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Post N° 17

Post n°17 pubblicato il 24 Settembre 2003 da Leo.Ne74

La notte era fredda e senza luna, la mia auto aveva il riscaldamento rotto e l'unica cosa che mi dava calore era la tazza di caffè che tenevo fra le mani.

Una notte poco adatta per un appostamento; ma visto che non ero io che decidevo era inutile recriminare.

Il doppio beep del mio orologio mi avvertì che era arrivata l'una: ancora poco e sarei stato abbaracciato dal calore del mio letto e della mia donna.

Perdere il sonno per una buona causa lo accettavo, ma fare da cane da guardia al senatore mentre si sbatteva l'amante era un'insulto al distintivo che portavo.

Il tempo passava lento ma inesorabile, il viale vuoto veniva percorso solo dal vento e da ciò che il suo soffio riusciva a trascinare.

Domani il capo mi avrebbe sentito: Lui e la sua fottuta carenza di personale.

La porta della casa si apre e ne esce il grassone. Ha il viso paonazzo, ma non credo sia dovuto al freddo intenso.
Mentre si dirige a grandi passi verso la mia macchina, sulla porta si affaccia una agitatissima bionda tutta scarmigliata; ha gli occhi segnati dalle lagrime e il viso trasformato in una maschera grottesca dal trucco colato.

Il senatore è ormai all'auto, scendo ad aprirgli la portiera con un occhio sulla bionda, sempre più sconvolta: riesco a sentire i suoi violenti singhiozzi.

Sulla mano fino ad allora nascosta dietro la schiena si materializza una pistola: urla frasi incoerenti su un divorzio che non c'è mai stato, lui fermo, paralizzato con un piede nell'auto come un eterno indeciso.
Gli dò una spinta, sento uno sparo, il finestrino si polverizza, la gamba del senatore rimasta incastrata si rompe col suono sordo di legna secca.

Mi lancio sulla donna, ormai sommersa dalle lagrime in piena crisi isterica.
Mancano pochi metri, nient'altro che pochi passi.
La mano armata di alza di nuovo, ma verso la sua testa, ricordo di aver sentito le mie urla, manca solo un passo.
La pistola raggiunge la tempia, mi getto su di Lei, un volo interminabile, la raggiungo.
Il mio peso comincia a spingerla indietro.
Lo sparo.
I miei occhi fissi nei suoi li vedono spegnersi, il sangue mi imbratta: non vedo più nulla.
Arriviamo a terra, silenzio.
Il suo corpo ancora caldo è sotto di me e nelle orecchie l'eco dello sparo.

Mi giro da un lato, mi accorgo di trattenere ancora il respiro.
Il silenzio viene rotto dal piagnucolio del senatore.
Mi alzo a sedere.
La mia mente è vuota, guardo in giro e vedo.
Sento salirmi un groppo in gola.

Mi alzo stancamente in piedi e raggiungo l'auto, il senatore è ancora in terra col volto rosso rigato dalle lagrime, forse a sottolineare dolore, paura, vergogna o forse più semplicemente la sua fine politica.

Apro la portiera e avverto la centrale, questa sera il mio letto e la mia donna non mi abbracceranno.

