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LETTERA A MIO FIGLIO di Umberto Eco

Post n°20 pubblicato il 23 Ottobre 2011 da berta1804
Foto di berta1804

 

Caro Stefano, si avvicina il Natale e presto i negozi del centro saranno affollati di padri eccitatissimi che giocheranno la commedia della generosità annuale essi, che hanno atteso con gioia ipocrita quel momento in cui potranno comperarsi, contrabbandandoli per i figli, i loro trenini preferiti, i teatri dei burattini, i tiri a segno per frecce e i ping pong casalinghi. lo starò a vedere, perché quest'anno non è ancora il mio turno, tu sei troppo piccolo, e i giocattoli Montessori non mi divertono più che tanto, forse perché non provo gusto a metterli in bocca, anche se l'avvertenza mi comunica che non mi andranno giù. No, debbo aspettare: due, tre, forse quattro anni.

Poi verrà il mio turno, passerà la fase dell'educazione materna, tramonterà l'era del.

l'orsacchiotto e sarà il momento in cui incomincerò a plasmare io, con la dolce sacrosanta violenza della patria potestas, la tua coscienza civile.

E allora, Stefano...

Allora ti regalerò fucili. A due canne. A ripetizione. Mitra. Cannoni. Bazooka. Sciabole. Eserciti di soldatini - in assetto di guerra.

Castelli con ponti levatoi. Fortini da assediare. Casamatte, polveriere, corazzate,

reattori. Mitragliatrici, pugnali, pistole a tamburo.

Colt, Winchester, Rifles, Chassepots, novantuno, Garand, obici, colubrine, passavolanti, archi, fionde, ha. Ilestre, palle di piombo, catapulte, falariche, granate, baliste, spade, picchi, ramponi, alabarde e grappini di

arrembaggio; e pezzi da otto, quelli del capitano Flint (in memoria di LongJohn Silver e di Ben Gun). Draghinasse, di quelle che piacevano a Don Barrej o, e lame di Toledo, di quelle che ci si fa il colpo delle tre pistole, da stendere secco il marchese di Montelimar,o la mossa del Napoletano, con cui il barone di Sigognac fulminava il primo bravaccio che tentasse di rapirgli la sua Isabella; e poi azze, partigiane, misericordie, kriss, giavellotti, scimitarre e verrettoni e bastoni animati, come quello con cui John Carradine moriva folgorato sulla terza rotaia, e chi non se ne ricorda peggio per lui.

Sciabole d'arrembaggio da far impallidire Carmaux e Van Stiller, pistole arabescate che Sir

James Brook non ebbe mai (sennò non si sarebbe dato per vinto di fronte alla sardonica ennesima sigaretta del portoghese); e stiletti dalla lama triangolare, come quello con cui, mentre la giornata moriva assai dolcemente a Clignancourt, il discepolo di Sir Williams diede morte al sicario Zampa, consumato che ebbe il matricidio sulla vecchia e sordida Fipart; e pere d'angoscia, di quelle che furono introdotte nella bocca del carceriere La Ramée mentre il duca di Beaufort, i peli ramati della barba resi più fascinosi dalle lunghe cure di un pettine di piombo, si allontanava a cavallo pregustando le ire del Mazarino; e bocche da fuoco caricate a chiodaglia, da sparare coi denti fatti rossi dal betel, e fucili dal calcio di madreperla, da da impugnare su corsieri arabi dal pelo lucido e dal garretto nervoso; archi rapidissimi, da far diventar verde lo sceriffo di Nottingham. e coltelli da scalpo. come ne ebbe Minnehaha o (tu che sei bilingue) Winnetou.(.......................................................................)

Stefano, figlio mio, ti regalerò fucili. Perché un fucile non è un gioco.

È lo spunto di un gioco.

Di lì dovrai inventare una situazione, un insieme di rapporti,

una dialettica di eventi.

Dovrai fare pum con la bocca, e scoprirai che il gioco vale per quel che vi inserisci, non per quel .che vi trovi di confezionato. Immaginerai di distruggere dei nemici, e soddisferai a un impulso ancestrale che nessuna barba di civiltà riuscirà mai ad ottenebrarti, a meno di far di te un nevrotico pronto all'esame aziendale attraverso Rorschach. Ma ti convincerai che distruggere i nemici è una convenzione ludica, un gioco tra i giochi, e imparerai così che è pratica estranea alla realtà, di cui giocando ben conosci i limiti.

