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DISGUSTO PROFONDO...!!!

Post n°215 pubblicato il 17 Gennaio 2008 da varese.cittanuova
 

Fumata nera. D’altronde non era facile far digerire ai piccoli dell’Unione la bozza Bianco ed ogni tentativo di semplificare il quadro politico italiano. Ma Veltroni, pare, va avanti lo stesso rinfrancato dai segnali di responsabilità e di serietà che gli arrivano da Forza Italia. La sua, infatti, è una battaglia campale, è il primo e fondamentale banco di prova per il neonato Pd di rivelarsi davvero nuovo. Se ancora una volta i cespugli arroganti e ricattatori vinceranno, costringendo il sindaco di Roma a snaturare la proposta di riforma elettorale per inglobare le loro minime percentuali, allora il new deal veltroniano si sarà rivelato un bluff e per il Partito Democratico si apriranno giorni duri di crisi e lacerazioni.

 

Il potere ricattatorio dei partitini dell’Unione non lo si scopre certo oggi. Da quasi due anni tengono in ostaggio Prodi, al quale somministrano cinicamente la minima dose quotidiana di ossigeno, sufficiente a fargli fare quelle tre o quattro cose messe in agenda e tenendolo sempre in continuo e precario equilibrio. Ed il premier si è talmente assuefatto a questa situazione border line da avere trasformato la sua ostilità e la sua palese sofferenza di innaturale atto d’amore verso i suoi aguzzini in una versione patetica della sindrome di Stoccolma, che in sostanza ha fatto diventare il governo Prodi una cella stretta e insufficiente per i tanti ospiti, dove si respira aria fetida. E che il Presidente del Consiglio sia ormai totalmente sintonizzato sulle posizioni dei partitini lo dimostra il gelido cinismo con cui ieri ha accolto la notizia del fallimento del vertice sulla legge elettorale. Veltroni sa di correre un rischio analogo e sa anche che in caso di non accoglimento delle loro richieste la crisi di governo sarebbe inevitabile.

 

Ecco perché è importante che, nonostante le isteriche minacce dei Mastella o dei Diliberto di turno, arrivare ad un accordo sulla riforma elettorale che coinvolga quante più forze possibili è un modo sia per legittimare la sua leadership, sia per dare un senso politico alla nascita del Pd. Walter non può permettersi di sbagliare proprio ora, quando il suo partito comincia a mostrare segni di insofferenza e di spaccature, per esempio sui temi etici e sulla carta dei valori in corso di elaborazione. Sarebbe la fine anticipata del suo progetto di rinnovamento. Lui sa benissimo che la sotterranea ostilità di Prodi nasconde il terrore di cadere dalla sella da un momento all’altro; ma nello stesso tempo sa anche che il Partito Democratico, almeno a quanto ci raccontano, è nato per contribuire a riformare il sistema politico italiano, partendo proprio da una ragionevole diminuzione di partiti e partitini, il cui unico scopo è quello di tarpare le ali e di mettere ostacoli ad ogni serio tentativo di modernizzare l’Italia. Pare che Veltroni abbia intenzione di andare avanti e pare anche che per lui sacrificare eventualmente il governo non sia poi una rinuncia così pesante.

 

Sono sfide ardue e improrogabili per un leader e per un partito che si annunciano come nuovi e riformisti. Forza Italia tende la mano ad un progetto serio di riforma e a interlocutori credibili. Lui, Veltroni, sa che la credibilità sua e del suo partito passano da questa strada. Noi aspettiamo fiduciosi.

La questione della legge elettorale potrebbe rivelarsi come la resa finale dei conti all’interno dell’Unione. Veltroni intende arrivare prima possibile al voto in commissione sulla bozza presentata da Bianco e ieri è stato costretto ad esibire i muscoli per arginare le pressioni che minacciavano di bloccare definitivamente il suo percorso riformista.