Leo.Ne

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Commenti al Post:
Chanel_1
Chanel_1 il 29/09/03 alle 22:20 via WEB
Nomi. Foglie nel vento… così leggeri, e privi di sostanza… sospinti dal vento gelido e inarrestabile del tempo, sempre più lontani, remoti, indistinti… Questo sono i nomi nella mia memoria. E, più passa il tempo, più si fanno sfocati e distorti, sino a venire cancellati del tutto. Così è per il nome della città in cui sono nata… non una ma due volte. Non lo rammento… è troppo lontano, separato dall’abisso incolmabile di tempo composto da dieci lunghi anni… neppure un’enormità, eppure sembrano un baratro profondo che divide inesorabilmente la mia vita passata e quella presente… la vita dolce e innocente, della mia lontana infanzia, e quella attuale… una cruda realtà di carne e sangue… L’unica cosa che ricordo è che la mia città natale dovrebbe trovarsi negli Stati Uniti… nelle vicinanze di Washington. O almeno credo… Perché il sangue che mi è servito da sostentamento in questi dieci lunghi anni sembra una coltre compatta e pesante, che copre il mio passato come un velo purpureo…? Una piccola città di provincia come tante… villette piccole e grandi, piscine private, palizzate bianche che cintano verdi giardini tagliati all’inglese… Nient’altro. Ricordi sfocati... sensazioni… colori… rumori... ed odori. Ricordo ancora il profumo intenso e dolce delle rose che crescevano sul retro di casa mia… un piccolo roseto che s’inerpicava sul muro proprio sotto la mia finestra. L’aveva coltivato mia madre, e durante le serate estive il profumo delicato delle rose s’insinuava nella mia stanza come un velo profumato… Curioso… non ricordo il nome di mia madre, ma rammento alla perfezione il profumo dolce delle rose… e la sua passione, mai estinta, per i fiori in generale. Che cosa sono ora? Non una ragazza… ho perso quello stato dieci anni fa, insieme alla mia umanità. Una donna? Neppure… il mio corpo è ancora quello di una sedicenne, nulla di più… Questo rivangare nel passato mi turba. Non mi ero mai posta simili domande prima d’ora… lui direbbe che è inutile, ed anche dannoso per me. Quante volte mi ha messa in guardia contro la pazzia che divora quelli della nostra razza che cedono alla malinconia dolce e remota dei ricordi… Forse è per questo che ha esitato parecchio prima di rivelarmi il suo passato. Lui aveva paura… solo ora me ne rendo conto. Era terrorizzato… all’idea di impazzire, di perdere la ragione nel labirinto oscuro ed inquietante del suo passato… e come posso biasimarlo? Un intero secolo dietro di sé… e io, che dopo soli dieci anni mi tormento con futili domande senza risposta… Mi lecco piano le labbra aride. Sangue… ho bisogno di sangue… questa caccia si sta prolungando troppo. Posso sentire la mia pelle, serica e delicata, raffreddarsi per la mancanza del sangue caldo che scorre nelle vene… Così fredda dopo un giorno di sonno, di digiuno… e così calda, quasi febbricitante, dopo che le mie labbra hanno sorbito la vita di un soffice essere umano… così morbido e caldo… un brivido d’eccitazione mi scorre lungo la spina dorsale, al pensiero. Il sangue è come una droga ormai… ogni notte ne cerco, per provare di nuovo quell’estasi che mi coglie ogni volta che lo sento scorrere sulle mie labbra pallide… Prima non era così. I primi anni della mia vita immortale, intendo. Potevo resistere interi giorni, persino una settimana a volte, prima che il desiderio spasmodico di sangue mi cogliesse come una pugnalata alle spalle. Sangue… ferroso, salato, afrodisiaco… sangue… *** Rimasi in quella stanza per un giorno intero, sentendo la luce calda del sole scivolarmi sulla pelle fredda, raggelata dalla notte invernale. Dopo un istante d’attonito stupore, mi affrettai a scivolare sul letto ed a rannicchiarmi in una posizione più comoda; impresa piuttosto difficile a causa delle manette che mi legavano alla testata di legno massiccio. Tentai più volte di tirare le manette verso di me, nella folle speranza di svellerle o di sfilare la mano da esse. Inutilmente; l’unico risultato furono lividi violacei sul polso delicato. Il sole scivolò piano nel cielo e la sua luce lasciò il mio corpo dopo poco tempo, mentre il grande e luminoso disco dorato si alzava oltre i grandi palazzi, nascondendosi dietro gli imponenti edifici di metallo. Ristetti immobile a lungo sul letto, sentendo la polvere levarsi piano dal materasso di piume ed irritarmi le narici, ascoltando i rumori dapprima lievi e poi sempre più intensi della città che si risvegliava, mischiati a quello soffocato del mio respiro. I miei pensieri correvano… s’inseguivano, senza giungere ad una conclusione ma continuando nella loro folle corsa come un cane che si morde la coda, mentre riparavo il viso tra le braccia. Avevo paura. Era ovvio, infondo… ma non per questo più semplice da accettare. Nonostante tutto, ero una ragazza caparbia; il sentirmi così inerme, priva di qualsiasi controllo sulla mia vita m’infastidiva enormemente… e la paura non faceva che aumentare la mia irritazione. Neppure su quel sentimento, inutile e dannoso, avevo un qualsiasi controllo; la cosa m’indispettiva, e passai diverso tempo nel futile tentativo di eliminare il terrore sconvolgente che mi serrava l’anima in una morsa. Ovviamente, ero perfettamente conscia del fatto che sarei rimasta da sola nella stanza fino al seguente crepuscolo… la fuga stessa del vampiro dinanzi alla luce intensa del sole era un’ulteriore prova della sua antica natura. Mi chiesi se qualcuno sarebbe entrato, prima o poi, nella stanza… chissà, forse era fuggito; oppure il padrone dell’appartamento sarebbe entrato per controllare… Speranze vane, a cui mi aggrappai disperatamente. Sapevo che lui non era fuggito… e che non mi aveva neppure abbandonato. Mi aveva soltanto lasciato sola per qualche tempo… nell’attesa della sera seguente. E poi sarebbe tornato da me… Colsi un’attesa eccitata nella caotica ed esplosiva miscela di sensazioni che si agitavano nella mia anima. Con furia, tentai di negare l’evidenza prima di rassegnarmi. Desideravo rivederlo… ed il pericolo, la letale grazia ferina che traspariva della sua intera figura non faceva che accrescere la mia attrazione per lui. Volevo risentire le sue labbra sfiorarmi la pelle, in quella maniera eccitante e sensuale che solo lui riusciva a dare vita… Me ne vergognai profondamente; era un vampiro… poche ore prima avrei riso dinanzi all’idea. Ora al contrario anelavo spasmodicamente il suo tocco… la sua presenza… Solo dopo diverse ore sentii il morso della fame; mi tesi verso il piccolo tavolo di legno scuro accanto al letto, trangugiando famelica il cibo che mi aveva lasciato. Non pensai a controllare le etichette, accertandomi della data di scadenza; divorai gli spuntini velocemente, mentre cercavo di trovare una soluzione a quello stato di cose per nulla rassicurante. Aggrottai la fronte, piluccando lentamente le briciole di una piccola torta al cioccolato. Per quanto tempo mi avrebbe tenuto in vita? La