Il Treno

Post n°7 pubblicato il 21 Aprile 2009 da beskersi
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        Anni 40, inverno, al bosco il lavoro è naturalmente sospeso. Mio Padre mi condusse a Firenze in treno per fare visita a mio fratello, presso il collegio dove studiava. In treno c’ero stato ma per brevissimi percorsi. Quello, invece, fu un viaggio lunghissimo.

 

       Seduto presso il finestrino, dopo il superamento di molte gallerie, potevo vedere cose che mai avevo viste, non avevo occhi abbastanza, tutto dovevo memorizzare per raccontarlo poi ai miei amici.Stazioni grandissime dove innumerevoli binari correvano paralleli verso l’ignoto, nomi delle stazioni a caratteri cubitali, treni che si incrociavano velocissimi(per quei tempi), con fragore assordante, persone che lungo i binari della stazione vendevano leccornie, ripeto non avevo occhi abbastanza.

          Ma l’arrivo alla stazione di Firenze fu davvero un evento: il tetto era quasi tutto di vetro! molte luci,in pieno giorno, erano accese!, un intenso viavai di persone che mi faceva girare la testa. Ero anche un po’ preoccupato, pensavo a come avrebbe fatto il mio babbo a trovare la strada giusta per arrivare a destinazione, quanto ci sarebbe stato da camminare; mio Padre interruppe i miei pensieri dicendomi ”ora prendiamo il tram”, e che cosa era?   Eravamo fermi sul marciapiede quando arrivò una carrozza sferragliante, salimmo  mi sedetti su una panca di legno mentre mio  padre era in piedi aggrappato a dei supporti: Gli dissi di sedersi accanto a me, forse anche per sentirmi più al sicuro, ma lui rispose che non poteva farlo. Rimasi interdetto, vidi che quella persona a cui avevamo pagato il biglietto aveva un grosso stemma dorato sul berretto; forse è quell’uomo lì che non vuole, pensai.

          Raggiungemmo il collegio, incontrammo mio fratello in una grande stanza dal pavimento lucidissimo, e dove potevo vedere la mia ombra riflessa, poi mio fratello mi portò vicino ad un pianoforte e suonò qualche melodia, tutto meraviglioso.

          Al ritorno passammo dalla località Fortezze dove presso una vasca, che ancora oggi è lì, immutata, un signore pescava. Vidi tantissimi grossi pesci tra i quali molti erano rossi. Presso la vasca ad un chiosco il mio Babbo mi comprò una banana; Mai vista, la mangiai anche se non fui troppo entusiasta, ma dissi “buona babbo” chissà quanto gli era costata.

          Avevo tutto memorizzato!, non vedevo il momento di poter raccontare il tutto  ai miei amici. Ciò avvenne il giorno successivo, dopo avermi attentamente ascoltato, qualcuno esclamo:”ora perché è stato a Firenze vuol farci credere che ci sono tetti di vetro e pesci rossi!”; ingrati!?.

 

 
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Considerazioni

Post n°8 pubblicato il 07 Maggio 2009 da beskersi
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           Eppure oggi abbiamo tutto quello che ci serve, o forse no?!, forse ci manca quell’amore per il prossimo che, ai tempi della mia infanzia, ci univa e che dividere “quell’unico pezzo di pane” con gli altri non ci costava sacrificio.

            Oggi ci sediamo a tavola come una volta, ma anziché comunicare tra noi, assistiamo al Telegiornale che generalmente va in onda a l’ora di pranzo e di cena. Sembrerebbe il massimo!. Ma dopo poche notizie e informazioni, assistiamo ad interviste di ministri, i quali invece di darci conto del loro lavoro, spiegarci quello che le leggi contengono  in fatto di normativa e di benefici per il cittadino, assistiamo a battibecchi tra gli stessi, al limite delle offese; e quindi ecco la cronaca nera.

            Stupri, accoltellamenti, sopraffazioni di ogni genere, macchine che si schiantano contro pali e muri, auto che investono e uccidono quotidianamente; sembra un mondo di pazzi; ma certamente, è un  mondo di disperati, se, come dimostrano le cronache, molti dei nostri giovani, con una continuità allarmante, invece di sorridere alla vita, drogati e ubriachi, corrono incontro alla morte.

