Creato da: blobbino2005 il 29/12/2005
Il fischiettista è molto utile per la comunità. Mi chiamo Giovanni Maria TAMPONI, sono un collaudato whistleblower e sottolineo l'importanza di creare un ambiente che non impedisca ai fischiettisti di fare il loro dovere (morale) cioè quello di denunciare strani comportamenti sbagliati all'interno della propria Azienda (ci saremmo risparmiati una figuraccia internazionale con i casi di Parmalat, Cirio, Banca d'Italia etc.:) e soprattutto come nel caso del sottoscritto, licenziato illegittimamente per ben due volte dagli amministratori di una Pubblica Amministrazione (CAMERA DI COMMERCIO DI ROMA) solo per aver denunciato una truffa a danno degli utenti dell' Ufficio BREVETTI & MARCHI. Grazie al cielo ne sono uscito recentemente vittorioso (dopo dieci lunghi anni) è sono stato gratificato dai dirigenti camerali corrotti con un congruo risarcimento dei danni morali, retribuzioni arretrate comprese. Loro sono stati semplicemente puniti con una censura verbale seguita da un trasferimento d'Ufficio presso altra Area. Non ho potuto fare altro che denunciarli alla Magistratura contabile. Il BLOG è dedicato al mio amico Gian Paolo POGGI, ex Direttore di un' Azienda della CCIAA di Roma. Questo coraggioso "Whistleblower", recentemente scomparso, aveva denunciato delle gravi irregolarità e quindi licenziato illegittimamente durante un periodo di malattia (tumore al pancreas). L'impunità in Italia è uno STATUS SYMBOL.

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Post N° 358

Post n°358 pubblicato il 03 Agosto 2007 da blobbino2005

ABUSI, DON GELMINI INDAGATO.


Francesco Grignetti per “La Stampa”
L’indagine è segretissima e non c’è da meravigliarsi: dipende dall’altisonanza del nome coinvolto. Don Gelmini, il carismatico sacerdote antidroga, il mitico «don Pierino» che compare spesso e volentieri alla televisione a discettare dei valori che una volta c’erano e che ora non ci sono più, guru di tanti uomini politici, fondatore della Comunità Incontro, è indagato per abusi sessuali.

Lo accusano diversi ex ospiti della sua comunità. Per le strutture di Amelia, al Mulino Silla, in quasi trent’anni sono passati migliaia di giovani tossicodipendenti alla ricerca di una nuova vita. Molti ce l’hanno fatta. Il metodo spesso funziona. Ma secondo quanto risulta alla procura di Terni, non è tutto oro quel che luccica. Dietro il carisma di don Pierino, ci sarebbe un lato oscuro. Un’indicibile linea d’ombra che il sacerdote avrebbe oltrepassato ai danni di alcuni tra i più deboli (psicologicamente e fisicamente) e che ora sono diventati Grandi Accusatori.

C’è imbarazzo, però, negli uffici di giustizia ternani, retti dal procuratore capo Carlo Maria Scipio, a parlare di questa storia. Di più: c’è estrema cautela. E nessuna voglia di cavalcare il caso. Innanzitutto perché è evidente che quest’inchiesta che sporca il nome di don Gelmini si porterà dietro una valanga di polemiche politiche: il sacerdote è un eroe per il centrodestra, un’icona, un punto di riferimento per Berlusconi, Casini, Fini e tanti altri. Secondo, perché si tocca un mostro sacro per tante famiglie italiane, un campione della lotta alla droga, uno che viene addirittura osannato da chi è stato beneficiato. Non soltanto in Italia, peraltro. Il suo metodo comunitario è stato esportato in mezzo mondo. D’altra parte la piaga della droga colpisce dappertutto. E il suo metodo, appunto, funziona.

Terzo elemento di prudenza, che non sfugge alla valutazione dei pm: chi accusa don Pierino sono giovani che hanno avuto o hanno tuttora a che fare con le droghe, insomma sono testimoni non propriamente granitici, qualcuno è anche scivolato nella delinquenza. C’è chi si trova in carcere per piccoli reati e il suo racconto è stato verbalizzato in un parlatorio. Brutto segno per un eventuale dibattimento. E ci si interroga. Magari ci potrebbero essere motivi di risentimento. Transfer psicologici da ben ponderare. Passioni che si sono trasformate in odio. Reazioni inconsulte contro un prete che pretendere il rispetto delle sue regole.

E’ un fatto, però, che l’indagine penale è in corso da diversi mesi. E finora non è stata archiviata. Anzi. Sono oltre sei mesi che si ascoltano testimoni, si ricostruiscono vicende piccole e grandi, si cercano riscontri. E’ stato sentito anche l’indagato. Don Pierino, ottant’anni suonati, uno che nella sua vita ne ha viste tante, e ultimamente si sta spendendo per i bambini diseredati del Terzo Mondo, in Brasile o in Thailandia, s’è dovuto trovare un avvocato e con l’assistenza del legale ha subito a Terni un lungo, drammatico interrogatorio. Ora, che sia un sacerdote di polso, dal carattere fumino, e dalla battuta pronta, è noto anche al grande pubblico. Figurarsi la sua reazione quando gli sono stati contestati questi e quei racconti, certe accuse infamanti, questioni pruriginose, sesso estorto. Ma tant’è.