risposta era ovvia. Finché fossi riuscita a tenere vivo il suo interesse… e dovevo tentare di stuzzicarlo il più a lungo possibile. Dopo di ché… mi avrebbe ucciso, sicuramente. Le speranze di un’eventuale liberazione erano molto esigue. Trangugiai in fretta una bibita, appoggiando il capo sul letto, i morbidi capelli castani disposti a raggiera intorno al mio viso. Il sole stava scendendo lentamente… potevo vedere chiaramente il cielo perdere la luminosa tonalità azzurra del giorno per acquistare quella pallida e purpurea del crepuscolo. Tra poco si sarebbe destato…e sarebbe tornato da me. Strinsi le labbra, nell’avvertire l’eccitazione causata da quell’idea, unita ad un bizzarro calore al ventre. Volevo rivederlo… Sorrisi amaramente all’idea. Ero caduta nella sua trappola come una sciocca… in quell’istante, capii il metodo di caccia dei vampiri con una chiarezza che lo avrebbe lasciato sorpreso, se fosse stato presente. L’attrazione… utilizzavano la loro ammaliante e seducente bellezza per stregare le vittime, rendendole inermi e pronte a tutto per un solo, eccitante bacio… ero disgustata dalla facilità con cui lui era riuscito ad ammaliare anche me. Scivolai a terra, un braccio grottescamente alzato verso l’alto, legato al letto dalle manette. Sfilai un vecchio pitale da sotto il letto, svuotando la vescica; aveva superato il mio frettoloso esame, che l’aveva trovato impolverato ma sufficientemente pulito, e non avevo esitato ad utilizzarlo. L’idea di urinare sul pavimento o sul letto non mi attraeva affatto. Il sole scese sull’orizzonte, ed il cielo perse persino la tonalità purpurea del crepuscolo acquistandone una più cupa e scura. Nella sottile striscia di tenebre che riuscivo a scorgere dalla stanza, brillarono le prime stelle. E lui venne. A notte inoltrata; avevo appena udito i lenti rintocchi del campanile. Uno… due… cupi battiti ridondanti. Come sono chiari e definiti nella mia mente… è bizzarro; ricordo particolari insignificanti mentre cose ben più importanti sono sepolte sotto strati di sangue carminio… Non riuscivo a dormire; mi ero assopita durante il giorno, il viso bagnato dalla luce dorata del sole. Sentii il lieve cigolio della porta che si apriva… inquietante quasi, mentre lui si avvicinava piano a me nel silenzio cupo della notte… senza produrre il minimo rumore sul pavimento impolverato. Mi fissò, i grandi occhi azzurri che sembravano neri alla luce pallida e fioca dei lampioni. Un lieve clangore lontano; un miagolio furioso, seguito da un latrare secco e fastidioso. Poi di nuovo silenzio. Cupo, opprimente silenzio che mi schiacciò sotto le sue fitte maglie. Non lo vidi avvicinarsi a me; sentii soltanto il suo respiro lieve sul viso, mentre mi prendeva il mento tra le mani e mi costringeva a fissarlo negli occhi, scure pozze di tenebra nella fitta penombra. Sentivo le sue mani sulla pelle del mento… erano morbide, incredibilmente morbide, e calde. Con un improvviso lampo d’intuizione, capii che si era già cibato a sufficienza… Mi parve di distinguere una lieve nota di rammarico nei suoi occhi; quanto a me, il respiro era accelerato dall’eccitazione, ed il cuore batteva furiosamente mentre agognavo disperatamente un contatto più intimo, più profondo… mentre desideravo, coscientemente e con un’intensità tale da spaventarmi, lui… Mi fissò per diverso tempo, ma la staticità fatata di quel momento m’impedì, allora ed oggi, di capire esattamente quanto a lungo rimanemmo immobili. Poi sospirò lievemente; un refolo caldo, che mi sfiorò la pelle causandomi un intenso ed inaspettato brivido. Tremavo quasi, per l’intensità con cui bramavo il suo tocco… Tentennò un istante; successivamente, mi confessò di essere stato quasi sul punto di baciarmi… ma non lo fece. Allora non potevo saperlo, ma lui considera un bacio, dolce e gentile, una promessa; un patto di vita eterna… Si chinò lentamente sul mio collo; sentii chiaramente il suo fiato caldo solleticarmi la pelle della gola con rinnovata eccitazione, facendo forza su me stessa per non cingergli il collo con le braccia, affondando le dita tra i suoi capelli neri come pece, simili a seta. Sentii le sue labbra sfiorarmi la pelle, e rabbrividii a quel contatto, gemendo piano nel buio della stanza. Ed all’improvviso la consapevolezza, amara e pungente, di ciò che intendeva fare mi scosse a fondo. "No!" esclamai, sospingendolo con forza sufficiente a farlo allontanare da me. Sentii il suo sguardo su di me, incredibilmente ipnotico e magnetico, ma mi sfuggì la sorpresa che sicuramente arse nei suoi occhi. Avevo già intuito che i vampiri fondano il loro metodo di caccia sull’attrazione… ciò che ignoravo, era che succede molto raramente che una vittima abbia sufficiente volontà da sfuggire alla schiacciante seduzione che emanano, dall’alone di sensualità che sembra avvolgerli. Che un umano si liberi dalla stretta ferrea del desiderio che desta in lui un vampiro è raro, ma che si ribelli ad esso per ben tre volte… Posso capire l’esitazione che lo colse in quell’istante, e che si rivelò provvidenziale per me. "Perché?!" chiesi sommessamente, fissandolo con ira negli occhi. Il desiderio pulsava ancora prepotente in me, ma ero riuscita ad eludere una parte dell’ammaliante magnetismo che m’imprigionava, impedendomi di reagire. Lui sorrise incerto, avvicinandosi di nuovo a me. "Perché mi resisti?" mi chiese, sinceramente perplesso. M’infuriai ancor più, sfogando la collera rivolta verso il mio corpo ribelle, che reagiva ancora verso di lui con un’intensità tale da spaventarmi. "Hai già bevuto del sangue! Lo vedo… sei caldo. Ieri mattina la tua pelle non era così tiepida… quasi febbricitante, come ora. Perché ti ostini a volermi morta?" sibilai con rabbia, nata in buona parte dalla disperazione. Lui sospirò, sinceramente combattuto, sedendosi accanto a me e distogliendo lo sguardo. Serrai i denti con forza, resistendo al desiderio schiacciante di stringermi a lui, facendo aderire il mio corpo al suo… Infine si volse di nuovo con un lieve sorriso amaro sul viso, lasciando i canini scoperti e luminosi di un fioco e sinistro candore. "Sono stato… disattento" mormorò piano, stringendo i pugni mentre un’ira inconsueta gli ardeva nello sguardo. Mi ritrassi inconsapevolmente, senza la forza necessaria per distogliere lo sguardo da lui. "Mi hanno trovato… - continuò, aggrottando la fronte - ed ora stanno venendo qui. Se ti troveranno… - sorrise piano; una smorfia da predatore, ferina e sottile – rimpiangerai il mio bacio… Ti crederanno una vampira, e cercheranno di farti confessare dove sono fuggito… e, quando l’alba sorgerà e tu non sarai polvere, si accorgeranno del loro errore. Se sarai fortunata, per l’alba sarai ancora viva… ma difficilmente integra, nel corpo o nello spirito." Sorrise beffardo, dinanzi alla mia espressione inorridita. "Capisci, vero? E inoltre… tu sai troppo di me. Non mi piace…" Lo fissai con astio, stringendo i denti: compresi all’istante il vero motivo che si celava dietro a quest’ultima frase… era