           Spesso mi chiedo: ma possibile che oggi non ci sia stata una persona che abbia compiuto una buona azione? Fortunatamente, anche se non fanno notizia, ce ne sono e molte: ma se "i masmedia dell'informazione" a queste ultime non danno pari opportunità di cronaca con le cattiverie, come faranno i nostri figli a distinguere il bene dal male?, e a identificarsi nei personaggi giusti. E le guerre fratricide che sconvolgono il mondo?  Continue immagini di macerie,  individui che brancolano tra di esse alla ricerca di qualche familiare sopravvissuto, e, insopportabile, bimbi terrorizzati in lacrime: a questo punto dovrebbe prevalere il cinismo e quindi dimenticare tutto; io non posso!, ed è per questo che spesso, mi rifugio nella gioia dei miei ricordi.

 
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MARRONI..alimento principe

Post n°9 pubblicato il 21 Febbraio 2010 da beskersi
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                             “ballotte”, “bruciate”, “pelati”, castagne, polenta, frittelle e per le feste tortellini fritti imbevuti nell’alchermes e spolverati di zucchero e altri piatti ancora, erano appunto l’alimento principale durante la nostra infanzia per l’autunno – inverno.

Al mattino mio Padre si alzava per primo, accendeva il fuoco, l’unico mezzo di riscaldamento, e poi preparava le “bruciate” per la colazione della famiglia.

Sentivo mio Padre salire le scale e dal letto vedevo la rarefatta luce della lanterna che il mio babbo teneva in mano, e che piano piano illuminava la camera dove dormivo. La luce della lanterna, che serviva per raggiungere la soffitta, rifletteva l’ombra di mio Padre sulla parete dove era posto il mio letto, poi ingrandendosi a dismisura attraversava la parete laterale alla mia sinistra, risaliva su quella e me dirimpetto e poi si riuniva alla persona del mio babbo infondo alla camera, dove una porta conduceva alla soffitta e dove tenevamo la scorta dei Marroni.

Quando scendeva l’ombra faceva il percorso all’inverso riunendosi alla persona di mio Padre, questa volta, alla porta d’ingresso della mia camera. Capivo, dai rumori che mi pervenivano dalla cucina e che mi erano famigliari, che i marroni potevano essere cotti!, scendevo in cucina, afferravo qualche marrone dal cesto del “bruciatoio” e quindi esclamavo “babbo sono cotti”!.

A quel punto tutta la famiglia si riuniva attorno alla tavola e lentamente consumavamo la colazione.

Il gatto sonnecchiava  sulla sedia accanto al fuoco, ma aveva dormito nel mio letto, infatti, la sera quando tutto era calmo, saliva furtivamente le scale, io alzavo le coperte e lui si infilava sotto e si acciambellava accanto al mio corpo. Una mattina però, incautamente, usci di sotto le lenzuola proprio mentre passava mio Padre, e da quella sera prima di coricarsi, i miei genitori passavano a controllare e, se c’era, veniva preso, come si suol dire, per la “collottola” e spedito in cucina.

Fatta colazione prendevo la cartella con i libri, un pezzo di legno e andavo a scuola; sì un pezzo di legno da bruciare; non esisteva altro modo per riscaldarsi se non accendere una stufa nell’aula scolastica, e quindi tutti dovevamo contribuire.

 
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LA GUERRA

Post n°10 pubblicato il 21 Febbraio 2010 da beskersi
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                                  Poche erano le radio e pochi i giornali in quei tempi, e quindi noi bambini sentivamo parlare di guerra soltanto dagli adulti, di Germania, Inghilterra, America, Russia, erano notizie che non intralciavano i nostri giochi quindi non ci creavamo problemi.

Poi incominciarono a “ronzare” aerei anche sul nostro piccolo paese. Flotte di “Fortezze volanti”, così le chiamavano gli adulti, passavano lentamente sui nostri cieli, “vanno a bombardare la Germania” aggiungevano. Al primo "sordo rombo" di aerei le nostre madri ci afferravano per mano impaurite e ci conducevano al riparo dentro la vicina galleria della ferrovia. Poi qualche bomba cadde anche vicino al nostro Paese presso un ponte preso a bersaglio. In altra occasione una furibonda battaglia aerea si svolse proprio sopra i nostri celi. Una “Fortezza volante” fu colpita dagli avversari e con un rombo terrorizzante, inizio a precipitare verso terra avvolta da fumo e fiamme. Ali e altri pezzi vari svolazzando scendevano lentamente verso il suolo, poi apparvero alcuni palloncini luccicanti, era una splendida giornata di sole, e anch’essi scendevano lentamente, “Sono paracadutisti” azzardò qualcuno, il tutto continuò a scendere oscillando lentamente come foglie portate dal vento. Il tronco principale dell’aereo si schiantò contro una montagna poco lontano con qualche militare, probabilmente morto, ancora a bordo e noi ragazzi fummo i primi ad accorrere sul luogo; uno spettacolo allucinante ci sorprese, “brandelli di ogni genere!” erano sparsi tutto intorno. Incominciammo a prendere coscienza, che la guerra era terrore e rinunce.

