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Un 25 aprile tormentato.

Post n°329 pubblicato il 22 Aprile 2011 da VoceProletaria

Un 25 aprile tormentato

di Pietro Ancona,  21.04.2011

  L'anno scorso il Capo della destra italiana partecipava per la prima volta alla celebrazione del 25 Aprile che aveva  da sempre disertato  negli anni precedenti anche da Presidente del Consiglio.  Ha detto: "bisogna pacificare e riunire l'Italia  in una memoria condivisa degli avvenimenti che diedero vita alla Resistenza e poi alla Repubblica.  Partigiani e "ragazzi della Repubblica di Salò"  accomunati dallo stesso afflato patriottico". Una posizione non condivisibile perché lesiva dei valori della  Resistenza che non sono equipollenti ai disvalori della repubblichetta nera satellite del nazismo ed organizzatrice dei treni di ebrei e soldati italiani spediti nei lager tedeschi . Questa posizione  è stata purtroppo condivisa e rilanciata qualche tempo prima dal comunista Luciano Violante e per giunta nella sua veste di Presidente della Camera dei Deputati. L'antifascismo italiano non può stringere la mano al fascismo come quello francese rappresentato dal generale De Gaulle non poteva e non ha stretto la mano alla Francia petainista. Non ho  compreso perché mai Violante abbia fatto una simile scandalosa  proposta tranne che in un disegno di recupero della destra in un incontro per il governo dell'Italia e delle sue istituzioni. I comunisti non sono nuovi a queste forme gelide e ciniche di "real politik". Non dimentichiamo l'art.7 della Costituzione voluto da Togliatti con la opposizione di Pietro Nenni e dell'ala laica della Costituente. Gli effetti del riconoscimento del concordato firmato da Mussolini sono stati profondamente deleteri per l'integrità del Paese per cui l'Italia è ancora oggi un paese concordatario come dice il prof. Sergio Romano e cioè a sovranità limitata e con la enclave del Vaticano che è una vera e propria ferita nel cuore della Nazione. Sarebbero assai peggiori gli effetti di una pacificazione con i fascisti.
  Non solo non è possibile nessuna memoria condivisa con il fascismo ma è bene tenere alta la tensione contro il totalitarismo che esso ha rappresentato nella storia d'Italia. Il fascismo è ripudiato non solo perché responsabile della guerra che ha generato lutti terribili all'Italia, ma perché fondato su una unità in una sola persona dei  tre poteri che debbono sempre essere distaccati: legislativo, esecutivo e giudiziario e che oggi la destra italiana vorrebbe appunto realizzare con le proposte di riforma della magistratura e con lo svuotamento di ruolo del Parlamento.(già avvenuto).
  Bisogna però dire che se 25 aprile vuol dire Costituzione oggi sotto diretto attacco del Governo, questa è stata oscurata da quella che si chiama "Costituzione materiale" specialmente in aspetti fondamentali della vita comune: il lavoro non è più un diritto e la peste dei contratti atipici, la legge Biagi, il collegato lavoro, hanno chiuso le  sue porte   ai lavoratori. La scuola è sottoposta a torsioni spaventose. Proprio in questi giorni viene diffamata dal Presidente del Consiglio con l'attacco ai professori "comunisti" ed ai libri di testo; la pace viene disattesa con una presenza paracolonialista dell'Italia all'estero per missioni di guerra esaltata da Napolitano; il welfare viene intaccato giorno dopo giorno e il Vaticano riesce a bloccare fondamentali riforme necessarie alla eguaglianza dei diritti.
   Non si può essere per la Costituzione e nello stesso tempo per la legge Biagi. Lo stesso dicasi per tante altre questioni che purtroppo spesso trovano una risposta "unitaria" del Parlamento.
   Ecco perché  mi auguro che i precari, gli insegnanti, gli operai, le donne e quanti altri non si riconoscono nelle politiche di questo Governo e del Parlamento partecipino al  corteo per ribadire la centralità del Lavoro sottolineata dall'art.1 della Costituzione.
  Articolo che, non a caso, la destra vorrebbe abolire.
  Per salvare il retaggio della Resistenza non basta bloccare lo smottamento a destra del governo e della sua maggioranza: bisogna ridare identità e spessore ideologico e politico alla sinistra che oggi, traviata dal liberismo, condivide con la destra la esclusione dei ceti popolari dai diritti che la Costituzione garantisce a cominciare dal lavoro. Insomma la sinistra deve tornare ad essere se stessa.

 
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