enormemente irritato dalla resistenza che gli offrivo, ed anche stuzzicato all’idea di infrangerla. "E se invece ci fosse una terza possibilità?" chiesi, sorridendo appena, mentre mi arrovellavo per trovare una via d’uscita. "E quale? Vuoi diventare anche tu… - mormorò, avvicinando il suo viso al mio al punto da sentire il calore emanato dalla sua pelle - … come me…?" Mi ritrassi appena, stringendo gli occhi. "No. Potresti… portarmi con te" risposi, fissandolo con decisione negli occhi. Mi fissò per un istante, sorpreso, prima di scoppiare in una roca e profonda risata. "E perché dovrei? Mi rallenteresti… e tu lo sai" bisbigliò, tornando serio in un istante, fissandomi ancora con la sua magnetica intensità che tanto mi ammaliava. Mi sfiorò il volto con una mano, lentamente, scivolando sulla guancia fino a raggiungere le labbra. Sentii la pelle serica delle sue dita sulla bocca, leggere e sottili, e chiusi piano gli occhi per assaporare meglio il contatto. Quanto… lo desideravo… Sorrise. Non lo vidi, ma seppi comunque che le sue labbra si erano aperte in un sorriso divertito e compiaciuto, ferino, da cacciatore che ha imprigionato la sua preda. Sentii le dita scivolare lungo il collo, sfiorandomi piano la gola e soffermandosi per un istante sulla giugulare… un istante di troppo, che mi riscosse dal torpore sonnolento e ricolmo di desiderio in cui ero immersa. Aprii le palpebre, fissandolo con astio, mentre la sua mano scivolava piano verso il seno. "Potrei esserti d’aiuto… - mormorai in tono supplichevole, cercando di non gemere alle sue carezze - potrei essere i tuoi occhi durante il giorno…" Sogghignò piano, i lunghi canini affilati rilucenti alla luce della luna, mentre la mano si allargava a ventaglio su un seno. Sussultai, mordendomi un labbro e reprimendo un gemito. "Prospettiva interessante…" bisbigliò, chinandosi ancora su di me e baciando la pelle appena al di sopra della scollatura della camicetta, risalendo poi verso il collo. Digrignai i denti, strappandomi alla sua stretta con la forza nata dalla disperazione. "Smettila!" ringhiai con rabbia, sospingendolo lontano da me. Mi fissò a lungo, con un’espressione quasi sconvolta. Potevo quasi sentirlo… perché riuscivo ad oppormi a lui con tale determinazione? "Posso aiutarti!" insistetti, suadente. "Posso controllare l’arrivo dei tuoi inseguitori durante il giorno… tenere lontano qualche curioso inopportuno…" continuai, freneticamente, cercando qualche motivazione plausibile per la quale lui potesse tenermi con sé. Crollò poco dopo, annuendo appena. Un movimento rapidissimo, alle soglie della mia percezione; con un secco clic, le manette si aprirono cadendo nelle sue mani. Mi sentivo così goffa in confronto a lui, al suo passo silenzioso e felino mentre procedeva rapidamente lungo il corridoio dinanzi a noi, scendendo lungo le scale, ed uscendo in strada. La luna splendeva luminosa nel cielo terso, ma soltanto un lieve chiarore opalino si intravedeva nella sottile striscia di tenebra tra gli edifici; l’astro notturno era nascosto dalla mole poderosa delle abitazioni, e la strada era buia e scura, immersa nel buio. Inciampai più volte, ammiccando nelle tenebre nel frenetico tentativo di distinguere la strada sotto i piedi; quando lui si fermò di scatto, dinanzi ad un’auto sportiva blu scuro, lo urtai infastidendolo ulteriormente. Si volse a guardarmi; nel buio, i suoi occhi sembravano nere pozze oscure, perdendo il chiarore cristallino che acquistavano alla luce fredda delle lampade. Mi indicò di salire in macchina con un cenno deciso del capo, prima di aprire una portiera e richiuderla silenziosamente alle sue spalle. Infilò le chiavi nella toppa, dando un colpo secco. Mi affrettai a salire a bordo; avevo il forte sospetto che sarebbe partito senza di me, se non mi fossi sbrigata. Ingranò la retromarcia, uscendo dal parcheggio e imboccando alcune stradine secondarie, immerse nel buio, dimenticate persino dalla luce dei lampioni. Lo fissai a lungo, cercando di decifrare l’espressione del volto nella penombra fitta in cui era immerso, apparentemente rilassato contro il sedile. Un lieve profumo di menta mi solleticò le narici, e colsi l’ombra scura di un deodorante appeso allo specchietto retrovisore. Lanciai l’ennesima occhiata dietro di noi, rassicurandomi che nessuno ci seguiva. Mi rilassai piano contro il sedile, sentendo sotto le dita la morbidezza sottile del velluto scuro. "Maledizione…" L’accelerazione giunse inaspettata. Venni schiacciata contro il sedile dall’aumento improvviso di velocità, mentre lui si chinava appena sul volante, un sorriso ferino sul volto, alternando rapide occhiate alla strada dinanzi a noi ad altre allo specchietto retrovisore. Mi volsi; una macchina scura ci seguiva, appena visibile nel buio assoluto della stradina periferica. Sbucammo in un’ampia via illuminata, affiancata da negozi, con lampioni che rimandavano una pallida luce soffusa sulla strada. Lo fissai con timore; un’espressione tesa, da predatore, gli solcava il volto. Era evidentemente eccitato dalla caccia… in quell’istante iniziai a comprendere un’ombra della sua complessa e contorta natura, una personalità che ancora oggi non riesco a decifrare del tutto. La macchina scura tentò di affiancarsi a noi; alla luce dei lampioni, colsi chiaramente la sfumatura verde scuro della vettura, nonostante i finestrini a specchio impedissero una visione chiara degli occupanti. Un colpo secco del muso della macchina scura contro la nostra auto; sussultai, sentendo il metallo delle lamiere delle due vetture che strideva a quel contatto. Il vampiro accelerò ancora, dando inizio ad un’autentica gara di velocità sulla strada parzialmente illuminata che portava fuori città. Intuii che mancava ancora poco all’uscita del centro abitato… tra la città ed il prossimo centro urbano si stendeva una vasta pianura coltivata, punteggiata da silos e fienili, da fattorie e pascoli erbosi. Una stretta svolta della strada; la nostra macchina sbandò, e per un istante temetti che fosse sbalzata fuori strada. Con un secco giro del volante, lui la riportò in carreggiata, mentre sorpassavamo un cartello scuro che indicava l’uscita dalla città. Ancora poco… La strada si ampliò in un istante; dopo qualche minuto di corsa sfrenata, ci trovammo fuori del centro urbano, la macchina scura ancora alle calcagna. Mi volsi verso di lui; non riuscivo a decifrare la sua espressione, ma compresi che il sogghigno cupo era ancora disegnato sul suo volto perfetto… Un’ennesima sbandata, mentre la vettura scura si portava di fianco a noi, tentando di gettarci fuori strada. Era più massiccia della nostra, e con un altro colpo secco ci catapultò fuori strada. Cademmo in un fossato con un tonfo secco, e per un istante lui perse il controllo sull’auto. Intontita dal colpo, serrai il capo tra le mani mentre un ringhio furioso, basso ed irato, risuonava alle mie orecchie. In un istante, compresi che era lui ad emettere quel suono, così istintivo e primordiale… Accelerò