Creato da baubo_a il 11/04/2012

Baubo

eros e gioco

 

 

in fondo alla piramide

Post n°11 pubblicato il 15 Luglio 2012 da baubo_a
 
Tag: baubo

 

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Appisolata sotto le coperte. Improvvisamente mi vedo: ragazzina dalla pelle amaranto, vestitino dorato con grandi greche turchese sul bordo e sulle spalle. Snella, capelli dritti e neri. Occhi grandi neri, spalancati e allungati. Strisciolina azzurra che serra i capelli sulla fronte.

Dietro a me una guardia, meglio un ragazzino con una leggera armatura, sandali allacciati, una lancia. Complice. Mi sta accompagnando lungo una stretta scala di pietra che scende ripida e buia fino al cuore della piramide.

Arrivo saltellando leggera, stanza alta di pietra, spoglia e seria, scura, solo un grande letto addossato a una parete. In fondo, sul pavimento, una tavola di legno che copre una larga botola.

L'uomo è qui, spesso abita questa stanza che è sua, la impregna della sua presenza. Non molto alto, un po' rotondo, senza capelli, pelle scura, serio, severo.

Lui è un sacerdote del tempio e nello stesso tempo è uno dei costruttori della piramide per cui sa di numeri, forze, equilibri, di morti, di mummie, di intrugli; di parole e riti e rituali. Sa di corpi, di menti e pensieri.

Il soldatino se ne va con la porta che si chiude alle mie spalle. Non sento paura, molte volte vengo qui, lui mi chiama, mi fa venire a prendere lassù al villaggio dove vivo e, dalle stradine piene di sole, di voci e risate, mi fa condurre qui. Solo un leggero tremito avverto. Mi piace e spaventa, essere qui. Ogni volta così. Fa fresco, i miei occhi ancora son presi dalla luce del cielo libero lassù, quaggiù l'ombra, il gioco, il tremore, il brivido dell'inconosciuto che il mio corpo, lo so, aprirà.

Lui sta guardando dei rotoli, seduto all'angolo del letto. Sfoglia, gira, rotola e srotola, preso dalle sue carte. Io, in piedi, aspetto e cerco di sciogliere un po' il calore del corpo alla frescura della stanza.

Ancora col rotolo tra le mani mi fa cenno d'avvicinarmi. Siedo. Mi cinge i fianchi.

Sta, col braccio sul mio vestito, solo una leggera pressione ogni tanto. Io respiro. Aspetto, una leggera attesa che sale.

Posa il rotolo, si gira verso me, guarda il mio vestito, guarda ancora, ora il mio corpo. Non guarda me. Mi fa alzare, prende il bordo della veste e la solleva, la sfila dalle braccia. Sono nuda davanti a lui. Un tremito, chiudo gli occhi. Mi sta scrutando, avverto che alza la mano, tocca la mia spalla, scende con le dita lungo il petto, scivola sul seno, fino al capezzolo. L'altra mano improvvisa sull'altro capezzolo. Li stringe, mi fa male. Tento di scostarmi, mi prende, sento la forza della presa. Mi stende sul letto, s'avvicina con la bocca alla mia fronte e alita su di me. Scende sulla mia bocca, la tappa con la sua con un impatto deciso, trattiene, sono senza respiro. Tento di girare la testa, non riesco, mi sollevo con il petto, devo respirare, prende con le mani i seni e mi costringe ancora sotto di lui. Lascia un seno e mi accarezza i capelli, dall'alto del mio capo, lentamente, fino alle spalle, lentamente, a lungo. Scosta appena la bocca, l'aria entra, s'allenta l'ansia e il mio corpo già è docile, sul letto.

Si pone accanto a me, il suo viso sopra il mio, mi guarda, con le dita allarga le mie palpebre e dice: «Apri». Apro gli occhi e il suo sguardo è dentro me, le sue pupille nere, le dita sulle mie tempie, le sue ginocchia premono sui miei fianchi. Mi scruta in fondo, lo sento. Sono sospesa, tesa. Aspetto. Scende con le mani sul petto, le unisce sullo sterno e preme, preme, fa male. Continua e io incasso la spinta, con una mano scende, la poggia e preme sul mio pube. Sento tirare tra il petto e il ventre, quasi una corda sottile e dura che brucia e continua più sciolta e tiepida oltre il pube, scivola, scende verso la mia vagina. Come se qualcosa di liquido, caldo, intensamente percepibile scorresse dal ventre alla vagina, dentro, allagasse le mie grandi labbra, oltre, alle piccole labbra, e scende e s'insinua caldo e intenso nella vagina. Le mie gambe si aprono.