Sembra che le dichiarazioni di accusa siano molte e abbastanza concordanti. I racconti, alla fin fine, sono sempre gli stessi. Ruotano attorno a una comunità chiusa dove c’è una figura di enorme carisma che non si limiterebbe a prendersi cura delle anime. Così sarebbe successo in alcuni casi, almeno, a giudicare dai verbali che si sono accumulati nei fascicoli della procura. Su questo aspetto segreto della vita comunitaria al Mulino Silla sono stati interrogati anche molti volontari che bazzicano la comunità, e collaboratori di don Pierino, e sacerdoti, e diversi ex ospiti. Ma su questo capitolo il segreto istruttorio è ferreo e non se ne sa nulla.
Come per Carlo V, sul suo impero non tramonta mai il sole: «Quando la sera mi addormento, benedico il Nord, il Sud, l’Est e l’Ovest pensando ai miei figli che soffrono». I compleanni festeggiati in convention via satellite con leader politici e cardinali, una fiction Mediaset in lavorazione sull’«eroica epopea del prete anti-droga», il Mulino Silla trasformato da rudere nella campagna di Amelia in sfavillante «città della speranza», casa madre di una multinazionale della speranza che nei cinque continenti assiste emarginati e accumula crediti nei palazzi del potere civile ed ecclesiastico, il seggio all’Onu come ong. «Abbiamo trovato una casa distrutta e da qui abbiamo iniziato. Eravamo talmente poveri che mangiavamo pane, mortadella e una mela», racconta il magnate della galassia cattolica «non profit».

Tra i mille impegni, Don Pierino, «prete non per caso», si è pure conquistato sul campo i galloni di cappellano e guida spirituale della Casa della libertà. Del resto chiama tutti «figli»: Silvio Berlusconi che gli dona pubblicamente 5 milioni di euro, i profughi del Sud-est asiatico soccorsi per lo tsunami e Alfredo, il primo ragazzo incontrato per caso a piazza Navona nel 1963 e strappato alla droga: «Non voleva soldi, ma una prospettiva». Da allora don Pierino ha rinunciato «alla carriera in Vaticano per imbarcarmi in una corriera piena di balordi».
Adesso ad ogni festa della comunità si affollano decine di ministri e parlamentari, arcivescovi, personaggi dello spettacolo (da Gigi D’Alessio ad Amedeo Minghi), vip di Curia come il vicario papale Angelo Comastri e il cardinale Jorge Mejia. Insomma, trono e altare, palcoscenico e segrete stanze, senza mai temere incursioni in politica. «Grazie Gianfranco per la legge anti-droga! Affido a voi di An il compito di difendere i principi cristiani», incoronò Fini alla conferenza programmatica, davanti alla platea di partito in piedi ad applaudirlo: «Sono con voi, non potevo essere altrove. Credo negli ideali che difendete». Lanciando la crociato contro le unioni di fatto: «Esiste un solo matrimonio, sacro ed inviolabile. Difendetelo!». Quando due anni fa il premier Berlusconi, accompagnato dai ministri Buttiglione, Lunardi e Gasparri, varcò la soglia dell’auditorium Incontro, don Pierino lo fece accogliere da un sacrale «Alleluja» cantato a tremila voci.

Eppure, in pieno Giubileo, aveva bacchettato i «ragazzi» per l’accordo diabolico tra il Polo e l’antiproibizionista Pannella: «Casini, Buttiglione, guardatemi in faccia: ci tradite per un piatto di lenticchie?», tuonò don Pierino. Ci fu bisogno di un «vis-à-vis» chiarificatore con «il buon cristiano Silvio» per esorcizzare l’avvicinamento. Ok chiudere un occhio per benedire la Lega che inneggia al dio Po («Ha mostrato buona volontà rinunciando a perseguire l’indipendenza della Padania»), però Pannella e la Bonino «sono trent’anni che lottano per la legalizzazione delle droghe leggere». E le sfuriate ai leder diventano tirate d’orecchi ai fedelissimi Gasparri e Ronconi.
Alla vigilia delle ultime elezioni, il segretario Dc Gianfranco Rotondi voleva don Pierino al governo: «Noi del Polo chiederemo l’autorizzazione vaticana per nominare don Pierino sottosegretario alla lotta alla droga».
La sua influenza cresce senza sosta anche nella Chiesa. Apre comunità in Spagna e Colombia assieme ai Cappuccini, a Gerusalemme su incarico dell’arcivescovo Michel Sabbah, in Libano e in Siria del Patriarca di Antiochia, Maximos V, in Bolivia della conferenza episcopale. Nel 1990, «colpito dalle sofferenze dei miei malati di Aids», sperimenta su di sé «come cavia» (al San Raffaele, l’ospedale-laboratorio dell’amico don Verzè) il vaccino anti-Hiv. Il 20 ottobre 2000 Giovanni Paolo II, riceve in piazza San Pietro in udienza riservata 30mila «Gelmini-boys» e consacra ufficialmente la «Cristoterapia» di don Pierino come metodo di recupero dall’emarginazione e dalla droga. Ora, una nuova tappa, dolorosa


 
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