con furia sul terreno dissestato, imprimendo all’auto maggiore velocità e sfruttando al massimo le sospensioni a causa del sussultare frenetico della macchina. Un colpo secco del volante; tornò sulla strada, imprimendo una brusca virata alla macchina e puntando verso la vettura dei nostri inseguitori, che avevano rallentato per capire cosa ne fosse stato della nostra auto. Ci videro in un istante; accelerarono, venendoci incontro e tentando di speronarci con la loro auto, più grossa e poderosa. Ricordo bene quell’istante; la luce dei fari aveva illuminato il suo viso, e io ebbi paura di lui… Non dello schianto imminente, ma della gioia primordiale e letale che imperversava in quell’istante sul suo viso… demoniaca, cruda, intensa… I fari della nostra auto illuminarono il viso del conducente della vettura scura; un volto slavato ed anonimo, che scordai l’istante dopo che colpì i miei occhi. Ma la paura… quella è marchiata a fuoco nella mia mente. Il terrore che lessi chiaramente sul volto dell’uomo quando scorse il viso del vampiro non lo dimenticherò mai… Il vampiro accese gli abbaglianti all’ultimo istante, accecando l’uomo, e deviando sulla strada quel che bastava per evitare di essere travolto dalla vettura scura, imprimendo alla macchina degli inseguitori una brusca spinta. Sbandò sulla strada, capovolgendosi e cadendo nel fosso accanto con uno schianto immane. Lui frenò bruscamente, facendomi quasi sbattere contro il parabrezza dell’auto. Volse la macchina, accelerando sulla strada e sorpassando l’auto scura. Ricordo di aver sbirciato fuori dal finestrino; alla luce dei fari distinsi soltanto le ruote che giravano lentamente, rivolte verso il cielo. Guidò a lungo sulla strada, in silenzio, il volto rilassato fisso sulla strada dinanzi a lui. Non si volse neppure una volta a guardarmi; pensai che si fosse dimenticato della mia presenza, e mi rannicchiai sul sedile morbido a riflettere. Avevo deciso di seguirlo… di seguire un assassino, un mostro, un aborto della natura capace soltanto di sopravvivere causando morte e disperazione agli esseri viventi… ed in cambio... cosa avevo ottenuto? La vita… finché lui non si fosse stancato di me, chiaro. Lo incuriosivo, lo stuzzicavo… e, quando questo interesse nei miei confronti fosse scemato… sarei morta. Avevo soltanto procrastinato un evento inevitabile? Avevo guadagnato… tempo. Nulla di più. Non la vita, non una morte piacevole. Soltanto… tempo. I miei pensieri scivolarono nuovamente sui miei genitori. Erano in pensiero per me? Ormai era da più di un giorno che mancavo da casa. Non li avevo neppure avvisati… mia madre sarebbe stata fuori di sé dalla preoccupazione. Sospirai. Avrebbe avuto pienamente ragione a preoccuparsi per me… in fondo ero in bilico dinanzi ad un baratro. Il minimo, minuscolo passo falso avrebbe potuto farmi precipitare nel vuoto… e da esso non sarei mai più uscita. Si volse a guardarmi. Doveva aver udito il mio piccolo sospiro… ed esso gli aveva rammentato la mia presenza sul sedile a fianco al suo. "Dove stiamo andando?" gli chiesi esitante, fissandolo con gli occhi scuri resi enormi dal timore che provavo. Il suo viso, euforico e letale nel procurare la morte a quegli uomini era ancora marchiato a fuoco nella mia mente… ed il terrore provocato da quell’immagine avrebbe impiegato anni a sparire del tutto. Avevo visto il demone nascosto in lui… e non avrei più dubitato, neppure un istante, nel piacere che provava ad uccidere. Non era un semplice animale, che causava la morte per nutrirsi senza trarne alcun piacere. Amava uccidere… e questo lo rendeva un demone…? O soltanto… umano? Sorrise piano, storcendo le labbra in una smorfia che era più un sogghigno che un sorriso. "Lontano" rispose semplicemente, senza prestarmi particolare attenzione. Rimase a lungo in silenzio, rilassato contro il sedile, mentre io cercavo di scorgere il panorama attraverso gli spessi vetri dell’auto. Un’uniforme piatta pianura erbosa… coperta di brina, a causa del gelo intenso che permeava la strada notturna. Illuminata appena dalla luce della luna… che dava alla brina una sfumatura opalescente, rendendo quasi luminosi i campi disseminati di frammenti candidi. "Hai paura?" la sua voce, calma e pacata, mi riscosse. Strinsi i denti; avevo colto un sottile divertimento nel suo tono di voce… "Sì" non potei fare altro che rispondere. Sentivo che lui avrebbe distinto una menzogna dalla verità… Frenò bruscamente la macchina, con uno stridio di pneumatici sull’asfalto. Si volse verso di me, avvicinandosi, e schiacciandomi contro il vetro gelido con il peso del suo corpo. Sorrise appena, mostrando i lunghi canini ad appena pochi centimetri dal mio viso. Potevo sentire il suo respiro caldo sfiorarmi gli occhi socchiusi… e lui di certo poteva udire i battiti furiosi del mio cuore. "Hai accettato il bacio di sangue di un demone… ora non puoi tirarti indietro" mi bisbigliò all’orecchio in tono suadente, sfiorandomi il lobo dell’orecchio con le labbra. Rabbrividii involontariamente, mentre lui tirava indietro il capo fissandomi negli occhi con le iridi nere come tenebra nella penombra. "Io non ho accettato niente da te!" ritorsi con rabbia, cercando di mantenere salda la voce. Sorrise di nuovo, sfiorandomi la punta del naso con le labbra. "Non ancora…" bisbigliò, prima di ritrarsi e di rimettere in moto l’auto come se niente fosse, i fari pallidi che illuminavano la strada e si riflettevano sinistri nei suoi occhi. L’alba iniziava a tingere di rosa pallido il cielo quando lui fermò l’auto accanto ad un fienile, scendendo dalla vettura ed esaminando l’interno della costruzione di muratura. Solitario, l’ampio edificio svettava nella pianura con incredibile chiarezza; di pietra grigia, solido ed apparentemente indistruttibile, e, a giudicare dalle erbacce che lo circondavano alte e fitte era in disuso da anni. Tornò poco dopo, spolverandosi le mani sui pantaloni di pelle nera e sedendosi nuovamente al volante. Aveva spalancato le porte del vecchio silos; guidò lentamente all’interno la macchina, parcheggiandola tra vecchie balle di fieno muffite e grandi ammassi d’erba stopposa e marcia. Non avevo visto le porte aprirsi poco prima: dall’angolazione in cui aveva parcheggiato la macchina non riuscivo ad intravedere le grandi porte di legno massiccio, incrostate di muschio e di rampicanti, sbeccate e ricolme di fessure nei punti in cui il legno era marcito. Erano davvero enormi; eppure lui le chiuse senza sforzo apparente, producendo solo un lieve cigolio ed un colpo secco. Si avvicinò a me; potevo vedere il suo passo, solitamente sicuro e felpato, vacillare per la letale stanchezza che sembrava sorgere nel suo corpo assieme al grande disco dorato del sole. Prima che le porte venissero chiuse, ero riuscita a scorgere soltanto una striscia di cielo color porpora… il sole stava sorgendo. La terribile aurora… Vacillando pesantemente, il viso teso e gli occhi azzurri socchiusi, si avvicinò a me. Con uno scatto secco, chiuse le manette di