Lui si spoglia, s'allunga sul letto accanto a me, una mano sotto la mia nuca, prende i capelli e mi tira indietro la testa con forza. Il mio collo teso, con l'altra mano è sul capezzolo, lo gira e rigira tra le dita, stringe, strizza fa male.

«Fai male »

«Io lo so qual'è la chiave. Stai buona». E stringe.

Mi piace e sento dolore, resisto; ogni volta che lui affonda nella carne, in fondo al dolore s'apre un piacere, intenso. Cerco di reggere perché il punto del piacere è vorticoso, forte. A volte è troppo e reagisco, mi scosto: «Vai piano, fai male»

«Zitta!» Più lui affonda...

Insiste, il gioco duro continua, io che rotolo e mi dimeno, sento e m'accendo.

...

...

La stretta sul seno, bloccata tra le sue braccia, le mie mani dentro di me...

Insisto, sento la forza prendermi i fianchi, il bacino, restringersi e concentrarsi sul coccige che scatta e sale quasi a inseguire l'onda che sta arrivando. Il bacino si muove, si alza. Lui insiste e stringe, lo sento ansimare su di me. La sua testa su di me: «Vieni, vieni... » Ancora le dita ... sento quasi perdere la sensibilità tanto è intensa l'onda. La sento arrivare, so come fa, sento che sto aspettando che dilaghi dal coccige ... che mi sollevi la schiena, che mi faccia inarcare le spalle, che esca l'urlo stretto e gutturale, pieno.

Mi fermo un momento, voglio aspettare, voglio ascoltarmi in questa attesa piena di desiderio, voglia e turgore che sale, oh, so bene come si fa ad ascoltare i movimenti interni del corpo! So bene che accade laggiù, lo so qui, nella mia testa, è nella mia testa che mi godo il piacere più grande, che io chiamo folle tanto è libero e nuovo ogni volta. Ciò che mi gusto di più è il sentirmi la regista dei miei orgasmi. Lui continua, avverte la mia pausa e strizza con più lentezza e intensità, mi raggiunge anche nel mio sostare, m'accompagna nel mio fare e decidere come se stesse percorrendo e conoscendo di me luoghi reconditi, sconosciuti ma che lui sa che ci sono. E vuole esserci, li vuole, s'aspetta quello che c'è quaggiù, non tanto nella mia fica esposta laggiù, quanto nella fica-femmina che sta nel mio inconscio, nella mia testa quando sventra la soglia e va e mi scatena in posture, scatti, umori, parole, nudità dell'anima dei quali egli si nutre.

Sì, quasi mi mangiasse l'anima. E io so che, solo sapendo che gliela lascio, me la salvo l'anima. Solo dandogliela tutta, così, resta anche mia. E io quaggiù, al di là delle parole, dei fatti, del nostro mondo di fuori, quaggiù quando lui tutto vede di me, lui è scoperto e io vedo lui.

Ecco, colto nella sospensione, questo mi riempie più di un orgasmo, già scatta calda e forte l'onda larga che travolge, che mi sposta, m'attraversa come un lampo ma anche si fa godere, si fa sentire e gustare in tutta la sua lunghezza ed intensità; non scappa veloce, faccio in tempo a vederla, a sentirla, è oltre me ma la posso anche gestire, la fermo un attimo per gustarmela ancor più, poi la lascio andare ancora un po', sale, prende e accende la carne.

Sale, alla pancia, ai seni che scattano sotto la sua presa. Lui fermo a sentire l'onda del possesso di me per me stessa che mi trapassa, e se la beve. Come se la facesse entrare in sé, la aspira. Così, mentre io vengo e mi prendo, lui mi prende, sono sua in questo mio essere ciò che sono, nuda di dentro e domata.

Lascia i miei capezzoli, ora prende i seni tra le mani, se ne riempie, avverte i miei scatti e le mie pause. Lascio che la forza salga, forte, dura, rapace e generosa. Allaga sui miei seni, sui capezzoli, sui palmi delle sue mani che stringono dolcemente, ora. Sale il grido, roco, gutturale pieno fino alla gola, esce. Uno scatto, la testa all'indietro, le gambe lanciate lontano «Piano, piano... » Lo sento dire.