       Intanto anche presso il Pese si acquartierarono soldati nazisti impegnati nella fortificazione della linea Gotica. Erano truppe “attempate” addette ai lavori e non al combattimento, così che instaurarono un rapporto amichevole con noi paesani.

Ricordo che un giorno con mio Padre scendevamo dalle montagne circostanti con un corbello pieno di funghi, alcuni soldati ci seguirono fino a casa e chiesero a mia Madre se poteva cucinargliene: mia Madre gli fece capire di non avere olio a disposizione, al che un soldato disse “aspetta Mamma”, tornò trionfante con due fiaschi di olio di oliva. Mangiarono funghi fritti fino a tarda sera, quindi mia Madre gli dimostrò che era avanzato un bel fiasco di olio, ma essi dissero che poteva tenerlo come ricompensa per il lavoro svolto, una fortuna per l’epoca.

In altra occasione un soldato cuciniere che ben conoscevo e che sempre destinava alla popolazione avanzi di carne macellata per le truppe, mi offrì un pezzo di coscio di vitello che però io non fui capace di trasportare; Forse padre di famiglia, mi diede un amichevole “Scappellotto” afferrò il pezzo di carne e lo portò fino a casa mia.

Purtroppo la guerra ebbe sviluppi drammatici anche per noi; quattro soldati nazisti furono uccisi in più occasioni. In paese arrivarono reparti addestrate alla guerriglia e compirono un eccidio di civili inermi, seguendo le direttive di chi aveva arbitrariamente emanato disposizioni in merito e cioè che per ogni soldato ucciso, fossero passati per le armi dieci civili. Quarantaquattro furono le vittime ovvero tutti gli uomini capi famiglia del Paese, compreso il vecchio parroco. Tutti innocenti, infatti, furono prelevati dai vicini campi, intenti alla mietitura del grano; tra di essi anche mio Padre: era il 17 luglio 1944.

 
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LA GUERRA ......continua

Post n°11 pubblicato il 26 Gennaio 2011 da beskersi
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Poco tempo dopo l’Eccidio, improvvisamente, ci fu ordinato di lasciare il Paese. Il fronte era vicino e le truppe di occupazione volevano la zona libera da civili, prevedendo una forte resistenza alle truppe Alleate a seguito delle fortificazioni della linea Gotica o Verde come fu ribattezzata.

Fu una notizia drammatica: dove saremmo andati?, con che mezzi? .Purtroppo non ci fu molto da tergiversare e quindi tutto il Paese si radunò attorno ai pochi uomini, sfuggiti all’Eccidio  perché nascosti e decidemmo che al mattino seguente saremmo partiti tutti assieme.

Ci alzammo molte presto, scesero in paese anche i miei fratelli dal bosco dove erano nascosti, mia Madre era preoccupatissima di dover lasciare la casa e tutto quel poco che possedevamo, ma soprattutto aveva il terrore che i propri figli, renitenti alla chiamata della Repubblica di Salò, fossero requisiti dai nazisti durante il viaggio o a qualche posto di blocco.

Oramai però la guerra aveva la sua conclusione segnata  e quindi anche le truppe nemiche capivano che l’epilogo era vicino, erano svogliate e non più aggressive, quindi, tutto andò per il meglio.

Dicevo che ci alzammo molto presto, prendemmo poche cose, l’unico mezzo di trasporto era un carro trainato da due mucche da latte e un piccolo “barroccino”, che soldati compiacenti ci misero a disposizione, e ciò per tutto il Paese, poche cose quindi per ciascuna famiglia. Ricordo che mia Madre mi disse di liberare tutti i nostri animali da cortile “qualcuno potrebbe salvarsi” disse  “e se torniamo…:”. Aprii le stie dei conigli che contenti si sparsero per la vicina boscaglia e quindi i polli e le anatre, quest’ultime, credendo le accompagnassi al fiume come facevo ogni giorno, mi  seguivano, le scacciai in malo modo  “povere bestiole che avranno pensato di me” in quella occasione.

