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Facebook e Twitter: "Il profitto? Non ci interessa. Per ora"

Post n°10 pubblicato il 01 Dicembre 2008 da willab
 

Nonostante la crisi economica, fare soldi non è la preoccupazione più immediata di due dei principali operatori del web 2.0: Facebook e Twitter. I top executive delle due società hanno dichiarato che non si stanno occupando di mettere a punto un modello di business profittevole, perché per ora sono interessati molto di più a far crescere i rispettivi siti e i servizi forniti agli utenti.

Mark Zuckerberg, fondatore e CEO di Facebook, ha spiegato che nell'ultimo anno i 700 dipendenti della sua società si sono focalizzati appunto sullo sviluppo del sito, che è passato da 50 a 130 milioni di utenti attivi, ed è ora disponibile in più di venti lingue, tra cui l'italiano. "La crescita del sito è l'aspetto più strategico per noi, molto più che la crescita del fatturato - ha detto Zuckerberg -: questo però non vuol dire, come dicono alcuni, che non stiamo pensando a fare soldi: abbiamo migliaia di inserzionisti che sono interessati a lavorare con noi e a raggiungere i nostri utenti".

Nel dibattito che ha seguito l'intervento, Zuckerberg ha detto che Facebook sta facendo progressi nel vendere i suoi 'social ads', che 'diffondono' le azioni di un utente sul sito, come comprare un prodotto o recensire un film, a tutta la sua rete di amici, abbinandoli a messaggi pubblicitari attinenti.

Questo servizio, noto inizialmente come 'beacon', aveva provocato l'anno scorso molte polemiche, tanto che Facebook ha dovuto aggiungervi un'opzione di cancellazione attivabile dal singolo utente (opt-out). Molti tuttavia ritengono il modello dei social ads fondamentale per il futuro di Facebook: "Fare pubblicità sul Web mandando alle persone dei messaggi non funziona molto: è molto più efficace cercare un'interazione con l'utente".

Mentre le opportunità di 'fare soldi' per Facebook sembrano chiare, molto meno immediate appaiono quelle di Twitter, il sito che ha inventato il 'micro-blogging', basato sullo scambio di messaggi brevi. Sollecitato dalle domande dopo il suo intervento al Web 2.0 Summit, il responsabile prodotti Evan Williams ha candidamente risposto: "Molti pensano che per noi dovrebbe essere un problema assolutamente prioritario, ma per noi non è così: non ci siamo ancora concentrati su di esso e non sappiamo come potrebbe funzionare".

Williams ha però aggiunto che su Twitter potrebbero presto apparire dei 'negozi virtuali', e che realtà come Dell, JetBlue e Comcast hanno iniziato a comunicare con gli utenti di Twitter. In Twitter, l'utente deve volontariamente aderire all'invito di un altro utente per interagire, per cui se quest'ultimo è un'azienda, l'adesione significherebbe che l'utente è davvero interessato al prodotto. Molte imprese, ha aggiunto Williams, stanno anche valutando se utilizzare Twitter come meccanismo interno aziendale di collaborazione e comunicazione. "Il nostro modello è one-to-many, e completamente volontario, e molti utenti sono disposti a ricevere marketing focalizzato sui loro interessi: quindi c'è del valore commerciale, e non penso che sarà difficile trovare modi per fare soldi".

Al Web 2.0 Summmit di S. Francisco i top manager di due dei massimi operatori del settore spiegano che per ora la loro massima priorità è l'espansione dei loro siti, sarà vero?

Tratto da Computerworld del 24 Novembre 2008.

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Commenti al Post:
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 01/12/08 alle 12:13 via WEB
L'ossimoro (oxymoron in English) è una figura retorica che può rappresentare indifferentemente sia concetti errati ed inutili, quando riferita per esempio ad atteggiamenti di wishful thinking (p.e. "i truffatori onesti"), ma anche, al contrario, costituire una guida verso un limite, che rimane certamente irraggiungibile, ma che rappresenta uno sforzo teso a raggiungere qualcosa di utile. E' questo il caso della "pubblicità non invasiva" che entrambe le iniziative descritte nel post stanno cercando di immaginare e da cui intendono ricavare, al di là delle dichiarazioni dei fondatori, le risorse necessarie sostentarsi e per crescere.
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 09/12/08 alle 11:49 via WEB
Social Networkers Aren’t There for Ads DECEMBER 5, 2008 Users want to communicate with each other, not necessarily with brands. Monetizing social networks was challenging enough before the economic news got so gloomy—it will get even harder now. That’s because the huge traffic numbers at MySpace, Facebook, Bebo and the rest do not necessarily translate into ad dollars. More than one-half of the US population surveyed uses social networking sites, according to IDC, but the ad dollars have not followed. The research company found more than 75% of social network site users logged in at least once a week and 57% did so daily. IDC also said more than 61% of those users spent more than 30 minutes per session on social network sites, and 38% remained parked for 1 hour or more. Good news for marketers, right? Not necessarily. Only 57% of social network site users said they clicked on an ad in the past year, compared with 79% of all Internet consumers. Barak Rabinowitz, co-founder of Amuso, a site that invites users to create and participate in entertainment contests and game shows, described the challenge of monetizing social networks as the “elephant in the room” of online advertising. Writing in VentureBeat, Mr. Rabinowitz said: “[It’s] 400 million social networkers creating and consuming content, clustering around shared interests and activities—all who have yet to be tapped in any major way by Web marketers. “Search continues to be the most lucrative advertising strategy. Users are specifically seeking information in that arena. On social networks, people are primarily concerned with communicating with their friends, not looking to buy items or services.” Despite phenomenal growth, social networks have yet to reach online advertising nirvana—that heady place where behavioral targeting tools aim for specific groups with offers specially tailored to members’ interests. It’s a place where marketers are able to serve ads, promotions and offers to friends of friends based on a pal’s recommendation, and where word-of-mouth marketing spreads like a flu virus in January to create waves of self-selecting consumers eager to interact with marketers. However, IDC found just 3% of users polled said it was appropriate for publishers to use their data (contact information and the like) for advertising. The report referred to ad targeting on social networks as a “stillborn” idea. Given the tepid situation for advertising on social networks, coupled with the deepening recession, what is the prognosis?
 
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