Il faccia a faccia con Prodi è stato molto duro, perché il premier anche negli ultimi giorni non ha perso occasione per disfare la tela che il leader del Pd sta pazientemente tessendo, ad esempio mestando nel torbido sulla legge Gentiloni. Palazzo Chigi l’ha infatti prima agitata nel tentativo di scavare un solco tra Veltroni e Berlusconi, e poi - dopo che il Cavaliere ha precisato che non c’è connessione tra legge tv e riforma elettorale - se n’è uscito con una dichiarazione irridente: "Mi aspetto tra due ore una nuova dichiarazione".

Veltroni però ha costretto Prodi a una frettolosa marcia indietro grazie all’intervento di Bertinotti dal Sudamerica, il quale ha invitato il governo a tenersi fuori dalla partita della legge elettorale. Poi ha preteso e ottenuto dai vertici del Pd il via libera sulla bozza Bianco. Ma dentro il Pd la tensione resta altissima: D’Alema, infatti, non ha garantito nulla e i dalemiani stanno lavorando per avvicinare sempre di più la proposta Bianco alla riforma tedesca, cosa che finirebbe sicuramente per affondare l’asse Veltroni-Berlusconi.

Prodi, nonostante i sì di facciata al sindaco di Roma, continua a fare da sponda ai “cespugli”, i quali ormai minacciano di far saltare - in caso di un’alta soglia di sbarramento - non solo il tavolo del governo, ma le stesse alleanze negli enti locali. L’imminenza del giudizio della Corte Costituzionale sta facendo alzare ancora di più la temperatura nell’Unione. Il vertice di maggioranza si è concluso all’insegna del tutti contro tutti. Un nulla di fatto dalle conseguenze imprevedibili. Veltroni non ha concesso sconti, e stando alle indiscrezioni uscite dal summit fallito, nella versione definitiva della bozza dovrebbero trovare conferma quegli elementi - voto unico per candidati nei collegi uninominali e partiti, assegnazione dei seggi a livello circoscrizionale - graditi ai due partiti maggiori, Pd e Forza Italia, e tendenzialmente sgraditi a forze medie e soprattutto piccole.

Cosa che ha fatto infuriare i "nanetti", con in testa l’Udeur, mentre dall’ala sinistra salgono le grida contro “l’inciucio” tra Pd e Forza Italia. Ma Veltroni per il momento tiene la barra dritta, e avverte che in caso di fallimento dell’intesa sulla legge elettorale e di vittoria del sì al referendum, il Pd è pronto ad affrontare da solo l’appuntamento con le urne.

Ma non è solo la riforma elettorale a dividere la maggioranza: mentre persistono le divisioni sulla legge 194 - con la spaccatura tra teodem e laicisti - e mentre si avvicina il momento del voto sul rifinanziamento delle missioni al’estero, altra questione bollente per Palazzo Chigi, nelle ultime settimane si sono aperti altri fronti di rottura nella maggioranza.

 

L’emergenza rifiuti – L’Unione Europea è pronta ad aprire una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia, e il ministro Di Pietro non ha alcuna intenzione di far ritirare al suo partito la mozione di sfiducia al governatore Bassolino. L’emergenza è destinata a durare ancora mesi, se non anni e la Campania trasformata in un’immensa discarica a cielo aperto diventa un atto d’accusa davanti al mondo intero dell’incapacità di governo della sinistra italiana.

 

I signori delle tessere - Nel Pd, il confronto tra veltroniani, fautori del “partito liquido”, e le truppe facenti capo a diversi maggiorenti (tra le quali spiccano quelle dalemiane, fassiniane, rutelliane, lettiane ed ex popolari), prosegue senza esclusione di colpi.

