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Creato da: Welch il 18/03/2005
...le mie e magari anche le vostre...

 

 

"Il Verdetto" di Valeria Parrella

Post n°28 pubblicato il 22 Maggio 2008 da Welch
 
Foto di Welch

Vorrei cominciare da una considerazione antipatica. Quando i miei occhi si sono posati su questo libricino di appena 53 pagine, dopo i soliti rituali sensoriali, mi sono soffermato sul prezzo (11 euro) e l’ho rimesso al suo posto.

 

Il problema è che i sensi, almeno i miei, sono poco inclini ad attribuire un valore economico all’arte. Avevo incrociato “Il verdetto” e ormai non potevo far altro che acquistarlo. Qualcosa mi diceva che non mi avrebbe deluso. Intuivo che, nonostante il furto, la casa editrice stava perpetrando con quel prezzo ingiustificabile, dovevo leggere Valeria Parrella.

 

Non vorrei che qualcuno pensasse, dopo questo brevissimo sfogo, che come il professore emerito de “L’attimo fuggente”, Johnathan Evans Prichard, la mia intenzione sia di comparare la letteratura utilizzando un sistema di assi cartesiani.

 

Oggi che possiamo scaricare da internet “Guerra e Pace”, penso solo che pubblicare 53 pagine ed offrirle ai lettori al considerevole prezzo di 11 euro, sia l’ennesima prova di un disprezzo verso chi suda duramente per mettere in tavola un pezzo di pane.

 

La letteratura, oggi, è un mezzo come un altro per far soldi. Questa è la verità, la tristissima verità.

 

“Il verdetto” è il monologo di una moderna Clitemnestra, ragazza di estrazione borghese, che ha ucciso suo marito Agamennone, boss della camorra. Un monologo diretto all’accertamento dei fatti, della profondità dei fatti, di tutto quello che in superficie può apparire limpido ma nasconde, come tutte le verità personali, un fondo da raschiare.

 

Ecco allora che ci troviamo davanti al sacrificio di Ifigenia, figlia scomparsa in seno a vendette trasversali. Ecco che ci ritroviamo davanti Egisto che appare come una debolezza di una Clitemnestra abbandonata, ed ecco Cassandra (una Cassandra che porta in grembo il frutto del tradimento di Agamennone) una delle pietre della discordia.

 

Ecco, in sostanza, i personaggi del mito greco che rivivono, nei giorni nostri, un dramma della gelosia e dell’abbandono che è senza tempo e senza alternativa.

 

Cosa c’è di nuovo? Sicuramente il risalto di una passione profondissima. Sicuramente, l’analisi introspettiva di una donna che, prima di essere imputata, è giudice severo di se stessa.

 

Lei che si presenta in aula con i guanti per l’incapacità di accettare la visione delle sue mani, di quelle mani che hanno spazzato via la sua vita non quella di Agamennone, ci chiede in conclusione: pensate voi di potermi restituire le mani?

 
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“Memoria delle mie puttane tristi” di Gabriel Garcia Marquez

Post n°27 pubblicato il 14 Maggio 2008 da Welch
 
Foto di Welch

25 aprile 2008, ore 15.00, mi imbarco da Civitavecchia con destinazione Olbia. Ho 10 giorni di vacanza davanti a me e neanche qualcosa da leggere. E’ per questo che, dopo aver consumato un panino, mi fiondo allo shop di bordo ed inizio a far scorrere gli occhi sui libri.

La ricerca di un libro è un rito che consumo lentamente, rito in cui mi lascio guidare dai sensi prima di tutto. Nella mia scelta non mi lascio influenzare dal nome altisonante dell’autore o dalla fama raggiunta dal romanzo. E’ una questione di tatto, di odore, di percezione visiva. E’ così che sono arrivato a “Memoria delle mie puttane tristi” di Gabriel Garcia Marquez.
 
E' un romanzo breve che parla d'amore. Il protagonista  è un 90enne, uomo colto che vive ormai di stenti (con la misera pensione di professore di latino e quel che rimedia da editorialista di un giornale locale), che decide di regalarsi per il suo compleanno una notte d'amore (d'amore folle scrive Marquez) con una vergine minorenne. Parte da questo originale desiderio un’avventura, prima di tutto interiore, che sconvolgerà il tessuto esistenziale del protagonista.

 

Davanti al corpo nudo addormentato, sensuale e suadente, della giovane, il nostro protagonista si scoprirà stregato e “senza le urgenze del desiderio o gli intralci del pudore” inizierà ad apprezzare una delle gioie più profonde dell’amore qual’è, probabilmente,  la condivisione.