ferro intorno ai miei polsi, legandomi alla portiera della macchina. Rimasi in silenzio, studiando con una punta di sgomento il viso attraente di lui vacillare a causa della sonnolenza che lo sommergeva lentamente, come una cupa marea. "Là dietro c’è… acqua… e qualcosa da mangiare…" mormorò lentamente, esitando, e aggiungendo alle sue parole un lieve gesto vago e stanco in direzione dei sedili posteriori dell’auto. Tirai leggermente le manette, in modo riflessivo. Non avrei avuto particolari difficoltà ad arrivarvi. Annuii piano nella sua direzione, ricevendo in cambio uno stanco e tentennante cenno del capo; si avviò barcollante verso le balle di fieno, sprofondando in una di esse senza più muoversi per diverso tempo. Sospirai, rientrando in macchina e chiudendo la portiera dietro di me. Rabbrividii; indossavo ancora i vestiti che avevo preso da casa un paio di giorni prima, ed iniziavo a sentire l’impellente bisogno di fare un bagno. Ed il sentore di vecchio e di polvere che si era attaccato ai vestiti ed alla pelle non migliorava certo la situazione… Mi strinsi meglio nel cappotto di lana, accendendo il riscaldamento della macchina e sprofondando nel sedile. Avevo tanto su cui riflettere… ma il sonno mi colse prima che riuscissi a formulare un pensiero coerente. Dormii a lungo, e quando mi destai il sole che filtrava dalle porte massicce era di una calda sfumatura dorata. Caldo… era stata la temperatura troppo elevata dell’auto a destarmi dal sonno profondo in cui ero immersa. Mi ero assopita in pochi istanti, scordando il riscaldamento acceso. Mi stiracchiai piano, spegnendo il riscaldamento con un gesto deciso della mano ed aprendo la portiera per espletare impellenti bisogni fisiologici. Mi disgustava un poco urinare sul terreno sotto la macchina… mi faceva sentire un cane… ma no
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Leo.Ne74
Leo.Ne74 il 30/09/03 alle 10:59 via WEB
AAAAAAARRRRRRRRRGGGGGGGGHHHHHHHH!!!!!!!!! ........manca la fine!!!! Sgrunt!!! non si fa così Chanel_1!!!! eheheh ...me voi fa sapè ke fine fa la tizia o no?!?! eheheh Cmq grazie anke per gli altri commenti!!! ...e per le soluzioni antizanzare!!!ehehe Ari cmq leggendo il tuo di racconto mi sento molto "principiante"!!! eheheh Me raccomando...la Fine... altrimenti comincerò anch'io a non dormirci la notte!!!eheheh Bye! Leo.Ne
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Chanel_1
Chanel_1 il 30/09/03 alle 23:41 via WEB
… ma non avevo scelta. Le manette non mi consentivano di spostarmi troppo lontano. Rabbrividii nell’atmosfera gelida presente nel fienile, in contrasto con l’eccessivo calore dell’auto. Mi affrettai a risalire in macchina, chiudendo la portiera dietro di me e rannicchiandomi nel sedile. Guardai di nuovo le grandi porte del fienile; la luce che vi penetrava era intensa e calda… doveva essere tardo pomeriggio. Il crepuscolo non era lontano… Gettai uno sguardo nervoso al mucchio di fieno sul fondo del silos in cui lui era sprofondato poco tempo prima, nell’angolo in cui il buio era più assoluto. Nessun movimento… Rabbrividii, ma non a causa del freddo. Quando la notte l’avrebbe destato… sarebbe riuscito a frenare la sete di sangue? Fino a quel momento non l’avevo mai visto prima che si fosse cibato… sperai freneticamente che riuscisse a controllarsi, invece che balzarmi alla gola come un animale in caccia. E questo pensiero chiamò a raccolta altre riflessioni, a catena, fin quando la mia mente non fu saturata dalle ossessioni terrorizzate che imperversavano nel mio cervello affaticato… Scossi piano il capo, riscuotendomi; mi volsi verso i sedili posteriori, frugando sotto di essi fino a trovare una bottiglia d’acqua tiepida. Ne trangugiai parecchi sorsi in pochi minuti, dissetandomi, e frugai ancora alla ricerca di qualcosa di commestibile da mettere sotto i denti. Sospirai, quando le mie dita incontrarono nuovamente i pacchetti di plastica frusciante caratteristici degli spuntini da supermercato che avevo divorato anche il giorno prima. Evidentemente non era la prima volta che aveva a che fare con esseri umani sulla sua auto… riflettei, consumando avidamente i panini freddi e morbidi confezionati che avevo trovato. Distolsi in fretta la mente da quel filo di pensieri; non intendevo proseguire in quella direzione… non avrei ottenuto altro che inquietanti teorie che non avrebbero fatto altro che esaltare l’alone sinistro che sembrava circondare il vampiro in ogni istante. Inevitabilmente i miei pensieri tornarono ai miei genitori con un’intensità quasi ossessiva, e mi ritrovai a ricordare con un nodo alla gola la tenerezza che avevano sempre mostrato nei confronti miei e di mio fratello, alla loro compagnia durante la mia fanciullezza, alla preoccupazione che sicuramente li stava tormentando. Se mai fossi tornata… improbabile prospettiva… sarebbero stati furiosi con me, e mi avrebbero rimproverato a dovere. E quali scuse avrei potuto inventare per quest’assenza prolungata? Con la risata dolce ed euforica di mio fratello nelle orecchie, mi assopii nuovamente sognando gli occhi verdi di Miky che mi fissavano con malinconia velata di tristezza profonda. *** Fu lui a destarmi dal sonno profondo in cui ero precipitata. Non mi toccò, né mi rivolse la parola; percepii la sua presenza… e quando spalancai gli assonnati occhi castani, mettendo a fuoco ciò che stava dinanzi a me, mi balzarono agli occhi le iridi di lucido cristallo con subitanea chiarezza, il viso splendido incorniciato dai folti capelli neri come pece… e vagamente notai l’aria pensosa che si delineava sui lineamenti squisiti. "Che cosa…" mormorai, raddrizzandomi e stropicciandomi gli occhi. Lui si mosse di scatto, distogliendo lo sguardo da me e scendendo dall’auto; aprì le grandi porte di legno del silos spalancandole nella gelida aria notturna. Rabbrividii, mentre una folata di vento freddo filtrava attraverso la portiera socchiusa e mi strinsi nel cappotto cercando calore nel pesante tessuto di lana. Risalì in macchina mantenendo il teso silenzio che permaneva dalla sera precedente, uscendo dal fienile che ci aveva ospitati durante la notte e riguadagnando la strada. Mi mossi lievemente accanto a lui, a disagio, mentre scrutavo il paesaggio dai finestrini appannati resi opachi dal calore presente nell’auto. Passai lentamente la mano sul vetro, sentendo la fredda superficie cristallina sotto il palmo. E, oltre la sottile striscia di pianura illuminata dalla luce fioca dei fari… nulla. Le tenebre più complete, che si stendevano per miglia sino al profilo dolce ed ondulato delle colline, che si stagliavano all’orizzonte ancora più scure del cielo stesso. Alzai lo sguardo verso il cielo: il chiarore pallido e soffuso della luna mancava, sostituito dall’ancor più debole e vago luccichio delle stelle. Una notte senza luna… Mi ritrassi contro il sedile, affondando nel morbido velluto e socchiudendo piano gli occhi. Era così silenzioso… se non fosse stato per l’aura vagamente inquietante che sembrava emanare