Continua l'onda a tratti più lenta e sospesa poi di nuovo con vigore, si espande, esce da me e m'allunga in un filo dorato che prosegue dalla mia testa, oltre, verso l'aere, sfonda le spesse pareti scure di questa stanza e vince la notte. Sono nel sole. Intanto l'onda s'è data anche il percorso inverso e la sento scaldarmi le gambe, attraversare le ginocchia e tornirle, sedurle. Scivola verso i piedi e esce, s'allunga oltre il letto e scappa veloce dentro il pavimento, oltre, trapassa la terra e scende veloce a farsi una col cuore della terra.

Lo vedo, verde e cristallino, il plasma al centro della Terra che avvolge e assorbe il fascio di luce partito dal mio corpo, lo riconosce e lo fa suo, lo amalgama col sangue verdazzurro della Terra e me lo ritorna ricco di forza. Mi riaggancia la saetta, torna in me, scatta nuovamente tra ... e il coccige, intensa, assale la mia pelle, riempie perfino le orecchie, mi riavvolge su me stessa, dilaga nuovamente in me e l'orgasmo continua, sale alla testa, mi fa spalancare gli occhi, guardo lui, lo trattengo nello sguardo. Trattengo te, uomo, nello sguardo tanto quanto nella fica.

Non so se sa, non è importante. Tanto dopo saprà.

Lui si sposta, sta sopra di me... E mi penetra. Affonda, scava dentro me, lo sento spingere, chiudo gli occhi e mi concentro laggiù. Prendo, lascio, chiamo, succhio, tiro, lascio andare, lui s'alza, scorre, sembra uscire spinto dai miei muscoli ma ecco, ci ripenso, voglio richiamarlo qui, aspiro, stringo e il gioco riparte in fondo, lontano, e assolutamente vicino. Mio.

Lo lascio guidare mentre un tunnel lungo, profondo arriva ai miei occhi, un tempio? Qui ti porto, nel tunnel, e stringo laggiù, lo chiamo con i muscoli stretti, sento la forza del mio saperlo prendere, chiamare e tenere. Anche lasciar andare. Così nel mondo di dentro come nel mondo di fuori. E lo so. Il mio potere di femmina è più grande di ogni mondo di fuori. La mia femmina che sta qui tra .. e la mia testa, lei è una col mondo e sa quand'è il momento di aprire ogni paratia, di fare di ogni velo, di ogni zona d'ombra o d'inciampo uno scalino di torpore, un'occasione di perverso e sano nutrimento. Sto nel tunnel, nel canale della ...  che, a te sembra un banalissimo pezzetto di carne invece è un portale, un passaggio per fare di te un uomo uno col cosmo.

Così vivo la mia vagina e così t'arriva il sentire. E stringo e apro la testa a far sì che laggiù solo le forze della terra che sono agiscano, e ti portino a rovesciarti dentro me.

Sono una femmina, questo voglio. La tua robbba. Mi serve. La terra la vuole e io sono la terra. Il tuo passaggio nel tunnel, il tuo godere e gustare una donna, una ... , un'amante altro non sono che rituali, processi, teatrini perché tu, la tua ...  mi dia, e io la passi alla terra.

Questo ti dico prendendo, carpendo e stingendo laggiù in fondo, che è un quassù e ora, mentre il tutto si fa intenso e vuole la sua soluzione, qualcosa di nuovo mi sospende, s'impone e si fa ascoltare. Qualcosa che è sempre stato qui e ora dice, a modo suo, l'avverto mentre a occhi chiusi ti parlo in silenzio. T'ho sempre detto che non mi potrei dare così, se non amo. Questo il mio potere e il mio danno, la mia resa. Perdente, sempre, di fronte al cuore che vince. Non tu, lui, il cuore che tiene di me qualcosa che non è mio.

Non sarebbe un tunnel di senso se non fosse abitato da una sostanza che non si vede e non si sente ma la fa da padrone. Amo, o meglio, è sempre un: Ti amo.

Ma non lo dirò, questo lo senti da te, piuttosto tiro fuori la puttana che sono e a voce alta, altro dico: «Entra qua, sfondami. Prendi, apri. Portami via». Fammi sprofondare nelle sabbie mobili di un cuore, il tuo, che non so chi è né so dov'è. Come quando mostri quello che non vorresti mostrare a me, quello voglio. Quando prendi senza ritegno. Quella forza che di solito controlli ma che ti sovrasta, che t'aspetti sempre di agire da un'altra parte, in una storia nascosta e oscura. Quella voglio. È la mia terra questa.