 

Avviene così, nel reiterarsi di questi incontri dall’ardente sapore ma sostanzialmente platonici, la trasformazione di un vecchietto cinico, in una persona nuova, che trova o ritrova il sapore di scrivere, ispirato da questo sentimento che lui ha sempre allontanato, forse combattuto, sicuramente pagato (per sua ammissione non è mai andato a letto con una donna senza pagarla).

 

La consapevolezza di essere innamorato giunge, tuttavia, in un periodo di forzata astinenza da questi incontri. E’ la folgorazione di trovare finalmente risposta al tentativo di tradurre i canti di Leopardi, di cui da “Il primo amore” Marquez ci ricorda il verso “Oimé, se quest'è amore, com'ei travaglia".

 

C'è ancora qualcosa però. Il nostro novantenne che ha sempre cercato, nella sua vita,  di tenere tutto sotto controllo, costruendosi una scala preordinata e razionale del suo quotidiano, scopre che “non era il premio di una mente in ordine, ma tutto il contrario, un intero sistema di simulazione inventato da me per nascondere il disordine della mia natura”. In ultima analisi è la comprensione dell’impossibilità di escludere il caso (o eludere il caos) dalla propria esistenza.
 
Contro ogni mia aspettativa le 141 pagine di Marquez mi hanno tenuto compagnia per il solo tempo della traversata, ed in circa cinque ore mi sono ritrovato nuovamente senza nulla da leggere.

 

 
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Miracoli o follie!!!!

Post n°26 pubblicato il 17 Aprile 2008 da Welch
Foto di Welch

Si chiamerà AGR (amniotic growth’s room) il sistema già sperimentato su piccoli mammiferi che potrebbe rendere possibile la crescita embrionale fuori dal corpo materno.

 

L’idea, sviluppata dopo uno studio decennale sulla circolazione fetoplacentare umana attraverso lo sviluppo di un modello innovativo capace di simularne le condizioni fiosiologiche, potrebbe rivoluzionare ancora una volta il sistema del concepimento.

L’AGR non si rivolgerebbe solo a donne nell’impossibilità fisiologica di “ospitare” l’embrione e successivamente il feto, ma anche a tutti quegli uomini single desiderosi di diventare padri.

Dopo l’avvento dell’analisi del DNA che ha reso impreciso il detto latino “mater semper certa, pater incertus”, l’AGR potrebbe rendere certa la paternità e incerta la maternità.

 
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"Ditelo con i fiori" - Terzo ed ultimo capitolo.

Post n°25 pubblicato il 15 Aprile 2008 da Welch
Foto di Welch

Chi non ha mai sfogliato una margherita pronunciando il rituale “m’ama, non m’ama”? A questo fiore sono riconosciute in effetti facoltà premonitrici Nel medioevo, tuttavia, nell’ornarsi la fronte con delle margherite, una donna indicava la propria insicurezza sull’affetto dell’amato.

La margherita simboleggia la semplicità e, come il giglio, la purezza!

 

La mimosa è il simbolo indiscusso della festa della donna. Il suo aspetto delicato non deve trarre in inganno. Questo fiore è forte e vitale. Non a caso dunque nel linguaggio dei fiori simboleggia la forza e la femminilità.

 

Ricorriamo alla mitologia per parlare del “narciso”.

“Eco” era una giovane e loquace ninfa condannata da Giunone a ripetere solo l’ultima sillaba dell’ultima parola di colui che l’avesse interpellata. Quando si innamorò del bellissimo “Narciso”, il suo dramma si amplificò. Narciso, infatti, infastidito dal suo strano modo di esprimersi incominciò a trattarla male. Il cuore della giovane ninfa si spezzò ed incominciò a consumarsi lentamente. Gli Dei, allora, impietositi la trasformarono in rupe. Ancora oggi urlando davanti ad una rupe si può, infatti, udirla rispondere ripetendo le nostre ultime sillabe.

L’indifferenza di “Narciso” nei confronti della giovane Eco indignò Nemesi, la dea della vendetta, che sotto le sembianze di un cacciatore propose a Narciso di seguirla in un luogo ricco di selvaggina. Lì, Nemesi, invitò il giovane a specchiarsi in una fonte d’acqua chiara e immobile. Chino sulla fonte Narciso s’innamorò della sua immagine riflessa senza più riuscire a staccarsi da quella visione.

Il “narciso” cresce lungo i piccoli corsi d’acqua e sembra piegare il suo stelo quasi a volersi specchiare. Nel linguaggio dei fiori indica “vanità ed incapacità d’amare”.