perennemente, avrei persino scordato la sua presenza… Quando il primo cartello emerse dalle tenebre perenni che sembravano circondarci, era trascorsa appena un’ora: un’ora soltanto, di silenzio e di convivenza con un profondo abisso che sembrava dividerci, impedendo una reciproca comprensione. Entrammo nella città poco dopo: un aggregato di case, del tutto simile alla mia città di provenienza, senza alcuna differenza apprezzabile o rilevante. Villette cinte da staccionate bianche, motel, giardini, alcuni palazzi alti e massicci; sorpassammo l’edificio comunale, la stazione di polizia, addentrandoci sempre più nel cuore della piccola cittadina. Si fermò, apparentemente soddisfatto, dinanzi ad un piccolo motel squallido e nascosto, parcheggiando l’auto nel vicino spiazzo adibito al parcheggio e trascinandomi sulle scale con ben poca gentilezza. Un piccolo uomo dall’aria sciatta, con grandi sopraciglia folte e bizzarri baffi punteggiati di grigio ci accolse; ci rivolse un sorriso dentato e ricolmo d’irriverente malizia, che mi fece digrignare i denti. Non faticavo affatto ad immaginare che tipo di clienti potesse avere un motel come quello… ma l’idea di essere scambiata per una prostituta oppure per una ragazza facile abbordata dal primo che le incrociava la strada non mi attraeva affatto. Strinsi le labbra in una linea sottile, cercando di non mostrare così apertamente la mia repulsione verso quel luogo e verso l’uomo in particolare. "Una camera per due. Ci fermeremo per un paio di giorni" disse a bassa voce il vampiro, imprimendomi uno strattone al polso; sussultai, prima di avvicinarmi con uno sguardo astioso a lui e sforzandomi di sorridere al basso ometto. "Certo, ragazzi…" rispose, porgendo una mano verso di noi con il palmo aperto verso l’alto. "Pagamento anticipato" Il vampiro sorrise appena; un sorriso sottile, inteso a nascondere i lunghi canini affilati alla vista del basso ometto. Nei miei confronti non aveva mai avuto tale riguardo… mi chiesi se fosse un segno positivo o negativo. "Certamente" rispose, deponendo nella mano tesa dell’uomo alcune banconote, che frusciarono debolmente nel silenzio in cui era immersa la cittadina. L’uomo si volse, emanando una zaffata di deodorante a basso costo misto a sudore che m’irritò le narici, facendomi indietreggiare. Un secco strattone da parte del vampiro mi ammonì di non muovermi, e di evitare i gesti bruschi. M’immobilizzai, consapevole di non avere solo la mia vita a carico; se il locandiere avesse sospettato qualcosa… sapevo che lui non avrebbe esitato ad ucciderlo. Non che m’importasse particolarmente; la mia vita era in gioco da molto più tempo… e l’idea di una prematura dipartita da parte di quello sgradevole ometto non mi disperava particolarmente. Non gli auguravo certo la morte… quella speciale vena di crudeltà sarebbe giunta soltanto dopo la mia morte umana… ma non m’importava particolarmente il suo destino. L’uomo si volse di nuovo, porgendo al vampiro delle chiavi vecchie e parzialmente arrugginite, inserite in un portachiavi di cuoio schiarito dall’usura e con impresso a caratteri scuri e ben distanziati il numero della stanza: 114. "Al primo piano; corridoio a destra" commentò il locandiere, esibendo un altro sorriso obliquo. Il vampiro rispose con un secco cenno del capo, prima di voltarsi verso le scale a chiocciola lise ma pulite e tirarmi quasi di peso verso il piano superiore. La stanza si rivelò migliore delle mie cupe aspettative; squallida e spoglia, tuttavia pulita e sufficientemente ordinata. Un grande armadio dominava sul piccolo spazio quadrato, dinanzi ad un modesto letto a due piazze ed un paio di tavolini da notte. Con una spinta rude, lui mi sospinse sul letto accennando a legarmi le manette ai polsi. Si curvò su di me; rabbrividii, quando sentii le mani gelide sulla pelle e lessi nei suoi occhi un’intensa brama di sangue. Tuttavia protestai energicamente, cercando di ignorare la furia omicida che potevo leggere nel suo sguardo cristallino. "Ancora non ti fidi di me?" chiesi, sottraendo i polsi alla sua stretta. Mi fissò, sogghignando appena e stringendo con forza nuovamente le mani sui miei polsi. "No" rispose semplicemente, posizionando le manette sulla mia pelle sottile. "Aspetta! Ti prego… non posso restare legata al letto tutta la notte! Ho bisogno di una doccia, di vestiti puliti, di mangiare qualcosa, di svuotarmi la vescica e di bere un sorso d’acqua!" ribattei, petulante, con una buona dose d’egoismo nelle mie parole. Sorrise divertito, sciogliendo i polsi dalle manette. "E vorresti compagnia sotto la doccia…?" chiese sornione, sedendosi sul letto e stiracchiandosi alle mie spalle. Mi voltai verso di lui con inquietudine, notando che aveva rinunciato ai suoi tentativi di seduzione nei miei confronti passando ad un pigro stuzzicare verbale. Non risposi neppure, entrando in bagno e chiudendo la porta alle mie spalle. La stanzetta era piccola ed angusta, con un asciugamano pulito appeso accanto alla doccia ed una minuscola stufa. Sospirai piano, voltandomi verso la porta e appoggiando la mano con fare riflessivo sul legno scuro. Una porta chiusa a chiave non sarebbe stata una particolare difficoltà per lui se davvero avesse deciso di entrare… ma io non riuscivo a spogliarmi sapendo che la porta era praticamente aperta! Con un ringhio tutt’altro che soddisfatto, girai la chiave nella toppa soltanto per sentire una risata divertita risuonare dall’altra parte dello strato di legno massiccio. Strinsi le labbra, sfilandomi il cappotto ed appendendolo ad un piolo, procedendo quindi a lavare i miei vestiti sul lavabo ed ad appenderli sopra la stufa. Con il calore emanato dall’apparecchio si sarebbero asciugati prima dell’indomani… o almeno così speravo. In ogni caso, erano troppo sporchi per lasciarli così com’erano! Fortunatamente il motel era provvisto di campioni omaggio di bagnoschiuma e shampoo; mi rilassai sotto la doccia, sentendo l’acqua calda che mi scivolava sul corpo e respirando volute di caldo vapore, massaggiando lentamente la pelle con il sapone e passando poi ai lunghi capelli castani. Uscii dalla doccia dopo qualche tempo; meno di quanto avrei voluto, ma sospettavo che il vampiro iniziasse a perdere quel poco di pazienza che gli rimaneva. Frizionai accuratamente i morbidi capelli bagnati, eliminando i residui d’acqua, prima di avvolgermi un ampio asciugamano intorno alla vita. Passai una mano sui miei vestiti: nonostante il calore emesso dalla stufa, era impensabile che in così poco tempo fossero già asciutti. Sospirai piano; m’innervosiva presentarmi dinanzi a lui mezza nuda, ma non avevo scelta… speravo soltanto che non approfittasse dell’occasione presentatagli, e che non insistesse nelle sue provocazioni mirate alla mia gola. Tornai nella stanza; lo vidi passeggiare nervosamente accanto al letto, inquieto, e quando mi vide non perse tempo. Mi sospinse sul letto, legandomi alla testata di ferro battuto, e con un ultimo cenno del capo uscì dalla stanza. Mi sistemai sul letto con un sospiro, rannicchiandomi per quanto permettevano le manette e appoggiando i capelli fradici sul cuscino. Cercai di riposarmi, e il sonno mi aveva quasi colto quando la porta della stanza si aprì di scatto. Mi volsi verso di essa con uno scatto; avvampai, quando vidi il locandiere fermo sulla porta. Una ragazza legata al letto con un paio di manette… avrebbe pensato a chissà quali giochetti esotici! Il rossore svanì all’istante quando notai altre figure scure avanzare alle spalle del basso ometto… e mi strinsi in un gesto istintivo l’asciugamano al corpo quando vidi brillare nel buio la lama di un coltello.