Qui voglio schizzi ... , dal fondo sconosciuto e insidioso che m'attira. Questo voglio sentire e vedere di te, che è un me. «Vieni, lascia. Rovesciati qua, allaga, riempi. Vieni. Ti voglio».

Parole che escono e fanno l'attrito laggiù e qui nei cervelli. Spingi, e pesi, ti butti, non sai e ti dai. La fusione.

Io, gracile vinta bambina amaranto, capelli e occhi neri, vestitino innocente divengo una zolla, un buco, un antro dove le forze più scure trovano il senso. Fecondi la mia terra, quella che dalla tua pazzia lucida e lungimirante hai inciso con segni, forze e trame che tu sai. Ora anch'io le vedo e lo so, accesa, profanata, consapevolmente presa su un altare di carne.

Risalirò quella scala, aprirò la porta e il sole di fuori mi colpirà.

Tornerò alle mie strade e ai miei orti, alle compagne e alla fontana. Ma dirò. Anche solo parlando cantando e danzando, mostrerò i segni. Sarò sigma e vibrazione solo perché ciascuno avverta che in fondo a se stesso, nella parte più ardua e avvincente di sé, questo è.

 

 

 
 
 

regina bianca

Post n°10 pubblicato il 04 Luglio 2012 da baubo_a
 
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I fatti sono ombre degli archetipi, dei sogni fondamentali; gli eventi del mondo concreto sono riflessi di alternanze nel mondo archetipale.

Elémire Zolla

Gli dei. Illuminano ciò che già è emerso. Gli dei, adoratori dei corpi e della psiche umana.

Non c'è segno che venga dall'alto, da fuori, dall'ignoto.

C'è solo ciò che, essendo noi archetipi viventi, già siamo.

Lungomare, cammino a passo veloce.

Ho già fatto il primo percorso, arrivare alla fine, toccare il muretto, sporgermi, guardare verso sud il mare che si fa vasto oltre il paese e la costa. Virare lo sguardo al largo, sentire la brezza da questa sporgenza, respirare, sporgermi di nuovo per il gusto di fare del mio stare qui qualcosa di più intenso, girare sui tacchi delle scarpe da ginnastica e riprendere la camminata.

Scorrere velocemente davanti alle macchine delle coppiette e immergermi nel mio passo verso l'altro obiettivo: la fine del muretto, dopo tre chilometri dalla parte opposta del lungomare e del paese. Tutto al chiarore della luce, peccato, solo un piccolo tratto è al buio e qui rallento, mi guardo le stelle.

Stasera, dopo un po' il mio pensiero va a Palenque, perché? Non mi soffermo tanto sui perché, mi arenerei e mi perderei il gusto di sapere cosa mi riserva la mia fantasia. Vedo una tomba, una pietra appena spostata e un interno rosso. È una buca squadrata, sembra cementata, comunque stuccata, liscia e dipinta di rosso. Ieri avevo scritto: scoprimi come tomba di cinabro... la tomba della regina rossa.

Palenque, città Maya, sono sulla via centrale che si sviluppa dritta e larga tra le piramidi. Indosso una specie di tuta di velo leggero arancio, una seta? Qui sul lungomare sto camminando sempre più leggera, mi sembra che i miei piedi quasi non tocchino terra, dondolo sui fianchi, veloce. Bello. Ecco ora con la stessa camminata sospesa sono su questo viale largo, so che non molto distante c'è la foresta, la sento, i suoi rumori, le nebbie e i miei timori ma qui, nella Città di Sole, sono sicura. Incontro le persone che mi conoscono, sanno della loro regina, solare, sanno che sto andando nella mia piramide tra le persone che amo. I miei fratelli, coloro che parlano il mio linguaggio, con loro sto preparando la partenza.