 

Molto meglio aggiungere al nostro omaggio i “non ti scordar di me”. Anche dietro al significato di questo fiore si nasconde una leggenda. Si narra che due innamorati, passeggiando lungo il Danubio scambiandosi tenerezze, scorsero, trasportati dalla corrente, dei fiori di colore blu. Il giovane tentò di raccoglierne alcuni per farne dono alla sua amata ma, malauguratamente, cadde nelle acque. Scomparendo tra le correnti riuscì tuttavia a  gridare “non dimenticarmi mai”. Questo fiore simboleggia la “fedeltà e l’amore eterno”.

 

Anche se attirano molti insetti le “orchidee” sono fiori che hanno nella particolarità delle forme, nel profumo delicato e nel significato dei punti di forza impareggiabili. Simboli di raffinatezza e lusso nel linguaggio dei fiori comunicano “sensualità”. Impossibile non colpire una donna con un tale omaggio. Non entrerete certo nelle sue grazie solo per questo però, tenetelo a mente!

 

Le “rose” sono le regine dei fiori per antonomasia. In genere si pensa che a prescindere dal colore sia un bel gesto regalarle. Non corriamo però rischi inutili. Rossa è simbolo d’amore e passione, gialla però simboleggia la gelosia e l’infedeltà! Simbolo di purezza è quella bianca; di dolcezza e fascino quella rosa. Se regalate rose color corallo indicate desiderio. Volete far sapere che il vostro è un colpo di fulmine? Beh, allora chiedetele senza spine!

 

Il “tulipano” ha origini turche. Nella tradizione orientale è molto nobile il suo significato, cioè quello di amore perfetto, ma purtroppo non tutti conoscono la sua genesi e da sempre per noi occidentali è un simbolo olandese. In Olanda in verità ci arrivò solo nella seconda metà del cinquecento, diventando subito ricercatissimi. Il suo prezzo salì così vertiginosamente che nel 1637 il governo olandese dovette calmierarne il prezzo. Sarà forse per questo che nel mondo occidentale il suo significato è ben diverso. Attenzione dunque a regalarli, indicano “incostanza”. 

 

Parliamo, infine, della “viola”  e della “viola del pensiero”!

La prima indica modestia e pudore. Probabilmente il suo significato è dovuto al fatto che la sua corolla si china davanti al sole per evitare la troppa luce.

La seconda sembra sia, seconda la mitologia greca, una creazione di Giove. Innamoratosi della ninfa Io, il padre degli Dei fu costretto a trasformarla in mucca per proteggerla dalle ire di Giunone. Per lei e per il suo sostentamento Giove creò questi splendidi boccioli . Nel linguaggio dei fiori, ovviamente, simboleggia la “ricordanza”!

 

Siamo così giunti alla fine di questa breve carrellata floreale. Passando davanti ad un fiorista, magari, vi soffermerete d’ora in poi.

Il mio consiglio, però, vuole arrivare anche alle donne. Per concetto si pensa che gli uomini non apprezzino i fiori. Non ne riceviamo quasi mai in verità! Vi dirò di più, quindi. Di chi ci regala un fiore serbiamo sempre memoria. 

 
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"Ditelo con i fiori" - Capitolo secondo.

Post n°24 pubblicato il 14 Aprile 2008 da Welch
Foto di Welch

Anche se non siete spagnoli (in Spagna è simbolo di sensualità) il “gelsomino” ha comunque dei significati che fanno al nostro caso. Le sue origini sembrano risalire all’antico Egitto. Sue tracce, infatti, sono state rinvenute sulla mummia di un faraone. In Toscana è usanza aggiungerne un rametto al bouquet delle spose quale portafortuna. Nel linguaggio dei fiori, quello giallo simboleggia “eleganza e grazia”, mentre quello bianco “amabilità”.

 

Se la persona che volete conquistare è fortemente “determinata” allora la “genziana” non può mancare nel vostro omaggio floreale. E’ questo, infatti, il significato di questo fiore “montanaro” che cresce tra le rocce, incurante delle intemperie e delle rigide temperature. Sapevate che con le sue radici si preparano amari e digestivi?

Ah, una curiosità etimologica: il suo nome sembra derivare dal nome del re illirico “Gentius” che regnò tra il 180 e il 167 A. C..

 

Non lasciatevi incantare, invece, dal “giacinto” (dal greco hyákinthos) e dalla sua essenza. Al prezioso profumo che se ne ricava, questo fiore contrappone un significato di “gioco e divertimento”, che potrebbe essere erroneamente interpretato. E’ pur vero, che la colorazione del fiore offre spazio a significati ben diversi. Rosso simboleggia “dolore”, ad esempio. Blu, invece, “coerenza”.

 

 

Simbolo della città di Firenze (anche se c’è chi ritiene che nello stemma cittadino sia stilizzato l’iris), da sempre il “giglio” è simbolo di “purezza e castità”.