Nell’ultima intervista al Corriere della Sera, Veltroni non ha risparmiato frecciate a Enrico Letta e alla sua corrente, che ha proposto di introdurre nello statuto del partito una norma che costringa alle dimissioni un segretario che venga sconfitto alle elezioni politiche. Veltroni ha soprattutto avvertito che, qualora le circostanze lo conducessero a guidare in tempi brevissimi il fronte del centrosinistra in una complicata sfida elettorale col centrodestra, non toglierebbe il disturbo in caso di sconfitta. Visto che non sarebbero elezioni in cui Veltroni “risponde di quel che ha fatto”.

Il leader, poi, ha lanciato un affondo contro i cosiddetti “signori delle tessere”, che vorrebbero costringere il segretario ad accettare un partito più strutturato, dando praticamente il via libera alla formalizzazione delle correnti. Sullo sfondo di tutte queste schermaglie resta la guerra sorda, e mai davvero finita, tra Veltroni e D’Alema.

 

Il decreto Sicurezza - Le norme che impongono l’autosufficienza economica anche per i cittadini comunitari che vogliono rimanere in Italia oltre i tre mesi (e che furono faticosamente inserite al Senato nel primo decreto-espulsioni, poi decaduto) potrebbero diventare operative. Il governo le ha infatti inserite in un decreto legislativo (presentato ieri) che corregge l’analogo provvedimento che recepì quasi un anno fa la normativa europea in materia di diritto all’ingresso e al soggiorno in un paese membro di in cittadino Ue straniero.

In sostanza, le disposizioni che la sinistra radicale mal digerì poco più di un mese fa al Senato solo in cambio della norma aggiuntiva sulle discriminazioni sessuali, avranno una corsia preferenziale in Parlamento. Si tratta, nella fattispecie, dell’obbligo per il cittadino comunitario che soggiorna da noi non solo di esibire “risorse economiche sufficienti”, ma anche di dimostrare che sono “derivanti da fonti lecite e dimostrabili”. Un altro schiaffo alla sinistra radicale. Che, ancora una volta, promette battaglia.

Il vertice di maggioranza sulla legge elettorale ha segnato la prima vera sconfitta di Romano Prodi. Per la prima volta, infatti, egli non è riuscito a trovare un compromesso tra l’ala massimalista e l’ala riformista dell’Unione. Perché non poteva distribuire vantaggi e soddisfazioni all’una e all’altra in quanto esiste un conflitto d’interesse insanabile tra un tipo e un altro di legge elettorale.

L’abbandono del tavolo delle trattative da parte di Verdi e Pdci e la denunzia di “fine della maggioranza” da parte dell’Udeur sembrano insanabili. Complici, in parte, la vicenda dei rifiuti della Campania e le polemiche sulla giustizia in cui è rimasto coinvolto Mastella.

Eppure Prodi aveva tentato fino all’ultimo di innalzare la sua bandiera, quella dell’antiberlusconismo, cercando di speculare fino in fondo sulle dichiarazioni – successivamente chiarite – dello stesso Berlusconi circa i rapporti tra legge elettorale ed eventuali leggi sul conflitto d’interesse e sul sistema radiotelevisivo.

Chiarimenti che hanno dato a Veltroni la forza di tenere unito il Partito democratico e sventare la manovra di sabotaggio di Prodi, che adesso è ridotto a sperare in un verdetto negativo della Consulta sul referendum che allungherebbe i tempi a disposizione per l’approvazione di una nuova legge elettorale.

Indubbiamente lo scontro tra Veltroni e Prodi deve essere stato molto duro prima dell’inizio del vertice: i dissidenti dalla linea Veltroni del Pd hanno preferito, alla fine, mantenere l’unità del partito piuttosto che farsi ancora una volta condizionare da Prodi. Ma i giornali tengono sotto tono questa spaccatura dell’Unione, che per il premier è peggio di un voto negativo al Senato.

Una coalizione puramente elettorale, senza una vera base ideologica comune, non poteva che finire così. Berlusconi lo aveva predetto fin da quando Prodi aveva assicurato che, con quella maggioranza, avrebbe governato fino al 2011.