Ora però sono anche qui su questo lungomare e un pensiero mi attraversa: lui lo porto con me. Comincia il chiacchiericcio. Quando arrivo da te voglio buio e silenzio. Niente storie, mangia prima se vuoi, niente disturbi, chiudi il computer. Sarà già buio fuori, arrivo a piedi, voglio camminare prima. No, non possiamo metterci nudi, fa freddo. Tu ci vuoi nudi? Va bene sentirò la temperatura. Fai così, una coperta, prendi una coperta e mettila sul tappeto così ci mettiamo nudi e ci avvolgiamo là dentro. Arrivo, poso cappotto e zaino, mi spogli tu? Sì, mi aiuti. Mi spogli, tu sei già nudo certo, m'hai aspettato nudo, al freddo. Tu? Non hai freddo tu. Ecco, dentro la coperta, tu e io, avvolti, abbracciati. Voglio che tutto sia piano piano, bè lo sai che voglio così, sempre. Là sotto. Voglio abbracciarti, accarezzarti la testa, i capelli, il collo, la nuca, la tua testa pelata, intanto sentire che mi stringi, che mi accarezzi e mi scopri, mi studi con le mani. La schiena, i fianchi, la pancia, il bacino, le gambe, su su, il torace, i seni, il collo, la mia testa. La mia testa e la tua, vicine, attaccate, premerle una verso l'altra. Ecco la mia mano dietro la tua nuca e avvicinare la tua testa alla mia, premere, stringere, incollare le fronti una sull'altra, una accanto all'altra, ora una dentro l'altra.

Sento la mia mente che entra nella tua, ora la mia mente avvolge la tua, l'abbraccia e la stringe, adesso è la tua mente che supera la mia, va all'esterno e avvolge me, il mio cervello. Una sull'altra una dentro l'altra, uh! Qui sul lungomare cammino veloce e sento la tua mente stringere la mia, io dentro, serrata, stretta bevo di te, dal tuo cervello. Ti annuso il cervello, ti sento liquefatto, che mi dai... che mi dai? Qualcosa di vitreo, o cristallino? Sì, direi cristallino perché è liquido, trasparente, luminoso ma anche morbido, sciolto, dolce e senziente, intelligente, a modo suo mi parla. Bevo di te. Ti succhio questo plasma. Questa vitrea-cristallina acqua trasparente verdazzurra.

Ora la mia mente è sopra, stringo te. Un magma che va su e giù, dentro e fuori, un magma fatto di due menti che si sposta, tracima, scorre, scivola. Le menti: una sull'altra una dentro l'altra, pressione, spinta, collisione, lotta, tensione. Allentare, lasciar andare, riprendere, stringere, premere. Fermare, mollare... le nostre menti. Tu e io.

Un magma intenso, pesante, caldo, bollente. Pezzi di massi all'interno si scontrano, saltano, si rompono, ingombrano, si frantumano, tutto scorre via. Lava bollente, fango, lapilli, fuoco. Tutto scorre, scende, tracima, le nostre menti, qui sotto la coperta. Una fronte sull'altra, respiriamo, il mio occhio sul tuo, un respiro, ora alito sulla tua pelle e l'annuso, quanto mi piace. Scorro con le dita la tua fronte, l'occhio destro, vado al sopracciglio destro, l'occhio. Scendo sul naso, naso contro naso. Stropicciamo 'sti nasi, come gli esquimesi quando si amano. La tua bocca, le mie dita sul tuo labbro superiore, le separo fino all'orlo della bocca, scorro il labbro inferiore, riunisco le dita, infilo il dito nella tua bocca. Vedi di lavarti i denti, che ti scavo dentro. Intanto il magma ancora collima, preme.

Sento la tua carezza, la pelle, le spalle, mi attiri ancor più testa con testa, petto a petto. Stretti, fermi, respiriamo, la forza va e viene, le menti strette, compresse e agganciate. Magma che fluisce ora, rallenta, qualcosa si sta raffreddando, sento scorrere, sciogliere, liquefare, una forza leggera. Avverto sinapsi sussurrare, illuminarsi, sfrigolare. Eoni, fotoni, bosoni, particelle, quark che si toccano dolcemente e rimbalzano, danzano, scorrono, come tante palline luminose senza peso, senza misura, senza una collocazione precisa. Tutto in movimento sciolto, lento-veloce, sereno. Oh, tutto morbido, possibile. Respiri, calma, ci siamo, tu e io, possibili. Una forza che sento, un'intensità, nella testa. Un fluire, dondolare, come un'onda leggera che mi avvolge la mente, m'accompagna, mi stringe piano, mi permea di... di.. non so, ma mi fa bene. Due menti che si dondolano, che si scambiano pezzettini di sé, scambi di ioni, succhi, meta-pensieri, frammenti, sequenze leggere e reciprocamente comprensibili di pensiero. Piccoli leggeri spazi vuoti tra le due menti, luoghi né tuoi né miei in cui qualcosa può stare comodamente, riconosciuto. Spazi pieni di intensità, di una forza che fa vuoto, che sa accogliere, che allarga spazi. Una forza in cui si può stare senza fretta. Intensità, sentire, respirare a turno e ascoltare l'altro nel suo respiro. Riconoscerlo.