Proprio mentre stavamo partendo mia mamma tornò velocemente verso la casa, infilò la chiave nella serratura dell’uscio tolse le mandate e tornò verso di noi “ho aperta la porta, almeno i soldati per entrare non la sfonderanno ” disse; altre sue amiche fecero altrettanto. Partimmo tra la disperazione di tutti, dopo pochi chilometri, gli assali delle ruote della “treggia” per niente oliate, incominciarono a spandere un odore di legno bruciato, prontamente fu versata acqua sulle ruote e riprendemmo il cammino, per poco perchè ci fermammo  presso un Podere vicino a Marradi; lì dormimmo ma non molto, nella notte il cielo si illuminò come per incanto. Per la prima volta sentii la parola “bengala”. “Sentirete tra poco che musica” disse qualcuno, non sò cosa volesse dire, ma lo capii ben presto! Il rombo inconfondibile di un aeroplano che va in picchiata, rumore a me già noto,  e poi mille paurosi scoppi di bombe e mitraglie. Ma già alla sera ci avevano imposto di evacuare nuovamente. Ancora come “zingari” procedemmo tra la polvere e l’incertezza, finche ad un bivio stradale gli adulti decisero che era meglio separarci in gruppetti e ognuno seguire il proprio istinto.

Il nostro gruppo si fermò presso un conoscente di alcuni paesani, detto “Madonnino” e lì rimanemmo per circa due mesi;  dormivamo in una capiente cucina, tutti in fila allineati sul pavimento con poche coperte. Il fronte ci raggiunse molto presto, le truppe di occupazione non ci infastidirono, chiedevano soltanto di non essere sabotate nei loro interessi militari, ma non tardarono ad arrivare, nella zona,  cannonate e le mitragliatrici si sentivano oramai vicine. Decidemmo di oltrepassare il fronte e far ritorno a casa.

Mia Madre preparò una “infornata” di pane e lo fece seccare e quello fu il “carico” di un mio fratello durante il ritorno, poi  confezionò altri fagotti con indumenti e coperte  che assegnò ad ognuno di noi e aggiungendo:”se dovremo sostare almeno ci sarà cibo e riparo per qualche giorno” .   

 Ripensando ai tanti e tragici momenti passati negli ultimi mesi, e in particolare dopo la scomparsa di mio Padre, devo ammettere che mia mamma , fu molto accorta e previdente, seppe risolvere incredibili e difficili situazioni, pur nella sua pochissima istruzione ed esperienze del genere.

         L’attraversamento della “prima linea” avvenne, fortunatamente, senza incidenti: non una cannonata o semplice colpo di fucile.  Ricordo che fummo seguiti con cannocchiale da un militare tedesco dalla torretta di una abitazione  mentre  attraversavamo la pendice di una collina, senza però nessuna conseguenze.

        Arrivammo poco dopo in territorio già occupato dalle truppe alleate. Giganteschi camion, imponenti cannoni,cingolati di ogni genere, cataste di materiale bellico, cose mai  viste. Io trasportavo le ultime tre galline rimasteci e proprio appena giunti tra le truppe amiche, un soldato ci chiese di cedergliene una, “le abbiamo salvate dai tedeschi ed ecco che ce le mangiano gli alleati” commentammo, fu così, ma in compenso il soldato tornò con una “bracciata” di carne e margarina in scatola e un filone di pane bianchissimo che gradimmo particolarmente. Alla sera eravamo già al nostro amato Paese.

      Nessuna traccia dei nostri animali liberati, davanti alla nostra casa una montagna di terra e in cima, gettata come un oggetto inutile, la vecchia amata Singer che mia madre raccolse  con amorevole cura e che depose in luogo sicuro e asciutto. La casa era occupata da truppe e lesionata nel tetto. Riabbracciammo alcuni Paesani che ci avevano preceduti e dormimmo presso uno di loro nella sua capiente cucina, tutti allineati sul pavimento proprio come da “Madonnino”, ma su materassi, con coperte, vivi e liberi!.

 
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