La simbologia cattolica, che tipicamente rappresenta S. Giuseppe con un bastone da cui germogliano questi fiori, avvalora questo significato. Molto affascinante è il mito greco che vede il fiore nascere da una goccia di latte caduta dal seno di Giunone durante l’allattamento di Ercole.

 

“Qui su l’arida schiena

del formidabil monte

sterminator Vesevo,

la qual null’altro allegra arbor né fiore,

tuoi cespi solitari intorno spargi,

adorata ginestra […]”

Immortali versi di Giacomo Leopardi per consigliarvi di non sottovalutare il dono di una “ginestra”, simbolo di “modestia e umiltà”, capace di prosperare anche sulle falde aride del Vesuvio e per non dar credito a chi carica questo fiore di una valenza negativa, raccontando che il rumore delle sue fronde, agitate dal vento, abbia disturbato Gesù mentre pregava nel Getsemani.

 

Se per la ginestra si può ricorrere ai versi del Leopardi, nessun fiore può contare tanti sostenitori quanti il “girasole”. Simbolo di “allegria e orgoglio”, fu utilizzato da Oscar Wilde quale simbolo del movimento estetico da lui fondato. Gabriele D’Annunzio e Eugenio Montale lo hanno ricordato nei loro versi. Per Vincent Van Gogh è poi un ricorrente soggetto telistico (11 quadri di cui uno, conservato a Yokohama, andò distrutto durante la seconda guerra mondiale). Risalenti a tremila anni prima di Cristo le tracce storiche di questo fiore, sacro agli indiani d’America e simbolo del Dio Sole nella cultura peruviana precolombiana.

 

Sembra che gli Imperatori giapponesi, giungendo in luoghi stranieri, si facessero annunciare da alberi bonsai di “glicine” fiorito, al fine di render note le loro intenzioni amichevoli. E’ questo il significato che il glicine (dal greco glyky/s, dolce) ha assunto nel linguaggio dei fiori: “disponibilità e prova di amicizia”. Il suo nome scientifico? “Wisteria”, in onore all’antropologo Kaspar Wistar.

 

Iride, messaggera degli dei, si serviva dell’arcobaleno quale ponte di comunicazione tra le divinità e i comuni mortali. Da questo e per la varietà dei suoi colori il nome dell’iris. Regalatelo nelle occasioni speciali, quando volete annunciare qualcosa di piacevole. Nel linguaggio dei fiori l’iris, infatti, indica la “buona novella”.

 

In guardia se ricevete in regalo, o se avete intenzione di regalare, una pianta di “lavanda”. Il suo profumo è da sempre apprezzato. Utilizzata secca, in cassetti o armadi, oltre a donare alla biancheria una delicata fragranza, ne allontana le tarme. Riconosciuta è anche la sua azione antisettica. In sua prossimità, tuttavia, nel periodo della fioritura, si può facilmente notare una grande presenza di api e calabroni. Dalla necessaria prudenza nell’avvicinarsi a questa pianta deriva, quasi sicuramente, il significato di “diffidenza”.

 
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...parole d'autore...

E' stato niente, l'orlo d'una stella, soltanto.
Ma tornati i miei piedi sulla terra,
quanto lontano sei rimasto, cielo!

Juan Ramon Jimenez

 

...parole d'autore...

Debolezze.

Tu non ne avevi.

Io ne avevo una:

Io amavo.

Bertold Brecht

 

...parole d'autore...

Devo imparare a voler bene allo stupido che è in me:
quello che è troppo sensibile, che parla troppo, corre troppi rischi, qualche volta vince e troppo spesso perde, che non ha autocontrollo, che ama e odia, fa male e si fa male, promette e non mantiene le promesse, ride e piange.
Solo lui mi protegge da quel tiranno autoritario e sempre troppo equilibrato che vive in me e che, se non fosse per il mio lato stupido, mi ruberebbe la vitalità, l’umiltà e la dignità.

Theodore Rubin

 

...parole d'autore...

[...] Non è facile fare amicizia. Anche se coloro con cui cerchi di fare amicizia non sono struzzirana o gorillopardi o pitospini o assassini o pazzi. La gente è complicata, sola, arrabbiata o ansiosa: è così e basta. Ma devi provarci lo stesso. Per quanto la gente ti possa spaventare, devi decisamente cercare di conoscerla. Perchè i fifoni non piacciono a nessuno.

(da "Gli incubi di Hazel")

 Leander Deeny

 

...parole d'autore...

Quando Dio ha fatto l'uomo e la donna, non li ha brevettati. Così da allora qualsiasi imbecille può fare altrettanto.


George Bernard Shaw

 

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Si vive una sola volta. Qualcuno neppure una.

Woody Allen

 

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I bambini sono il riassunto degli stronzi che diventeranno da grandi

Daniel Pennac

 

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Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare

Seneca

 

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