina, le cannonate che cadevano poco distanti e potrei proseguire, hanno contribuito a variare ma anche a rinvigorire questi miei incubi che continuano ancora oggi a tormentarmi.

                  L’ultimo!: poche notti fa scendevo lungo le poche ma fresche acque del mio fiume, come facevo nei giorni estivi quasi ogni giorno con i miei amici, quando posando il piede in una pozzanghera, mi sono accorto di sprofondare. I miei amici continuavano il loro cammino certi che li avrei raggiunti appena avessi voluto. Sentendomi imprigionare, cominciai a dibattermi per uscire da quella situazione, ma invano. Sentivo quella melma vischiosa sempre più appiccicosa aderire  perfettamente a tutto il mio corpo e trattenerlo e come aiutata da migliaia di piccole ventose, trascinarmi sempre più giù, risucchiandomi nel suo morbido ”ventre”, come una preda ambita e attesa da tempo, per saziare la sua voracità; intanto alla sua sommità la melma stessa, oramai, mi impediva il respiro. Urlavo e chiamavo invano, nessuno mi sentiva. Anche in questo caso avevo la soluzione, bastava che mi fossi svegliato, semplice no?, magari! Eppure mi dibattevo ma una forza sconosciuta mi teneva immobile e oppresso, percepivo chiaramente di essere nel letto ma le mie braccia e il mio corpo non si muovevano nonostante i miei sforzi, urlavo perché sapevo che qualche familiare avrebbe potuto svegliarmi e tutto sarebbe finito, ma invano!, con un ultimo sforzo, forse spinto dal malessere che avevo addosso e la convinzione  che soltanto il risveglio poteva liberarmi da quell’angoscia, riuscii a scuotermi decisamente; Alla fine mi trovai sul pavimento della camera dolorante, ma sveglio!

 
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