Respirare insieme, allargare lo spazio al respiro, all'aria che entra e sentire te in quest'aria che entra e mi prende, mi possiede. Arriva al mio cervello e lo fa scattare, fremere. Impazzire, impazzire impazzire in quest'aria che entra e esce e mi porta te. Sentirti in me nel respiro. Nutrirmi di te. Respiri lunghi, profondi, sentire che... vado via, fluisco, scorro, sprofondo. M'abbandono a quest'onda piena e intensa che ha preso la mia mente e il mio pensiero. Respiro, respiro, aria che entra dentro, fino in fondo. Mi porta via il pensare, mi prende, m'avvolge, m'incanta. Piena, piena, intensità, forza. Un orgasmo della mente, col respiro.

Cammino ancora a passo veloce, ho raggiunto l'altro estremo del muretto, toccato con mano e piede tanto per dire che il percorso lo faccio tutto, non baro. Giro sui tacchi e ritorno, ora ripasso per il porticciolo, le barchette.

Sera, le barchette nella darsena. Come tanti, piccoli, baci. Darsena, lo specchio delle Pleiadi.

Respiro profondamente, un che di pieno mi avvolge e soprattutto sale all'interno. È come un'onda che avvolge ciò che sono dentro, mi solleva il petto, mi allarga il torace e il ventre, mi fa sentire leggera e... abitata. Sì mi sento attraversata da una forza che insiste, preme, s'insinua in tutte le pieghe del mio corpo e le riempie.

La vibrazione che ho avvertito nella mente sento che si sposta, anche il desiderio. Lo sento scendere al ventre, al bacino e tra le gambe mentre lo sento anche sprofondarsi nel petto, verso il cuore. Qualcosa sigilla la mia anima. Un segno, un sigma. Un ricordo molto lontano. Intanto il mio corpo è già aperto. Proteso ma anche fragile esposto e, in esso, un po' lontano da me che sono qui presa da una spinta a fare largo, un corpo. Un corpo che m'avvince.

Sei tu.

Due anime, un'Anima.

E il gioco ricomincia appena uno scoglio più in là.

 

 

 
 
 

Ora voglio ascoltare te, come ti muovi? Come inventi questo momento?

Post n°9 pubblicato il 26 Giugno 2012 da baubo_a
 
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Mi guardi ora, diritto negli occhi. Li apri un po' come ad ammiccare a dirmi: Ci sei? E io dritta dentro i tuoi occhi, eccitata, sì che ci sono.

Testa-fichetta, l'attenzione torna qua, dove lei si fa sentire. Chi, la testa o la fichetta? La testa inventa e quella segue. La mia testa è perversa. Molto bene. Lo so, lo dico e ci vado dentro ancor più. Sempre, nella mia testa, c'è già quello che viene dopo e quindi io so cosa e come lo voglio l'orgasmo. So che lo voglio così e così, niente di meno. Devo arrivare ad un punto in cui c'è un salire di calore, di forza, di intensità e stordimento. C'è un punto di non ritorno e so che a quello arriverò. Come? Così, assecondando quello che sento quaggiù e alimentandolo con il pensiero. A volte le immagini si sovrappongono, allora scelgo. Vado di qua o di qua? Con te o con un altro? Con tutti e due. Sì, meglio con tutti e due, e allora ecco, uno fa il forte: quello che mi attira di più, quello che sta con me è il duro e il forte. Rude. È uno che sa bene come si fa con una donna e con una vagina. Talmente lo sa che sa i passaggi, le fasi e cosa mi accadrà, per cui a volte, mente sono là mi dà il feedback.

                                                    ........ .......... ......

Ora voglio ascoltare te, come ti muovi? Come inventi questo momento? La sai vero che ascoltando come ti muovi dentro me io conosco me? Sì perché tu rispondi ad un invito, ad un sentire forse impercettibile a te e alla tua testa ma che il tuo cazzo codifica bene. Come se fossero altre frequenze, degli umori, dell'eccitazione, di spazi, pieni e vuoti. Sì, lo vedi tu il pieno e il vuoto ora? Li senti questi spazi: uno che si fa vuoto il più possibile per esser più grande e vasto e far spazio a un coso pieno?

Ecco aspetta che mi lascio andare un altro po' nella testa e nella vagina, ti faccio più spazio, dai, lascialo andare nel suo vuoto... non casca (rido da sola - non è possibile!) Vedrai dove ti porta lui. Lui lo sa riempire tutto sto vuoto, culla, antro e gli parla. Che vuoi che ne sappiamo noi di certi linguaggi! Loro sì.