Adesso, se la Consulta approverà i quesiti referendari, il Parlamento avrà tempo fino alla fine di marzo per approvare la nuova legge elettorale.

 

Disunione/Se Tps parla, il Paese ride

La prima impressione che offre l’odierna intervista di Tommaso Padoa Schioppa pubblicata sul Messaggero, a parte l’uso di un lessico estremamente duro e sgradevole che non gli è nuovo, è quella di un ministro dell’Economia distaccato, diremmo quasi emotivamente disinteressato a quelle che sono le condizioni di vita quotidiana degli italiani.

Nessuno ha mai negato l’importanza di un risanamento dei conti pubblici, ma non si può pensare di ridurre l’operato di un ministero e di un governo a un mero rispetto di regole empiriche che, non a caso, negli ultimi anni sono state messe in discussione da quasi tutti i principali leader politici europei in quanto troppo restrittive per la crescita e, quindi, troppo penalizzanti per la gente comune.

Se, infatti, si ignora o si mette comunque in secondo piano il tema della crescita, come fa Padoa Schioppa, si finisce per rendere inevitabile il battere due sole strade: quella del taglio dei costi e quella dell’aumento delle entrate. E qui l’arringa del ministro già estremamente discutibile per l’assenza di riferimenti alle difficoltà che le famiglie italiane sono costrette ad affrontare per l’aumento prezzi, il calo del valore del denaro e la bassa crescita economica, diventa persino grottesca.

Perché non è possibile evitare di chiedersi, quando TPS si lamenta della “difficoltà di comprimere la spesa pubblica” e tuona contro le “fesserie a cavallo” che non andrebbero ripetute, chi siano i soggetti dei suoi strali, se non il governo e i partiti che ne fanno parte. E la semplice logica suggerisce che, se lo stesso ministro dell’Economia riconosce nemmeno troppo implicitamente che, anche se la spesa pubblica scende si commettono “fesserie a cavallo” (a causa delle regalie “a pioggia” e degli sprechi effettuati da Prodi per mantenere la poltrona, aggiungiamo noi), ciò significa che il miglioramento dei conti avviene solo attraverso una imposizione fiscale inaccettabile e vessatoria. Che ciò sia vero lo sanno ormai quasi tutti gli italiani, a partire da coloro che sono costretti a lavorare con contratti a termine o in ogni caso con minori garanzie, i quali dopo essere stati blanditi da Prodi con false promesse in campagna elettorale hanno visto le proprie condizioni peggiorare ulteriormente a causa delle maggiori trattenute subite e, in prospettiva, anche causa delle dissennate politiche del governo in materia di pensioni. E la cosa incredibile è che quest’ultimo punto, uno dei più importanti per il futuro del Paese, viene riconosciuto e sottolineato dallo stesso Padoa Schioppa, che attribuisce alla spesa per le pensioni uno dei principali motivi del declino italiano. Allora, dal momento che è completamente privo di empatia rispetto ai bisogni dei cittadini, che è conscio degli sprechi che il governo ha commesso e continuerà a commettere e che sa che le politiche economiche sul fronte previdenziale ci stanno portando verso un disastro inevitabile, visto anche il rallentamento ulteriore della crescita economica nazionale, viene da chiedersi perché il ministro non rassegni immediatamente le dimissioni. Sarebbe l’unico atto coerente con le sue parole.

“Prodi ogni due ore ci ricorda quanto sia bravo ed efficiente il suo governo. Eppure ha la sfiducia totale di 80 italiani su 100 e di tutti i giornali esteri. Questa polemica non gli conviene”. Lo afferma l’on. Paolo Bonaiuti, portavoce del leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, che replica così alle dichiarazioni del premier Romano Prodi, che in merito alle polemiche di ieri su ddl Gentiloni e legge elettorale aveva detto sarcasticamente: “Mi aspetto una dichiarazione di Berlusconi fra un paio d’ore…”.

 
 
 
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