Ti ripulirai di rabbie e compressioni, e sarai pronto ad accogliere altri messaggi, che non contemplano né morte né distruzione; sarà importante, anzi, che morte e distruzione ti appaiano per sempre dati di fantasia, come il lupo di cappuccetto rosso, che ciascuno di noi ha odiato senza che di qui sia nato un odio irragionevole per i cani lupo.

Ma forse non è tutto qui, e non sarà tutto qui. Non ti concederò di sparare le tue colt solo a titolo di sfogo nervoso, di purificazione ludica degli istinti primordiali, rimandando a dopo, a depurazione avvenuta, la pars construens, la comunicazione dei valori.

Cercherò di darti idee già mentre spari nascosto dietro una poltrona.

Anzitutto non ti insegnerò a sparare agli indiani. Tiinsegnerò a sparare ai trafficanti di armi e di alcool che stanno distruggendo le riserve indiane.

E agli schiavisti del sud, per cui è inteso che sparerai come uomo di Lincoln. Non ti apprenderò a tirare sui cannibali congolesi, ma sui mercanti d'avorio, e in un momento di debolezza forse ti insegnerò a cuocere in pentola il dottor Livingstone, I suppose.

Giocheremo dalla parte degli Arabi contro Lawrence, che oltretutto non mi è mai sembrato un bel modello di virilità per i giovanetti dabbene, e se giocheremo ai Romani staremo dalla parte dei Galli, che erano Celti come noi piemontesi e più puliti di quel Giulio Cesare che dovrai ben presto imparare a guardar con diffidenza, perché non si tolgono le libertà a una comunità democratica dando per tutta mancia, dopo la morte, gli orti da andarci a passeggiare.

Staremo dalla parte di Toro Seduto contro quel ripugnante individuo che fu il generale Custer. Dalla parte dei Boxers, naturalmente.

Dalla parte di Fantomas piuttosto che da quella di Juve, troppo ligio al dovere per rifiutarsi, all'occorrerenza, di manganellare un algerino.

Ma qui sto scherzando: ti insegnerò, certo, che Fantomas era cattivo, ma non verrò a raccontarti, complice della corruttrice baronessa Orczy, che la Primula Rossa era un eroe. Era uno sporco vandeano che dava noie al buon Danton e al purissimo Robespierre, e se giocheremo tu prenderai parte alla presa della Bastiglia.

Saranno giochi formidabili, pensa, e li faremo insieme! Ah, volevi farci mangiare brioches? Avanti, signor Santerre, faccia rullare i tamburi, tricoteuses di tutto il mondo, sferruzzate gioiose!

Oggi si gioca alla decapitazione di Maria Antonietta! Pedagogia perversa? Chi parla? Lei signore, che sta facendo film sull'eroe Fra Diavolo, grassatore se mai ve ne furono al soldo degli agrari e dei Borboni?

Ha mai insegnato a suo figlio a giocare a Carlo Pisacane, o ha permesso all'istruzione elementare e al poetastro Mercantini di farlo passare agli occhi dei nostri piccoli come un biondo idiota gentile da imparare a memoria?

E lei, lei che è antifascista si può dire dalla nascita, ha mai giocato con suo figlio ai partigiani? Si è mai acquattato dietro il letto fingendo di essere nelle Langhe e gridando attenzione, da destra arriva la Brigata Nera, rastrellamento, rastrellamento, si spara, fuoco sui nazi?!

Lei regala a suo figlio i legnetti da costruzione e lo manda con la domestica a vedere i fIlm razzisti che esaltano la distruzione della nazione indiana.

Così, caro Stefano, ti regalerò dei fucili.

E ti insegnerò a giocare guerre molto complesse, in cui la verità non stia mai da una parte sola, in cui all'occorrenza si debbano organizzare degli otto settembre.

Ti sfogherai, nei tuoi anni giovani, ti confonderai un poco le idee, ma ti nasceranno lentamente delle persuasioni.

Poi, adulto, crederai che sia stata tutta una favola, cappuccetto rosso, cenerentola, i fucili, i cannoni, l'uomo contro l'uomo, la strega contro i sette nani, gli eserciti contro gli eserciti. Ma se per avventura, quando sarai grande, vi saranno ancora le mostruose figure dei tuoi sogni infantili, le streghe, i coboldi, le armate, le bombe, le leve obbligatorie, chissà che tu non abbia assunto una coscienza critica verso le fiabe e che non impari a muoverti criticamente nella realtà.

 

 
 
 
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