Ecco le fa compagnia, lei si sente meno sola e dopo poco questa compagnia sale al cuore e alla testa e anche io, quassù, mi sento meno sola. Tu che sei di tuo? Un pieno, una compagnia o una solitudine? Non so, ma sento che stare qui in compagnia ti piace, sento che cerchi la comunicazione qua in fondo.

Ora loro si parlano, senti? Ecco stiamo zitti con le teste e le parole e ascoltiamo loro. Avverti? I nostri respiri cambiano. Io sto ascoltando il mio petto che s'alza e s'abbassa e sto ascoltando questo scorrere di una forza fatta respiro che mi attraversa, mi possiede. Mi nasce da là in fondo dove mi tocchi. Dio, che è 'sto toccarsi là in fondo in due! Come se il tuo cazzo avesse occhi che mi guardano e mani che mi palpano dentro. Tu? Sento che anche tu stai seguendo il tuo respiro e nel frattempo è come se me lo comunicassi che stai ascoltando, come se stessimo cercando - mentre ognuno ascolta se stesso - anche di ascoltare lo stesso flusso in due. Come dirsi: stiamo ascoltando. Allora il flusso fa l'uno? In questo momento? Ascolta, respiriamo insieme, ascolta. Devo fare pausa, (anche ora che sto scrivendo perché questo respiro profondo e intenso è arrivato). Mi sento in una nicchia insieme a te. Sospesi, avvolti, nascosti, in una luce tenue. Il mondo è dall'altra parte di noi. Noi siamo dentro al mondo e anche oltre. Respiriamo insieme, ascoltiamo

 

 

 
 
 

Quale collana di perle madrepelacce

Post n°8 pubblicato il 19 Giugno 2012 da baubo_a
 
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Quasi avessi dimenticato frammenti di te

in ogni paese sul mare, Anima mia.

Quale collana di perle madreperlacee

lasciata ingiallire tra aridi flutti,

Anima mia.

Oh, illusione!

un velo un timpano un utero verde smeraldo

ci dava il riflesso che credevamo il cielo.

Ogni perla un indizio

un portale un archetipo che dita di bimbi

sgranano accendono.

 

Stamattina questa forza a colori, così, fantastico e mi tocco. Tu che mi tocchi, attorno, dentro.... Ti penso, ti sento qui, sono le tue dita. E comincio a dirti: Vai dove non è mai andato nessuno. Dove non faccio entrare nessuno. Vai dove non si dovrebbe far entrare nessuno. Dove sono solo mia. Apri, entra in questa intimità, dove sono solo di me stessa. Proibita. Segreta. Entra qua. Dove sono solo mia.

E arrivano gli orgasmi. Uno dopo l'altro. È il pensiero di questa intimità scoperta, visitata che mi fa scattare. Ti dico: Scoprimi, mettimi a nudo qui, nel segreto. Vìolami. Rendimi fragile, vulnerabile. Piccola. Rendimi incapace di fare da sola. Che tanto poi torno grande nel mondo di fuori ma qua, nel mondo di dentro, fammi fragile. Come quando mi tiri per i capelli e sei più forte di me. E mi devo arrendere.

Allora sento la tua forza, quella che ho sentito quando t'ho visto. M'ha preso quella forza, bè penso sia successo a tante, solo che io non lo accetto tanto.

Sento la tua forza e il fatto che mi domini e, se Beatrice scapperebbe via da tale dispotismo maschile, la femmina se la gode, e la vince. Sento questo potere su di me, la mia testa fa scatti veloci a destra e sinistra e gli orgasmi arrivano. È un contatto di cervelli. Il resto è conseguente, come se il corpo fosse il mezzo, il tramite ma il contatto è delle menti e anche dei corpi ma di tutto il corpo. Io lo sento soprattutto nella testa. Come ..... Stanno entrando delle dita che sanno. Una testa che sa. È così? Buh, per me è così.

 

 
 
 

a volte si fluttua, molto lontano

Post n°7 pubblicato il 07 Giugno 2012 da baubo_a
 
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Una carezza un po' più accattivante sento... e sorniona. Io sto ferma. Ecco ora lasci e ascolti. Sì in silenzio. Un silenzio delle mani in un silenzio delle voci. Sì, anche io faccio silenzio con i gesti e soprattutto dentro la mia testa. Sto qui, sdraiata su di te.