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Chanel_1
Chanel_1 il 30/09/03 alle 23:42 via WEB
P.S. tu hai colpo d'occhio ma me lo sento...starai dormendo lo stesso,comunque la fine è "arrivata" ;0)
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Leo.Ne74
Leo.Ne74 il 01/10/03 alle 12:11 via WEB
Ma allora è un vizio!!! Sgrunt!!! ...ma andiamo per ordine!!! primo...ieri per una strana alchimia...forse me la sono tirata davvero...non riuscivo a prendere sonno...sono riuscito a sopportare vespa e combriccola... senza un attimo di cedimento della palpebra...sarei da guinnes!!! eheheh ...nn mi era mai successo...!!! ma la cosa grave è ke dopo aver spento tutto son rimasto a rimirar il soffitto per non so quanto!!!sgrunt!!! ...penso ke non avrò preso sonno prima dell 2 abbondanti... per me... TERRIBILE!!!! ehehe Secondo... io non sopporto gli sceneggiati...per via delle puntate... riesco a non dormire la notte per terminare un libro... quindi la fine de sto racconto... ke mi stai facendo sudare un bel pò...potrebbe farmi diventare moooooooolto cattivo!! eheheheh Spero...di non incorrere nella SUA collera...e di poter leggere il prossimo capitolo....pena lo sciopero di nuovi messaggi su codesto diario...ehehehe A presto! Leo.Ne
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briciola.di.pane
briciola.di.pane il 01/10/03 alle 16:05 via WEB
Ciao Chan!!! guarda io dormo lo stesso, però mi appassiona leggerti, perciò torna presto sul diario di Leo.Ne. ok? ciao ciao
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Chanel_1
Chanel_1 il 02/10/03 alle 01:06 via WEB
Leo.Ne,la fine del racconto l'ho scritta ieri,lo so che la fine sembra insensata ma è davvero finita così.Se ti può consolare,io alle 3 ho preso sonno e alle 5 ero già in piedi,appena trovo racconti migliori,sta tranquillo,te li posto,solo,sono lunghi e quindi vanno a puntate ;0)
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Chanel_1
Chanel_1 il 02/10/03 alle 01:07 via WEB
P.S. un ringraziamento alla signorina briciola di pane,che apprezza i miei racconti
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Chanel_1
Chanel_1 il 02/10/03 alle 01:15 via WEB
che ne dici?per domani la storia di alive?oppure è troppo lunga e già la sai a memoria come me?fammi sapere prima che te la posti,ciao ;0)
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Chanel_1
Chanel_1 il 03/10/03 alle 00:25 via WEB
Abbandonato a tre anni, sulla strada, dalla madre; inchiodato per due anni a un letto di ospedale, a causa delle botte ricevute dal padre: l'infanzia di Tim è un inferno di rabbia e odio, in un alternarsi di riformatori, famiglie affidatarie e istituti. A 12 anni comincia a vivere sulla strada, e lì è una lotta quotidiana contro la fame, il freddo, i cattivi incontri. Poi il pugilato, dove riesce a emergere e ad acquistare un po' di rispettabilità. Ma dentro di lui brucia l'odio e cresce il desiderio di vendetta contro il padre. Saranno l'incontro con un sacerdote e l'amore di una donna a cambiare radicalmente la sua vita. "Sono sopravvissuto grazie a tre sogni: uscire dal riformatorio dove ero stato messo, diventare capobanda, uccidere mio padre. Sogni che ho realizzato. Tranne il terzo per un pelo... Per anni è stata la fiamma della vendetta a darmi la forza di vivere. Ho fatto uno sforzo micidiale per non immobilizzare certe persone nel dolore che mi hanno inflitto. non voglio impedir loro di cambiare. Hanno il diritto di sorprendermi. Rendo queste testimonianze solo dopo la morte di mio padre che volevo uccidere e che ho imparato ad amare nel momento in cui stava varcando le porte del Grande Passaggio. Che riposi in pace. E' a queste persone che la società rifiuta, i deboli, gli storpi, gli handicappati, gli -anomali-, che devo la vita. e una formidabile lezione d'amore. Non ho che una paura: quella di non amare abbastanza Porto la testimonianza che il perdono è l'atto più difficile da compiere. Il più degno dell'uomo. Il mio combattimento più bello. L'amore è il colpo finale. Ormai cammino sul sentiero della pace. Chi può prometterti che non avrai più paura? La paura è un viticcio. Ti attanaglia il corpo, il cuore, l'anima, ti perfora, ti trafigge ogni cellula. non si sceglie di avere o non avere paura: spunta all'improvviso e ti afferra alla gola." "Certi sguardi mostrano l'eternità. Nascosti dentro i nostri bauli segreti, questo tesori abbandonati si risveglieranno nell'ora del dubbio. Non dimenticherò mai la straordinaria bellezza e la dignità di quella donna." "Lo scorso giovedì ho perso la lotteria dell'amore. Questo venerdì ho vinto alla tombola della disperazione" "La cosa più dura, in un'infanzia ferita, è dovere sembrare più grande, più forte, più maturo di quanto si è in realtà. Quando si ha solo l'età per essere bambini. mettersi sulle spalle fragili la giacca quotidiana della violenza, quando si vorrebbe portare il mantello della tenerezza" "L'uomo può modificare il suo destino? Materia di riflessione per una laurea in filosofia. Il bambino senza famiglia non si pone la domanda: risponde con la vita, la rabbia e la disperazione. E modifica il proprio destino. [...] Colui che non conta per nessuno non si regge la testa quando cade. Non si lamenta, non si scioglie in lacrime. Si rialza e riparte animato da nuova violenza" "Ho dodici anni e qualche mese. ho appena scoperto la perversità dell'uomo, ciò che può arrivare a fare per insozzare e degradare i propri simili. ho sentito l'artiglio del dolore entrarmi nella carne, penetrarmi. E' andato oltre il corpo, mi ha ferito l'anima, un giardino segreto per me, ancora puro. gelato, sbalordito, non ho potuto chiedere aiuto. Tuttavia, dentro di me, nel più profondo di me, là dove non ci sono più parole, ho gridato aiuto. ho gridato a un essere onnipotente che venisse a liberarmi dall'orrore. Non è venuto. Non è venuto nessuno." "Ho già avuto tutto, giovanotto. Avevo una casa, un'automobile di grossa cilindrata, avevo tutto quello che un uomo può sognare di possedere. E allora? Sono tutte sciocchezze, mio giovane amico. Sciocchezze! Vanità. Sono sicuramente più felice nel mio vagone a cinque stelle, vestito con il mio cappotto di cachemire con ventilazione incorporata. Di che cosa ho bisogno oggi? Di un po' d'amicizia... Una cosa che i soldi non possono comprare!"
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