Ascolto il tuo corpo e il mio. Che bella sensazione. Sempre stata qua. Ma chi sei?

Ma che mi stai dicendo con il corpo? Mi parli, sì come se una corrente sottile, tremula passasse da te a me. Io che ora l'ho percepita, che mi fermo, cerco di interpretarla, di ascoltarla.

È una vibrazione, una corrente. Sì ti ascolto, ascolto. Oh, che signore parole di carne mi stai dicendo!

Carne che parla, che mi dice, mi attraversa, mi solca. Così, mentre siamo semplicemente vicini. Un flusso, una portata di foglie alberi, vento pioggia, sole, ombra mare e profumo.

Mi sta arrivando di tutto, mi sta riempiendo.

Ora un suono, lento forte, profondo.

Un suono che mi sta penetrando pian piano dal ventre, arriva alla testa, scende ai piedi. Che mi fai! Mi stai riempiendo! E stiamo semplicemente sdraiati vicini e non diciamo né facciamo niente. Sembra...

Sai, sto capendo ora che siamo sempre nel buio e nel silenzio. Siamo sempre dentro un utero indefinito e silente. Sì un sonno magmatico, informe e muto e noi là dentro, sordi, per cui c'è un silenzio di dentro e di fuori, tremendo, potente e amplificato. Ecco, non c'è solo quel nulla di cui si parla, sì è il vuoto e il nulla ma è concreto, denso, materiale e cellulare, psichico... noi.

È la particella, all'interno, che ha un vuoto quasi infinito e molto più potente ma anche assillante e assorbente del vuoto esterno. È con questo vuoto interno che, fin da dove siamo anime e poi pensiero e poi particelle e poi su e su fino al corpo e al grande utero della Terra che ci contiene, è tutto un vuoto, tutto un silenzio. A voglia di trovare un punto ogni tanto, un che di definito! Ma non è il caso di allarmarsi abbiamo messo su tanti di quei veli, di quelle scatole esteriori, siamo sempre accampati in qualche nostra creazione. Viaggiamo in tutto questo silenzioso buio e... buioso silenzio.

 

 

Ora c'è una pace statica, pesante e pregna. Che si respira. C'è una pace che, quando apri bocca e naso per respirare entra dentro e passa ad ogni anfratto del corpo. Ora la vedo, esce di nuovo dal mio respiro e sale, come un fumetto rosa e profumato, sì, che sale e arriva alla tua bocca. Ti entra dentro, chissà se fa lo stesso percorso anche in te. Fatto sta che ti sento rilassato.

Sai, questa di adesso mi sembra una specie di contemplazione. Come se stessimo meditando con i corpi. S'è aperto un livello diverso del sentire e dell'essere, dello stare qui. Siamo noi e non siamo solo noi, siamo più ampi.

Ascolta, sentiti dentro (te lo dico sempre via tocco e pensierino), percepisciti dentro, l'avverti? Siamo espansi. Siamo diventati grandi come questa stanza.

Oh, vedo, nel buio, percepisco la stanza, la tua presenza e la presenza delle cose e mi sento una con te e con quanto mi circonda. Il buio, il silenzio, il nostro percepirci con la pelle, mi ha aperto altri occhi. Mi sento fluttuare in un magma sottile e... luminoso? Sicuramente silenzioso, risuonante. Sì i suoni, come se partissero da delle sagome che vedo appena fluttuare qua e là e arrivassero dentro di me. Chi è che mi parla? Chi mi sta lasciando qualcosa qui? Non so ma è bello.

Ora tutto tace dentro e fuori. Il filo di luce mi dice che siamo al tramonto.

Che silenzio! Siamo sospesi. Lunga questa pausa, quante cose stanno passando nel silenzio di un silenzio.

Sto. Stiamo. Non sento.

Uno scatto, mi giro verso te sollevandomi sul dorso, la mia mano sulla tua barba.

Una carezza, a te.

Una grande intensa carezza.

 

 

 

 

 
 
 

     Caosfera editore

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Baubo

la dea dell'osceno

"Qui la Forza è intesa nella sua accezione di “eros” vissuto e osservato nella situazione della sessualità ma, come dice l’autrice alla fine del libro, essa, resasi percepibile e presente nelle modalità, nelle espressioni dei corpi e della sessualità, è sperimentabile e gustabile in ogni aspetto della natura, della persona, della vita sulla Terra e nel cosmo.

 

 

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Libro che spiazza

e se lo lasci fare : destabilizza

ma poi ti esalta.

 

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